venerdì 19 aprile 2013
Storia del francobollo
Il francobollo è una carta-valore, stampato da una parte e gommato sul retro, che serve per l'affrancatura dei servizi di corrispondenza. Adoperato dall'amministrazione postale autorizzata dallo stato emittente, rappresenta la prova del pagamento anticipato per prestazioni quali la spedizione di una lettera o di un pacco ad un destinatario.
Quando un francobollo non è più adatto al suo compito, ad esempio per variazione delle tariffe postali, l'amministrazione emittente può determinarne la cessazione del suo uso ponendolo "fuori corso". Data la natura di valori emessi da uno stato la contraffazione dei francobolli è un reato.
L'etimo della parola francobollo deriva da franco, cioè libero da spese o tasse, e bollo, ad indicare la sua autenticità e autorità. Ideato dall'inglese Rowland Hill, tradizionalmente è in carta, di forma quadrangolare, da incollare all'oggetto di una spedizione postale.
In rari casi sono stati prodotti francobolli di altre forme, rotondi (Nuova Zelanda), triangolari, pentagonali o di forma non geometrica come nel caso dei francobolli a forma di frutta di Sierra Leone e Tonga.
Raramente sono stati anche prodotti francobolli non di carta, come i francobolli della Svizzera fatti parzialmente di pizzo o della DDR composti da fibre sintetiche.
Sono stati inoltre emessi francobolli su lamine metalliche.
La Repubblica Italiana il 2 luglio 2007 per commemorare il patrimonio artistico rappresentato dalla Basilica di San Vincenzo in Galliano di Cantù ha emesso un francobollo in legno impiallacciato di betulla.
I precursori del francobollo
Nel corso dei secoli il francobollo è stato preceduto da numerosi precursori.
Già nel 1608 la Repubblica di Venezia aveva adottato un sistema di tassazione detta "Tagli delli Soldi Quattro per Lettera"che consisteva nell'emissione di un vero e proprio foglio di carta con sopra stampigliato il Leone di San Marco fra le lettere "A" e "Q". Questo foglio doveva essere usato per accompagnare una lettera o come supporto per scriverla (nel qual caso veniva poi ripiegato su sé stesso) e la tassa riscossa andava versata direttamente al "daziere".
Nel 1653, il gestore della posta cittadina di Parigi, Jean-Jacques Renouard de Villayer, aveva creato il billet de port payé, una striscia di carta simile a un francobollo che, in assenza di una superficie adesiva, doveva essere fissato alla missiva per mezzo di un fermaglio o di un filo.
Tutti gli esemplari di questi billets sono andati perduti.
Altri francobolli ante litteram sono documentati in Gran Bretagna: il sistema di prezzo unitario per la posta locale escogitato dai mercanti William Dockwra e Robert Murray, adottato dalla Penny Post londinese a partire dal 1680, riscosse un tale successo che il duca di York vide minacciato il proprio monopolio postale.
Fu così che, in seguito alle proteste del duca, la Penny Post fu obbligata a cessare l'iniziativa dopo appena due anni, venendo inglobata nel General Post Office.
Alcuni esemplari dei francobolli triangolari di quel periodo sono conservati negli archivi, mentre quattro esemplari risultano in possesso di collezionisti.
Nel 1750 in Cina venne escogitato un sistema di pagamento anticipato della tassa sulla corrispondenza consistente in buste di differente colore e tre tipi di iscrizioni: per l'estero, per l'interno ed in franchigia.
Tali buste erano poi usate per contenere le lettere. All'inizio del XIX secolo apparvero in alcune città i precursori delle cartoline e delle buste preaffrancate.
Nel Regno di Sardegna, per esempio, fece la sua apparizione nel 1818 la "carta postale bollata", un foglio di carta da corrispondenza con la tassa di porto prepagata, ribattezzato "cavallino" in quanto raffigurante un messaggero a cavallo; nel 1821 vennero adottate in Gran Bretagna le cartoline preaffrancate di risposta allegate ai giornali.
Come primi valori postali preaffrancati valgono tuttavia le letter sheets emesse a Sydney nel 1838.
La nascita del francobollo vero e proprio è legata alla riforma delle Poste della Gran Bretagna voluta da Rowland Hill nel 1837 il 6 maggio 1840 entrò in vigore il primo francobollo del mondo, che passò poi alla storia come Penny Black.
Otto anni dopo, nel 1848, l'ingegnere Henry Archer inventò la perforazione meccanica del francobollo, completando così la genesi del francobollo dentellato così come è noto oggi.
Quando un francobollo non è più adatto al suo compito, ad esempio per variazione delle tariffe postali, l'amministrazione emittente può determinarne la cessazione del suo uso ponendolo "fuori corso". Data la natura di valori emessi da uno stato la contraffazione dei francobolli è un reato.
