lunedì 30 maggio 2016

Il giardino di Emily Dickinson torna a fiorire


Emily Dickinson è oggi ritenuta una delle più importanti figure letterarie dell’Ottocento americano. Ma non fu così in vita: compose, infatti, 1775 poesie vedendone pubblicate solo sette. 
Di lei s’è saputo – a poco a poco e non e da molto – che è anche riconosciuta come una provetta botanica. 
La conferma arriva dall’Università del Massachusetts, in Usa; dove un team di archeologi ha riportato in vita l’antico orto e il giardino nel quale la poetessa amava trascorrere le giornate. 
Meglio sarebbe a dire le nottate. La Dickinson infatti soffrì per tutta la vita di un problema oculare che la costringeva a dedicarsi al giardinaggio durante le ore notturne.

 Gli scienziati hanno già creato un appezzamento ortivo che riproduce in tutto e per tutto quello dei Dickinson, e presto (ri)sorgerà anche il frutteto e la famosa serra della tenuta, abbattuta nel 1916.
 Gli esperti hanno compiuto degli scavi per risalire agli antichi confini della dimora agreste dei Dickinson e ora si apprestano alla sfida più avvincente: trovare in qualche anfratto delle sementi appartenute alla poetessa, confidando sul presupposto che molti semi sono in grado di conservarsi per secoli, mantenendo il loro potere di germinazione. 

Come sappiamo dell’atavica passione di Emily Dickinson per le piante? 
Basta leggere le sue opere.
 Per seicento volte sono menzionati nomi di piante e almeno un’ottantina di varietà differenti. 
Amava raccontare di rose, tarassachi, trifogli, orchidee e pratoline. Nelle lettere non dimenticava di porre un fiore essiccato. E i suoi erbari erano delle autentiche opere d’arte.








Ecco un suo scritto: 
“Dio fece una piccola genziana,
 che tentò di essere una rosa. 
E fallì e l’estate tutta intera rise. 
Ma appena prima delle nevi,
 là si levò una purpurea creatura
 che incantò tutta la collina.
 E l’estate nascose la sua fronte 
e lo scherno fu zittito. 
Il gelo era la sua condizione, 
l’indaco non giunge
finché il nord non lo invoca 
Creatore, io fiorirò?”. 

Serve aggiungere altro?

 Fonte www.rivistanatura.com

giovedì 26 maggio 2016

I segreti sotto il suolo di Roma


Cunicoli intricati, acquedotti ancora funzionanti, cavità ricavate nel tufo, ricche dimore sotterranee, catacombe, bunker antiaerei, antichi luoghi di culto.
 Quello che si trova nelle viscere di Roma è altrettanto affascinante di ciò che brilla sotto il sole della città eterna. E non stiamo parlando soltanto dei ritrovamenti che regolarmente vengono fatti durante gli scavi per la costruzione delle linee della metropolitana. L’ultimo è di qualche giorno fa: una caserma per i legionari di Roma, a pochi passi da quella che è oggi Porta Metronia. 
L’hanno scoperta durante gli scavi per la stazione della linea C della metropolitana. 
Un ritrovamento sensazionale. 
Ci sono le camerate e le stanze degli ufficiali: alcune affrescate, altre con i pavimenti di mosaico.
 Venne costruita quando regnava l’imperatore Adriano, ma un secolo più tardi l’avevano già abbattuta, rasandola fino a un metro e mezzo da terra e poi interrandola, perché nel frattempo erano state costruite le mura aureliane e quel quartiere militare era rimasto fuori dalla cinta.


