martedì 14 gennaio 2014

Egitto : scoperta la tomba di un mastro birraio


Una squadra di archeologi ha portato alla luce la tomba di un mastro birraio dell'antico Egitto che visse durante la dinastia dei Ramesse.
La scoperta della tomba di Khonso Em Heb "è una delle più importanti nella necropoli di Tebe", a Luxor, città del sud del Paese celebre per i suoi templi faraonici lungo il Nilo, ha commentato il ministro Mohamed Ibrahim.
Jiro Kondo, a capo della spedizione dell'università giapponese , ha spiegato che la sensazionale scoperta è avvenuta "durante la pulitura del cortile di una tomba appartenente ad un alto dignitario vissuto sotto il regno di Amenhotep III".

Il ministro ha sottolineato la presenza di "paesaggi e di diverse iscrizioni sui muri e sul soffitto che rivelano numerosi dettagli della vita quotidiana nell'antico Egitto, in merito alle relazioni fra marito, moglie e figli oltre che ai rituali religiosi".
Su uno dei muri è ritratto il mastro birraio, che era anche a capo delle dispense reali, che offre libagioni agli dei, circondato dalla moglie e dalla figlia.

Nell'Antico Egitto la birra era sacra: il "vino d'orzo" veniva offerto agli dei ed era anche monopolio di Stato. Il faraone Ramses II venne chiamato "faraone birraio" per le regole che emanò al riguardo. La birra diventò così importante che fu coniato un nuovo geroglifico per indicare proprio il mastro birraio.

Quel giorno a Little Big Horn …

"Io e il mio 7° Cavalleria possiamo annientare tutti gli indiani del continente" (George Armstrong Custer)


22 giugno del 1876

Il sole splendeva su Little Big Horn; la vallata era costellata di tende. C’erano quelle dei Cheyenne, dei Lakota, degli Orlala, degli Hunkpapa e di tante altre tribù che rappresentavano quanto restava della grande e potente nazione Sioux. 
 Gli esploratori Crow del 7° Cavalleria guardavano, sdraiati nell’erba la vallata biancheggiante. 
 Quando le guide riferirono a Custer quanto avevano visto, consigliandogli di non intraprendere alcuna azione prima dell’arrivo dei rinforzi, questi incredulo, volle verificare di persona la situazione. Salì sulla vetta di Crow,s Nest, ma una densa foschia gli impedì di valutare esattamente le dimensioni del campo. Decise di attaccare immediatamente , raccomandò ai suoi ufficiali di accertarsi che ogni soldato avesse una dotazione di almeno 100 colpi e suddivise le sue forze in modo da poter attaccare da più parti il nemico. 
Affidò tre squadroni al capitano Benteen, tre al maggiore Reno e si tenne i cinque restanti per sé.
 Ordinò a Benteen di dirigersi verso sud e a Reno di attaccare frontalmente il campo, mentre riservò ai suoi squadroni il compito di aggirare il nemico a nord impedendogli di scappare.
 I tre squadroni di Reno irruppero nelle tende Hunkpapa, ma si accorsero subito di avere di fronte migliaia di guerrieri ben armati. Resosi conto di aver sottovalutato il nemico, Reno ordinò la ritirata verso un bosco per organizzare la difesa.
 Agli Hunkpapa si erano riuniti i Lakota e i Cheyenne, Reno ordinò ai suoi di attraversare il fiume e ritirarsi sulle colline.
 Fu un tragico errore, i cavalleggeri si trovarono allo scoperto sotto il tiro dei pellerossa, solo un piccolo gruppo di soldati riuscì a raggiungere le colline, trincerandosi pronti ad affrontare l’ultimo attacco. Ma gli indiani si disinteressarono di quel gruppetto di uomini. 
Custer aveva visto solo l’inizio della battaglia, si mosse quindi verso nord per tagliare la strada agli indiani che “certamente stavano fuggendo da quella parte …”. 
 Quando i cavalleggeri raggiunsero la sponda orientale del fiume, Custer scese nella gola intenzionato a guadare il fiume per attaccare gli indiani alle spalle. All’improvviso si trovò davanti non meno di 1500 guerrieri Hunkpapa.
 Custer si rese conto di aver sbagliato i propri conti, anche se era ancora convinto di uscire vincitore dalla battaglia. Decise così di ritirarsi verso le colline e di attendere rinforzi.


I soldati indietreggiarono sviluppando un’impressionate volume di fuoco contro gli indiani che li incalzavano. Le perdite del 7° erano pesanti, ma Custer poteva contare ancora su duecento uomini. 
I pellerossa raggiunsero la cime della collina, proprio mentre i cavalleggeri stavano per arrivare all'agognata sommità. Non ci fu più tempo per pensare o agire, una massa urlante piombò sui soldati travolgendoli.
 Nel giro di venti minuti, forse meno, tutto era finito.
 La più grande battaglia tra uomini bianchi e uomini rossi era finita.

