martedì 12 marzo 2013
HMS Pandora
Una storia affascinante quanto reale, una vicenda complessa quanto curiosa, tuttavia rappresentante la reale vicenda umana degli uomini che quegli episodi hanno vissuto. Il relitto dell’HMS Pandora rappresenta tutto questo ed è grazie all’attenta quanto approfondita indagine scientifica, prodotta da un gruppo di archeologi appassionati prima ancora che professionisti, che l’intreccio di queste vicende e la ricostruzione storica ha potuto avere luogo. Grazie anche ad un sito ‘vergine’ non ancora intaccato dalle talvolta funeste conseguenze di un saccheggio indiscriminato da parte di ‘appassionati’ della storia e dell’archeologia.
Il relitto dell’High Majesty Ship (HMS) Pandora, battente bandiera inglese, e appartenente alla flotta di Sua Maestà Britannica, ha acquisito un ruolo importante nell’immaginario pubblico grazie alla vicenda, ad esso legato, riguardante un altro veliero: l’HMS Bounty. Il Bounty e la storia dell’ammutinamento del suo equipaggio, comandato da Fletcher Christian sono particolarmente conosciuti anche grazie a varie opere divulgative, romanzi e produzioni cinematografiche.
Relativamente più sconosciuta è, al contrario, la storia riguardante le operazioni dell’HMS Pandora e del suo naufragio avvenuto il 29 agosto 1791.
A seguito dell’ammutinamento del Bounty, avvenuto l’anno prima, l’Ammiragliato Inglese inviò l’HMS Pandora comandata dal Capitano Edward Edwards alla ricerca dell’imbarcazione e degli ammutinati per riportarli in patria e sottoporli a giudizio L’HMS Pandora passò oltre quattro mesi alla ricerca del Bounty incrociando le acque del Sud Pacifico. Le operazioni di ricerca ebbero scarso successo e solo quattordici ammutinati vennero rintracciati, catturati ed rinchiusi in una cassa di legno nel ponte di poppa dell’HMS Pandora, in seguito denominata dagli stessi membri dell’equipaggio Vaso di Pandora. Seguendo le direttive dell’Ammiragliato, il Capitano Edwards issò le vele verso la madrepatria ma – il 29 agosto 1791 – in seguito ad avverse condizioni climatiche, venne a cozzare contro la Grande Barriera Corallina al largo dello stato del Queensland nel nord-est dell’Australia
Il relitto del HMS Pandora venne riscoperto nel 1977 a seguito di una ricerca metodologica basata su informazioni storiche e prodotta tramite un magnetometro trasportato da un aereo della Royal Australian Air Force (RAAF).
Nell’aprile 1979, l’archeologo subacqueo Graeme Henderson e il fotografo Patrick Baker – entrambi del Western Australian Maritime Museum (WAMM) – organizzarono un indagine conoscitiva del sito per verificare l’attribuzione e valutare il potenziale archeologico del sito. Alcuni elementi del timone vennero recuperati e spediti al laboratorio del WAMM di Fremantle per essere sottoposti a conservazione e indagine. Proprio grazie all’esame di questi elementi si raggiunse la definitiva attribuzione dei resti del relitto alla fregata HMS Pandora. Nella relazione di indagine Henderson sottolinea come il relitto dell’HMS Pandora abbia un significato straordinario, oltre che per le vicende inerenti la sua storia ‘privata’, anche per le notizie che fornisce relativamente al primo periodo di penetrazione coloniale britannica nell’emisfero australe
Sempre a seguito dell’indagine eseguita e grazie alla produzione di un foto mosaico da parte di Patrick Baker, l’archeologo subacqueo Graeme Henderson arrivò alla conclusione che il relitto fosse particolarmente intatto e che rappresentasse l’esempio meglio conservato di relitto appartenente al XVIII secolo presente in acque australiane.
Nel 1981 l’HMS Pandora venne protetto in base ai dettami dell’Historic Shipwreck Act 1976 e venne istituito un sistema di permessi per l’accesso alla zona protetta intorno al relitto. L’anno seguente, grazie alla nomina del direttore del Queensland Museum quale delegato alla gestione dell’Historic Shipwreck Act 1976, venne ufficialmente istituita la Maritime Archaeology Section.
A seguito di queste vicende, il museo entrò a svolgere una parte attiva nello sviluppo dell’indagine archeologica sul sito dell’HMS Pandora.
Dal 1979, anno della prima indagine archeologica nel sito, sono state prodotte altre stagioni di indagine e scavo che hanno permesso di ricostruire, seppur in parte, la storia del relitto e del suo tragitto tra le Isole Polinesiane (Thaiti). Gli scavi hanno inoltre fornito una quantità e qualità importantissima di dati scientifici, oltre al rinvenimento e recupero di interessanti manufatti.
In aggiunta agli scavi condotti sul relitto dell’HMS Pandora, l’archeologo Nigel Erskine – negli anni a cavallo tra II e III millennio – ha prodotto una serie di indagini nella Pitcairn Island, sede del rifugio degli ammutinati dell’HMS Bounty, dove sono stati identificati anche alcuni resti del relitto utilizzati dai sopravvissuti Esiste una discussione sulla futura possibilità di portare in superficie il relitto; l’interesse museale e archeologico dell’HMS Pandora tuttavia, risiedono particolarmente nel ‘contenuto’ del relitto piuttosto che nel ‘contenitore’, i manufatti e le storie da essi rivelati hanno contribuito, più di tutto, ad accrescere le conoscenze sulla vita a bordo e sulla navigazione nel XVIII secolo.