«Il sottosuolo della capitale è un groviera», racconta Michele Concas, speleologo urbano e fondatore dell’Associazione Roma Sotterranea. 
«E sotto ogni palazzo, ogni strada, dietro il muro di ogni cantina si può dire ci sia una cavità artificiale». 
Basti pensare che fare due passi in Corso Vittorio Emanuele vuol dire camminare sopra il canale di drenaggio delle Terme di Agrippa, che portava le acque di scarico da lì fino al Tevere e che oggi è un lungo cunicolo. E fare lo struscio in via del Corso equivale a passeggiare sopra il tratto terminale della via Flaminia, strada lastricata che risale al 223 a.C. 
 Lo strato bucherellato che sta sotto i piedi dei romani è spesso anche 20 metri (è questa infatti la distanza tra l’attuale piano di calpestio e l’originaria superficie, risalente al primo insediamento romano).

 «Dai primi insediamenti urbani a oggi sono passati più di 2.700 anni, in cui la città si è accresciuta senza posa», prosegue Concas. «Edifici, quartieri, strade del passato si sono sviluppati gli uni sugli altri fino a creare un mondo sotterraneo unico».


I mosaici (100 d. C.) delle Terme di Traiano, sotto il Colle Oppio, costruite sui resti della Domus Aurea. 

 Le frequenti alluvioni del Tevere che fino alla costruzione dei muraglioni, avvenuta al termine del XIX secolo, invadevano la città trasportando fango e melma; i terremoti, gli incendi e il fatto che i detriti degli edifici crollati o bruciati non venissero smaltiti, anzi fossero usati come base per le costruzioni soprastanti, sono le cause principali dell’innalzamento del piano di calpestio. 
Di conseguenza, dimore patrizie, fontane, strade, col tempo sono diventate sotterranee.
 Ci sono poi altre strutture, come le cisterne per la raccolta d’acqua, gli acquedotti, le fognature, le cave per l’estrazione di materiale roccioso e naturalmente le catacombe, che già nella loro originaria concezione erano sotterranee: furono infatti realizzate scavando direttamente nel tufo, roccia sulla quale è distesa la città. 

 Nel tempo, le cavità sotterranee hanno cambiato funzione e aspetto: cave per estrarre la pozzolana (materiale di origine vulcanica, elemento fondamentale della malta per la costruzione di dimore e palazzi) sono diventate catacombe, fondamenta di antiche dimore crollate sono state trasformate in luoghi di culto, templi pagani sono stati le basi per costruire chiese.
 Questo intricato svilupparsi di necessità e usi rende il lavoro di archeologi e speleologi urbani complicato. 

«Difficile dire quanto siano estesi gli ambienti ipogei artificiali (cioè costruiti dall’uomo) sotto la capitale», spiega Concas.
 «A oggi non esiste un censimento accurato, ma sicuramente si può quantificare l’estensione dei sotterranei romani parlando di chilometri, e anche molti».


L'esplorazione della Cloaca Massima, antica e funzionante rete fognaria di Roma, durante i lavori per la costruzione della linea C della metropolitana. | ROBERTO CACCURI


Le catacombe romane, scavate dai fossori, operai specializzati che le realizzarono muniti di una specie di piccone, detto upupa, restano comunque le opere sotterranee più conosciute e imponenti. Le prime intricate gallerie cimiteriali, ricche di incisioni simboliche, affreschi e sarcofagi scolpiti, risalgono al II secolo d.C. e furono scavate e ampliate per secoli. Tra le più note c’è la catacomba di San Sebastiano sotto la via Appia (il più antico luogo di culto dei martiri Pietro e Paolo).




Anche l’acqua, bene fondamentale per una grande città come Roma, ha giocato un ruolo importante nella realizzazione di cavità artificiali. 
«La rete idrica era, ed è ancora, molto estesa», racconta lo speleologo urbano. «L’approvvigionamento d’acqua serviva ad alimentare le case dei romani, le terme, i bagni pubblici, le fontane, i ninfei».
 L’acquedotto Vergine, voluto da Agrippa e inaugurato il 9 giugno del 19 a.C., è l’unico (dopo venti secoli) a essere ancora funzionante. 
Il percorso, molto complesso, di questo sistema di captazione di acqua, che nutre la fontana di Trevi, quella della Barcaccia a Piazza di Spagna e quella dei Fiumi a Piazza Navona, era lungo 20 chilometri, di cui 18 sotterranei.




