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giovedì 21 febbraio 2013

Le corna dell'antichità

Un nonno Neandertal ce lo abbiamo avuto tutti.
E' il risultato più clamoroso del sequenziamento del Dna di tre esemplari di Neandertal e dal loro confronto col genoma dell’uomo moderno, appena pubblicata dall’equipe di Svante Paabo sulla rivista Nature.
Sembra, dicono i ricercatori, che un incrocio tra i nostri antenati e gli antichi Neandertal estinti 30 000 anni fa ci sia stato davvero e che le sue tracce siano rimasti fino a oggi. Una scappatella preistorica? La questione è annosa ed è da un bel po’ che gli antropologi ne discutono.
Fino a oggi si diceva che i cugini Neandertal si erano estinti senza lasciare progenie e che se anche i sapiens nostri antenati si fossero accoppiati con loro non ne sarebbe nata prole fertile (quindi la cosa sarebbe rimasta lì e dell’imbarazzante faccenda, ai giorni nostri, non sarebbe giunta notizia). Invece adesso l’analisi genetica (quasi) completa mostra che una certa percentuale di Dna nucleare del Neandertal ce l’abbiamo tutti, circa tra l’1% e il 4%.
Ma per qualcuno, il campione di Dna studiato da Paabo e compagni era troppo limitato (solo tre individui!).
Poi è strano che il flusso di geni sia andato solo dal Neandertal al Sapiens, senza contare la stranezza di aver trovato solo somiglianze nel Dna nucleare e non in quello mitocondriale, come se fosse ragionevole pensare che solo le donne sapiens (e non i maschi) avessero avuto occasione di spassarsela con gli uomini Neandertal.
La questione non è ancora chiusa, insomma, e gli antropologi continueranno a cercare nel Dna le tracce delle avventure extraconiugali dei nostri antenati. Fuor di pettegolezzo: quello che invece è rilevante in questa ricerca è l’aver notato le differenze, più che le somiglianze tra il Neandertal e noi.
Per esempio, nei geni sullo sviluppo cognitivo, in quelli che regolano lo sviluppo delle ossa e in quelli responsabili di certi metabolismi.

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