Un chiaro esempio di questa ‘potenzialità del contenuto’ è rappresentata dal rinvenimento di una serie di oggetti quali gusci di noci di cocco, gusci di ostriche da perla, attrezzi per la pesca e di mazze in legno di origine polinesiana. Questi ultimi manufatti, in particolare, sono indizio dell’abitudine dei marinai di ottenere oggetti di fattura ‘esotica’ da rivendere in patria a prezzi talvolta anche alti, nel mercato del collezionismo allora particolarmente dinamico in Europa.
A scoraggiare il recupero dell’HMS Pandora vi è inoltre la ragguardevole cifra di 50 milioni di dollari necessari per il recupero, la conservazione, la ristrutturazione del relitto e la costruzione di un edificio specifico per l’esposizione in ambiente controllato del relitto; tenuto conto inoltre che, gli scavi prodotti finora non hanno confermato né l’estensione né lo stato di conservazione dei resti dello scafo, non assicurando dunque la fattibilità e l’interesse di un eventuale esposizione museale. Tuttavia gli scavi prodotti fino ad oggi, limitati allo strato superficiale del relitto, hanno fornito una quantità impressionante di manufatti e informazioni, convalidando lo sforzo prodotto e stimolando la prosecuzione dell’indagine.
Biblioteca di Praga
Il Clementinum (anche Klementinum) è un edificio edificato nel 1556 da Ferdinando I a Praga, nel tentativo di restaurare il cattolicesimo in Cechia.
Esso ospita la più antica chiesa gesuita di Praga, il Convento di San Clemente, che dà il nome all'intero edificio.
Il Clementinum divenne subito rivale del Carolinum, sede della più importante università di Praga.
In seguito, fu costruita, nel 1601, la Chiesa di San Salvatore.
Espulsi nel 1618, i gesuiti tornarono nel 1620.
Nel 1622 le due università vennero fuse e i gesuiti ebbero il monopolio dell'educazione superiore.
Convinti che due terzi della popolazione fossero segretamente eretici, essi bruciarono migliaia di libri in lingua ceca.
Tra il 1653 e il 1723 il Clementinum si ampliò verso est.
Per permettere ciò furono abbattuti trenta edifici tra case e chiese.
Il Clementinum divenne la biblioteca dell'università;
oggi è la biblioteca nazionale.
Esso ospita la più antica chiesa gesuita di Praga, il Convento di San Clemente, che dà il nome all'intero edificio.
Il Clementinum divenne subito rivale del Carolinum, sede della più importante università di Praga.
In seguito, fu costruita, nel 1601, la Chiesa di San Salvatore.
Espulsi nel 1618, i gesuiti tornarono nel 1620.
Nel 1622 le due università vennero fuse e i gesuiti ebbero il monopolio dell'educazione superiore.
Convinti che due terzi della popolazione fossero segretamente eretici, essi bruciarono migliaia di libri in lingua ceca.
Tra il 1653 e il 1723 il Clementinum si ampliò verso est.
Per permettere ciò furono abbattuti trenta edifici tra case e chiese.
Il Clementinum divenne la biblioteca dell'università;
oggi è la biblioteca nazionale.
Per sognare un poco
LE ORIGINI DEL VETRO
Molte sono le ipotesi sulle origini del vetro
non esistono prove concrete ne riferimenti ad una sola regione; si tenga
conto che il primo prodotto non fu vetro vero e proprio, ma si avvicinava di
più allo smalto vetroso.
Nel 3000 a.C. ha forse inizio in Egitto una produzione di un vetro preparato con sabbia ,
soda e ossido di rame usato per ricoprire sassolini imitanti pietre dure di colore azzurro e verde.
Del 2000 a.C. pare sia il più antico manufatto giunto ai giorni nostri, conservato nell’Antiquarium di Berlino. Si tratta di una canna a mosaico attribuita alla XII dinastia egiziana. Alcuni disegni trovati nelle tombe di Bem-Hassan, risalenti al regno del primo Ousertasen, provano che il processo di soffiare il vetro era conosciuto già da quell’epoca.
Secondo alcuni autori, l’arte del vetro era fiorente, in quel periodo, in alcuni stati dell’Asia.
Nel 3000 a.C. ha forse inizio in Egitto una produzione di un vetro preparato con sabbia ,
soda e ossido di rame usato per ricoprire sassolini imitanti pietre dure di colore azzurro e verde.
Del 2000 a.C. pare sia il più antico manufatto giunto ai giorni nostri, conservato nell’Antiquarium di Berlino. Si tratta di una canna a mosaico attribuita alla XII dinastia egiziana. Alcuni disegni trovati nelle tombe di Bem-Hassan, risalenti al regno del primo Ousertasen, provano che il processo di soffiare il vetro era conosciuto già da quell’epoca.
Secondo alcuni autori, l’arte del vetro era fiorente, in quel periodo, in alcuni stati dell’Asia.
OPERA REALIZZATA IN VETRO FUSIONE
SMALTI E OSSIDI E PITTURA A GRISAGLIA
GRAFFITI VETRO ARTE
Tango argentino: la danza della seduzione
All’inizio del Novecento, in Argentina iniziarono a sbarcare molti immigrati provenienti dall’Europa in cerca di fortuna in una nazione immaginata come “paese dell’argento”, da cui il nome.
Spagnoli, Francesi, Tedeschi ma soprattutto Italiani: tutti contribuirono ad arricchire la nuova società che stava nascendo sulle sponde del Rio de la Plata, il fiume più famoso di Buenos Aires e il cui nome viene tradotto con “fiume dell’Argento”. Si mescolarono europei, africani deportati per lavorare nei campi, popolazioni del centro America: ne derivò una musica ricca di emozioni, di malinconia, di nostalgia per il paese natio, che caratterizzava tutte le persone che si ritrovarono in un altro continente per costruirsi un futuro migliore.