Nei secoli, alcune ramificazioni dell’acquedotto si sono svuotate e trasformate in cunicoli. 
«A una profondità di circa 10 metri dalla superficie, sotto l’ospedale Forlanini, c’è perfino un lago sotterraneo – prosegue Concas – È uno specchio d’acqua limpidissima di 40 metri di diametro e profondo più di 7. In alcuni casi si è usato un piccolo gommone per navigarlo».

 Ma sono le antiche dimore, oggi sotto il piano stradale, a suscitare stupore: la Domus Aurea, villa fatta costruire dall’imperatore Nerone dopo il grande incendio che devastò Roma nel 64 d.C. e utilizzata in seguito dall’imperatore Traiano come fondamenta per le sue terme, ha ancora magnifiche sale e splendide pitture. 
Furono proprio questi affreschi a ispirare ai pittori del Rinascimento, come Michelangelo, Raffaello, Pinturicchio, lo stile decorativo detto “grottesco”.






E sotto Roma si possono trovare perfino dei “condomini” alti quattro o cinque piani, le cosiddette insule di epoca imperiale. 

L’insula dell’Ara Coeli nei pressi del Vittoriano, del II secolo d.C., per esempio, ha il pianterreno, il mezzanino e tre piani.
 Il pianoterra era costituito dalle tabernae, botteghe dove si vendeva di tutto. 
Nei piani superiori vivevano anche 380 persone. 
L’unica parte di questo antico condominio che si trova alla luce del sole è oggi l’ultimo piano.


Nei sotterranei romani sono poi custoditi molti mitrei, luoghi di culto dedicati al dio persiano Mitra. 
Questa antica religione sbarcò a Roma, passando per il mondo ellenico, verso la fine del I secolo d.C. ed ebbe molti seguaci tra il II e il III secolo.
 Era un culto ricco di iniziazioni segrete e proprio per questo i luoghi delle celebrazioni, alle quali erano ammessi sono gli uomini, erano ricavati nel sottosuolo. 
Piccoli e di forma rettangolare, i mitrei erano strutture semplici, con panchine di roccia lungo i lati e un altare.
 Perfino la basilica di San Clemente, a pochi passi dal Colosseo, nasconde un mitreo.
 Basta scendere nei suoi sotterranei per andare a ritroso nel tempo; la base dell’edificio è una casa del I secolo, nel cui cortile venne ricavato appunto il mitreo, famosa per essere il luogo dove è stata scritta la prima parolaccia in volgare.




I sotterranei di Roma e dintorni, inoltre, sono da sempre molto frequentati e vi si trovano tracce di “vita quotidiana” un po’ di tutte le epoche.
 «Nelle grandi terme di Villa Adriana a Tivoli, per esempio, abbiamo trovato l’impronta di un piede impressa in un mattone», racconta Simone Santucci, speleologo urbano dell’Associazione Roma Sotterranea.
 «Viste le piccole dimensioni, probabilmente si tratta dell’impronta di un bambino che lasciò la sua “firma” camminando.
 L’impronta risale al secondo secolo dopo Cristo». 

Il complesso di cave di pozzolana che si sviluppa sotto il Vittoriano venne invece sfruttato dagli abitanti di Roma come rifugio antiaereo nel corso della seconda guerra mondiale.
 «Si possono vedere panche, latrine, uscite di sicurezza e anche un punto di pronto soccorso per gli eventuali feriti», spiega Santucci. «Ci sono poi molte scritte sui mattoni del rifugio». Frasi come: “FAME!!”, “DOPPIA FAME 1- 4- ‘42”, “FAME DA LUPO 3 -3- 1944”. 