L'etimo della parola francobollo deriva da franco, cioè libero da spese o tasse, e bollo, ad indicare la sua autenticità e autorità. Ideato dall'inglese Rowland Hill, tradizionalmente è in carta, di forma quadrangolare, da incollare all'oggetto di una spedizione postale.
In rari casi sono stati prodotti francobolli di altre forme, rotondi (Nuova Zelanda), triangolari, pentagonali o di forma non geometrica come nel caso dei francobolli a forma di frutta di Sierra Leone e Tonga.
Raramente sono stati anche prodotti francobolli non di carta, come i francobolli della Svizzera fatti parzialmente di pizzo o della DDR composti da fibre sintetiche.
Sono stati inoltre emessi francobolli su lamine metalliche.
La Repubblica Italiana il 2 luglio 2007 per commemorare il patrimonio artistico rappresentato dalla Basilica di San Vincenzo in Galliano di Cantù ha emesso un francobollo in legno impiallacciato di betulla.
I precursori del francobollo
Nel corso dei secoli il francobollo è stato preceduto da numerosi precursori.
Già nel 1608 la Repubblica di Venezia aveva adottato un sistema di tassazione detta "Tagli delli Soldi Quattro per Lettera"che consisteva nell'emissione di un vero e proprio foglio di carta con sopra stampigliato il Leone di San Marco fra le lettere "A" e "Q". Questo foglio doveva essere usato per accompagnare una lettera o come supporto per scriverla (nel qual caso veniva poi ripiegato su sé stesso) e la tassa riscossa andava versata direttamente al "daziere".
Nel 1653, il gestore della posta cittadina di Parigi, Jean-Jacques Renouard de Villayer, aveva creato il billet de port payé, una striscia di carta simile a un francobollo che, in assenza di una superficie adesiva, doveva essere fissato alla missiva per mezzo di un fermaglio o di un filo.
Tutti gli esemplari di questi billets sono andati perduti.
Altri francobolli ante litteram sono documentati in Gran Bretagna: il sistema di prezzo unitario per la posta locale escogitato dai mercanti William Dockwra e Robert Murray, adottato dalla Penny Post londinese a partire dal 1680, riscosse un tale successo che il duca di York vide minacciato il proprio monopolio postale.
Fu così che, in seguito alle proteste del duca, la Penny Post fu obbligata a cessare l'iniziativa dopo appena due anni, venendo inglobata nel General Post Office.
Alcuni esemplari dei francobolli triangolari di quel periodo sono conservati negli archivi, mentre quattro esemplari risultano in possesso di collezionisti.
Nel 1750 in Cina venne escogitato un sistema di pagamento anticipato della tassa sulla corrispondenza consistente in buste di differente colore e tre tipi di iscrizioni: per l'estero, per l'interno ed in franchigia.
Tali buste erano poi usate per contenere le lettere. All'inizio del XIX secolo apparvero in alcune città i precursori delle cartoline e delle buste preaffrancate.
Nel Regno di Sardegna, per esempio, fece la sua apparizione nel 1818 la "carta postale bollata", un foglio di carta da corrispondenza con la tassa di porto prepagata, ribattezzato "cavallino" in quanto raffigurante un messaggero a cavallo; nel 1821 vennero adottate in Gran Bretagna le cartoline preaffrancate di risposta allegate ai giornali.
Come primi valori postali preaffrancati valgono tuttavia le letter sheets emesse a Sydney nel 1838.
La nascita del francobollo vero e proprio è legata alla riforma delle Poste della Gran Bretagna voluta da Rowland Hill nel 1837 il 6 maggio 1840 entrò in vigore il primo francobollo del mondo, che passò poi alla storia come Penny Black.
Otto anni dopo, nel 1848, l'ingegnere Henry Archer inventò la perforazione meccanica del francobollo, completando così la genesi del francobollo dentellato così come è noto oggi.
La farfalla
La farfalla non vive per cibarsi e invecchiare,
vive solamente per amare,
e per questo è avvolta in un abito mirabile...
Tale significato della farfalla è stato avvertito
in tutti i tempi e da tutti i popoli...
E' un emblema sia dell'effimero,
sia di ciò che dura in eterno...E' un simbolo dell'anima.
Hermann Hesse
La natura ricicla
Glass Beach (Fort Bragg, California)
All'inizio del XX secolo, la gente non pensava all'ecologia.
