Un luogo in cui i felini più temuti si trasformano in micioni. E’ Wat Pha Luang Ta Bua (il tempio delle Tigri), un luogo sacro per la religione buddista che si estende su 12 ettari di foresta a Saiyok nel distretto di Kanchanaburi, in Thailandia, a circa 170 chilometri da Bangkok e 40 dal confine con il Myanmar. I monaci vivono pacificamente insieme ad una cinquantina di tigri, la maggior parte delle quali nate e cresciute tra le mura del monastero o salvate dai cacciatori in cerca della loro pregiata pelliccia. Forse a causa delle abitudini casalinghe, in questo contesto emerge il lato più affettuoso e giocherellone dei felini, che qui si lasciano accarezzare e coccolare senza problemi.
Prima di diventare un’attrazione turistica si trattava di un monastero come tutti gli altri nei quali, secondo la religione Thereada (la più antica branca del buddismo), vengono curati gli animali oltre alle persone. Nel 1999 in questa parte della provincia di Kanchanaburi alcuni abitanti del luogo trovarono nella foresta un cucciolo di tigre gravemente ferito. I genitori probabilmente erano stati uccisi dai bracconieri. Venne portato al tempio Wat Pha Luang dove i monaci lo curarono, anche se pare che morì poco dopo. Nelle settimane successive, quasi per caso, arrivarono altre due piccole tigri in condizioni migliori che rimasero a vivere con i monaci. In breve, quando cominciò a circolare questo racconto, vennero portati nel monastero altri cuccioli malati o rimasti orfani, non solo dal circondario ma anche da altre parti della Thailandia. Si tratta perlopiù di tigri indocinesi, una specie in via d’estinzione che qui viene salvaguardata e protetta.
Da alcuni anni i felini del tempio sono seguiti anche da un’associazione di volontariato
Il tempio apre le visite alle 12 e chiude alle 15:30, a quest’ora il portone viene sbarrato ed è impossibile accedere al monastero. Le tigri scorrazzano liberamente nel cortile circondato da un muro di 2 metri. Con un po’ di cautela, e stando molto attenti a passare dietro alle tigri e mai davanti, ci si può avvicinare e accarezzare questi enormi felini. Se si sentono a proprio agio, è probabile che alcuni di loro si distendano zampe all’aria per farsi grattare la pancia come farebbe un gatto domestico. Toccare con le proprie mani un animale del genere è un’esperienza unica, che sembra quasi impossibile.
Verso le 13 le tigri vengono portate in un vicino canyon dove rimangono fino alle 16 per essere poi riportate alle loro gabbie, in cui trascorrono la notte. Uno alla volta, i turisti vengono fatti avvicinare agli animali per farsi fotografare. Per chi non vuole aspettare il proprio turno, pagando circa 20 euro si possono realizzare più scatti durante l’incontro ravvicinato. I monaci e i volontari tengono costantemente la situazione sotto controllo e sono pronti a intervenire nel caso in cui le tigri dovessero innervosirsi per l’eccessiva presenza di estranei. Si tratta comunque di un predatore il cui istinto è difficile da placare. Le tigri vengono abituate a mangiare carne cotta o grosse quantità di cibo per gatti, in modo da non far conoscere loro il gusto del sangue ed evitare che possano mettersi in cerca di possibili prede. A quanto pare il sistema funziona, dato che questi felini non sembrano dare importanza a maiali semiselvatici, mucche, daini e galline con cui condividono il verde del tempio.
Ogni mattina gli animali vengono portati a fare lunghe passeggiate durante le quali giocano e, soprattutto, si stancano. Un altro modo per tenerle a bada ed evitare che possano creare problemi ai turisti e nel monastero. Verso le 5 del pomeriggio vengono portate a fare il bagno in un laghetto nei pressi del tempio. Pagando circa 50 euro è possibile andare con loro a piccoli gruppi e giocare nell’acqua (ovviamente è necessario un cambio di vestiti dopo questa esperienza). Chi invece è intimidito dalla stazza delle bestie (che possono arrivare a 3 metri di lunghezza e 250 chili di peso, senza contare denti e unghie) può anche restare per tre quarti d’ora nelle gabbie dei cuccioli, sempre assieme ai volontari, e dar loro da mangiare.
Nel monastero vigono alcune norme di comportamento ma anche di rispetto nei confronti dei monaci che vivono isolati tra le montagne, anche se ormai il tempio è diventato un posto molto più frequentato rispetto a qualche anno fa. Bisogna evitare colori sgargianti che potrebbero attirare troppo l’attenzione delle tigri (sembrano però abituati al colore arancione delle tuniche dei monaci e al viola delle magliette dei volontari) ed è sconsigliato portare oggetti penzolanti (come le macchine fotografiche) perché prenderli a zampate potrebbe diventare il gioco preferito di questi animali. Alle donne viene inoltre chiesto di evitare magliette troppo scollate o gambe scoperte.
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