I canti che accompagnavano la musica erano caratterizzati da parole molto particolari poiché per le canzoni veniva usato il lunfardo, idioma locale parlato nei porti dai malavitosi per camuffare i dialoghi. Nel lunfardo si invertivano le sillabe dei vocaboli, in modo tale da rendere incomprensibile a chi non li conoscesse la maggior parte dei termini e permettere così di praticare traffici illeciti.
Il tango veniva ballato nelle milonghe, locali dove anche oggi si può assistere all’esibizione dei due “tanguéri”, la coppia di ballerini. Molti lo definiscono un’unione profonda dei due danzatori che arrivano ad un’intesa forse più profonda dell’atto d’amore fisico. Non esistono coreografie precise e lascia molta libertà di interpretazione ai ballerini: i passi base sono solo otto e vengono evitati schemi ripetitivi, conferendo al tango un carattere fortemente creativo e originale. Ci sono salida basica, camminata, cambio di posto, “ocho”, incrocio, per citarne alcuni, in grado di costruire le figure chiamate Base retroceso, Baldosa, Ocho adelante, Ocho par atras, Parada, Barrida, Molinete, Gancio, Boleo e Sacada. La regola fondamentale è che l’uomo guida e sceglie quali passi eseguire, mentre la donna segue le indicazioni date e insieme effettuano movimenti fluidi e ricchi di pathos, che non risparmiano a volte delle acrobazie spettacolari.
Il tango presenta due varianti: il tango Milonga e il tango Vals: il milonga è molto simile al tango argentino mentre il Vals si rifà allo stile del valzer classico (importato con tutta probabilità dagli emigranti austriaci). I ballerini si intendono attraverso lo scambio di alcuni segnali (“marcación”): quando la mano destra dell’uomo esercita una pressione forte sulla cinta della donna, questa fa scivolare verso l’esterno la gamba destra. Una pressione leggera indica di avvicinarsi in avanti, se la tira verso di sé lei si allontana. Se è l’avambraccio a cingere la donna, questa deve far scivolare la gamba sinistra.
Il silenzio
Spesso capita di non saper apprezzare fino in fondo il silenzio. Quasi come se le parole, i rumori o i suoni fossero sempre indispensabili per esprimersi, per comprendere, per vivere.Però tante emozioni, tante sensazioni, tanti sorrisi, tanta tenerezza possono essere espressi anche rimanendo muti. Forse restare in silenzio e far parlare gli sguardi, le mani, il respiro è il miglior modo di dire ti amo a chi si vuole bene
Ebe, la dea della giovinezza
(Lo stesso nome Ήβη significa “ giovinezza ”) appartenente al pantheon greco,nata da Zeus ed Era e sorella di Ares ed Ilizia.
Ebe era la coppiera degli dei prima che il ruolo passasse a Ganimede – non a caso uno dei suoi epiteti era Ganimeda, vale a dire “ colei che allieta ” – ( Iliade IV, 1 ssg. ):
‘Seduti intorno a Zeus, gli dei stavano a convegno / sul pavimento d’oro, e fra loro Ebe veneranda / mesceva come vino il nettare; quelli con le coppe d’oro / brindavano gli uni agli altri, volgendo lo sguardo a Troia’.
In un altro passo omerico viene descritta come una premurosa sorella che fa il bagno ad Ares reduce dallo scontro con Diomede ( Il. V, 905 )
Venne data in sposa ad Eracle quando l’eroe ascese all’Olimpo e fu accolto tra gli dei,in seguito alla riconciliazione con la sua avversatrice Era; all’eroe la dea generò due figli, Alessiare e Aniceto ( Teogonia 950 – 955 )
A tradizioni tarde risalirebbe la credenza che faceva di Ebe la figlia di Era e la figliastra ( privigna ) di Zeus, e che fosse in grado di restituire la giovinezza, tradizione seguita da Ovidio ( Met. IX, 397 – 401, ove la dea ringiovanisce Iolao, nipote di Ercole ).
Il culto
In Grecia sorgevano templi in suo onore a Sicione e Fliunte, ed era venerata per lo più in connessione con Eracle, Apollo Pizio, le Ore, le Cariti e Afrodite. A Roma Ebe venne identificata colla dea Iuventas, ed era ritenuta la personificazione del continuo rifiorire e ringiovanire dello Stato; presso il circo Massimo le era stato eretto un tempio nel 191 a.C.
Piuttosto che dire castronate ....meglio è tacere
Intervista lampo a gente che scappa alla domanda rimborso ai partiti
Queste sono le farneticazioni del sig. francescini
(dimenticando? che un governo per fare le leggi ancora non c'è)
(dimenticando? che in ogni governo PD - PDL- tecnico queste leggi NON SI SONO MAI FATTE e neppure proposte)
(dimenticando? che un referendum le aveva abrogate.....colpo di magia le hanno cambiato il nome
Sig bersani boffonchiando dice di averne già parlato .......dove? quando? con chi? nei suoi punti parla di revisione non di eliminazione.... il popolo vuole LA SECONDA e lo ha richiesto esplicitamente cosi:
Il referendum abrogativo dell'aprile 1993 vede il 90,3% dei voti espressi a favore dell'abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti.
Nello stesso dicembre 1993 il Parlamento aggiorna, con la legge n. 515 del 10 dicembre 1993 la già esistente legge sui rimborsi elettorali, definiti “contributo per le spese elettorali”, subito applicata in occasione delle elezioni del 27 marzo 1994.