 Fonte: .focus.it

mercoledì 25 maggio 2016

La melanzana (solanum melongena) : la pianta delle uova



Presto arriveranno sulle nostre tavole le melanzane di stagione, frutti deliziosi e versatili, ormai parte della dieta Mediterranea. 

Non è sempre stato così:a causa del loro colore viola, le melanzane sono state a lungo ritenute velenose. 
Quando questa pianta arrivò dalle Indie, verso il sedicesimo secolo, inizialmente il consumo del suo frutto fu considerato portatore di insanità mentale e da qui il loro nome: melanzana = mela insana. 

Le melanzane selvatiche sono amare e piccanti, e solo anni di selezione da parte dei coltivatori asiatici hanno portato alla creazione di varietà commestibili. 

Gli antichi Greci e Romani non conoscevano questo frutto, che è stato diffuso nel bacino del mediterraneo dagli Arabi nel corso delle loro espansioni del settimo e ottavo secolo. 
 Il loro nome inglese"eggplant" (pianta delle uova) deriva dal fatto che le prime varietà di melanzane erano soprattutto piccole e bianche, ed in tanti paesi sono ancora in vendita queste piccole varietà. 


La scienza degli Arabi è importantissima nel medioevo europeo e in particolare l'utilizzo delle piante a fini alimentari e medicinali è raccolta in testi chiamati Tacuina Sanitatis tradotti dall'arabo in greco e latino (come spesso i nomi degli autori). 
In essi troviamo le prime rappresentazioni delle melanzane, ritenute afrodisiache e il loro sapore piccante e spesso amaro era collegato al riscaldamento del sangue: molti autori spiegheranno il metodo arabo di rendere le melanzane appetibili tramite la salamoia e soprattutto la cottura.


La melanzana ha un basso contenuto di grassi e calorie, ed un alto contenuto di fibre, minerali e aminoacidi. E' 'ottima per bilanciare le diete ricche di proteine e amidi, è ricca di sostanze fitochimiche, è una buona fonte di potassio, che aiuta a regolare la pressione sanguigna e la funzione del cuore. 

 Fonte: greenme.it

I treni francesi si trasformano in opere d'arte in movimento


In Francia, i treni sono stati trasformati per offrire un’esperienza artistica unica, in movimento!
 Grazie alla creatività dei designer nascosti dietro il progetto, l’interno delle carrozze dei treni sono stati riempiti con immagini artistiche, capolavori ed opere d’arte di ogni genere.
Questa iniziativa offre la possibilità ai milioni di passeggeri quotidiani, di vivere a stretto contatto con l’arte o meglio avere l’onore di far parte dell’opera stessa.

 Il progetto realizzato sui treni francesi è nato da una collaborazione tra i treni pubblici Francesi SNCF e la compagnia Americana 3M. Il concetto è stato semplicemente rivestire gli interni dei mezzi con immagini artistiche, per diffondere l’arte alle masse in modo leggero ed utile. 
Le carrozze offrono tantissimi disegni ed immagini, da riproduzioni di opere presenti al Musée d’Orsay alle riproduzioni architettoniche di Versailles.






Non solo questo progetto è stato realizzato sui treni francesi per diffondere l’arte alla popolazione di ogni età ed estrazione, ma ha anche contribuito a far diminuire episodi di vandalismo e criminalità sui treni.
 C’è infatti un invisibile filo che unisce creatività ed aggressività. La creatività aiuta a combattere la violenza attraverso l’arte, grazie alla sua diffusione su supporti visuali.
 Un gruppo di ricercatori dell’University College di Londra, infatti, afferma che l’arte stimola nel nostro cervello i centri del benessere, scatenando un aumento di dopamina.
 Nel cervello l’arte provoca gli stessi effetti dell’amore.
 Gli studiosi hanno riscontrato che nell’ammirare un’opera d’arte si attivano a livello cerebrale le stesse aree implicate nell’innamoramento.
 In particolare sono coinvolte le regioni cerebrali che riguardano l’elaborazione del piacere.
 Quando osserviamo un’opera d’arte nella corteccia orbito-frontale si registra un aumento di dopamina, che ci fa provare una sensazione di benessere. 
Inoltre si è visto che in alcune aree del cervello associate all’ambito amoroso si riscontra un incremento del flusso sanguigno.
 In sostanza la chimica dell’amore perfetto! 