Così, quando i primi abitanti della città costiera di Fort Bragg, California, erano alla ricerca di un posto dove buttare la spazzatura,usarono questo tratto di spiaggia come discarica a ridosso delle pittoresche scogliere nel vasto Oceano Pacifico. Il mare oggi ha restituito il vetro in ciottoli levigati e colorati
All'inizio del XX secolo, la gente non pensava all'ecologia.
Così, quando i primi abitanti della città costiera di Fort Bragg, California, erano alla ricerca di un posto dove buttare la spazzatura,usarono questo tratto di spiaggia come discarica a ridosso delle pittoresche scogliere nel vasto Oceano Pacifico. Il mare oggi ha restituito il vetro in ciottoli levigati e colorati
Diamo una mano ai nostri amici pelosi in difficoltà
Questi lavori vengono eseguiti da Daniela Soligon che li fa a tempo perso per sostenere come volontariato dei pelosini in difficoltà detratte le spese vive tutto il ricavato viene utilizzato per aiutarli
Comprando questi Bijoux a prezzi molto contenuti aiuterete una causa giusta Grazie
PARCO NAZIONALE: Dos Lençois Maranhenses
Uno dei luoghi più belli del litorale brasiliano si trova nello Stato di Maranhão, nel nord del Brasile: è un mare di dune che occupa 70 km della costa e s’inoltra nell’interno per 50 km: sono i Lençóis Maranhenses, un luogo unico, che non si può paragonare a null’altro al mondo.
Il parco che ne prende il nome si estende per 155 mila chilometri ed è un paradiso ecologico costituito da dune, canali, laghi e piantagioni di mango.
Questa zona costituisce un fenomeno geologico unico, formatosi nel corso di migliaia di anni per l’azione degli agenti naturali. La sua particolarità è quella di essere un immenso deserto costellato d’acqua! Dall’alto, la zona rivela paesaggi impressionanti, fatti da innumerevoli lagune blue e verdi che durante la stagione delle piogge contrastano con le dune bianche che possono raggiungere i 40m di altezza.
Famose per l’incredibile bellezza, la Lagoa Azul e la Lagoa Bonita: è d’obbligo immergersi nelle loro fresche acque per un bagno indimenticabile, come da non mancare è la visita ai villaggi di Caburé, Atins e Mandacaru da cui si gode di una vista impareggiabile. Sulla spiaggia si possono avvistare i caranguejos (granchi) e le tartarughe marine, mentre gli uccelli migratori cercano ristoro e riparo nelle lagune più vaste.
Il periodo migliore per visitare la regione è quello delle piogge - da dicembre a luglio - quando le lagune sono colme di acqua e meno calde.
Bhutan primo paese biologico al 100%
Immerso tra il Tibet e l’India, il Bhutan è uno dei paesi più felici sulla Terra.
Secondo un sondaggio fatto dai ricercatori dell’Università di Leicester nel Regno Unito, è emerso come il Bhutan sia al primo posto in Asia e l’ottava nel mondo. Il Bhutan è uno dei pochi paesi in cui la qualità della vita dei suoi abitanti è più alta di quanto ci si aspetta dagli indicatori di sviluppo tradizionale.
Per il Bhutan, la felicità non è casuale, si pone come un obiettivo politico.
Dopo essere salito al trono come quarto re del Bhutan nel 1972, Jigme Singye Wangchuck ha portato come priorità il concetto di Felicità Interna Lorda (FIL) e lo mise sopra il prodotto interno lordo (PIL) come misura ultima di benessere per i bhutanesi, sostenendo che la salute, l’istruzione, e la giustizia erano necessari per una nazione a svilupparsi. Il figlio, Jigme Khesar Mangyal Wangchuck, che gli succedette nel novembre del 2008, si è impegnato a portare avanti questa politica.
La Felicità Interna Lorda del Bhutan si misura dal modo in cui l’ambiente naturale è il sostegno del popolo, la misura in cui le comunità e le famiglie rimangano intatte e fiorenti, non solo economicamente ma anche culturalmente, e da relazioni dei suoi cittadini sui propri livelli di felicità.
I bhutanesi, così come molti osservatori esterni, sostengono che il segreto della loro felicità sta nella sicurezza della loro comunità, della parentela e relazioni familiari, e in un autosufficiente stile di vita. La loro tradizione spirituale buddista, che considera il desiderio la causa principale dell’infelicità, ispira la loro vita quotidiana.
Oltre a questo il Bhutan mira a diventare anche il primo paese biologico al 100%, compie un ulteriore passo interessante verso la creazione di un mondo più ecologico sostenibile.
Lo stato sta tentando di effettuare la transizione al solo impiego di metodi di produzione agricola biologica, avendo comunque un leggero vantaggio in questo obiettivo, in quanto molti dei suoi agricoltori già sono indirizzati verso questa via.