Conclave 2013
Sarà il colore del fumo ad annunciare l'avvenuta elezione del nuovo Pontefice. Sono state installate nella Cappella Sistina le due stufe, una per bruciare le schede e l'altra per segnalare l'elezione del nuovo Papa, rendendo meglio visibile all'esterno il colore della fumata - nera o bianca - grazie ai candelotti fumogeni. La seconda stufa è stata un'innovazione di Giovanni Paolo II, che ha aggiunto anche il suono delle campane di San Pietro, con la duplice funzione di manifestare gioia per l'elezione del Papa e di confermare la fumata bianca.
Queste disposizioni hanno trovato la loro prima applicazione nel conclave da cui uscì eletto Benedetto XVI. La stufa per bruciare le schede e i documenti è in ghisa, di forma cilindrica rastremata, alta circa un metro, e venne usata per la prima volta nel conclave del 1939. Sulla calotta superiore sono riportate, mediante punzonatura, le date di elezione e i nomi degli ultimi sei pontefici, da Pio XII a Benedetto XVI. Fino al 2005, prima dell'inizio del conclave, per verificare il corretto funzionamento della stufa, era in uso anche la fumata gialla.
Gli accorgimenti adottati dovrebbero evitare il ripetersi dei casi, non infrequenti anche in anni non troppo lontani, di incertezza sul colore della fumata. Nel primo conclave del 1978, da cui risultò eletto papa Luciani, dal comignolo uscì fumo grigiastro, creando notevole disorientamento sia fra i giornalisti in sala stampa che nei fedeli in Piazza San Pietro.
Nell'elezione di Benedetto XVI gli equivoci iniziali sono stati invece dissipati dal suono delle campane.
Un "falso annuncio" ci fu nel 1958: il patriarca di Venezia Angelo Giuseppe Roncalli, papa Giovanni XXIII, fu eletto nel pomeriggio di martedì 28 ottobre 1958 (pare all'undicesimo scrutinio), ma la prima fumata del conclave, domenica verso mezzogiorno, era sembrata a tutti bianca per una decina di secondi.Quanti bastarono perché qualche agenzia di stampa lanciasse il "flash" dell'elezione del Papa. Poi, mentre si attendeva da un momento all'altro l'aprirsi del finestrone del loggiato di San Pietro, il fumo cominciò ad annerirsi.
di Piero Fornara - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/e7Dhv
...SOLITUDINE.....
OPERA REALIZZATA IN VETRO FUSIONE
.
La vetro fusione é una tecnica di lavorazione del
vetro per sovrapposizione, piegatura,
stampaggio, e colorazione. Per vetrofusione intendo un mosaico di tessere di vetro
opportunamente sagomate e fuse su un vetro di supporto compatibile.
Nella lavorazione della vetrofusione e' possibile utilizzare anche smalti, ossidi
e altre sostanze che in fusione creano effetti multicolore.
Il vetro utilizzato per questa tecnica viene portato, seguendo una "scala di cottura"
particolare, a temperature prossime ai 900C°.
Il principio fondamentale su cui si basa è quello della compatibilità tra i vetri da
fondere. L'attrezzatura è composta dal tagliavetro, dalle pinze ed eventualmente da mole.
Ma il cuore dell' attrezzatura per la vetrofusione è il forno.
Esistono due tipi di forno:
il tipo con resistenze sulla parete superiore e quello con resistenze sulle pareti laterali.
Le caratteristiche fondamentali che devono avere i forni da fusione sono:
possibilità di raggiungere rapidamente temperature di almeno 900°C, presenza dl termocoppia
associata a pirometro misuratore e di interruttore variatore di potenza.
Per essere compresa a fondo, la tecnica della vetrofusione va sperimentata e provata nella
pratica perché è necessario che alla teoria si affianchi molta pratica.
La difficoltà sta nel riuscire a realizzare in cottura quello che si ha in mente poiché
nella fusione i vetri e i colori cambiano aspetto. Una semplice regola è quella
di utilizzare un pezzo intero come base, su di esso si comporranno piccoli pezzi colorati
con o meno l'aggiunta di interventi di colore con tecnica pittorica, che formano il disegno
da realizzare, avendo così una piastra a due strati ricordando sempre che lo spessore
totale delle sovrapposizioni di vetro deve essere in proporzione alle dimensioni della
piastrella (più la piastra é grande maggiore potrà essere il suo spessore).
E' inoltre importante pulire accuratamente i vetri per evitare che residui di sporco
macchino il vetro finito. Poi si passa alla fase della cottura, questa é la più delicata
per le ragioni illustrate parlando dei vetri e della loro compatibilità.
Tutti i vetri possono essere utilizzati per fare fusione, ma bisogna tener presente i
diversi coefficienti di dilatazione. Come è noto qualunque oggetto si dilata se sottoposto
ad aumento di temperatura e si contrae se sottoposto a raffreddamento.
Il vetro non sfugge a questa regola. I vetri di cui non si conosce il coefficiente
di dilatazione, devono essere testati per controllarne la compatibilità.
Due vetri si dicono compatibili quando possono essere, fusi insieme e quando,
dopo un adeguato raffreddamento, a temperatura ambiente, risultano privi di tensioni
che potrebbero portare alla rottura del pezzo finito.
stampaggio, e colorazione. Per vetrofusione intendo un mosaico di tessere di vetro
opportunamente sagomate e fuse su un vetro di supporto compatibile.
