"Quest'uomo straordinario, re degli impostori e dei ciarlatani affermava con la massima serietà di avere trecento anni, di conoscere il segreto della medicina universale, di essere signore dei quattro elementi e di essere in grado di fondere i diamanti". Casanova "
Al pari di Prometeo, egli rubò il fuoco per cui il Mondo esiste e tutto respira,
La Natura al suo comando obbedisce e si muove:
Se non è dio egli o, un dio possente l'ispira."
Questi versi accompagnano, come una didascalia, il ritratto (incisione a bulino), che potete vedere, esposto nel gennaio 1785 dal Berfinische Monatschnft con il titolo Il Conte di Saint-Germain, celebre Alchimista.
L’incisione era stata realizzata due anni prima, da N. Thomas, sulla base di un ritratto del conte, l’unico esistente, dipinto quando questi era a San Pietroburgo, nel 1760, opera del conte italiano Pietro Rotari, artista della corte russa. Il dipinto era poi stato donato alla Marchesa d’Urfé, importante esponente della vita mondana parigina, che si dilettava in esoterismo.
Il conte di Saint-Germain è una figura mitica, ammantata da un alone di mistero ed assurta a ruolo di vera leggenda per gli studiosi di esoterismo. Egli non ha mai avuto precise connotazioni biografiche, facendosi chiamare, indifferentemente, Conte di Welldone, Marchese d’Aymar, Conte di San Germano, Monsieur de Surmont o Monsieur de Belmar.
Secondo la testimonianza di un occultista, Eliphas Levi, l’uomo noto come Conte di Saint-Germain sarebbe nato in un paese vicino Asti alla fine del 1600, precisamente il 1698, da una relazione fra la regina di Spagna, Marie Annie di Neuburg (rimasta vedova) e l’Amirante di Castilla.
Questa nascita bastarda, ma regale, permise al Conte di disporre di ingenti ricchezze, di farsi una cultura vastissima e di essere ricevuto in tutte le corti d’Europa come un membro dell’alta aristocrazia. Anzi, sarebbe stato utilizzato da Luigi XV per una missione diplomatica delicata in Olanda, poi fallita per la gelosia del Duca di Choiseul, ministro degli esteri.
Parlava italiano e francese, anche se con un leggero accento piemontese (anche se alcune fonti citano il conte come un conoscitore assai fine di francese, inglese, spagnolo, portoghese, italiano, tedesco, ebraico, arabo e latino).
Il barone di Gleichen, Charles Henri, nella sua cronaca, lo descrive come “un uomo di taglia media, assai robusto, vestito con semplicità magnifica e ricercata”, che “aveva fronte spaziosa, occhi penetranti, statura media e forme aggraziate”, come, del resto, appare emergere dal ritratto di Thomas. Apparso per la prima volta (o “rinato” come vorrebbe qualcun altro) a Londra nel ‘43, si schiera al fianco di Giacomo II Stuart nella speranza di farlo tornare sul trono inglese.
Saint-Germain non era sicuramente il suo nome, ma piuttosto un omaggio ai Giacobiti, i nobili fedeli agli Stuart, che si erano rifugiati proprio a Saint-Germain protetti dalla Francia. Fin qui, nulla di particolarmente rilevante.
La sua storia, però, comincia a prendere forma a metà dei 1700, quando, ad un ricevimento tenutosi alla corte di Luigi XV incontra la contessa di Vergy. Questa lo saluta affettuosamente, chiedendogli informazioni sul padre che aveva conosciuto una cinquantina di anni prima a Venezia, ma la risposta che ottiene è semplice e sconvolgente: l’uomo conosciuto era proprio lui e per rendere inequivocabile l’affermazione le descrisse dei particolari che solo qualcuno presente allora poteva conoscere!
Altra testimonianza di rilevanza storica notevole è quella di Giacomo Casanova: risale a un incontro con il Conte di Saint-Germain nel salotto della marchesa d’Urfè, avvenuto a Parigi, nel 1758.
Il veneziano, Massone e direttore delle Lotterie Reali francesi, si dichiarò affascinato dai modi, dallo sfarzo e dalle conoscenze del conte in campo occultistico. Protetto da madame Pompadour, era già seguito da leggende di immortalità ed eterna giovinezza, quando fu presentato al reggente di Francia che, piuttosto scettico, volle mettere alla prova le sue dichiarate facoltà paranormali e di veggenza. Il re era rimasto impressionato da una storia ascoltata da bambino in cui un procuratore dello Chatelet e dilettante alchimista, un certo Maitre Dumas, era sparito dalla sua abitazione dopo aver ricevuto la visita di un omino nero su un vecchio ronzino ferito. Non solo il conte citò il nome dell'uomo, ma rivelò anche l'esatto indirizzo: rue de l’Hirondelle.
