martedì 22 ottobre 2013
MIGRANTI SPA: 21MILA EURO AL GIORNO ALLA COOPERATIVA ROSSA (INDAGATA) CHE GESTISCE IL CENTRO DI LAMPEDUSA. TUTTI QUESTI SOLDI PER FAR DORMIRE I BAMBINI TRA TOPI E MONNEZZA
2 SETTIMANE FA, IN PIENA EMERGENZA CLANDESTINI AVEVAMO SOLLEVATO IL CASO DELLA COOPERATIVA SISIFO, CHE HA IN MANO L’APPALTO DEL BUSINESS DELL’ASSISTENZA E CHE NEL PASSATO HA AVUTO GROSSI PROBLEMI CON LA GIUSTIZIA. ADESSO “L’ESPRESSO” SCOPRE ALTRE E GRAVI NOTIZIE RIGUARDO QUESTA SOCIETA’ COOPERATIVA
INCHIESTA
Lampedusa, lo scandalo dell’accoglienza Pidocchi, cani randagi e cibo per terra
La società che gestisce il centro in cui sono rinchiuse 709 persone incassa 21mila euro al giorno. Per lasciare che i bambini dormano su lenzuola di carta, mangino fra i bagagli sporchi, in condizioni igieniche disastrose. Mentre i pulmini partono, senza assicurazione.
La società “Lampedusa Accoglienza” non ha nulla a che vedere con l’isola da cui prende il nome.
La società è un consorzio appartenente al Gruppo Sisifo, contenitore di una serie di imprese della Lega Coop.
“Lampedusa Accoglienza” da alcuni anni è la ditta alla quale la prefettura di Agrigento ha affidato la gestione del centro di detenzione dove vengono rinchiusi per legge gli uomini, le donne, i bambini sopravvissuti alla traversata del mare Mediterraneo. “Lampedusa Accoglienza”, il suo presidente Antonio Zarcone, 60 anni, e il suo amministratore delegato Cono Galipò, 62 anni, da settimane assistono in condizioni indecenti i profughi arrivati vivi. Così indecenti che, sbarcati sani, i bimbi siriani qui hanno preso i pidocchi.
Così scandalose che la società di Zarcone e Galipò ancora non ha fornito coperte di lana, brande, materassini puliti e tanto altro ancora costringendo centinaia di persone già provate dal viaggio e dalle paure che lo hanno provocato, a dormire per terra, a mangiare per terra.
Come i cani randagi che, chissà perché, vengono ospitati nel centro di “Lampedusa Accoglienza” e la notte girano ad annusare e urinano sui bagagli, sugli indumenti dei profughi. “Lampedusa Accoglienza” nel 2012, anno in cui gli sbarchi sono stati quasi inesistenti, ha incassato dallo Stato 3 milioni 116 mila euro.
Nel 2011 ha incassato altri 3 milioni 202 mila euro.
Poiché riceve circa 30 euro per ogni profugo ospitato per ogni giorno di assistenza, soltanto con le 709 persone presenti ieri Zarcone e Galipò hanno incassato 21.270 euro.
Soltanto ieri: 21 mila li incasserà oggi,
21 mila euro al giorno li ha incassati in tutti questi tragici giorni. Con 21 mila euro al giorno se ne comprano di coperte.
Fa invece impressione vedere i bambini avvolti in lenzuola di carta e sdraiati sulla terra o sulle piastrelle del pavimento. Fa impressione guardare le loro mamme stringerli per riscaldarli nel freddo di queste notti di maestrale. I numeri danno l’idea dell’indecenza: 709 reclusi di cui 504 uomini, 69 donne, 136 bambini e ragazzini compresi gli adolescenti non accompagnati.
Reclusi sì perché in violazione ai principi costituzionali, dal centro ufficialmente non si può uscire.
E le passeggiate in paese possibili per i buchi nella recinzione non sono un normale diritto ma un’elargizione. Questa violazione costituzionale ormai è accettata da tutte le Procure d’Italia che evidentemente fingono di non sapere.
Eppure per ogni persona “Lampedusa Accoglienza”, Zarcone e Galipò incasseranno i compensi anche per le brande, le coperte, le lenzuola, gli spazzolini, il sapone che non hanno fornito.
Le condizioni igieniche così scadenti stanno ovviamente ricadendo sulla salute dei profughi.
Ieri una bambina siriana è stata trattenuta con il padre nel centro e il resto della famiglia trasferita in Sicilia. La piccola non ha potuto partire perché ha i pidocchi.