Nella lavorazione della vetrofusione e' possibile utilizzare anche smalti, ossidi
e altre sostanze che in fusione creano effetti multicolore.
Il vetro utilizzato per questa tecnica viene portato, seguendo una "scala di cottura"
particolare, a temperature prossime ai 900C°.
Il principio fondamentale su cui si basa è quello della compatibilità tra i vetri da
fondere. L'attrezzatura è composta dal tagliavetro, dalle pinze ed eventualmente da mole.
Ma il cuore dell' attrezzatura per la vetrofusione è il forno.
Esistono due tipi di forno:
il tipo con resistenze sulla parete superiore e quello con resistenze sulle pareti laterali.
Le caratteristiche fondamentali che devono avere i forni da fusione sono:
possibilità di raggiungere rapidamente temperature di almeno 900°C, presenza dl termocoppia
associata a pirometro misuratore e di interruttore variatore di potenza.
Per essere compresa a fondo, la tecnica della vetrofusione va sperimentata e provata nella
pratica perché è necessario che alla teoria si affianchi molta pratica.
La difficoltà sta nel riuscire a realizzare in cottura quello che si ha in mente poiché
nella fusione i vetri e i colori cambiano aspetto. Una semplice regola è quella
di utilizzare un pezzo intero come base, su di esso si comporranno piccoli pezzi colorati
con o meno l'aggiunta di interventi di colore con tecnica pittorica, che formano il disegno
da realizzare, avendo così una piastra a due strati ricordando sempre che lo spessore
totale delle sovrapposizioni di vetro deve essere in proporzione alle dimensioni della
piastrella (più la piastra é grande maggiore potrà essere il suo spessore).
E' inoltre importante pulire accuratamente i vetri per evitare che residui di sporco
macchino il vetro finito. Poi si passa alla fase della cottura, questa é la più delicata
per le ragioni illustrate parlando dei vetri e della loro compatibilità.
Tutti i vetri possono essere utilizzati per fare fusione, ma bisogna tener presente i
diversi coefficienti di dilatazione. Come è noto qualunque oggetto si dilata se sottoposto
ad aumento di temperatura e si contrae se sottoposto a raffreddamento.
Il vetro non sfugge a questa regola. I vetri di cui non si conosce il coefficiente
di dilatazione, devono essere testati per controllarne la compatibilità.
Due vetri si dicono compatibili quando possono essere, fusi insieme e quando,
dopo un adeguato raffreddamento, a temperatura ambiente, risultano privi di tensioni
che potrebbero portare alla rottura del pezzo finito.
GRAFFITI VETRO ARTE
Quante persone si potevano salvare dalla morte e dalla sofferenza in 15 anni???
Certo che nominare rosy bindi laureata in scienze politiche a Ministro della Sanità (1996-2000)
è veramente paradossale Deve aver avuto una preparazione in materia di sanità altamente competente
TRIONFO POST MORTEM DEL PROF. DI BELLA: ORA HANNO SCOPERTO CHE LE STATINE SONO ANTITUMORALI, LUI LE USAVA DA 40 ANNI!
Importante "scoperta" scientifica, comunicata con clamore mediatico da eminenti ricercatori svizzeri e americani, una partnership tra l'Istituto Federale Svizzero di Tecnologia (ETH) e la University of California a Berkeley.
Le ricerche hanno dimostrato che le statine, farmaci anticolesterolo, controllano la crescita tumorale perché inibiscono la crescita di nuovi vasi linfatici, così si possono prevenire le metastasi.
Il Prof. Di Bella l'aveva scoperto più di 40 anni fa, infatti la somatostatina e la longostatina sono tra i farmaci principali del protocollo MTB.
Ringraziamo l'ineffabile ex Ministro della Sanità, Rosy Bindi, che ostacolò in tutti i modi il prof. Di Bella!
Noi i geni li facciamo morire di crepacuore, gli altri mettono sugli altari chi copia le loro scoperte!
E chi ci ha rimesso, più di tutti, sono stati i malati!
M.R. Tratto da notizie impossibili
TRIONFO POST MORTEM DEL PROF. DI BELLA: ORA HANNO SCOPERTO CHE LE STATINE SONO ANTITUMORALI, LUI LE USAVA DA 40 ANNI!
Importante "scoperta" scientifica, comunicata con clamore mediatico da eminenti ricercatori svizzeri e americani, una partnership tra l'Istituto Federale Svizzero di Tecnologia (ETH) e la University of California a Berkeley.
Le ricerche hanno dimostrato che le statine, farmaci anticolesterolo, controllano la crescita tumorale perché inibiscono la crescita di nuovi vasi linfatici, così si possono prevenire le metastasi.
Il Prof. Di Bella l'aveva scoperto più di 40 anni fa, infatti la somatostatina e la longostatina sono tra i farmaci principali del protocollo MTB.
Ringraziamo l'ineffabile ex Ministro della Sanità, Rosy Bindi, che ostacolò in tutti i modi il prof. Di Bella!
Noi i geni li facciamo morire di crepacuore, gli altri mettono sugli altari chi copia le loro scoperte!
E chi ci ha rimesso, più di tutti, sono stati i malati!
M.R. Tratto da notizie impossibili
I punti programmatici - i 20 di M5S e gli 8 del PD
Movimento 5 Stelle illustra venti obiettivi principali per uscire dal buio:
Beppe Grillo, candidato alle elezioni del 24 e 25 febbraio 2013, ha scritto una lettera agli italiani, affermando che l'Italia è una comunità e quindi non bisogna lasciare indietro nessuno.