Stimolato da Luigi XV, si concentrò ed aggiunse che il cadavere non si era mai trovato in quanto Dumas si era avvelenato nel laboratorio sotterraneo la cui unica entrata era una botola nascosta da alcune lastre mobili nei pressi dell'entrata.
Poi si fermò, concludendo che potevano saperne di più solo i seguaci di Rosa-Croce, cosa che il re non era. “Non posso rispondervi, Sire”, avrebbe detto il Conte, aggiungendo poi: “Fatevi Rosa + Croce, Maestà, e vi rivelerò ogni cosa”. Il giorno successivo fu riaperta un’inchiesta e tutto fu trovato come descritto.
Abbiamo detto che Saint-Germain non volle continuare nella “descrizione” del luogo dove avrebbe trovato il corpo di Dumas a re Luigi XV perché questi non era membro dei Rosa-Croce. Saint-Germain era affiliato al Rosacroce: il suo pseudonimo significava appunto “Vomes Sanctae Fraternitatis” (Socio della Santa Fratellanza). E proprio da questa appartenenza derivavano le sue conoscenze alchemiche, compresa la conoscenza della formula della pietra filosofale, della formula e dei riti per far resuscitare gli avvelenati dai funghi, della formula per far “aumentare di volume” le perle (si pensi che il procedimento per le perle artificiali è stato messo a punto nel 1913), per eliminare i difetti dei diamanti (come leggiamo nei Commentari di Horace Walpole).
Proprio su questo punto, nelle Memorie di Madame Pompadure leggiamo come, entrato in contatto con Luigi XV, come detto grazie alla presentazione di Madame Pompadour stessa, il Conte sia riuscito a togliere una macchia a una gemma, rendendola “della più bell’acqua e aumentandone il valore da 6.000 a 10.000 franchi” nel tempo.
Nella prima metà del XVIII secolo, la figura di Saint-Germain si confonde con quella dell'alchimista Lascaris, perché tanti sono i punti di contatto e le coincidenze che taluni li ritengono un’unica persona. Entrambi boemi e legati alla corte di Prussia, riuscirono a trasmutare rame e piombo in oro alla presenza di testimoni attendibili; entrambi sembravano non invecchiare mai e più di un tratto somatico e della personalità coincideva perfettamente.
Sadoul, un alchimista contemporaneo che si è interessato alla loro storia, ritiene che Lascaris possa essere un’identità precedente dei conte, che aveva scoperto l'elisir di lunga vita (o qualcosa di simile che lo facesse ringiovanire periodicamente). Imprigionato a Londra per sovversione, riesce a farsi rilasciare e si sposta in Francia dove trova protezione, riuscendo ad entrare nelle grazie di Luigi XV come già detto.
Nel 1760 avrebbe dovuto far ottenere alla Francia un prestito dall'Austria, ma viene accusato di tradimento dal duca di Choiseul e deve riparare in Inghilterra. Da qui si trasferisce in Olanda dove apre un laboratorio alchemico e cambia il suo nome in conte di Saint-Surmont.
I guadagni fatti, non sempre in modo lecito, gli permettono di passare in Belgio da cui parte subito dopo alla volta della Russia. Nel 1768 si unisce al generale Orlov, che si diceva avesse aiutato nel portare al trono Caterina II, e viene nominato generale nella guerra contro i Turchi con il nome di Welldone.
Sconfitti i seguaci dell’Islam, nel 1770 se ne va in Germania dove si stabilisce definitivamente.
Siamo giunti ormai al 1784 e Saint-Germain, che dimostra una settantina d’anni (anche se, come detto, era nato alla fine del 1600), muore a Eckernforde, nel castello del Principe Carlo di Assia-Cassel
(il cui nome da rosacruciano era “Eques a Leone Resurgente”).
A questo proposito, va registrato che, una settimana dopo, quando il principe Carlo di Assia Cassel, tornato da una lunga assenza al castello, fece aprire la tomba per rendere l’ultimo saluto al proprio ospite, il cadavere di Saint-Germain non si trovò.
Questo fatto si ricollega necessariamente con quanto accade l’anno successivo, quando Saint-Germain viene visto vivo e vegeto, ed enormemente ringiovanito, ad una riunione massonica tenutasi a Wilhelmsbad. Non solo: c'è chi giura di averlo incontrato a Parigi in compagnia di personaggi dalla fama sinistra e maledetta come Mesmer e Cagliostro (una tesi piuttosto fantasiosa vedeva il mago italiano come un allievo iniziatici del Conte, anche se poi i due furono di idee politiche totalmente opposte).
La rivoluzione francese è alle porte e dai diari di Maria Antonietta si viene a sapere dell’avvertimento che le aveva fatto riguardo alle sciagure future. Il rammarico della regina è di non avergli creduto, rifiutandosi di approfondire il discorso.