Ora le hanno avvolto i capelli in un lembo di lenzuolo di carta. Non hanno trovato altro rimedio.
Altri bambini e adulti lamentano pidocchi e punture di insetti. cani randagi sono ospitati e alimentati nel centro come mascotte dei militari.
La convivenza tra randagi pieni di pulci, bambini e genitori già indeboliti dalle condizioni del viaggio e dalla detenzione nei campi di raccolta in Libia è una violazione di qualunque norma sanitaria. La notte i cani girano, annusano, urinano sui bagagli, sulla stessa terra dove di giorno le persone sono costrette a sedersi e mangiare. Un qualunque ufficio d’igiene delle Asl metterebbe i sigilli a una gestione del genere.
Ma i centri per immigrati sono tenuti per legge al di fuori dei controlli sanitari delle Asl. La competenza è totalmente affidata ai prefetti. Il prefetto di Agrigento, Francesca Ferrandino, committente con il ministero dell’Interno dell’appalto e gestore del denaro pubblico affidato a “Lampedusa Accoglienza”, è l’unico funzionario di Stato in grado di intervenire.
Ma il modo con cui il prefetto e il ministero hanno trattato i familiari eritrei dei 365 morti del naufragio, perdendo tempo e poi seppellendo in tutta fretta e di nascosto le bare senza nemmeno avvertirli, non è certo una garanzia.
L’ultima scoperta è di pochi minuti fa. I pulmini usati dalla società di Zarcone e Galipò per trasportare i profughi non hanno il tagliando di assicurazione esposto: uno non ce l’ha proprio, sul parabrezza di un altro il biglietto è ripiegato in modo che non si veda la data.
Alcuni agenti di polizia se ne sono accorti ma sono stati invitati a soprassedere.
Nel 2005, quando l’Espresso denunciò le terribili condizioni di detenzione con abusi e violenze da parte dei militari, almeno bambini e mamme venivano trasferiti altrove entro 48 ore. Da allora molto è migliorato.
Il personale militare è più sensibile al proprio ruolo. Gli osservatori esterni e i volontari delle organizzazioni umanitarie hanno libero accesso. Il lavoro fatto in questi giorni da personale civile, poliziotti, militari, soccorritori è davvero enorme. Ma il modo disumano in cui vengono ospitati i bambini, le loro mamme, i loro papà non può essere accettato come l’inevitabile conseguenza dell’emergenza. Perché a Lampedusa gli sbarchi da almeno quindici anni sono la normalità.
Così come i lauti incassi di Zarcone, Galipò e la loro “Lampedusa Accoglienza”
DI - HTTP://BASTACASTA.ALTERVISTA.ORG/P4857/
La società “Lampedusa Accoglienza” non ha nulla a che vedere con l’isola da cui prende il nome.
La società è un consorzio appartenente al Gruppo Sisifo, contenitore di una serie di imprese della Lega Coop.
“Lampedusa Accoglienza” da alcuni anni è la ditta alla quale la prefettura di Agrigento ha affidato la gestione del centro di detenzione dove vengono rinchiusi per legge gli uomini, le donne, i bambini sopravvissuti alla traversata del mare Mediterraneo. “Lampedusa Accoglienza”, il suo presidente Antonio Zarcone, 60 anni, e il suo amministratore delegato Cono Galipò, 62 anni, da settimane assistono in condizioni indecenti i profughi arrivati vivi. Così indecenti che, sbarcati sani, i bimbi siriani qui hanno preso i pidocchi.
Così scandalose che la società di Zarcone e Galipò ancora non ha fornito coperte di lana, brande, materassini puliti e tanto altro ancora costringendo centinaia di persone già provate dal viaggio e dalle paure che lo hanno provocato, a dormire per terra, a mangiare per terra.
Come i cani randagi che, chissà perché, vengono ospitati nel centro di “Lampedusa Accoglienza” e la notte girano ad annusare e urinano sui bagagli, sugli indumenti dei profughi. “Lampedusa Accoglienza” nel 2012, anno in cui gli sbarchi sono stati quasi inesistenti, ha incassato dallo Stato 3 milioni 116 mila euro.
Nel 2011 ha incassato altri 3 milioni 202 mila euro.
Poiché riceve circa 30 euro per ogni profugo ospitato per ogni giorno di assistenza, soltanto con le 709 persone presenti ieri Zarcone e Galipò hanno incassato 21.270 euro.