Non sono tollerabili le file di sfollati, disoccupati o esodati alle mense della Caritas, invece chi giuda il Paese va in giro con l'auto blu, la scorta e non ha nessun problema economico.
Grillo afferma anche che i partiti sono i principali responsabili di questa situazione e che ora si presentano come si salvatori dell'Italia, proprio loro che l'hanno ridotta in miseria.
L'Italia è uno dei Paesi con le più alte tasse del mondo, con grandi debiti pubblici e con milioni disoccupati, soprattutto giovani, i quali sono costretti a emigrare all'estero, in cerca di un'occupazione e di una vita migliore.
Secondo Grillo tutti i politici che hanno rovinato la nostra patria devono andarsene, rendendo però prima conto delle loro spese e dei loro arricchimenti.
-Grillo non chiede il voto senza la partecipazione attiva di tutti i cittadini: solo così sarà possibile migliorare l'Italia e cambiare il Paese in meglio collaborando.
-Lo Stato non è uno Stato se non protegge i cittadini: bisogna uscire dal buio e tornare a rivedere le stelle.
-Vuole istituire il reddito di cittadinanza;
-Fare una legge anticorruzione, informatizzare e semplificare lo Stato,
-Effettuare misure decisive per rilanciare la piccola e media impresa,
-Abolire ai partiti i contributi pubblici,
-Istituire un politometro, al fine di verificare arricchimenti illegali da parte dei politici negli ultimi venti anni,
-Fare i referendum senza quorum
-Anche il referendum per decidere se tenere o no l'euro come moneta),
-Discutere ogni legge con voto palese in Parlamento,
-Creare una sola rete televisiva che sia indipendente dai partiti e senza pubblicità,
-Eleggere direttamente alla Camera del Senato i parlamentari,
-Abolire i finanziamenti sia diretti sia indiretti ai giornali,
-Accedere in modo gratuito alla Rete per la cittadinanza,
-Creare una legge sul conflitto di interessi,
-Abolire dalla prima casa l'IMU,
-Eliminare le province,
-Non far pignorare la prima casa,
-Eliminare Equitalia
-Infine, vengono richiesti al massimo due mandati elettivi.
Poche parole sintetiche e capibili da chiunque per delle leggi che possano migliorare la vita del popolo
GLI OTTO PUNTI DI BERSANI
1) Fuori dalla gabbia dell'austerità.
Il Governo italiano si fa protagonista attivo di una correzione delle politiche europee di stabilità. Una correzione irrinunciabile dato che dopo 5 anni di austerità e di svalutazione del lavoro i debiti pubblici aumentano ovunque nell'eurozona.
Si tratta di conciliare la disciplina di bilancio con investimenti pubblici produttivi e di ottenere maggiore elasticità negli obiettivi di medio termine della finanza pubblica.
L'avvitamento fra austerità e recessione mette a rischio la democrazia rappresentativa e le leve della governabilità.
L'aggiustamento di debito e deficit sono obiettivi di medio termine. L'immediata emergenza sta nell'economia reale e nell'occupazione.
2) Misure urgenti sul fronte sociale e del lavoro. -
Pagamenti della Pubblica Amministrazione alle imprese con emissione di titoli del tesoro dedicati e potenziamento a trecentosessanta gradi degli strumenti di Cassa Depositi e Prestiti per la finanza d'impresa.
Allentamento del Patto di stabilità degli Enti locali per rafforzare gli sportelli sociali e per un piano di piccole opere a cominciare da scuole e strutture sanitarie.
Programma per la banda larga e lo sviluppi dell'ICT.
Riduzione del costo del lavoro stabile per eliminare i vantaggi di costo del lavoro precario e superamento degli automatismi della legge Fornero.
Salario o compenso minimo per chi non ha copertura contrattuale.
Avvio della universalizzazione delle indennità di disoccupazione e introduzione di un reddito minimo d'inserimento.
Salvaguardia esodati.
Avvio della spending review con il sistema delle autonomie e definizione di piani di riorganizzazione di ogni Pubblica Amministrazione.
Riduzione e redistribuzione dell'IMU secondo le proposte già avanzate dal PD. Misure per la tracciabilità e la fedeltà fiscale, blocco dei condoni e rivisitazione delle procedure di Equitalia.
Ciascun intervento sugli investimenti e il lavoro sarà rafforzato al Sud, anche in coordinamento con i fondi comunitari.
3) Riforma della politica e della vita pubblica.
Norme costituzionali per il dimezzamento dei Parlamentari e per la cancellazione in Costituzione delle Province.
Revisione degli emolumenti di Parlamentari e Consiglieri Regionali con riferimento al trattamento economico dei Sindaci.
Norme per il disboscamento di società pubbliche e miste pubblico-private. - Riduzione costi della burocrazia con revisione dei compensi per doppie funzioni e incarichi professionali.
Legge sui Partiti con riferimento alla democrazia interna, ai codici etici, all'accesso alle candidature e al finanziamento.
Legge elettorale con riproposizione della proposta PD sul doppio turno di collegio.
4) Voltare pagina sulla giustizia e sull'equità.
Legge sulla corruzione, sulla revisione della prescrizione, sul reato di autoriciclaggio.
Norme efficaci sul falso in bilancio, sul voto di scambio e sul voto di scambio mafioso.
Nuove norme sulle frodi fiscali.
5) Legge sui conflitti di interesse, sull'incandidabilità, l'ineleggibilità e sui doppi incarichi.
Le norme sui conflitti di interesse si propongono sulla falsariga del progetto approvato dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera nella XV Legislatura che fa largamente riferimento alla proposta Elia-Onida-Cheli-Bassanini.
6) Economia verde e sviluppo sostenibile.