Ma nella capitale francese è pericoloso essere amico dei nobili, quindi il conte ritiene opportuno fare visita a Gustavo III di Svezia, mettendolo in guardia dai pericoli che lo minacciano.
Una sua amica, la signorina d’Adhemar, annota sul suo diario lo stupore di averlo trovato giovane come sempre. Ancora giovane sembra essere nel 1882 e la sua leggenda cresce a dismisura tanto da meritarsi un’indagine ufficiale da parte di Napoleone III. Purtroppo non si addiviene a nulla in quanto tutti i documenti relativi alla sua persona erano stati distrutti da un incendio doloso che colpi l’Hotel de la Ville di Parigi nel ‘71.
La storia dei conte sembra giunta al capolinea se il suo nome non comparisse periodicamente negli elenchi di alcune sette esoteriche (come la Società Teosofica di Helena Blavatsky, che lo paragonò a Cristo, Platone e Buddha).
Nel nostro secolo il conte di Saint-Germain viene tirato nuovamente in ballo per giustificare l’esistenza del grande alchimista Fulcanelli che si diceva fosse riuscito ad assurgere al massimo livello di perfezione lasciando il nostro piano temporale e tramutandosi in un androgino.
Tanto per cambiare, nessuno lo ha mai visto o può produrre alcuna prova.
A Roma, a mezzogiorno di ogni Natale, c’è chi giura che il Conte di Saint Germain appaia sul Pincio, tranquillamente seduto su una panchina ad attendere i suoi seguaci.
E’ storicamente provato che il Conte fosse compositore di musica (le sue sonate, stampate dall’editore londinese Waish tra il 1748 e il 1760, furono apprezzate da Mozart e da Gluck), eccellente violinista (il successo dei suoi concerti fu pari, si dice, a quello dei concerti dell’italiano Paganini), abile pittore (anche se privo di originalità artistica) e ingegnoso chimico (aveva elaborato centinaia di procedimenti industriali, per la tintura delle sete, per il cuoio, per la preparazione di oli ed essenze, oltre che per la cosmetica, arte in cui era considerato autore di ricette miracolose).
Mentre alcuni lo considerano un grande uomo (“Il più grande sapiente che sia mai esistito”, lo definì il landgravio di Hesse), altri lo odiarono profondamente come Casanova.
Questo contrasto di sentimenti è chiaramente dovuto al fascino che esercitava, all'entusiasmo con cui contagiava chi lo ascoltava, alla vanità che mostrava (non per nulla molte furono le sue “prede” femminili).
D’altra parte il conte non si tirava mai indietro quando bisognava stupire il prossimo con affermazioni incredibili, come quando asserì di essere stato amico della madre di Maria, Anna, o di essere presente alle nozze di Cana, ricordando addirittura le portate!
Concludiamo questo viaggio nel mito di Saint-Germain con un sonetto su “La Creazione”, apparso in una raccolta poetica, pubblicata dal libraio-scrivano, Mercier, di Compiègne. Il carattere di questo testo è decisamente ermetico e si dice che l’originale sia della stessa mano del conte. Ecco il testo:
Curioso scrutatore della natura intera,
ho conosciuto dell’universo il principio e la fine,
ho visto l’oro in potenza in fondo alla sua miniera,
ho carpito la sua natura e sorpreso il suo fermento.
… Spiegai per quale processo l’anima nel grembo di una madre,
fa la sua casa, la trascina, e come un seme di vite
messo vicino a un chicco di grano, sotto l’umida polvere;
l’uno pianta e l’altro ceppo, sono il pane e il vino.
Niente c’era, Dio volle, niente diviene qualche cosa,
ne dubitavo, cercai su cosa l’universo posasse,
nulla conservò l’equilibrio e servì da sostegno.
Infine, con il peso dell’elogio e del biasimo,
Io pesai l’Eterno, Egli chiamò la mia anima
Io morii, L’adorai, non seppi più nulla.
Innanzitutto, va visto come l’autore ci tenga a precisare di essere riuscito ad entrare nell’intima essenza della natura, di aver compreso i più grandi segreti del cosmo, di essere riuscito a penetrare nei processi che portano alla nascita delle cose e di aver capito come queste si differenziano.
Va notato, infine, come, nell’ultima terzina, il Conte (o, comunque, l’autore) dichiari di aver “pesato” l’Eterno. Qui possiamo notare un richiamo alla Società dei Rosa-Croce, che affermavano che, eliminando la propria natura gretta, gli uomini avrebbero potuto raggiungere l’Essenza, che era la “casa” dell’umanità (anche se piuttosto esclusiva).
In conclusione, il Conte di Saint-Germain è uno dei personaggi più enigmatici di sempre, artista, politico, mago, alchimista, immortale.
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