lunedì 16 febbraio 2015
Il carnevale sardo: i Mamuthones e Issohadores di Mamoiada
“Senza Mamuthones non c’è Carnevale” , sentenziano gli abitanti di Mamoiada, paese di circa tremila abitanti collocato nel cuore dell’entroterra sardo.
Mamoiada regala quella che , accanto alla sartiglia oristanese, è una delle forme più conosciute, famose ed apprezzate del carnevale sardo.
Mammuthònes e Issochadòres sono i protagonisti di un carnevale a dir poco suggestivo e a tratti ipnotizzante, che portano con sé magia e mistero della terra sarda.
Mistero che inizia già nel momento in cui si cerca di risalire alle origini ed al significato di queste celebri maschere e al rito che mettono in atto.
I mamuthònes si presentano con in viso una maschera lignea dai tratti addolorati ( sa bisèra), una giacca di pelle (mastruca) che richiama la vita pastorale sarda ,un fazzoletto intorno al collo ed una gonna corta di lana nera.
Un abbigliamento in cui alcuni hanno voluto vedere il contrasto tra mascolinità e femminilità.
Sulle spalle, il loro segno maggiormente distintivo : una serie di campanacci , altro simbolo dell’antica vita pastorale sarda, che ne scandisce i passi durante la celebrazione del rito.
Accanto a loro , gli altri protagonisti indiscussi del celebre carnevale: gli Issochadòres: pantaloni di velluto scuro , camicia bianca, corpetto rosso e capello.
Tra le mani una fune di giunco ( soca) dalla quale non si separano mai e che fanno roteare in aria a mò di lazo, quasi a voler catturare qualcuno o qualcosa.
I mamuthònes irrompono nella scena , bloccando musica e danza, creando un silenzio generale spezzato solo dal suono dai tanti campanacci.
Si muovono ritmicamente , creano una musica quasi inquietante che rievoca potentemente un qualcosa di ancestrale che sfugge alla lettura consapevole nel suo creare sensazioni che riportano magicamente ad un passato che non si lascia afferrare.
All’unisono portano avanti il piede sinistro scuotendo la spalla destra, poi il piede destro scuotendo la spalla sinistra, talvolta capitolando a terra.
I loro passi , stanchi e faticosi come se i piedi non fossero liberi di muoversi, frantumano la quiete.
Alla triste marcia dei Mamuthònes si contrappone il passo leggero e felice degli Issochadòres che saltellano qua e là tra la folla.
Un rito al quale , ancora oggi , non si è riusciti a dare un’ interpretazione univoca in relazione all’origine e soprattutto alla simbologia.
Una di esse fa riferimento a quella che caratterizza poi quasi tutta la lettura interpretativa del carnevale sardo: il forte legame coi riti propiziatori del raccolto e della tradizione agropastorale: i mamuthònes rappresenterebbero i buoi assoggettati al giogo dagli allevatori , ossia dagli Issochadòres.
Un’ altra interpretazione farebbe invece riferimento alla storia del popolo sardo, fatta di lotte contro i tanti invasori che , dal medioevo in poi,ne hanno minacciato l’indipendenza arrivando agguerriti dalle coste e cercando mano mano di spingersi nell’entroterra.
Tra questi popoli assalitori i musulmani , chiamati dai sardi Sos Moros ( gli scuri) , e non a caso rappresentati nella bandiera sarda. Secondo questa lettura arrivò un momento nel quale il popolo sardo riuscì però ad avere la meglio sugli invasori.
I pastori di Mamoiada riuscirono a catturarli e li travestirono con quello che è tutt’ora il tipico abbigliamento dei Mamuthònes, mentre gli Issochadòres , cioè i pastori avrebbero assunto le fattezze del popolo arabo, conservando come simbolo della loro vittoria la fune di giunco.
I mori quindi sarebbero stati “imbovati” e ridotti alla schiavitù del giogo.
Al di là però di ogni interpretazione , il carnevale di Mamoiada gode di una strabiliante potenza evocativa che portò l’antropologo Raffaello Marchi a definirne il rito come una “processione danzata”.
Michela Pisanu
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