Da: ambientebio.it
Le truffe,gli abusi,e gli attentati alla nostra salute da parte di gente senza scrupoli(controlla prima di comprare)
L’industria alimentare si basa quasi interamente su una serie di menzogne vendute a buon mercato.
Bastano delle foglie di lattuga che svolazzano, fresche, in una pubblicità o una famigliola felice e sorridente riunita attorno ad un pollo ben cucinato per illudere il consumatore che quel prodotto sia del tutto naturale.
Ma cosa c’è dietro?
Proviamo a tracciare una linea di demarcazione tra ciò che vogliono farti credere e ciò che realmente compri
E’ necessario, soprattutto se il cibo che si acquista non ha nulla a che fare con quello dedotto nell’etichetta.
Poniti qualche domanda la prossima volta che dovrai comprare…
Il miele
Le spezie esaltano il sapore degli alimenti e rendono più gustoso un pasto, in modo del tutto naturale
Questo è quanto l’industria alimentare vuol farti credere, ma la realtà è ben altra.
Da anni l’Unione Europea mostra “tolleranza zero” verso la contaminazione di miele da parte di pollini ogm, vietandone la vendita senza apposita autorizzazione.
Tuttavia negli ultimi 2 anni l’Italia ha triplicato l’importazione di questa prelibatezza dalla Cina, che, insieme all’Argentina, contribuisce al 55% del miele consumato nello Stivale.
Cosa non torna?
Che in questi due paesi il polline può essere contaminato da organismi geneticamente modificati.
In questo modo decade la garanzia che il miele importato sia Ogm free.
Insomma, fatta la legge, trovato l’inganno.
Tenendo conto che l’Italia importa circa metà del proprio fabbisogno annuale di miele dall’estero, è più che probabile che i cittadini del Belpaese consumino miele contaminato (o per lo meno non controllato per riscontrarne eventuale presenza).
Del resto basta prenderne una confezione per rendersi conto che il mercato del miele gira tutto intorno alla poca trasparenza.
Gira il tuo barattolo di vetro ambrato e leggi l’etichetta:
sotto tutte quelle belle e rassicuranti scritte italiche,
cosa si dice riguardo la provenienza?
Il pollo
Ti sei mai chiesto come vengono fatti quei gustosi Nuggets o le così tanto amate Cotolette di Pollo che sei abituato a sgranocchiare?
E se ti dicessi che quello che mangi non e’ esattamente ciò che sei abituato a vedere nelle vetrine del macellaio?
Purtroppo è così, dietro ad ogni crocchetta o cotoletta di pollo pre-confezionata si nasconde una catena di produzione degna di un film horror.
Tutto ha inizio con la selezione del pulcino: subito dopo la schiusa delle uova, quasi il 50% dei neonati, ritenuto inutile per la filiera produttiva, finisce (ancora vivo) in un tritacarne, per poi essere venduto come concime per i campi, o come mangime per gli animali domestici.
Al rimanente 50% spetta una sorte peggiore.
I sopravvissuti vengono stipati in piccole gabbiette, grandi pressapoco come un foglio da stampante, sporche e puzzolenti.
I lager sono enormi, non possiedono ricicli d’aria.
La vita negli allevamenti provoca pazzie, allucinazioni ed istinti suicidi.
Costretti a beccare l’unico cibo che gli viene proposto – un pastone arricchito con ormoni della crescita ed antibiotici – un pulcino diventa “pollo” in appena 36 giorni (una crescita naturale richiederebbe il quadruplo del tempo) ed ucciso il40esimo giorno dalla sua nascita.
Proprio così, sembrano polli ma sono neonati
Inutile aggiungere che questo procedimento può comportare gravi rischi per la salute, negli allevamenti intensivi, i polli non hanno la possibilità di muoversi liberamente, questa limitazione fa si che gli ormoni somministrati quotidianamente non vengano “smaltiti” e rimangano nella loro carne, non è quindi difficile intuire chi sarà il “beneficiario” di tutti i pericolosi farmaci.
L’ingrediente segreto?
Il legno
A questo punto starai pensando: “Ok, adesso l’hai sparata grossa! Cosa c’entra il legno con il cibo?”.
Ti spiego subito, sai cosa fanno le industrie alimentari con l’elemento principale del legno, la cellulosa? La nascondono dietro un nome fantasioso ed invitante e te la vendono come cibo! Proprio così! La cellulosa può essere utilizzata, nelle ricette delle grandi industrie alimentari, come sostituto economico dell’olio e della farina.