“Quando un esercito dei bianchi combatte gli indiani e vince, questa è stata una grande vittoria, ma se sono i bianchi a essere sconfitti allora è chiamato massacro” capo indiano Chiksika

Triora , il paese delle streghe


Triora, comune in provincia di Imperia posto a 780 metri sul livello del mare, è il paese delle Streghe. Il perché lo si può capire visitando il locale “Museo regionale etnografico e della stregoneria”, nei cui sotterranei, già sede della carceri, accanto a vari oggetti che ripercorrono tutta l’iconografia legata alla stregoneria, sono esposti documenti conservati nell’Archivio di Stato di Genova che raccontano di spietati interrogatori e tremendi supplizi.
 La storia di Triora è, infatti, segnata, dai famosi processi di stregoneria condotti a partire tra il 1587 ed il 1589, dopo che la colpa della durissima carestia che per due anni aveva flagellato i trioresi era stata data ad alcune streghe locali, dimoranti nel quartiere detto della Cabotino.


Iniziati nell’ottobre 1587 dal vicario dell’Inquisitore di Genova, i processi furono proseguiti dal giugno 1588 dal commissario straordinario Giulio Scribani che si applicò con insensato zelo alla sua missione sottoponendo le donne sospette ad atroci torture e condannandone decine a morte. 
I verbali degli interrogatori parlano di donne accusate delle colpe più orrende: l’infanticidio, l’accoppiamento carnale con il diavolo, l’inaridimento delle mammelle delle mucche e l’inacidimento del latte materno.
 Emblema di quella tragica caccia alle streghe fu Franchetta del fu Battista Borelli che negò ostinatamente ogni colpa nonostante fosse stata torturata per due giorni.
 L’inumano Commissario Scribani, vittima di veri e propri raptus di sadismo, venne scomunicato per la sua ferocia ed implacabilità (per essere, successivamente, assolto per questioni meramente politiche e di convenienza).
 Presso la Cabotina, casolare dall’aspetto tetro da sempre creduto dimora delle streghe, durante certe notti nebbiose sembrano ancora risuonare grida gutturali, mentre bagliori improvvisi illuminano la zona, dandole un aspetto sinistro.

E poi ci stupiamo se all'estero siamo derisi?



QUESTO AVVIENE NEGLI ALTRI PAESI





QUESTO AVVIENE IN ITALIA
Andate in questo sito e ne vedrete delle (belle) 

http://www.lincredibileparlamentoitaliano.yolasite.com/


Qualcuno mi dirà:
"Ma non abbiamo colpa noi se andiamo a votare con una legge elettorale (considerata incostituzionale) e che ci costringe a votare quelli che vogliono loro" (liste preparate dai partiti stessi con nomi di loro amici e amici degli amici)

VERISSIMO

Ma controbatto:
In Italia l'informazione di massima è pilotata dai partiti stessi, che pagano i media per informarci, su ciò e come fa loro comodo, quindi sarebbe bene informarsi personalmente, non per sentito dire. Pensare con il nostro cervello, non seguire supinamente ciò che ci viene da TV e giornali e dai vari BLA BLA dei politici nei talk show.
L'informazione è un gran passo verso la libertà, di pensiero e d'azione 
L'ignoranza (non sapere) farà sempre il loro gioco, contano su questo per continuare a fare i loro porci comodi, facendosi beffe di noi e mandando il Paese a gambe per aria.
INFORMATEVI IN RETE 






Kawah Ijen, il vulcano che erutta lava blu

La forza della natura offre all’uomo continui attimi di meraviglia, sorprendendo con splendide immagini che fermano il respiro.
 Se l’Italia è ammaliata dal terrificante e splendido Etna, l’Indonesia risponde con un vulcano davvero particolare.


Il vulcano indonesiano che erutta lava blu è il Kawah Lien, situato nella zona orientale di Java.
 Il cratere del vulcano erutta uno zolfo fuso dai colori mutevoli: se di giorno fuoriesce come rosso, la notte diventa di un blu fosforescente le cui fiamme raggiungono sino a un metro di altezza. Il curioso avvenimento veniva inizialmente giustificato da un’ipotetica presenza di una nebulosa o di un qualsiasi altro corpo celeste che riflettessero la loro luce sulla lava durante le ore serali. Tale teoria è stata poi abbandonata con stupore al seguito di alcune analisi che hanno appurato la strana colorazione dello zolfo vulcanico.


Sui fianchi del Kawah Lien, situato nel complesso di vulcani chiamato Ijen, i minatori hanno costruito alcuni tubi di ceramica nei quali la speciale lava scorre fino a raggiungere un punto di raccolta, l’interno di un cratere, dove viene lasciata raffreddare per poi essere trasferita. 
Lo zolfo viene così estratto dal vulcano per essere sfruttato come bene economico dai minatori che vendono lo zolfo in blocchi e lavorano in tale pericolosa situazione per necessità di sostentamento, sopportando i fumi tossici e la forte temperatura. Oltre alle insidie causate dal vulcano e le condizioni di sicurezza precarie del lavoro, i minatori devono inoltre mantenersi alla larga dal lago insediatosi sul fondo del cratere, la cui composizione prevede una grande presenza di acido solforico che causerebbe la morte istantanea al primo contatto.


Olivier Grunewald e Regis Etienne, due appassionati di vulcani, hanno voluto assistere di persona al fenomeno e documentarlo. Grunewald ed Etienne hanno trascorso circa 30 notti vicino al vulcano per poter filmare e fotografare la straordinaria lava blu, il che ha richiesto l’utilizzo di maschere antigas e di attrezzature che potessero essere utilizzate in condizioni così estreme.