Soltanto ieri: 21 mila li incasserà oggi,
21 mila euro al giorno li ha incassati in tutti questi tragici giorni. Con 21 mila euro al giorno se ne comprano di coperte.
Fa invece impressione vedere i bambini avvolti in lenzuola di carta e sdraiati sulla terra o sulle piastrelle del pavimento. Fa impressione guardare le loro mamme stringerli per riscaldarli nel freddo di queste notti di maestrale. I numeri danno l’idea dell’indecenza: 709 reclusi di cui 504 uomini, 69 donne, 136 bambini e ragazzini compresi gli adolescenti non accompagnati.
Reclusi sì perché in violazione ai principi costituzionali, dal centro ufficialmente non si può uscire.
E le passeggiate in paese possibili per i buchi nella recinzione non sono un normale diritto ma un’elargizione. Questa violazione costituzionale ormai è accettata da tutte le Procure d’Italia che evidentemente fingono di non sapere.
Eppure per ogni persona “Lampedusa Accoglienza”, Zarcone e Galipò incasseranno i compensi anche per le brande, le coperte, le lenzuola, gli spazzolini, il sapone che non hanno fornito.
Le condizioni igieniche così scadenti stanno ovviamente ricadendo sulla salute dei profughi.
Ieri una bambina siriana è stata trattenuta con il padre nel centro e il resto della famiglia trasferita in Sicilia. La piccola non ha potuto partire perché ha i pidocchi.
Ora le hanno avvolto i capelli in un lembo di lenzuolo di carta. Non hanno trovato altro rimedio.
Altri bambini e adulti lamentano pidocchi e punture di insetti. cani randagi sono ospitati e alimentati nel centro come mascotte dei militari.
La convivenza tra randagi pieni di pulci, bambini e genitori già indeboliti dalle condizioni del viaggio e dalla detenzione nei campi di raccolta in Libia è una violazione di qualunque norma sanitaria. La notte i cani girano, annusano, urinano sui bagagli, sulla stessa terra dove di giorno le persone sono costrette a sedersi e mangiare. Un qualunque ufficio d’igiene delle Asl metterebbe i sigilli a una gestione del genere.
Ma i centri per immigrati sono tenuti per legge al di fuori dei controlli sanitari delle Asl. La competenza è totalmente affidata ai prefetti. Il prefetto di Agrigento, Francesca Ferrandino, committente con il ministero dell’Interno dell’appalto e gestore del denaro pubblico affidato a “Lampedusa Accoglienza”, è l’unico funzionario di Stato in grado di intervenire.
Ma il modo con cui il prefetto e il ministero hanno trattato i familiari eritrei dei 365 morti del naufragio, perdendo tempo e poi seppellendo in tutta fretta e di nascosto le bare senza nemmeno avvertirli, non è certo una garanzia.
L’ultima scoperta è di pochi minuti fa. I pulmini usati dalla società di Zarcone e Galipò per trasportare i profughi non hanno il tagliando di assicurazione esposto: uno non ce l’ha proprio, sul parabrezza di un altro il biglietto è ripiegato in modo che non si veda la data.
Alcuni agenti di polizia se ne sono accorti ma sono stati invitati a soprassedere.
Nel 2005, quando l’Espresso denunciò le terribili condizioni di detenzione con abusi e violenze da parte dei militari, almeno bambini e mamme venivano trasferiti altrove entro 48 ore. Da allora molto è migliorato.
Il personale militare è più sensibile al proprio ruolo. Gli osservatori esterni e i volontari delle organizzazioni umanitarie hanno libero accesso. Il lavoro fatto in questi giorni da personale civile, poliziotti, militari, soccorritori è davvero enorme. Ma il modo disumano in cui vengono ospitati i bambini, le loro mamme, i loro papà non può essere accettato come l’inevitabile conseguenza dell’emergenza. Perché a Lampedusa gli sbarchi da almeno quindici anni sono la normalità.
Così come i lauti incassi di Zarcone, Galipò e la loro “Lampedusa Accoglienza”
DI - HTTP://BASTACASTA.ALTERVISTA.ORG/P4857/
Foglie decorate
Questo è un lavoretto molto gratificante da fare insieme ai vostri bambini o da soli. Dopo una bella passeggiata lungo un viale alberato, o un bosco in cui avrete raccolto delle grandi foglie dai bei colori autunnali non tanto secche, al ritorno a casa mettetele dentro dei libri e lasciatele asciugare e distendere per qualche giorno. Comprate della tempera bianca e alla prima giornata di pioggia, tirate fuori le foglie e iniziate a decorarle esclusivamente con il bianco e pennellini di varie misure.