 Fonte: dvclub.info

martedì 24 maggio 2016

Pisaura Mirabilis: conqustare la femmina con un regalo


Come è noto, non solo nella specie umana le femmine amano essere corteggiate, ma anche nelle diverse specie animali esistono diversi comportamenti che il maschio mette in atto per entrare nelle grazie del gentil sesso; ma lo sapevate che i ragni della specie Pisaura mirabilis fa dei veri e propri regali per avere una maggiore probabilità di accoppiarsi con la femmina? 

 La Pisaura mirabilis è un ragno comune anche in Italia, ed uno studio dell'Aarhus University's Spiderlab, che ha osservato i comportamenti di questi animali, ha dimostrato che un maschio che porta alla femmina con la quale desidera accoppiarsi un regalo, ha il 90% di possibilità di raggiungere il proprio fine a differenza di quello che si presenta a mani vuote (qui la percentuale precipita al 40%).
 Il regalo consiste in un bozzolo di seta contenente solitamente una preda (e quel “solitamente” non è messo lì a caso...) che la femmina mangerà durante la copula; quindi tanto più grande sarà il “pacchetto” quanto più a lungo il maschio potrà far durare l'accoppiamento e di conseguenza tanto più sperma potrà trasferire. E sì, perché l'accoppiamento tra Pisaura è piuttosto lungo e complesso: innanzi tutto il maschio deve stendere il proprio sperma su un fazzolettino di seta appositamente preparato, per intingerci successivamente i due pedipalpi posti ai lati delle mascelle; successivamente inserirà il proprio seme nelle due cavità genitali della femmina. 
Tutta questa operazione può durare circa due ore, quindi è ovvio che tanto più a lungo la femmina rimarrà distratta tanto più tempo il maschio avrà a disposizione per portare a termine il rapporto.




Ma le curiosità non finiscono qui! Ma soprattutto non si esaurisce qui la furbizia di questa specie.
 Il maschio potrebbe portare sì un bel “pacchettino” alla femmina, ma nel caso avesse trovato nulla di commestibile, piuttosto che presentarsi a mani vuote potrebbe lasciarlo vuoto o riempirlo di foglie e rametti; in questo caso dovrà trasferire tanto più sperma prima che la femmina si accorga dell'imbroglio.
 E se invece il rapporto termina prima che la femmina abbia finito di mangiare, il maschio può cercare di scappare per portare il regalo ad un'altra. 
 Ma la femmina? 
Anche lei non è il massimo esempio di correttezza, infatti quando ancora il rapporto non è iniziato, se le riesce, se la dà a gambe con il bottino; e per evitare questo il maschio, più furbo di lei, spesso lega il regalo ad un filo di seta (una sorta di guinzaglio).


Inoltre la femmina può effettuare un'ulteriore selezione.
 Lo sperma, come abbiamo detto, viene accumulato all'interno di una cavità per essere poi rilasciamo quando ci saranno uova da fecondare; la femmina ha quindi la possibilità di scegliere quanto sperma di uno o dell'altro maschio utilizzare, in base alla grandezza del regalo ricevuto. 
E' segno questo di tanta avidità? Assolutamente no, è invece importante per garantire la conservazione della specie: più il regalo è grosso e gustoso più è buona la capacità di caccia e di procacciare il cibo del maschio, caratteristiche che sicuramente la femmina vuole trasferire alla prole, aumenta così le possibilità che la propria progenie sopravviva e si riproduca. 