Ecco le sigle con cui possiamo riconoscere la presenza di cellulosa e derivati tra gli ingredienti dei prodotti alimentari:
Cellulosa (E460i)
Metil-cellulosa (E461)
Etilcellulosa (E 462)
Idrossi-propil-cellulosa (E 463)
Idrossi-propil-metilcellulosa
(E 464) Etilmetilcellulosa
(E 465) Carbossimetilcellulosa
(E 466 )
Essi trovano impieghi come additivi nei biscotti e nei cereali “ricchi di fibre” e nei cibi più disparati:
dessert, budini, salse, gelati, piatti pronti, insaccati,yogurth, low-fat products, prodotti gluten-free.La cellulosa ed i suoi derivati vengono ingeritiQueste caratteristiche insieme alla capacità di essere fermentate dalla flora batterica intestinale, ha permesso l’inclusione dei derivati della cellulosa nell’elenco delle fibre alimentari, in accordo con il documentoStatement of the Scientific Panel on Dietetic Products,Nutrition and Allergies on a request from the Commission related to dietary fibre
L’olio (falso) d’oliva
E’ il simbolo dell’Italia sana, quella che lavora e che mangia mediterraneo.
E’ la metafora delle nostre coste, ricche di uliveti e di vecchi contadini che si prodigano infaticabili nella spremitura della preziosa sostanza dorata.
Ciò che in realtà c’è da sapere è che per quanto folle possa sembrare, la pirateria olio d’oliva è una delle imprese più redditizie della mafia italiana.
La denuncia piove dritta dagli Stati Uniti.
Sei mesi di lavoro, e in sette pagine di inchiesta fitte fitte il settimanale New Yorker denuncia l’Italia come l’Eldorado dell’olio adulterato.
Un paese in cui spacciare una miscela di oli scadenti per pregiato extravergine made in Italy, è redditizio quanto il traffico di cocaina, ma con molti meno rischi.
Le tesi del giornale americano sembrano confermate in parte anche dai dati ufficiali.
Solo lo scorso giugno la Guardia di Finanza ha scoperto ancora in Puglia una frode da otto milioni di euro.
Partite di olio tunisino, greco e spagnolo venivano vendute come extravergine italiano.
E a dare una scorsa ai numeri emersi a conclusione del programma straordinario coordinato dall’ Ispettorato repressione frodi, non si tratta certo di una scoperta isolata. In soli tre mesi, da gennaio al 31 marzo, il coordinamento di Guardia di Finanza, Agenzia delle Dogane, Guardia Forestale ed ilNucleo antifrodi dei Carabinieri, ha consentito di effettuare controlli su 787 operatori, per un totale di 54 milioni di litri di olio di oliva ( si fa per dire ).
Le irregolarità riscontrate sono state 176, vale a dire più di un operatore su cinque, i sequestri sono stati 13, per 90 mila litri di prodotto.
Un risultato ottenuto grazie alla “straordinarietà” dei controlli che si sono avvalsi di esami chimici e organolettici.
Spesso è stato proprio l’assaggio a segnalare un problema che altrimenti non sarebbe emerso.
Le irregolarità più frequenti, manco a dirlo, sono legate alla scoperta di “prodotti stranieri spacciati per nostrani, extravergini che si sono rivelati miscele di oli di semi di pessima qualità”.
I soli numeri delle importazioni di oli di semi potrebbero indurre a qualche sospetto.
Secondo i dati dell’Ismea, ne importiamo all’anno circa 800mila tonellate, ma i consumi domestici si attestano intorno alle 140mila tonnellate. Dove finiscano le restanti 660mila tonnellate è impossibile saperlo, perchè la parte di oli acquistati e utilizzati dall’industria alimentare non è documentata.
I valori nutrizionali
Sicuramente avrai sentito parlare dello Yogurt che fa bene all’intestino, o dei cereali che purificano la pelle.
Come non ricordarsi di quelle patatine che curano il tifo?
Sappiamo benissimo che è stato debellato da secoli, ma mangiando quelle patatine comunque nessuno ha mai contratto quel tipo di malattia.
E’ il celebre “procedimento per illazioni”, ovvero: si trae una conclusione plausibile da delle premesse non verificate.
Un po’ come dire che leggere questo articolo protegge la terra dalla collisione con gli asteroidi.
Il ragionamento che le industrie alimentari seguono è semplicissimo: se devo scegliere tra due prodotti che compro abitualmente, preferisco acquistare quello che fa bene alla salute, anche se costa un po’ di più.
Questa “moda della salute alimentare”, manco a farlo apposta, è nata nel 2002 negli USA quando molti anonimi alimenti di uso corrente guadagnarono improvvisamente dei superpoteri.
La tecnica si chiama Qualified health claims (indicazioni autorizzate sulla salute), un termine vuoto che consiste essenzialmente in un potenziamento delle campagne di marketing dei prodotti.