Ispiratevi a queste o lavorate di fantasia. Lasciatele asciugare bene e poi componetele in una bella ciotola di cristallo, magari con qualche zucchetta o melagrana, e fatene un centrotavola per ospiti durante una cena. Potrete anche regalarle alla fine della serata.
Il quokka , l'animale più felice del mondo
Quando parliamo di animali che risultano simpatici, nessuno può battere questa creatura dal musetto sfacciato, che sembra letteralmente partorita dalla mente di un animatore di film per bambini.
È il quokka, l'animale più felice del mondo, un marsupiale originario di un piccolo angolo del sud-ovest dell'Australia.
Con le dimensioni simili a quelle di un gatto, il quokka vive quasi esclusivamente su Rottnest Island.
Sembra un po' un piccolo canguro, anche se appare molto più simpatico per via delle sue divertenti espressioni.
Non costituisce affatto una minaccia per gli esseri umani, tutt'altro: è molto socievole e amichevole.
Ha uno spesso e vaporoso pelo color grigio-marrone, piccole e soffici orecchie arrotondate, una coda lunga 24-31 cm e arti posteriori più corti rispetto alle altre specie di marsupiali.
E' erbivoro e mangia foglie, steli e corteccia di un'ampia varietà di piante autoctone.
Molto attivo di notte, di giorno preferisce riposare. La popolazione di quokka, una volta molto numerosa, oggi si è drasticamente ridotta, come spiega anche il Perth Zoo. La colpa sarebbe imputabile soprattutto all'arrivo del dingo, circa 3.500 anni fa, e della volpe, alla fine del 1800, portata dagli europei.
Quando la musica di un virtuoso ti entra nell'anima
Contaminazioni barocche il maestro Enrico Pesce - Pianoforte: Alessandro Marcello - Adagio.
Concerto a Torino, alla Villa Tesoriera Blog Enrico Pesce, Music
La storia del trombettiere John Martini
Giovanni Crisostomo Martino è nato il 28 gennaio 1852 a Sala Consilina, Salerno, registrato così dal sindaco Fedele Allegrio, con il nome del santo ricordato il giorno precedente perché il neonato era un trovatello lasciato nella Ruota dei Projetti.
Allevato dalla famiglia della balia Mariantonia Botta, ha otto anni quando, nella piazza di Sala, arriva Garibaldi in marcia verso Napoli. Lo vede e urla come un'aquila che gli vuole parlare. Garibaldi lo sente e dice: "che cosa vuoi da me, ragazzo?". Giovanni chiede di partire con lui ma il generale dice: "sei troppo piccolo, non puoi sparare ancora". Risposta: "ma no, io voglio solo suonare la tromba". Allora l'uomo col poncho promette: "quando sarai più grande verrai con me". E difatti accade.
Nel 1866, Martino quattordicenne suona la carica di Bezzecca, unica vittoria italiana della terza guerra d'indipendenza.
Con l'unificazione dell'Italia, al Sud la miseria aumenta e Giovanni, come altri sei milioni di meridionali, emigra. In quegli anni non c'è paese che non abbia l'ufficio di una qualche compagnia di navigazione, pronta a vendere biglietti.
Il biglietto di Martino da Sala Consilina è per l'America, dove Dio vuole che ci sia un'altra epopea in corso, la conquista del West.
Nel marzo del 1873 si imbarca a Glasgow sulla S.S. Tyrian e il 27 sbarca a New York.
L’anno seguente si arruola nell’esercito come trombettiere, è assegnato allo squadrone H sotto il comando del capitano Frederich Benteen del Settimo Cavalleggeri.
Le note personali dicono che è alto un metro e 68, occhi marroni, capelli neri e carnagione scura.
L'italiano diventa John Martin e riesce a farsi prendere, sempre come trombettiere, dai mitici cavalleggeri del generale Custer e fu l'unico superstite, assieme al cavallo del capitano Keogh (Comanche) della battaglia di Little Big Horn, dove persero la vita Custer e i suoi 242 uomini.
La storia è presto raccontata, del resto è ampiamente illustrata negli svariati articoli dedicati al generale Custer.
Quest’ultimo si trova in perlustrazione per cercare traccia degli indiani che si oppongono all’invasione bianca delle Black Hills in cui è stata accertata la presenza di giacimenti d’oro.