 Fonte: http://www.greenme.it/

lunedì 23 maggio 2016

Il tunnel dei record : il San Gottardo


La Svizzera torna al centro dell’Europa grazie alla prossima inaugurazione del tunnel ferroviario da record: è il tunnel del San Gottardo, che sarà il più lungo al mondo con la sua lunghezza di 57,1 km, record detenuto fino ad oggi dal tunnel di Seikan, in Giappone.
 Ma si tratterà anche del tunnel ferroviario più profondo del mondo: in alcuni punti, infatti, tra la galleria e la superficie terrestre vi sono oltre 200 metri di roccia.

 La cerimonia di inaugurazione si svolgerà il 1 giugno prossimo, alla presenza di tutte le massime autorità istituzionali svizzere ed europee, compresi la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese François Hollande ed il premier italiano Matteo Renzi, oltre ai circa 1.100 invitati e 300 giornalisti. 
A prendere posto per primi nei viaggi dimostrativi, saranno 1000 passeggeri e due classi scolastiche, i vincitori cioè di un concorso bandito lo scorso dicembre.

 Per la messa in funzione vera e propria, tuttavia, bisognerà aspettare l’11 dicembre prossimo: si tratterà di una vera e propria rivoluzione nei trasporti, soprattutto in quelli commerciali, visto che potranno circolare fino a 260 treni merci e i convogli che trasportano passeggeri potranno raggiungere i 249 km/h. Basteranno 20 minuti, a questa velocità, per percorrere il tunnel. 

Dopo l’11 dicembre, continueranno i lavori per realizzare altre opere di collegamento nel resto della Svizzera, compreso il tunnel del Monte Ceneri in Ticino: grazie a questo, entro il 2020, sarà possibile percorrere la distanza che separa Milano da Zurigo in meno di tre ore, ciò equivale ad un risparmio di tempo di circa 65 minuti rispetto a quello impiegato attualmente.
 Gli obiettivi raggiungibili grazie a questa impressionante opera che si estende da Erstfeld a Bodio saranno incredibili e senza precedenti, non solo a livello economico, ma anche ambientale: trasferendo buona parte del traffico commerciale su rotaia, saranno infatti inferiori anche le emissioni inquinanti.

 Un’opera dalle proporzioni impressionanti, realizzata senza particolari ritardi sulle tabelle di marcia iniziali e, come fa sapere la Delegazione di vigilanza del Parlamento elvetico, addirittura risparmiando 500 milioni di franchi sul budget iniziale previsto, che consisteva in circa 23,5 miliardi di franchi. 
Un risultato possibile anche grazie alla società costruttrice, la AlpTransit Gottardo SA che, durante la cerimonia d’inaugurazione del 1 Giugno, passerà ufficialmente “il testimone” alle Ferrovie federali. 

 Fonte: http://www.meteoweb.eu/

L'anfiteatro romano di El Jem


E’ il terzo per dimensioni dopo quello di Roma e di Capua, ma è sicuramente il monumento più imponente dell’Africa.
 Parliamo dell’anfiteatro romano di El Jem che si trova nella città di El Jem o Thysdrus (come era conosciuta in epoca romana), nel cuore della Tunisia.

 Modellato dopo il Colosseo di Roma, con il fratello italiano, condivide il fatto di essere l’unico al mondo ad avere una facciata intatta con tre livelli di gallerie.
 E’ alto 36 metri, riesce a contenere fino a 30mila persone ed è stato costruito all’inizio del terzo secolo dai romani sotto il controllo del proconsole Gordiano I, il quale venne acclamato Imperatore a Thysdrus, intorno al 238.


La sua caratteristica forma ellittica contiene un arena di 65 metri ma sono archi, camere sotterranee, scalinate e contrafforti battenti a fare dell’anfiteatro una costruzione di notevole complessità. 
Fino al diciassettesimo secolo El Jem era rimasto intatto, subito dopo molte delle sue pietre sono state utilizzate per la costruzione del villaggio di El Djem o come riempimento della grande moschea di Kairouan e oggi le rovine sono dal 1979, Patrimonio dell’Umanità.


