web

venerdì 25 luglio 2025

Scoperto il segreto del garum, la salsa preferita dagli Antichi Romani


 Un vascone in pietra, sepolto da secoli sotto il terreno della Galizia, nel nord-ovest della Spagna. Un odore che un tempo doveva essere pungente, salmastro, quasi fastidioso. E un contenuto, oggi solo schegge di ossa, che racconta una storia antica, profumata di mare e di fermentazione. È lì che un gruppo di scienziati ha scoperto l’ingrediente principale del garum, la salsa più amata dell’Impero romano: la sardina.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Antiquity, è opera del biologo portoghese Gonçalo Themudo, che ha recuperato e analizzato il DNA di minuscole ossa di pesce trovate sul fondo di una vasca usata per produrre garum. Il risultato? Dopo 1.800 anni, è ancora possibile leggere nel codice genetico di quelle spine un segreto gustoso che i romani portavano ovunque: una salsa fermentata di sardine.


Quello che per secoli era stato solo un sospetto – basato su frammenti ossei difficili da identificare – oggi è diventato una certezza scientifica. Le vertebre ritrovate nel sito archeologico di Adro Vello, in Galizia, appartenevano con ogni probabilità a sardine locali. Il loro DNA, sorprendentemente ancora leggibile nonostante secoli di decomposizione, lo ha confermato.

Il garum, quindi, non era solo una salsa di pesce generica, ma un concentrato fermentato di sardine, ricchissimo di glutammati naturali, le stesse sostanze responsabili del sapore “umami” che oggi troviamo nella salsa di soia, nei brodi di pesce, nei funghi e nei formaggi stagionati. Un gusto deciso, intenso, forse anche un po’ aggressivo – ma evidentemente irresistibile per i palati di allora.

Il garum non era solo un condimento. Era una merce pregiata, trasportata lungo le rotte commerciali dell’Impero e consumata in tutte le province romane, dal Mediterraneo fino al Nord Europa. Secondo gli studiosi, veniva usato per insaporire carni e pesci, o anche diluito come brodo di pesce. E nonostante l’odore – sicuramente forte – era considerato un ingrediente di lusso, tanto da valere parecchio.

Una sorta di “salsa di pesce alla romana”, fermentata in grandi vasche con pesce, sale e tempo. Il risultato? Un liquido ambrato, ricco di sapore e proteine, capace di trasformare qualsiasi piatto in una pietanza ricca e gustosa.

Il ritrovamento in Galizia non solo conferma l’importanza delle sardine nella dieta romana, ma dimostra che il DNA può sopravvivere anche in condizioni estreme

Una scoperta affascinante che unisce archeologia, genetica e cultura del cibo. E che ci fa vedere quanto, in fondo, il nostro gusto per i sapori forti e fermentati non sia cambiato poi tanto.

Fonte: greenme.it

giovedì 24 luglio 2025

L’affascinante Isola delle Bambole in Messico


 Anche se sembra il set di un macabro film horror, Isla de las Muñecas non è solo una curiosità turistica: è uno dei simboli più potenti della cultura popolare messicana, dove la morte, il mistero e il folclore convivono in un delicato equilibrio. Che ci si creda o no, visitare quest’isola significa entrare in un mondo dove il confine tra reale e soprannaturale si fa sottile.

Un luogo che inquieta, ma che lascia anche un segno indelebile in chi lo visita. Nel cuore dei canali di Xochimilco, una zona lagunare a sud di Città del Messico, si può visitare l’Isola delle Bambole, una piccola porzione di terra galleggiante, nascosta tra i famosi canali patrimonio UNESCO. Qui centinaia di bambole rotte, sporche, appese agli alberi e alle capanne, osservano i visitatori con occhi di vetro, teste storte e arti mancanti.

Isla de las Muñecas è un luogo surreale che attira ogni anno migliaia di viaggiatori in cerca di storie insolite, misteriose e, per molti, profondamente inquietanti. La sua storia è strettamente legata alla figura di Don Julián Santana Barrera, l’eremita che per decenni ha vissuto lì da solo, tra le bambole. Secondo la leggenda, negli anni ’50 Don Julián si ritirò sull’isola per vivere in solitudine. Un giorno, trovò il corpo di una bambina annegata nei canali vicino alla sua chinampa (isolotto artificiale). Poco dopo, una bambola galleggiava, l’uomo la raccolse e la appese a un albero, come gesto simbolico per placare lo spirito della piccola.

Da quel momento, cominciò ad appendere bambole ovunque, recuperandole dai rifiuti, scambiandole nei mercati, o trovandole alla deriva nell’acqua. Credeva che lo spirito della bambina possedesse l’isola e che le bambole potessero proteggerlo. Così, per oltre 50 anni, ne raccolse centinaia. Ironia del destino, Don Julián morì nel 2001 proprio dove diceva di aver trovato il corpo della bambina. Da allora l’isola è rimasta congelata nel tempo, come un santuario pagano dedicato a un’anima perduta.


Visitare Isla de las Muñecas non è un’esperienza per tutti. Le bambole sono vecchie, mutilate, con occhi vuoti e capelli arruffati. Molte sono appese con fili, chiodi o corde, dando un’immagine visiva decisamente inquietante. Eppure, è proprio questa atmosfera surreale che affascina: tra superstizione e folklore, l’isola è diventata un’attrazione unica nel suo genere, una meta fuori dal comune per chi ama il turismo oscuro, i misteri e le storie vere che superano la fantasia. Alcuni visitatori giurano di aver visto le bambole muoversi o sussurrare. Altri lasciano offerte, fotografie, o nuove bambole per mantenere viva la leggenda.

Fonte: si viaggia

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...