L’ordine è di non attaccare, ma aspettare l’arrivo del grosso delle truppe, Custer in crisi di astinenza da successo attacca anche se gli scout indiani lo hanno avvertito che “sono più i nemici delle nostre pallottole”.
Prima di attaccare, però, ordina al trombettiere John Martin di correre a chiedere rinforzi.
Il tenente William W. Cooke, per timore che il ragazzo di lingua italiana non abbia capito bene il senso del messaggio, pensa di metterlo per iscritto e scarabocchia su un foglietto: “Benteen. Come on. Big Village. Be Quick. Bring Packs. W.W. Cooke PS Bring pacs”, che tradotto suona “Benteen vieni in fretta e porta le munizioni”.
John infila il pezzo di carta nel guanto e parte a razzo.
Mentre si allontana a spron battuto avverte le prime scariche di fucileria, dall’alto della collina vede sbucare indiani da ogni dove, sente dietro di sé le grida dei guerrieri che lo hanno individuato e che cercano di colpirlo.
Si lancia ventre a terra giù per il pendio e in poco più di un’ora riesce a raggiungere il maggiore Benteen a cui consegna il messaggio.
Rinforzi e munizioni arrivano tardi per Custer e i suoi, se John Martin e i rinforzi hanno salvato la pelle lo devono ad una decisione di Toro Seduto: le forze indiane sono preponderanti, potrebbero schiacciarli, ma il vecchio capo ordina di cessare il fuoco: “Basta così, lasciateli andare, lasciateli vivere, stanno solo cercando di salvarsi la pelle. Sono venuti contro noi, ne abbiamo uccisi, ma se li uccidiamo tutti manderanno un esercito più grosso a sterminarci”, e i guerrieri si dileguano.
L'ex ragazzino-trombettiere di Garibaldi, Giovanni vincitore di Bezzecca, diventa così l'unico superstite del Settimo Cavalleggeri
Tre anni dopo essersela scampata a Little Big Horn, il 7 ottobre del 1879 sposa Julia Higgins, diciannovenne di origine irlandese, da cui ha otto figli, il primo dei quali chiamato George in memoria di Custer.
Arrivato alla pensione, gestisce con la moglie un negozio di dolciumi nei pressi di un forte.
Nel 1906 John-Giovanni e la moglie si separano, lui si reca presso una figlia che vive a Brooklyn, il 27 dicembre 1922 muore investito da un camion secondo il racconto della figlia, è sepolto nel Cypress hill national cemetery di Brooklyn.
Fonte . tanogabo.it
Allevato dalla famiglia della balia Mariantonia Botta, ha otto anni quando, nella piazza di Sala, arriva Garibaldi in marcia verso Napoli. Lo vede e urla come un'aquila che gli vuole parlare. Garibaldi lo sente e dice: "che cosa vuoi da me, ragazzo?". Giovanni chiede di partire con lui ma il generale dice: "sei troppo piccolo, non puoi sparare ancora". Risposta: "ma no, io voglio solo suonare la tromba". Allora l'uomo col poncho promette: "quando sarai più grande verrai con me". E difatti accade.
Nel 1866, Martino quattordicenne suona la carica di Bezzecca, unica vittoria italiana della terza guerra d'indipendenza.
Con l'unificazione dell'Italia, al Sud la miseria aumenta e Giovanni, come altri sei milioni di meridionali, emigra. In quegli anni non c'è paese che non abbia l'ufficio di una qualche compagnia di navigazione, pronta a vendere biglietti.
Il biglietto di Martino da Sala Consilina è per l'America, dove Dio vuole che ci sia un'altra epopea in corso, la conquista del West.
Nel marzo del 1873 si imbarca a Glasgow sulla S.S. Tyrian e il 27 sbarca a New York.
L’anno seguente si arruola nell’esercito come trombettiere, è assegnato allo squadrone H sotto il comando del capitano Frederich Benteen del Settimo Cavalleggeri.
Le note personali dicono che è alto un metro e 68, occhi marroni, capelli neri e carnagione scura.
L'italiano diventa John Martin e riesce a farsi prendere, sempre come trombettiere, dai mitici cavalleggeri del generale Custer e fu l'unico superstite, assieme al cavallo del capitano Keogh (Comanche) della battaglia di Little Big Horn, dove persero la vita Custer e i suoi 242 uomini.
La storia è presto raccontata, del resto è ampiamente illustrata negli svariati articoli dedicati al generale Custer.
Quest’ultimo si trova in perlustrazione per cercare traccia degli indiani che si oppongono all’invasione bianca delle Black Hills in cui è stata accertata la presenza di giacimenti d’oro.