Nel tempo, oltre a ospitare spettacoli ed eventi ed essere usato come arena per gladiatori e corse con le bighe, l’anfiteatro ha rappresentato un luogo in cui rifugiarsi durante le lotte turche ottomane, attualmente invece ospita l’annuale Festival international de musique symphonique d'El Jem.
 All'interno, il monumento ha conservato la maggior parte delle infrastrutture di supporto per la gradinata cosi come il muro del podio, l'arena e i sotterranei e tutto il suo splendore è mostrato in queste immagini:









Dominella Trunfio

venerdì 20 maggio 2016

Abelardo ed Eloisa - Il fuoco della passione


Ci sono donne che, pur nate più di otto secoli fa, possono considerarsi a pieno titolo eroine moderne.
 Nell’attributo di moderne è racchiuso un significato non tanto storico quanto più illuministico: esso simboleggia coraggio, determinazione, intelligenza e anticonformismo. 
Una di queste donne è Eloisa. 
Nata nel 1099 a Parigi, probabilmente da una famiglia nobile, che le permette studi inauditi per una donna dell’epoca: grammatica, retorica, astrologia, geometria. Tutte le arti del trivio e del quadrivio, come venivamo chiamate in epoca medievale. 
La sua fama di fanciulla di incredibile erudizione si diffonde presto e lo zio Fulberto decide di farle seguire le lezioni di Pietro Abelardo, il più famoso filosofo dell’epoca. 
A soli 37 anni Abelardo è il più insigne professore di teologia, insegna alla Sorbona e ha fondato la propria scuola di pensiero sul colle di Sainte Geneviève. 
Quando inizia ad insegnare alla giovane allieva (Eloisa ha diciassette anni) rimane colpito immediatamente dalla sua intelligenza, ma più dal suo fascino. O forse è proprio l’acutezza d’ingegno della sua allieva a dare alla giovane fanciulla una forte carica erotica. 
I due s’innamorano, e ben presto su quei libri dove prima veniva studiata la più fine filosofia dell’epoca si consuma una delle più grandi storie d’amore che l’umanità abbia mai conosciuto.


Entrambi gli amanti racconteranno in seguito i propri episodi amorosi, ma vedremo come la luce gettata su quegli eventi sarà molto diversa nei ricordi dell’uno e dell’altra. 
La passione che li divora porta alla nascita di un figlio, Astrolabio, che verrà partorito in segreto da Eloisa nel paese natale di Abelardo, dove lui l’ha portata. 
Quando i due tornano a Parigi la notizia è ormai nota.
 Lo scandalo è grande non solo perché Abelardo è un personaggio pubblico, ma perché egli è chierico, il godimento dei suoi avversari accademici immenso, ma l’ira più funesta è quella di Fulberto, che si ritrova la nipote disonorata. 
Abelardo vorrebbe sposare Eloisa, ma è la stessa ragazza che non vuole, perché sa che in questo modo porrebbe fine alla carriera dell’amato. 
Sono sue le straordinarie parole: Cos’hanno in comune gli scrittoi con le culle (…), le penne con i fusi?
 Per attutire lo scandalo Abelardo manda Eloisa al monastero di Argenteuil, ma Fulberto ha già in mente la vendetta: di notte manda i suoi sicari dal filosofo. 
La mattina seguente Abelardo è punito con una pena degna del contrappasso dantesco: viene evirato.


