Le fasi dello sviluppo della rete neuronale rispettivamente nel cervello di un bambino neonato, di tre mesi e di due anni. |
Ebbene, un recente studio dimostrerebbe che le cose non starebbero affatto così e che, anzi, il cervello quasi non avrebbe età: contrariamente ad altre cellule dell’organismo, infatti, alcuni neuroni non avrebbero una durata di vita programmata, ma potrebbero sopravvivere perfino il doppio del tempo rispetto all’organismo che li ha generati.
Trapianto di neuroni - I neuroni, a differenza di quanto accade con le altre cellule, una volta differenziatisi cessano il proprio processo di replicazione e vivono per tutta la durata dell’organismo.
Nella fattispecie, però, non c’è unanimità nel mondo scientifico in merito alla possibilità che esista una vita massima di tali neuroni e se tale caratteristica possa variare da specie a specie, uniformandosi alla vita media di ciascuna creatura.
Proprio per cercare di indagare meglio sulla questione, un gruppo di ricercatori ha condotto un esperimento su due specie molto simili di mammiferi: prelevando precursori di cellule di Purkinje (particolare tipo di neuroni situati nel cervelletto) da un embrione topo appartenente ad una specie con una vita media di circa 18 mesi e trapiantandoli nel cervello di un ratto, anch’egli in stato embrionale, di una specie con vita media di circa 36 mesi, si è osservato come i neuroni abbiano vissuto e funzionato fino alla morte naturale del ratto nel quale erano stati impiantati.
Integrandosi nel cervello del ratto, hanno comunque conservato le dimensioni, lievemente inferiori, di quelli del topo donatore.
Un cervello senza età - Il risultato ottenuto sembrerebbe suggerire come anche nell’uomo un prolungamento dell’esistenza non comporterebbe problemi ai neuroni, indicando come la sopravvivenza di questi ultimi non sarebbe geneticamente prefissata bensì determinata e condizionata dal microambiente del cervello ospite.
Questo significa che l’allungamento della vita, ottenibile attraverso la modifica di stili di vita ed alimentazione, l’intervento di farmaci e, eventualmente, manipolazioni genetiche, non porterebbe al risultato ultimo di un cervello sempre più impoverito di neuroni e, quindi, poco funzionale.
Il merito di questa sorprendente scoperta, i cui dettagli sono stati pubblicati dalla rivista PNAS, va ai ricercatori italiani guidati da Lorenzo Magrassi dell’Università di Pavia; le applicazioni più immediate potrebbero riguardare le malattie neuro-degenerative, in cui il deterioramento neuronale crea danni irreversibili alle funzioni cerebrali.
Ma quel che sembra più interessante è il dato che confermerebbe come gli sforzi per prolungare la vita media dell’uomo non sarebbero vanificati dall’inevitabile ed inarrestabile invecchiamento del cervello.
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