Un vascone in pietra, sepolto da secoli sotto il terreno della Galizia, nel nord-ovest della Spagna. Un odore che un tempo doveva essere pungente, salmastro, quasi fastidioso. E un contenuto, oggi solo schegge di ossa, che racconta una storia antica, profumata di mare e di fermentazione. È lì che un gruppo di scienziati ha scoperto l’ingrediente principale del garum, la salsa più amata dell’Impero romano: la sardina.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Antiquity, è opera del biologo portoghese Gonçalo Themudo, che ha recuperato e analizzato il DNA di minuscole ossa di pesce trovate sul fondo di una vasca usata per produrre garum. Il risultato? Dopo 1.800 anni, è ancora possibile leggere nel codice genetico di quelle spine un segreto gustoso che i romani portavano ovunque: una salsa fermentata di sardine.
Quello che per secoli era stato solo un sospetto – basato su frammenti ossei difficili da identificare – oggi è diventato una certezza scientifica. Le vertebre ritrovate nel sito archeologico di Adro Vello, in Galizia, appartenevano con ogni probabilità a sardine locali. Il loro DNA, sorprendentemente ancora leggibile nonostante secoli di decomposizione, lo ha confermato.
Il garum, quindi, non era solo una salsa di pesce generica, ma un concentrato fermentato di sardine, ricchissimo di glutammati naturali, le stesse sostanze responsabili del sapore “umami” che oggi troviamo nella salsa di soia, nei brodi di pesce, nei funghi e nei formaggi stagionati. Un gusto deciso, intenso, forse anche un po’ aggressivo – ma evidentemente irresistibile per i palati di allora.
Il garum non era solo un condimento. Era una merce pregiata, trasportata lungo le rotte commerciali dell’Impero e consumata in tutte le province romane, dal Mediterraneo fino al Nord Europa. Secondo gli studiosi, veniva usato per insaporire carni e pesci, o anche diluito come brodo di pesce. E nonostante l’odore – sicuramente forte – era considerato un ingrediente di lusso, tanto da valere parecchio.
Una sorta di “salsa di pesce alla romana”, fermentata in grandi vasche con pesce, sale e tempo. Il risultato? Un liquido ambrato, ricco di sapore e proteine, capace di trasformare qualsiasi piatto in una pietanza ricca e gustosa.
Il ritrovamento in Galizia non solo conferma l’importanza delle sardine nella dieta romana, ma dimostra che il DNA può sopravvivere anche in condizioni estreme
Una scoperta affascinante che unisce archeologia, genetica e cultura del cibo. E che ci fa vedere quanto, in fondo, il nostro gusto per i sapori forti e fermentati non sia cambiato poi tanto.
Fonte: greenme.it