sabato 24 novembre 2012
Carnac, un villaggio di 3000 Pietre
Il villaggio di Carnac, in Bretagna, è talmente piccolo da essere a malapena menzionato sulle carte geografiche; nei suoi pressi, però, sorge da tempo immemorabile una delle più impressionanti testimonianze del nostro passato … e anche una delle più enigmatiche. In tutta Europa è possibile osservare un genere molto particolare di monumenti, risalenti al nostro più remoto passato: si tratta dei menhir, enormi monoliti di pietra, isolati, allineati tra loro oppure disposti in cerchio (cromlech), e dei dolmen, costruzioni più complesse ottenute accostando lastroni di pietra grezza o scheggiata. Carnac è però un esempio unico. Il numero di pietre, la concentrazione e l’estensione di questo complesso megalitico non ha eguali in Europa e nel mondo, e ha fatto sì che la località venisse definita una “capitale della preistoria”. Impressionanti file di massi, disposti in ordine decrescente di altezza, si stendono attraverso pinete e brughiere per chilometri, fino a perdersi all’orizzonte.
Le pietre sono delle forme e delle dimensioni più disparate; le più imponenti raggiungono anche i 7 m, quelle più piccole non arrivano al metro. Il primo allineamento, quello di Menec, si compone di 11 file di massi ed è preceduto da un cromlech (complesso di menhir allineati a semicerchio). Un dolmen segna invece l’inizio di Kermario (il Luogo dei Morti), il secondo allineamento e quello con le rocce più maestose: 1029 menhir di oltre 6 metri, allineati su 10 file in direzione nord-est. Troviamo poi un grande tumulo, detto Kercado, e un altro cromlech prima del terzo allineamento, Kerlescan (Luogo della Cremazione): 13 file di menhir che si susseguono per quasi un kilometro. A Kerlescan era forse un tempo collegato il più breve allineamento di Petit Menec, che conta “solo” un centinaio di pietre.
In totale i menhir di Carnac sono 2934. In tutta la zona, inoltre, si possono osservare pietre isolate e a piccoli gruppi, dolmen, e tumuli sepolcrali. Alcuni studi hanno fatto pensare che le pietre fossero utilizzate per registrare e misurare i movimenti del sole, della luna e degli astri; è questa la conclusione cui giunse Alexander Thom, già professore di ingegneria presso l’Università di Oxford, che studiò i viali dal 1970 al 1975. Molte delle pietre allineate formano linee di osservazione astronomiche significative; il masso più importante dell’osservatorio sarebbe stato il megalite detto Er Grah (la pietra delle Fate), noto anche come Le Grand Menhir Brisé. Esso giace oggi in quattro enormi pezzi a Locmariaquer, nei pressi di un antico tumulo, dove cadde nel 1722 durante un terremoto. Da vari tumuli e massi, per una distanza di 13 km dalla pietra, era possibile osservare il sorgere e il tramontare della Luna nei momenti principali, servendosi del monolite come indicatore. Le rimanenti pietre del complesso sarebbero state utilizzate invece per calcoli astronomici, venendo a formare quella che Thom definì una “carta millimetrata megalitica”. Altri allineamenti, inoltre, sono orientati sul levare del Sole nei giorni di solstizio, equinozio ed altre date significative come l’inizio della fioritura, la mietitura e la semina. Carnac, quindi, potrebbe essere stato concepito come una celebrazione del ciclo agricolo; o come calendario per le sue varie fasi. Culto religioso e finalità pratiche: il ciclo vegetale è d’altronde il perno attorno al quale ruota una civiltà agricola come quella del neolitico. Un grande strumento astronomico, dunque, che presuppone un avanzato grado di conoscenze scientifiche; ma anche tecnologiche. Forse non è necessario chiamare in causa gli extraterrestri, tuttavia è arduo spiegare come popolazioni preistoriche del neolitico abbiano potuto trasportare, sollevare, e raddrizzare massi di proporzioni straordinarie, senza ipotizzare competenze e tecnologie successivamente andate perdute.
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