Marò, scontro sulla pena di morte. Ma l'India rassicura - Tg24 - Sky.it
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Questa è una palese violazione del Diritto Internazionale.
Infatti i due uomini della nostra Marina Militare hanno agito in primo luogo nell’assoluta osservanza delle regole di ingaggio stabilite per disciplinare una missione di “peace keeping” svolta in base ad un accordo stipulato da diversi Stati per combattere la pirateria.
Questa circostanza è di per sé sufficiente per escludere qualsiasi loro responsabilità penale.
In secondo luogo i due Marinai – se anche avessero commesso un reato – lo avrebbero consumato in territorio italiano, quale è la nave, tanto più se si trova in acque internazionali.
E se addirittura il supposto reato fosse stato commesso in territorio indiano, la competenza per giudicarlo spetterebbe comunque all’Italia, in quanto i militari che si trovano di stanza all’estero in base ad un trattato internazionale sono immuni dalla giurisdizione penale locale, alla stessa stregua dei diplomatici accreditati presso uno Stato straniero.
Ricordiamo che proprio in base a questa norma l’Italia non poté processare per omicidio colposo plurimo i piloti americani responsabili del disastro della funivia del Cermis, e nemmeno la giustizia militare statunitense promosse contro di loro alcun procedimento penale; nei loro confronti fu soltanto applicata una sanzione disciplinare.
Nel caso dei due Marinai italiani, uno Stato, agendo in violazione di tutte le norme, tanto del Diritto Internazionale, quanto del proprio ordinamento laddove esso l’applicazione delle leggi nello spazio, si comporta come un pirata, con la manifesta intenzione di esigere dall’Italia un riscatto in denaro, dissimulato da qualche transazione commerciale o finanziaria, oltre che le scuse del nostro Governo; il che è in linea di principio ancor più inaccettabile, dato che le scuse dovrebbero essere presentate dall’India all’Italia.
L’Unione Indiana, d’altronde, declina ogni responsabilità, affermando che la giurisdizione penale rientra nella competenza dei singoli Stati che la compongono.
Qui però viene violato un altro principio giuridico, dato che i reati commessi all’estero, nei rarissimi casi in cui sono perseguibili, appartengono viceversa alla competenza della giustizia federale.
Se, ad esempio, un diplomatico americano, trovandosi in territorio straniero, commette un reato contro la sicurezza degli Stati Uniti, viene giudicato in patria, ma soltanto da una Corte federale.
Nel caso in esame, però, si pretende di giudicare degli stranieri per un presunto reato commesso nel loro Paese, e che per giunta non si può assolutamente includere tra i delitti contro la sicurezza dello Stato.
A questo punto ci domandiamo che cosa ne sia della sovranità nazionale, non soltanto italiana.
Tratto da MEDIATRICE.NET
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