L’ordine è di non attaccare, ma aspettare l’arrivo del grosso delle truppe, Custer in crisi di astinenza da successo attacca anche se gli scout indiani lo hanno avvertito che “sono più i nemici delle nostre pallottole”.
Prima di attaccare, però, ordina al trombettiere John Martin di correre a chiedere rinforzi.
Il tenente William W. Cooke, per timore che il ragazzo di lingua italiana non abbia capito bene il senso del messaggio, pensa di metterlo per iscritto e scarabocchia su un foglietto: “Benteen. Come on. Big Village. Be Quick. Bring Packs. W.W. Cooke PS Bring pacs”, che tradotto suona “Benteen vieni in fretta e porta le munizioni”.
John infila il pezzo di carta nel guanto e parte a razzo.
Mentre si allontana a spron battuto avverte le prime scariche di fucileria, dall’alto della collina vede sbucare indiani da ogni dove, sente dietro di sé le grida dei guerrieri che lo hanno individuato e che cercano di colpirlo.
Si lancia ventre a terra giù per il pendio e in poco più di un’ora riesce a raggiungere il maggiore Benteen a cui consegna il messaggio.
Rinforzi e munizioni arrivano tardi per Custer e i suoi, se John Martin e i rinforzi hanno salvato la pelle lo devono ad una decisione di Toro Seduto: le forze indiane sono preponderanti, potrebbero schiacciarli, ma il vecchio capo ordina di cessare il fuoco: “Basta così, lasciateli andare, lasciateli vivere, stanno solo cercando di salvarsi la pelle. Sono venuti contro noi, ne abbiamo uccisi, ma se li uccidiamo tutti manderanno un esercito più grosso a sterminarci”, e i guerrieri si dileguano.
L'ex ragazzino-trombettiere di Garibaldi, Giovanni vincitore di Bezzecca, diventa così l'unico superstite del Settimo Cavalleggeri
Tre anni dopo essersela scampata a Little Big Horn, il 7 ottobre del 1879 sposa Julia Higgins, diciannovenne di origine irlandese, da cui ha otto figli, il primo dei quali chiamato George in memoria di Custer.
Arrivato alla pensione, gestisce con la moglie un negozio di dolciumi nei pressi di un forte.
Nel 1906 John-Giovanni e la moglie si separano, lui si reca presso una figlia che vive a Brooklyn, il 27 dicembre 1922 muore investito da un camion secondo il racconto della figlia, è sepolto nel Cypress hill national cemetery di Brooklyn.
Fonte . tanogabo.it
La diga di Assuan
“Eccola, l’acqua di vita che si trova nel cielo. Eccola l’acqua di vita che è nella terra. Il cielo fiammeggia per te, la terra teme quando il dio nasce. Le due colline si fondono, il dio si manifesta, il dio si espande nel suo corpo”.
Così recitano i Testi delle Piramidi, a conferma della sacralità che gli antichi egizi associano al Nilo, da sempre fonte di vita.
Simbolo di prosperità, identificato con il Dio Hapi, rende estremamente fertile il terreno grazie alle sue periodiche inondazioni con le quali ogni anno lascia sul terreno uno strato di prezioso limo, un sedimento di nutrienti e minerali.
Alle piene si alternano però periodi di grave siccità o devastanti inondazioni. Questo costringe il popolo egiziano a costruire una diga per controllarne le piene, posta poco a sud di Assuan, città che sorge sulla riva est del Nilo. Terminata nel 1902 ed ulteriormente alzata in due fasi successive nel 1912 e nel 1934, non è però sufficiente ad ottenere il giusto controllo del fiume.
Invece di innalzare per la terza volta la diga, si decide di costruirne una nuova e di maggiori dimensioni: con l’aiuto di capitali sovietici, i lavori di costruzione iniziano nel 1960. Lunga 3600 mt, larga 980 mt alla base, 40 alla sommità e alta 111, questa diga di proporzioni imponenti ha permesso il controllo delle acque del fiume più lungo del mondo, permettendo di mantenere costante il flusso dell’acqua per tutto l’anno.
Dopo l’inizio dei lavori del 9 gennaio 1960, la diga di Assuan viene terminata il 21 luglio 1970 e inaugurata ufficialmente il 15 gennaio 1971.
I danni causati dalla siccità e delle rovinose inondazioni del Nilo sono così attenuati, con il benefico vantaggio della regolare irrigazione delle terre agricole coltivabili, che aumentarono del 20-30%.