E così, da un giorno all’altro, un bicchiere di coca-cola fa bene alla salute.
Fonte: notipedia.it Fonte: pianetablunews
Bastano delle foglie di lattuga che svolazzano, fresche, in una pubblicità o una famigliola felice e sorridente riunita attorno ad un pollo ben cucinato per illudere il consumatore che quel prodotto sia del tutto naturale.
Ma cosa c’è dietro?
Proviamo a tracciare una linea di demarcazione tra ciò che vogliono farti credere e ciò che realmente compri
E’ necessario, soprattutto se il cibo che si acquista non ha nulla a che fare con quello dedotto nell’etichetta.
Poniti qualche domanda la prossima volta che dovrai comprare…
Il miele
Le spezie esaltano il sapore degli alimenti e rendono più gustoso un pasto, in modo del tutto naturale
Questo è quanto l’industria alimentare vuol farti credere, ma la realtà è ben altra.
Da anni l’Unione Europea mostra “tolleranza zero” verso la contaminazione di miele da parte di pollini ogm, vietandone la vendita senza apposita autorizzazione.
Tuttavia negli ultimi 2 anni l’Italia ha triplicato l’importazione di questa prelibatezza dalla Cina, che, insieme all’Argentina, contribuisce al 55% del miele consumato nello Stivale.
Cosa non torna?
Che in questi due paesi il polline può essere contaminato da organismi geneticamente modificati.
In questo modo decade la garanzia che il miele importato sia Ogm free.
Insomma, fatta la legge, trovato l’inganno.
Tenendo conto che l’Italia importa circa metà del proprio fabbisogno annuale di miele dall’estero, è più che probabile che i cittadini del Belpaese consumino miele contaminato (o per lo meno non controllato per riscontrarne eventuale presenza).
Del resto basta prenderne una confezione per rendersi conto che il mercato del miele gira tutto intorno alla poca trasparenza.
Gira il tuo barattolo di vetro ambrato e leggi l’etichetta:
sotto tutte quelle belle e rassicuranti scritte italiche,
cosa si dice riguardo la provenienza?
Il pollo
Ti sei mai chiesto come vengono fatti quei gustosi Nuggets o le così tanto amate Cotolette di Pollo che sei abituato a sgranocchiare?
E se ti dicessi che quello che mangi non e’ esattamente ciò che sei abituato a vedere nelle vetrine del macellaio?
Purtroppo è così, dietro ad ogni crocchetta o cotoletta di pollo pre-confezionata si nasconde una catena di produzione degna di un film horror.
Tutto ha inizio con la selezione del pulcino: subito dopo la schiusa delle uova, quasi il 50% dei neonati, ritenuto inutile per la filiera produttiva, finisce (ancora vivo) in un tritacarne, per poi essere venduto come concime per i campi, o come mangime per gli animali domestici.
Al rimanente 50% spetta una sorte peggiore.
I sopravvissuti vengono stipati in piccole gabbiette, grandi pressapoco come un foglio da stampante, sporche e puzzolenti.
I lager sono enormi, non possiedono ricicli d’aria.
La vita negli allevamenti provoca pazzie, allucinazioni ed istinti suicidi.
Costretti a beccare l’unico cibo che gli viene proposto – un pastone arricchito con ormoni della crescita ed antibiotici – un pulcino diventa “pollo” in appena 36 giorni (una crescita naturale richiederebbe il quadruplo del tempo) ed ucciso il40esimo giorno dalla sua nascita.
Proprio così, sembrano polli ma sono neonati
Inutile aggiungere che questo procedimento può comportare gravi rischi per la salute, negli allevamenti intensivi, i polli non hanno la possibilità di muoversi liberamente, questa limitazione fa si che gli ormoni somministrati quotidianamente non vengano “smaltiti” e rimangano nella loro carne, non è quindi difficile intuire chi sarà il “beneficiario” di tutti i pericolosi farmaci.
L’ingrediente segreto?
Il legno
A questo punto starai pensando: “Ok, adesso l’hai sparata grossa! Cosa c’entra il legno con il cibo?”.
Ti spiego subito, sai cosa fanno le industrie alimentari con l’elemento principale del legno, la cellulosa? La nascondono dietro un nome fantasioso ed invitante e te la vendono come cibo! Proprio così! La cellulosa può essere utilizzata, nelle ricette delle grandi industrie alimentari, come sostituto economico dell’olio e della farina.