Dopo di ciò i due amanti resteranno separati per sempre: Abelardo, pieno di dolore, vergogna e orgoglio ferito, inizia la sua strada verso la conversione; Eloisa resta nel convento dov’era stata portata, facendosi monaca. 
Successivamente, per puro caso, inizia tra di loro un famoso carteggio, in cui Eloisa non smette di rianimare episodi ancora vivi nel suo cuore, ma è Abelardo a richiamarla alla disciplina e al ruolo che entrambi rivestono. 
Affidano così alla carta le proprie memorie: Abelardo per comprendere il suo gesto, e nel suo pentimento cerca di pulire la propria reputazione infangata. 
Eloisa invece non è pentita di nulla, e scrive unicamente per indurre Abelardo a non privarla del suo ricordo. 

Leggendo le rispettive opere (Storie delle mie disgrazie di Abelardo e Lettere d’amore di Eloisa) si rimane colpiti dalla forza di questa donna, che nulla rinnega e che sopporta la separazione unicamente per amore.
 “E se il nome di moglie sembra più santo o più valido, mi è sempre stato più dolce il nome di amica o, se non ti scandalizzi, quello di amante o prostituta”, scrive Eloisa poco più tardi del 1118. 
Una donna, nel Medioevo. Tuttavia ella sa essere innamorata e al contempo profondamente schietta: “Dimmelo, se sei capace, o te lo dirò io. Ti ha legato a me l’attrazione fisica, non il vero affetto, l’ardore dei sensi, non l’amore. Quando poi il desiderio si è spento, è svanito anche tutto l’amore che dicevi di avere solo per avermi”. 

La solita vecchia storia, in fondo, che ben conosciamo: donne che cedono alla passione per amore, uomini che simulano amore per passione. 
Eloisa amerà tutta la vita il suo maestro e per rimanergli obbediente inizia anch’ella il suo cammino di purificazione tra le altre monache, di cui in seguito diventerà badessa.
 Abelardo da quel momento in poi si dedicherà con ancora maggior fervore alle sue opere filosofiche, amareggiato per la sua carriera interrotta fino alla morte, che avverrà nel 1142.
 Le spoglie sono accolte da Eloisa, ormai badessa, che si vorrà far seppellire insieme a lui nello stesso loculo.

 I resti dei due amanti riposano oggi nel cimitero parigino del Père Lachaise, uniti nella morte dopo che furono separati in vita.



Fonte: youthunitedpress.com

giovedì 19 maggio 2016

Barbie, the icon : al Vittoriano la storia di un mito


Se dicessimo ad una bambina se vuole la bambola Barbara Millicent Robert probabilmente storcerà la bocca e ci guarderà perplessi. Ma se le dite il nomignolo con cui invece questa bambola è conosciuta, allora vi sorriderà. 
E forse non solo le bambine. 
Perché Barbie, come appunto è meglio conosciuta la signora Barbara Millicent, è diventata negli anni un vero e proprio oggetto di culto per bambine e collezionisti di ieri e di oggi.
 Ed oggi Barbie la troverete a Roma, al Vittoriano, dove fino al 30 ottobre potremo conoscere più a fondo la storia e i look di questo intramontabile mito, nell'ambito della mostra Barbie, the icon 
 Un autentico viaggio nel tempo, dal 1959 (anno in cui ha debuttato al New York International Toy Fair) ad oggi. 
Specchio della nostra società, dei nostri eventi, usi e costumi. Barbie è stata sulla Luna, ha indossato mille vestiti e fatto mille professioni, rimanendo sempre al passo coi tempi.














Il percorso espositivo è studiato per offrire diversi livelli di lettura: alle informazioni di approfondimento storico e culturale per il pubblico adulto, si affiancano postazioni pensate per i bambini che, attraverso una serie di attività coinvolgenti, potranno approfondire la storia di Barbie, ospite in questi 57 anni, nelle case delle bambine di più di 50 nazionalità 

 L’esposizione, curata da Massimiliano Capella, in collaborazione con la Mattel, si occupa inoltre delle bambole che riproducono la coppia reale inglese William e Kate, nonché le varianti Curvy, Tall e Petit.

 Fonte: bb-roma.it