La costante irrigazione distribuita lungo tutto l’arco dell’anno permette raccolti più abbondanti, soprattutto di cotone, pregiato prodotto d’esportazione. Inoltre l’acqua che scorre attraverso la diga, produce energia idroelettrica grazie alla costruzione di una centrale a ridosso della gigantesca opera ingegneristica.
Oltre ad impiegare energia pulita e quindi non inquinante, ha permesso all’Egitto di coprire più della metà del proprio fabbisogno di energia elettrica. Durante la stagione delle piogge la diga trattiene le acque crescenti del Nilo, che con il tempo hanno formato un bacino artificiale lungo oltre 500 chilometri, il lago di Nasser, così chiamato in onore del presidente egiziano Gamal Abd el Nasser.
I tentativi dell’uomo di controllare la natura provocano però, oltre che benefici, anche gravi complicazioni: la nascita di questo lago costringe 90.000 persone ad abbandonare la zona sommersa d’acqua e numerosi siti archeologici, tra cui Abu Simbel e molti altri templi della Nubia, vengono spostati in luoghi più sicuri con l’intervento dell’Unesco, per salvarli dall’allagamento causato dalla diga.
Alcune opere vengono successivamente donate dall’Egitto ai paesi che partecipano al questa opera di salvataggio. L’Italia riceve in dono Il tempio rupestre di Ellesija che è custodito al Museo Egizio di Torino.
La costruzione di grandi dighe e bacini artificiali può però provocare squilibrio o addirittura danni irreparabili all’ecosistema.
Il fertile limo non riesce a depositarsi sui terreni lungo il corso del fiume perché è trattenuto dalla diga, con la conseguenza che gli agricoltori sono costretti ad utilizzare maggiori quantità di fertilizzanti chimici.
Inevitabile il conseguente inquinamento delle falde nella bassa valle e nel delta, che causa la scomparsa di alcune specie ittiche, risorsa anch’essa importante per le popolazioni locali, che vedono scemare la produttività dell’attività di pesca.
La salinità delle acque è aumentata poiché l’acqua salata proveniente dal Mediterraneo è avanzata lungo il fiume, con conseguente migrazione di specie marine all’interno di esso.
Nei campi vicini al fiume si è assistito ad un ristagno idrico, che provoca il proliferare di funghi patogeni, rendendo inoltre le rive del lago di Nasser l’ambiente ideale per il diffondersi di zanzare che trasmettono malattie come la malaria.
Il cestino per il pane
Per Natale adornatelo con fiocchi rossi e qualche rametto verde
Occorrente
Farina o preparato per pane già con lievito o pasta di pane già confezionata
Se la fate voi alla farina aggiungere
Il lievito
Il sale
L'olio
Impastare fino ad ottenere un composto morbido ed elastico
Far riposare qualche ora coperto in luogo tiepido.
Poi vedere le indicazioni
Infornare Preriscaldando il forno a 175 gradi.
Tempo a seconda del forno ma quando lo vedrete dorato è pronto
PS : per ottenere quella doratura passate su tutto il cestino un poco d'olio d'oliva o un rosso d'uovo spennellando.
Il figurone è assicurato
Occorrente
Farina o preparato per pane già con lievito o pasta di pane già confezionata
Se la fate voi alla farina aggiungere
Il lievito
Il sale
L'olio
Impastare fino ad ottenere un composto morbido ed elastico
Far riposare qualche ora coperto in luogo tiepido.
Poi vedere le indicazioni
Infornare Preriscaldando il forno a 175 gradi.
Tempo a seconda del forno ma quando lo vedrete dorato è pronto
PS : per ottenere quella doratura passate su tutto il cestino un poco d'olio d'oliva o un rosso d'uovo spennellando.
Il figurone è assicurato
L'acqua
L'ACQUA IL BENE PIU' PREZIOSO PER LA VITA
Non sprechiamola noi che non facciamo nessuna fatica per averla E' un nostro DOVERE!
ATTENZIONE .......
Quello che ho evidenziato in rosso nella classica scatoletta di tonno marchiato coop è la provenienza dal quale il tonno viene pescato.. FAO 61 o 71 riguarda quel luogo limitrofo al Giappone dove ancora l'acqua dell'oceano è pesantemente contaminata ( e nessuno ne parla) dalla centrale nucleare di Fukushima..
La corrida uno degli "spettacoli?" più assurdi e inumani di cui l'uomo è capace di godere
Questa foto incredibile segna la fine della carriera del Matador Torero Alvaro Munera .