Ecco le sigle con cui possiamo riconoscere la presenza di cellulosa e derivati tra gli ingredienti dei prodotti alimentari:
Cellulosa (E460i)
Metil-cellulosa (E461)
Etilcellulosa (E 462)
Idrossi-propil-cellulosa (E 463)
Idrossi-propil-metilcellulosa
(E 464) Etilmetilcellulosa
(E 465) Carbossimetilcellulosa
(E 466 )
Essi trovano impieghi come additivi nei biscotti e nei cereali “ricchi di fibre” e nei cibi più disparati:
dessert, budini, salse, gelati, piatti pronti, insaccati,yogurth, low-fat products, prodotti gluten-free.La cellulosa ed i suoi derivati vengono ingeritiQueste caratteristiche insieme alla capacità di essere fermentate dalla flora batterica intestinale, ha permesso l’inclusione dei derivati della cellulosa nell’elenco delle fibre alimentari, in accordo con il documentoStatement of the Scientific Panel on Dietetic Products,Nutrition and Allergies on a request from the Commission related to dietary fibre
L’olio (falso) d’oliva
E’ il simbolo dell’Italia sana, quella che lavora e che mangia mediterraneo.
E’ la metafora delle nostre coste, ricche di uliveti e di vecchi contadini che si prodigano infaticabili nella spremitura della preziosa sostanza dorata.
Ciò che in realtà c’è da sapere è che per quanto folle possa sembrare, la pirateria olio d’oliva è una delle imprese più redditizie della mafia italiana.
La denuncia piove dritta dagli Stati Uniti.
Sei mesi di lavoro, e in sette pagine di inchiesta fitte fitte il settimanale New Yorker denuncia l’Italia come l’Eldorado dell’olio adulterato.
Un paese in cui spacciare una miscela di oli scadenti per pregiato extravergine made in Italy, è redditizio quanto il traffico di cocaina, ma con molti meno rischi.
Le tesi del giornale americano sembrano confermate in parte anche dai dati ufficiali.
Solo lo scorso giugno la Guardia di Finanza ha scoperto ancora in Puglia una frode da otto milioni di euro.
Partite di olio tunisino, greco e spagnolo venivano vendute come extravergine italiano.
E a dare una scorsa ai numeri emersi a conclusione del programma straordinario coordinato dall’ Ispettorato repressione frodi, non si tratta certo di una scoperta isolata. In soli tre mesi, da gennaio al 31 marzo, il coordinamento di Guardia di Finanza, Agenzia delle Dogane, Guardia Forestale ed ilNucleo antifrodi dei Carabinieri, ha consentito di effettuare controlli su 787 operatori, per un totale di 54 milioni di litri di olio di oliva ( si fa per dire ).
Le irregolarità riscontrate sono state 176, vale a dire più di un operatore su cinque, i sequestri sono stati 13, per 90 mila litri di prodotto.
Un risultato ottenuto grazie alla “straordinarietà” dei controlli che si sono avvalsi di esami chimici e organolettici.
Spesso è stato proprio l’assaggio a segnalare un problema che altrimenti non sarebbe emerso.
Le irregolarità più frequenti, manco a dirlo, sono legate alla scoperta di “prodotti stranieri spacciati per nostrani, extravergini che si sono rivelati miscele di oli di semi di pessima qualità”.
I soli numeri delle importazioni di oli di semi potrebbero indurre a qualche sospetto.
Secondo i dati dell’Ismea, ne importiamo all’anno circa 800mila tonellate, ma i consumi domestici si attestano intorno alle 140mila tonnellate. Dove finiscano le restanti 660mila tonnellate è impossibile saperlo, perchè la parte di oli acquistati e utilizzati dall’industria alimentare non è documentata.
I valori nutrizionali
Sicuramente avrai sentito parlare dello Yogurt che fa bene all’intestino, o dei cereali che purificano la pelle.
Come non ricordarsi di quelle patatine che curano il tifo?
Sappiamo benissimo che è stato debellato da secoli, ma mangiando quelle patatine comunque nessuno ha mai contratto quel tipo di malattia.
E’ il celebre “procedimento per illazioni”, ovvero: si trae una conclusione plausibile da delle premesse non verificate.
Un po’ come dire che leggere questo articolo protegge la terra dalla collisione con gli asteroidi.
Il ragionamento che le industrie alimentari seguono è semplicissimo: se devo scegliere tra due prodotti che compro abitualmente, preferisco acquistare quello che fa bene alla salute, anche se costa un po’ di più.
Questa “moda della salute alimentare”, manco a farlo apposta, è nata nel 2002 negli USA quando molti anonimi alimenti di uso corrente guadagnarono improvvisamente dei superpoteri.
La tecnica si chiama Qualified health claims (indicazioni autorizzate sulla salute), un termine vuoto che consiste essenzialmente in un potenziamento delle campagne di marketing dei prodotti.
E così, da un giorno all’altro, un bicchiere di coca-cola fa bene alla salute.