Estensione del 55% per le ristrutturazioni edilizie a fini di efficienza energetica.
Programma pubblico-privato per la riqualificazione del costruito e norme a favore del recupero delle aree dismesse e degradate e contro il consumo del suolo.
Piano bonifiche.
Piano per lo sviluppo delle smart grid.
Rivisitazione e ottimizzazione del ciclo rifiuti (da costo a risorsa economica). Conferenza nazionale in autunno.
7) Prime norme sui diritti.
Norme sull'acquisto della cittadinanza per chi nasce in Italia da genitori stranieri e per minori nati in Italia.
Norme sulle unioni civili di coppie omosessuali secondo i principi della legge tedesca che fa discendere effetti analoghi a quelli discendenti dal matrimonio e regola in modo specifico le responsabilità genitoriali.
Legge contro il femminicidio.
8) Istruzione e ricerca.
Contrasto all'abbandono scolastico e potenziamento del diritto allo studio con risorse nazionali e comunitarie.
Adeguamento e messa in sicurezza delle strutture scolastiche nel programma per le piccole opere.
Organico funzionale stabile, piano per esaurimento graduatorie dei precari della scuola e reclutamento dei ricercatori.
"Queste proposte, che non sono ovviamente esaustive di un programma di governo e di legislatura, ma che segnano un primo passo concreto di cambiamento - precisa il segretario del Pd - vengono sottoposte a una consultazione sia riferita alle priorità sia ai singoli contenuti.
A questo fine verranno messi in rete l'elenco delle proposte e, via via per ogni singolo punto, i relativi progetti di legge o le specificazioni di dettaglio in modo da consentire una partecipazione attiva alla elaborazione e all'arricchimento dei contenuti".
Tante parole troppe a mio avviso e quando sul fuoco metti troppa carne si sa o non cuoce o brucia miseramente
La rilegatura dei manoscritti nei monasteri medievali
I fascicoli, completati nel testo, nel disegno e nella correzione, venivano cuciti tra loro e poi tutti insieme, prima di essere assicurati alla “coperta”. Ma prima di questi passaggi, ci si preoccupava di dare indicazioni al rilegatore sulla successione corretta da seguire, poiché, trattandosi di un lavoro meccanico, c’era il rischio di confondersi. Per ovviare a questo problema (anche se spesso accadeva lo stesso) nacque la numerazione dei fascicoli, molto diversa da quella che utilizziamo tutt’oggi.
Il sistema più antico (VI-X secolo) consisteva nel numerare, con numeri romani, il verso (la seconda facciata) dell’ultima carta di ogni fascicolo, oppure, al posto dei numeri romani, veniva disegnato un segno, come un cerchio o una stella, in sequenza evolutiva. Talvolta, prima del numero romano si trovava una lettera, la Q che indicava il Quaternus.
Un altro sistema, consisteva nei cosiddetti “reclamantes” ovvero richiami. Queste erano sillabe o parole che venivano scritte sempre nel verso dell’ultima carta, in basso, come i numeri romani. Queste parole corrispondevano alle prime che si sarebbero trovate nella prima facciata (recto) del fascicolo successivo. Ad esempio, se il fascicolo successivo iniziava con la parola “PATER”, avremmo trovato sul verso dell’ultima carta la sillaba “PA” o la stessa parola “PATER”. Questo sistema, esistente già nell’XI secolo, diventa prevalente nel XIII secolo.
Per quanto il rilegatore, che non conosceva il testo, potesse fare attenzione alla successione dei fascicoli, se alcuni fogli si scombinavano all’interno del fascicolo stesso, non c’era modo di saperlo, per cui poteva accadere che nonostante l’ordine dei fascicoli venisse rispettato, la sequenza dei fogli, e quindi il testo, non lo fosse.
A questa esigenza, nel XIII secolo, si rispose con l’invenzione della “numerazione a registro”. Questa permetteva di rispettare rigorosamente la sequenza dei fogli in ogni fascicolo. Sul recto di ogni carta venivano scritte una lettera e un numero romano, la lettera indicava il fascicolo, il numero indicava il foglio, ad esempio: Primo fascicolo: A I; AII; A III; A IV; Secondo fascicolo: B I; B II; B III; B IV; ecc.. Questa è la numerazione a registro di un quaternione (fascicolo composto da quattro fogli inseriti l’uno nell’altro, quindi con otto pagine o carte) presente solo nelle prime quattro carte. Non era necessario numerare le restanti quattro perche erano tutte collegate tra loro.
Terminata la numerazione i fascicoli venivano cuciti, prima al centro di ogni piegatura, poi sovrapposti, l’uno con l’altro. Rilegati i fascicoli insieme si procedeva con la sistemazione della coperta, costituita da piatti in legno ricoperti spesso, ma non sempre da cuoio martellato. Questi erano molto più grandi dei fascicoli perché dovevano proteggerli dall’esterno e nel corso del tempo venivano spesso sostituiti, per cui è molto raro, se non impossibile, trovare un manoscritto che conservi la coperta originale. Gli angoli di questa venivano rinforzati da “cantonali” in ferro.
Al centro del piatto della coperta veniva fissata una borchia in ferro: questa serviva per evitare lo strofinio della stessa coperta contro le superfici degli armadi e delle casse in cui veniva conservato il manoscritto, in modo tale da preservare il più possibile il cuoio.
