domenica 17 marzo 2013
La sfida degli Inuit
I popoli del Grande Nord sono stati tra i primi a denunciare il cambiamento climatico rivendicando fortemente a livello locale e internazionale un ruolo primario nel dibattito e nella definizione di politiche che riguardano proprio il clima.
Testo di Maurizio Torretti.
In particolare, la sfida degli Inuit canadesi non è quella di fermare il progresso, ma di ripensarlo sotto il segno di un nuovo e più equilibrato rapporto con l’ambiente naturale.
Da undici anni è questa la missione di Sheila Watt-Cloutier, ambientalista e attivista canadese per i diritti delle popolazioni Inuit candidata al premio Nobel per la pace. Alcuni giorni fa lo hanno ricordato a Roma anche gli Inuit Jeela Palluq, esperta di lingua Inuktitut, e Jobie Weetaluktuk, scrittore, giornalista e produttore cinematografico, nel corso di una conferenza organizzata dall’Ambasciata del Canada per favorire una maggiore conoscenza nell’opinione pubblica della cultura Inuit e dei problemi climatici da cui è minacciata.
Non è un mistero, infatti, che oggi sia proprio l’Artico il barometro per l’ambiente globale, il misuratore degli effetti nefasti del cosiddetto global warming.
“Ormai stanziale dal 1970, quella degli Inuit è una cultura in piena trasformazione che vive in equilibrio tra cambiamento e progresso, tradizione e modernità” hanno affermato i due ospiti Inuit “è una società solidale ed egualitaria, ancorata ai valori tradizionali che sono sopravvissuti alle influenze esterne, ma sradicata dal sistema di vita nomade che un tempo la caratterizzava e che si svolgeva in terre vastissime al limite dell’esistenza umana in un perfetto equilibrio fra natura e ambiente”.
Una cultura che vive oggi nell’incertezza di un futuro condizionato dal problema di un’atmosfera sempre più satura di Co2 e dai rischi connessi alle future scelte economiche delle nuove potenze.
Lo scioglimento dei ghiacci e l’impatto sull’ecosistema artico minacciano direttamente quarantamila Inuit canadesi e quel che resta degli stili di vita tradizionali sopravvissuti al progresso.
Anche se negli ultimi anni le autorità canadesi hanno dato il via a numerose iniziative a favore degli Inuit con investimenti e normative più efficienti per la salvaguardia delle culture autoctone e degli immensi spazi polari, la grande preoccupazione del popolo Inuit resta la vulnerabilità delle loro comunità e la precarietà della loro economia di base di fronte alla minaccia del cambiamento climatico.
“ Nella nostra cultura gli anziani interpretavano i segnali della natura per capire quando e come pescare o cacciare. Oggi il clima è impazzito e non è più possibile fare previsioni di nessun tipo” ha ricordato Jeela Pallug.
L’innalzamento del livello del mare, il disgelo del permafrost (lo strato di terra ghiacciata che oggi a causa dell’innalzamento delle temperature sta sprofondando), gli iceberg alla deriva, la scomparsa delle vie di comunicazione che collegano le varie comunità, l’ erosione delle coste, le mareggiate violentissime, le migrazioni “impazzite” di animali e uccelli non più scansionate dai ritmi biologici, sono soltanto alcuni dei fenomeni evidenziati nel corso dell'incontro con Jeela Palluq e Jobie Weetaluktuk, i quali hanno sottolineato che quello del global warming è un problema che non investe soltanto la vita degli Inuit ma si tratta un'emergenza di dimensioni più vaste che riguarda l’intera comunità internazionale. Rispetto a questa e ad altre delicate questioni che riguardano gli abitanti dell’Artico – enorme potenziale del futuro canadese - e affinché essi continuino ad avere un ruolo importante nel futuro della regione circumpolare sia localmente che a livello internazionale, il Canada, ha promesso che continuerà a lavorare strettamente con i sei gruppi indigeni internazionali che sono membri permanenti del Consiglio Artico, tra cui il Consiglio Circumpolare degli Inuit.
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