Fonte: notipedia.it Fonte: pianetablunews
Lago Nakuru , dove il rosa da spettacolo
Il lago Nakuru è uno dei laghi della Rift Valley ed è situato nel sud della regione di Nakuru, in Kenya, all'altitudine di 1754 m sopra il livello del mare. Si trova all'interno del Parco nazionale del lago Nakuru Il lago abbonda di Alghe che attiraro e nutrono grandi quantità di fenicotteri rosa, i quali con la propria livrea donano al lago un suggestivo colore. Numerosi altri animali sono ospitati dal suo ecosistema come ad esempio Facoceri e Babbuini ed altri grandi mammiferi, inoltre sono stati introdotti rinoceronti bianchi e neri. Durante gli anni novanta il lago ha visto scendere il proprio livello d'acqua drasticamente, ma grazie all'attività di recupero promossa il problema è stato parzialmente risolto.
L'origine del nome Nakuru deriva dalla lingua Masai ed ha il significato di "polvere" o "luogo polveroso", usato originariamente per la città omonima, la quale città ha dato poi il nome al lago ed infine al parco, istituito nel 1961.
Nato con dimensioni inferiori rispetto a quelle odierne comprendeva il lago e le montagne circostanti, mentre oggi è stato esteso anche ad alcune savane limitrofe.
Il Lago Nakuru, inoltre, è tutelato dalla Convenzione di Ramsar sulle zone umide.
Immagini che stringono il cuore
Se si pensa che l'uomo con le sue infrastrutture sta distruggendo il loro habitat e li ha condannati a morte certa.
Tra 20 anni L'artico sarà popolato solo di pozzi di trivellazione ma vuoto di vita
La Shell – non felice di avere distrutto la Nigeria – passa all’Artico con le trivelle nel Chukchi Sea, a 70 miglia dalla riva d’Alaska. Notare le 70 miglia, oltre 110 chilometri.
Dopo mesi e mesi di proteste, problemi e interrogativi irrisolti, finalmente, hanno iniziato, domenica 9 Settembre 2012 con il primo pozzo di petrolio in Artico.
La Shell a lungo non e’ stata giudicata capace di contenere incidenti in caso ce ne fossero e la zona è una delle più critiche del pianeta la casa della più grande concentrazione di nidificazione dell’emisfero settentrionale degli uccelli migratori e uno dei più importanti centri per gli orsi polari, balene e altri animali.
L’amministrazione Obama a febbraio ha approvato il piano della Shell di risposta agli sversamenti di petrolio dalle piattaforme che la multinazionale vuole installare nel Mare di Chukchi, nell’Artico occidentale statunitense,
Il Chukchi, un mare dove vive un decimo della popolazione mondiale di orso polare ed un importante rotta di migrazione per specie di balene in via di estinzione e beluga.
Siamo sul nostro pianeta.
Ognuno di noi è influenzato dalla stato di salute dell'Artico: riflettendo i raggi del sole con i suoi ghiacci, l'Artico determina le condizioni meteorologiche e influisce sulla coltivazione del cibo che mangiamo .
Quindi siamo a rischio anche noi
Tra 20 anni L'artico sarà popolato solo di pozzi di trivellazione ma vuoto di vita
La Shell – non felice di avere distrutto la Nigeria – passa all’Artico con le trivelle nel Chukchi Sea, a 70 miglia dalla riva d’Alaska. Notare le 70 miglia, oltre 110 chilometri.
Dopo mesi e mesi di proteste, problemi e interrogativi irrisolti, finalmente, hanno iniziato, domenica 9 Settembre 2012 con il primo pozzo di petrolio in Artico.
La Shell a lungo non e’ stata giudicata capace di contenere incidenti in caso ce ne fossero e la zona è una delle più critiche del pianeta la casa della più grande concentrazione di nidificazione dell’emisfero settentrionale degli uccelli migratori e uno dei più importanti centri per gli orsi polari, balene e altri animali.
L’amministrazione Obama a febbraio ha approvato il piano della Shell di risposta agli sversamenti di petrolio dalle piattaforme che la multinazionale vuole installare nel Mare di Chukchi, nell’Artico occidentale statunitense,
Il Chukchi, un mare dove vive un decimo della popolazione mondiale di orso polare ed un importante rotta di migrazione per specie di balene in via di estinzione e beluga.
Siamo sul nostro pianeta.
Ognuno di noi è influenzato dalla stato di salute dell'Artico: riflettendo i raggi del sole con i suoi ghiacci, l'Artico determina le condizioni meteorologiche e influisce sulla coltivazione del cibo che mangiamo .
Quindi siamo a rischio anche noi
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