martedì 14 gennaio 2014

Kawah Ijen, il vulcano che erutta lava blu

La forza della natura offre all’uomo continui attimi di meraviglia, sorprendendo con splendide immagini che fermano il respiro.
 Se l’Italia è ammaliata dal terrificante e splendido Etna, l’Indonesia risponde con un vulcano davvero particolare.


Il vulcano indonesiano che erutta lava blu è il Kawah Lien, situato nella zona orientale di Java.
 Il cratere del vulcano erutta uno zolfo fuso dai colori mutevoli: se di giorno fuoriesce come rosso, la notte diventa di un blu fosforescente le cui fiamme raggiungono sino a un metro di altezza. Il curioso avvenimento veniva inizialmente giustificato da un’ipotetica presenza di una nebulosa o di un qualsiasi altro corpo celeste che riflettessero la loro luce sulla lava durante le ore serali. Tale teoria è stata poi abbandonata con stupore al seguito di alcune analisi che hanno appurato la strana colorazione dello zolfo vulcanico.


Sui fianchi del Kawah Lien, situato nel complesso di vulcani chiamato Ijen, i minatori hanno costruito alcuni tubi di ceramica nei quali la speciale lava scorre fino a raggiungere un punto di raccolta, l’interno di un cratere, dove viene lasciata raffreddare per poi essere trasferita. 
Lo zolfo viene così estratto dal vulcano per essere sfruttato come bene economico dai minatori che vendono lo zolfo in blocchi e lavorano in tale pericolosa situazione per necessità di sostentamento, sopportando i fumi tossici e la forte temperatura. Oltre alle insidie causate dal vulcano e le condizioni di sicurezza precarie del lavoro, i minatori devono inoltre mantenersi alla larga dal lago insediatosi sul fondo del cratere, la cui composizione prevede una grande presenza di acido solforico che causerebbe la morte istantanea al primo contatto.


Olivier Grunewald e Regis Etienne, due appassionati di vulcani, hanno voluto assistere di persona al fenomeno e documentarlo. Grunewald ed Etienne hanno trascorso circa 30 notti vicino al vulcano per poter filmare e fotografare la straordinaria lava blu, il che ha richiesto l’utilizzo di maschere antigas e di attrezzature che potessero essere utilizzate in condizioni così estreme.

 

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