Le gioie in dotazione alla real casa sono un gruppo di gioielli ufficiali utilizzati dalle regine di casa Savoia nelle cerimonie e negli eventi importanti.
Furono smontati e riordinati per volere della prima sovrana d’Italia Margherita. Infatti per il suo matrimonio furono creati i primi pezzi che vennero integrati negli anni fino alla creazione, per i 15 anni di matrimonio, del gran diadema nel 1883.
Da questa data non furono più sottoposti a modifiche e il loro numero non fu più incrementato, come è dimostrato dall’inventario fatto dalla ditta Musy in quell’occasione e da quello effettuato nel 1946. questi gioielli, come quasi tutti quelli più importanti della famiglia, vennero ideati e creati dalla gioielleria Musy, fondata nel 1706 e attiva ancora oggi, ditta fornitrice di casa Savoia dalla metà del XVIII secolo.
La sovrana era solita indossare molti gioielli contemporaneamente tanto da essere paragonata, più di volta, a una madonna votiva nel giorno della processione.
La regina Margherita li portò fino al regicidio di Monza (29 luglio 1900), dopodiché scrisse di suo pugno sotto l’elenco dei gioielli: “le Gioie della Corona sono state consegnate a Sua Maestà la regina Elena, mia nuora, il giorno 2 Agosto 1900 in Monza”.
Da questo momento i gioielli furono conservati nella cassaforte numero 3 del Quirinale e affidati alla custodia del ministro della real casa, al quale quando la regina doveva indossarne un pezzo bisognava inoltrare una richiesta e una volta avuto il gioiello Vittorio Emanuele III doveva firmare una ricevuta.
Dopo l’8 settembre 1943 e la cosiddetta fuga, il re lasciò a Roma i gioielli e al ministero della real casa il compito di tenerli al sicuro dagli invasori. Infatti uno degli ordini di Hitler era di recuperarli e spedirli a Berlino.
I tedeschi li cercarono prima nella capitale, poi a Torino e a Milano senza però riuscire a trovarli. Infatti subito prima dell’occupazione erano stati depositati in una cassetta di sicurezza della banca d’Italia, in seguito prelevati e murati in una nicchia dei sotterranei della manica lunga del Quirinale.
Dopo il referendum istituzionale, il 5 giugno del 1946 l’avv. Falcone Lucifero, reggente del ministero della real casa, si presentò alla banca d’Italia con il cofanetto a tre piani in cui erano custoditi i gioielli della corona e l’ordine di re Umberto II di riconsegnarli alla nazione ad uso di chi di dovere.
Venne stilato un inventario con la descrizione dei pezzi , furono scattate delle fotografie e il cofanetto venne chiuso con 12 sigilli. In teoria oggi i gioielli dovrebbero essere ancora sigillati e il cofanetto può essere aperto solo in presenza del presidente della repubblica e del governatore della banca d’Italia. Il loro valore oggi, secondo alcune stime, si aggira sui 1.5 miliardi di euro e in totale ci sono pietre per più di 1200 carati.
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