Si accasciò nel rimorso a metà lotta, quando si rese conto di dover istigare alla reazione questa bestia altrimenti docile per combattere. Oggi egli si oppone fortemente alle corride.
(Lo sguardo sul volto di questo toro dice tutto per me, anche se gravemente ferito dai picadores, il toro non attacca l'uomo.)
Torero Munera in questo momento pensò : "E all'improvviso, ho guardato il toro, aveva l'innocenza che tutti gli animali hanno negli occhi, e lui mi guardò come con supplica.
È stato come un grido per la giustizia profondo, dentro di me simile ad una preghiera perché se uno si confessa spera di essere perdonato. mi sentivo come la peggior feccia sulla terra ".
"Le mucche sono tra le creature che respirano quelle più docili e miti, nessun animale mostra tenerezza più appassionata verso i piccoli quando gli vengono portati via... in breve non mi vergogno di confessare un profondo amore per queste creature silenziose." C'è un'intervista con questo torero dove si discute sul diventare vegetariano e di lottare per fermare la corrida.
"E improvvisamente il toro mi guardò, l'innocenza di tutti gli animali si rifletteva nei suoi occhi, ma era anche una supplica.
E 'stata la battaglia tra l'inspiegabile ingiustizia e l'appello prima della crudeltà inutile.
Questa volta mi ha mostrato la misericordia, e mi sentivo come la peggiore spazzatura del mondo ".
Dov'è Ahmadinejad L'ex presidente iraniano?
Ahmadinejad, dipinto dai mass media occidentali quale "dittatore", dopo essere stato recentemente sconfitto alle ultime elezioni è tornato alla sua vita: insegna ingegneria all'Università di Theran, e si reca a lavoro con i mezzi pubblici, come un cittadino 'qualsiasi', muovendosi senza scorta...
I nostri politici invece, anche quelli che hanno ricoperto incarichi molto meno rilevanti, mantengono la scorta (oltre che i privilegi) anche quando escono dalla scena: per esempio Gianfranco Fini, per citare un nome dei tanti...
Eletto due volte alla presidenza dell’Iran, compiuto il suo secondo mandato, sconfitto alle ultime elezioni.
Mahmaoud Ahmadinejad mentre va al lavoro sui mezzi pubblici, come qualunque altro cittadino.
Senza auto blu, senza scorta, non disturbato dagli altri passeggeri. Poveramente vestito come al solito.
Naturalmente, l’Iran è una teocrazia demoniaca e irrazionale, non una democrazia come la nostra.
Noi abbiamo la più bella Costituzione del mondo.
Ma non ricordiamo di alcun politico italiano che, disfatto alle elezioni, torni alla sua vita lavorativa.
Nemmeno il professor Mario Monti è tornato alla Bocconi; ma lì forse il problema è che alla Bocconi, una volta che se ne sono liberati, non lo vogliono.
Lo stiamo mantenendo noi cittadini, come senatore a vita.
A Teheran non sembra esistano cariche di senatori a vita dispensate dalla Guida Suprema.
Tratto http://www.nocensura.com
Questo sarebbe (a detta dei media un popolo incivile?), altra affermazione sempre degli "illuminati" quest'uomo era un dittatore massacratore della sua gente, inviso al popolo poichè lo stava portando alla guerra e alla fame?)
Non so voi ma a me non pare!!!
ZIBALDONE del 20 ottobre 2013
Benvenuto al mio Zibaldone!
Oggi ti propongo proverbi commentati dalla mia padrona birichina e a seguire le mie considerazioni, poi foto divertenti e una massima di Confucio.
Buon divertimento dalla cagnolina più esilarante del web! ♠
L’uomo è come il pepe rosso:
finché non ne avete mangiato, non potete valutare quanto sia forte. PADRONA:
Semmai non possiamo valutare quanto sia digeribile!
.....................segue
Il resto scopritelo qui:
tormenti.altervista.org
Oggi ti propongo proverbi commentati dalla mia padrona birichina e a seguire le mie considerazioni, poi foto divertenti e una massima di Confucio.
Buon divertimento dalla cagnolina più esilarante del web! ♠
L’uomo è come il pepe rosso:
finché non ne avete mangiato, non potete valutare quanto sia forte. PADRONA:
Semmai non possiamo valutare quanto sia digeribile!
.....................segue
Il resto scopritelo qui:
tormenti.altervista.org
Iscriviti a:
Post (Atom)