Villa Torlonia è il risultato di una serie di trasformazioni della tenuta sulla Via Nomentana appartenuta ai Pamphilj, poi ai Colonna e passata nel 1797 ai Torlonia, giunti dalla Francia intorno al 1750, e divenuti marchesi.
La Villa venne acquistata da Giovanni Torlonia (1754-1829) che ne affidò la sistemazione all'architetto Giuseppe Valadier; questi modificò e ampliò l'edificio padronale, edificò le Scuderie, rimaneggiò il Casino Abbati (l'attuale Casino dei Principi), inserì diverse fontane e diede all'ingresso un maestoso portale, poi demolito con l'ampliamento della via Nomentana.
Valadier intervenne anche nel giardino, organizzato in viali simmetrici convergenti in direzione degli edifici. Sia la Villa che le altre proprietà della famiglia vennero arredate con opere d'arte provenienti da scavi o dall'acquisto di importanti collezioni.
Alla morte del principe Giovanni l'eredità venne divisa fra i tre figli maschi, Marino, Carlo e Alessandro.
Nel 1832 Alessandro diede l'avvio a un ambizioso rinnovamento della Villa, sotto la direzione del novarese Giovan Battista Caretti (1808-1878), che progettò l'ampliamento del Casino Nobile, la trasformazione del Casino Abbati nel paludato Casino dei Principi e delle scuderie valaderiane nelle scuderie neogotiche. Secondo il gusto eclettico del tempo, inoltre, vennero edificate alcune piccole fabbriche a decoro del parco: l'Anfiteatro, il Caffehaus e la Cappella di S. Alessandro (oggi non più esistenti), i Falsi Ruderi, il Tempio di Saturno e la Tribuna con Fontana.
Per quasi dieci anni Caretti diresse il lavoro di una foltissima schiera di pittori, scultori, architetti, fonditori, decoratori, scalpellini, nelle varie fabbriche della Villa, eseguendo personalmente buona parte degli ornati.
Nel 1840 però, per motivi non chiari, la fiducia di Alessandro Torlonia verso di lui venne meno e al suo posto furono chiamati due nuovi architetti.
Il tempio di Saturno
Quintiliano Raimondi (1794-1848), già artefice della Villa Carolina di Castelgandolfo per il fratello di Alessandro, Carlo, progettò un Teatro e una Aranciera (oggi chiamata "Limonaia") mentre a Giuseppe Jappelli, già ideatore di splendidi giardini all'inglese nel Veneto, venne affidata la sistemazione dell'area a sud della Villa che, tra viali serpentinati, montagnole, laghetti e piante esotiche, si arricchì di edifici e di arredi di gusto fantastico come la Capanna Svizzera, la Serra e la Torre Moresca, la Grotta e il Campo da Tornei.
Il grandioso programma autocelebrativo di Alessandro culminò, nel 1842, con l'erezione di due Obelischi in granito rosa, fatti scolpire e trasportare da Baveno e dedicati alla memoria dei genitori.
Nonostante le premesse, Villa Torlonia fu solo in pochissimi casi quel ritrovo mondano e fastoso per la nobiltà romana e straniera che Alessandro avrebbe voluto: l'infermità della moglie Teresa Colonna, sposata nel 1840, la morte di una delle due figlie, quella dell'amato fratello Carlo e la mancanza di un erede maschio, indussero il Principe a una vita sempre più ritirata e dedita ad opere pubbliche.
Con il matrimonio, nel 1872, dell'unica erede, Anna Maria, con Giulio Borghese (che assunse il cognome Torlonia per assicurare continuità dinastica), vi fu una ripresa di interesse per la Villa e la costruzione del Teatro venne finalmente conclusa. Alla morte di Alessandro la figlia si limitò a mantenere l'immenso patrimonio, dedicandosi quasi esclusivamente a opere di beneficenza.
Quando, nel 1901, Giovanni jr (1873-1939) cumulò sia l'eredità materna che quella diretta del nonno Alessandro, avviò una diversa gestione, impostando una politica di rilancio del nome di famiglia; alternò l'attività politica alla conduzione su modelli all'avanguardia delle sue aziende, ma si dedicò anche alle residenze, in particolare alla Villa sulla via Nomentana. All'interno del nuovo muro di cinta (1910) fece costruire il Villino Medioevale (1906), il Villino Rosso e il Villino del Portiere (1920) e trasformare la Capanna Svizzera nella Casina delle Civette (E. Gennari – V. Fasolo 1908, 1913, 1916-19). I nuovi edifici furono per lo più destinati ad abitazione: il principe risiedette quasi sempre nella Casina delle Civette, suo padre Giulio Borghese abitò fino alla morte (1915) nel Villino Medievale e il personale di servizio occupò i manufatti minori.
casina delle civette
villino medioevale
Ma, al fervore giovanile di grandiose iniziative subentrò una maturità sempre più scontrosa e solitaria, popolata di ossessioni come quella delle civette. Nel 1919 fu scoperto un grande cimitero ebraico sotterraneo, nell'area nord–ovest della Villa. Nel 1925 la Villa venne offerta come residenza a Mussolini che vi restò anche dopo la morte del principe (1939), fino al 1943. La presenza di Mussolini non comportò sostanziali modifiche; il Duce alloggiava nel Palazzo, utilizzando il Villino Medievale e la Limonia per la proiezione di filmati, feste e incontri culturali e il Campo da Tornei come campo da tennis. Anche il Parco non subì particolari interventi, tranne gli orti di guerra voluti dalla moglie del Duce.
Nel giugno del 1944 tutto il complesso fu occupato dalle truppe del comando anglo - americano che vi rimase fino al 1947, causando considerevoli danni; quando i Torlonia ne tornarono in possesso provvidero solo in pochi casi a interventi di recupero. Nel 1977 la Villa è stata espropriata dal Comune di Roma e dal 1978 è aperta al pubblico.
Ora, grazie ai numerosi restauri eseguiti, è tornata ai suoi antichi splendori
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