martedì 11 settembre 2012
Archimede
L'opera di Archimede rappresenta certamente il culmine della scienza antica. In essa, la capacità di individuare insiemi di postulati utili a fondare nuove teorie si coniuga con la potenza e originalità degli strumenti matematici introdotti, l'interesse per questioni che oggi si definirebbero "fondazionali" con attenzione agli aspetti applicativi. Archimede, più che essere matematico, fisico e ingegnere, è stato il massimo esponente di una scienza che ignorava le divisioni che l'odierna terminologia spinge a considerare inevitabili.
Archimede, almeno a giudicare dalle opere rimaste, non ebbe nell'antichità eredi a lui confrontabili. La crisi che colpì la scienza rese poco comprensibili le sue opere che, non a caso, anche quando si sono conservate sono state trasmesse da una tradizione manoscritta estremamente esile. Per quello che riguarda la matematica e l'assoluto disinteresse che ha mostrato la cultura romana per tale disciplina, il Boyer afferma in modo più che pungente che la scoperta della tomba di Archimede da parte di Cicerone è stato il maggior contributo dato dal mondo romano alla matematica, e forse l'unico.
Lo studio delle opere di Archimede, che impegnò a lungo gli studiosi della prima età moderna (ad esempio Piero della Francesca, Francesco Maurolico, Simone Stevino, Galileo Galilei) costituì un importante stimolo allo sviluppo della scienza moderna. L'influenza di Archimede negli ultimi secoli (ad esempio sullo sviluppo di un'analisi matematica rigorosa) è oggetto di valutazioni discordi da parte degli studiosi.
Thābit ibn Qurra presenta come Libro di Archimede un testo in lingua araba che è stato tradotto da J. Tropfke Tra i teoremi contenuti in quest'opera appare la costruzione di un ettagono regolare, un problema non risolubile con riga e compasso.
Archimede espone un metodo con il quale può approssimare arbitrariamente il rapporto tra circonferenza e diametro di un cerchio dato, rapporto che oggi s'indica con π.(p greco)
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