Bignè per il papà
BIGNE' FRITTI DI SAN GIUSEPPE
Crema pasticcera ricca
Gr. 250 Latte
Gr. 250 Panna liquida
Gr. 150 Zucchero semolato
Gr. 250 Tuorlo d'uovo
Gr. 20 farina "00"
Gr. 25 Amido di mais/ Maizena
Aromi ( Vaniglia o Limone)
Iniziare con la preparazione della crema facendo bollire , in un pentolino, il latte, la panna, parte dello zucchero e una stecca di vaniglia o la scorza di un limone.
A parte montare i tuorli con il restante zucchero e aggiungere la farina.
Non appena il latte bolle, versarlo sul composto e rimettere in pentola girando con una frusta, in modo che non si formino grumi, fino a che la crema non si addensa.
Togliere dal fuoco e coprire con pellicola a contatto e lasciare raffreddare.
Pasta Choux per Bignè fritti:
Gr. 250 Acqua
Gr. 50 Burro
Gr. 200 Farina "00"
5/6 Uova intere
Sale Olio di arachide
Carta da forno ritagliata
Zucchero a velo per spolverare
Procedere con la preparazione della pasta choux.
In un tegame, far bollire l'acqua, il burro ed un pizzico di sale.
Togliere dal fuoco e versare tutto in una volta la farina nell'acqua, mescolare e riportare sul fuoco fino a che il composto non si asciuga formando una palla liscia che sfrigola sulle pareti del tegame.
Togliere dal fuoco e, con le dita, allargare il composto per lasciarlo intiepidire, a questo punto con un cucchiaio di legno incorporare un uovo alla volta, mescolando energicamente.
Procediamo con l'uovo successivo, solo quando, il precedente è perfettamente incorporato.
A seconda delle dimensioni delle uova è possibile che il loro quantitativo possa variare, quindi dobbiamo verificare che il composto risulti morbido ma non troppo lento, in gergo si dice che deve nastrare:
sollevando il composto con il cucchiaio si deve formare un nastro tra impasto e cucchiaio.
Una volta ottenuto un impasto omogeneo versarlo in una sac-a-poche. Mettere l'olio in un tegame non molto largo e piuttosto alto e portarlo alla temperatura costante di 170°C.
Ritagliare dei piccoli quadrati di carta da forno, circa 7X7 cm, su ognuno di essi formare il bignè e tuffare nell'olio caldo, max 5 o 6 pezzi alla volta.
Non appena comincia a prendere calore,la carta si staccherà dal bignè, quindi rimuoverla con l'aiuto di una pinza.
Vedremo i bignè che cominciano a girarsi su se stessi e a gonfiarsi, non appena saranno dorati e ben gonfi , scolare su carta per fritti e lasciar raffreddare.
Se si dispone di una bocchetta apposita, farcire i bignè con la crema ormai fredda, altrimenti tagliarli a metà e riempirli con un cucchiaio. Disporre su un piatto da portata e spolverare con zucchero a velo.
Crema pasticcera ricca
Gr. 250 Latte
Gr. 250 Panna liquida
Gr. 150 Zucchero semolato
Gr. 250 Tuorlo d'uovo
Gr. 20 farina "00"
Gr. 25 Amido di mais/ Maizena
Aromi ( Vaniglia o Limone)
Iniziare con la preparazione della crema facendo bollire , in un pentolino, il latte, la panna, parte dello zucchero e una stecca di vaniglia o la scorza di un limone.
A parte montare i tuorli con il restante zucchero e aggiungere la farina.
Non appena il latte bolle, versarlo sul composto e rimettere in pentola girando con una frusta, in modo che non si formino grumi, fino a che la crema non si addensa.
Togliere dal fuoco e coprire con pellicola a contatto e lasciare raffreddare.
Pasta Choux per Bignè fritti:
Gr. 250 Acqua
Gr. 50 Burro
Gr. 200 Farina "00"
5/6 Uova intere
Sale Olio di arachide
Carta da forno ritagliata
Zucchero a velo per spolverare
Procedere con la preparazione della pasta choux.
In un tegame, far bollire l'acqua, il burro ed un pizzico di sale.
Togliere dal fuoco e versare tutto in una volta la farina nell'acqua, mescolare e riportare sul fuoco fino a che il composto non si asciuga formando una palla liscia che sfrigola sulle pareti del tegame.
Togliere dal fuoco e, con le dita, allargare il composto per lasciarlo intiepidire, a questo punto con un cucchiaio di legno incorporare un uovo alla volta, mescolando energicamente.
Procediamo con l'uovo successivo, solo quando, il precedente è perfettamente incorporato.
A seconda delle dimensioni delle uova è possibile che il loro quantitativo possa variare, quindi dobbiamo verificare che il composto risulti morbido ma non troppo lento, in gergo si dice che deve nastrare:
sollevando il composto con il cucchiaio si deve formare un nastro tra impasto e cucchiaio.
Una volta ottenuto un impasto omogeneo versarlo in una sac-a-poche. Mettere l'olio in un tegame non molto largo e piuttosto alto e portarlo alla temperatura costante di 170°C.
Ritagliare dei piccoli quadrati di carta da forno, circa 7X7 cm, su ognuno di essi formare il bignè e tuffare nell'olio caldo, max 5 o 6 pezzi alla volta.
Non appena comincia a prendere calore,la carta si staccherà dal bignè, quindi rimuoverla con l'aiuto di una pinza.
Vedremo i bignè che cominciano a girarsi su se stessi e a gonfiarsi, non appena saranno dorati e ben gonfi , scolare su carta per fritti e lasciar raffreddare.
Se si dispone di una bocchetta apposita, farcire i bignè con la crema ormai fredda, altrimenti tagliarli a metà e riempirli con un cucchiaio. Disporre su un piatto da portata e spolverare con zucchero a velo.