sabato 16 novembre 2013
la storia di Pocahontas
Pocahontas (Virginia, c. 1595 – Gravesend, 21 marzo 1617) fu una donna nativa americana che sposò un uomo inglese, John Rolfe, e a Londra, sul finire della sua vita, divenne una celebrità.
Era la figlia di Wahunsunacock (conosciuto anche come Powhatan), che governò su un'area che comprendeva praticamente tutte le tribù vicine alla regione Tidewater della Virginia (chiamata Tenakomakah a quel tempo).
I suoi nomi formali erano Matoaka e Amonute, Pocahontas era un soprannome infantile che faceva riferimento alla sua natura vivace (nella lingua Powhatan significa "piccola svergognata", secondo William Strachey).
Dopo aver ricevuto il battesimo, cambiò nome in Rebecca, ed in seguito al matrimonio, Rebecca Rolfe.
Nell'aprile del 1607, quando i coloni Inglesi arrivarono in Virginia e cominciarono a costruire degli insediamenti, Pocahontas aveva tra i 10 ed i 12 anni, e suo padre era il leader della Confederazione Powhatan.
Uno dei capi dei coloni, John Smith di Jamestown, raccontò di esser stato catturato da un gruppo di cacciatori Powhatan e portato a Werowocomoco, fu decretata la sua morte, ma intervenne Pocahontas che gli si parò davanti: "al momento dell'esecuzione, lei rischiò la sua stessa testa per salvare la mia; persuase così tanto suo padre che fui condotto sano e salvo a Jamestown."
Pocahontas si guadagnò così il rispetto delle altre persone e degli insediamenti inglesi.
La versione dell'episodio di John Smith è la sola fonte, è a partire dal 1860, crebbe lo scetticismo sulla sua veridicità.
Una delle ragioni per dubitare del suo resoconto fu data dalla mancanza di riferimenti all'evento nei due libri sulla Virginia che Smith pubblicò ben prima di descrivere il suo salvataggio nel 1616 (quasi dieci anni dopo), in una lettera in cui supplicava la Regina Anna di trattare Pocahontas con dignità.
Il ritardo con cui rese pubblico l'episodio fa crescere la probabilità che Smith potesse aver volutamente esagerato o inventato l'evento per migliorare l'immagine di Pocahontas; tuttavia J.A.O. Lemay, in un recente libro, mette in risalto il fatto che i primi scritti di Smith fossero principalmente a carattere etnico e geografico e non menzionavano affatto le sue esperienze personali: quindi non ci sarebbe stata nessuna ragione da parte di Smith di far conoscere l'episodio.
Qualunque cosa sia accaduta davvero, quell'incontro diede inizio ad un'amichevole relazione tra la colonia di Smith e gli indiani, e Pocahontas visitò spesso l'insediamento. Durante un periodo di carestia della colonia, Pocahontas ed i suoi servitori portarono così tante provviste che salvarono la vita dei molti che stavano morendo di fame".
Nel 1609, una ferita dovuta ad un'esplosione di polvere da sparo costrinse Smith a rientrare in Inghilterra per curarsi.
Gli Inglesi dissero ai nativi che Smith era morto, catturato da una nave pirata francese che aveva fatto naufragio sulle coste della Bretagna.
Pocahontas lo credette morto fino a parecchi anni dopo, quandò arrivò in Inghilterra come moglie di John Rolfe.
Durante il suo soggiorno a Henricus, Pocahontas incontrò John Rolfe, che si innamorò di lei. Rolfe, vedovo di una donna inglese, aveva coltivato con successo in Virginia una nuova varietà di tabacco e dedicava molto del suo tempo a prendersi cura del raccolto.
Era un uomo religioso, angosciato dalle potenziali ripercussioni morali che potevano derivargli dallo sposare una pagana.
In una lunga lettera al governatore, in cui chiedeva il permesso al matrimonio, espresse l'amore che nutriva per Pocahontas unito alla fiducia di poterle salvare l'anima.
Dichiarò di non essere motivato "dallo sfrenato desiderio carnale, ma dal bene della sua piantagione, dall'onore del suo Paese, dalla Gloria di Dio,
I sentimenti di Pocahontas su Rolfe sono invece sconosciuti. Si sposarono il 5 aprile 1614 e Pocahontas fu battezzata col nome di Lady Rebecca. Per pochi anni dopo il matrimonio, la coppia visse insieme nella piantagione di Rolfe, ebbero un bambino, Thomas Rolfe, nato il 30 gennaio 1615.
Il loro matrimonio non riuscì a far liberare i prigionieri Inglesi, ma creò tra i coloni di Jamestown e la tribù Powathan un clima di pace che durò parecchi anni; nel 1615, Ralph Hamor scrisse come da quel matrimonio fossero nati "rapporti commerciali e scambi amichevoli non solo con i Powathan ma anche con gli altri vicini a noi".
Nel marzo del 1617, Rolfe e Pocahontas si imbarcarono su una nave di ritorno in Virginia.
Tuttavia, la nave non arrivò nemmeno a Gravesend, sul Tamigi, che Pocahontas si ammalò.
La natura della sua malattia è sconosciuta, ma dato che era sempre stata descritta come sensibile all'aria fumosa di Londra, fu ipotizzata una polmonite o una tubercolosi, sebbene si sia pensato anche al vaiolo.
Fu sbarcata e lì morì.
Stando a Rolfe le sue ultime parole furono "tutti dobbiamo morire, a me basta che mio figlio mi sopravviva". Il funerale avvenne il 21 marzo del 1617 nella parrocchia di San Giorgio. Il luogo di sepoltura è sconosciuto, ma in sua memoria fu eretta una statua di bronzo a grandezza naturale nella Chiesa di San Giorgio a Gravesend.
Pink Floyd - Sorrow
Il dolce profumo di un grande dolore rimane sospeso sulla terra
Pennacchi di fumo si innalzano e si fondono nel cielo plumbeo
Un uomo è disteso e sogna di prati verdi e fiumi
Ma si sveglia un mattino senza alcun motivo per svegliarsi
È ossessionato dal ricordo di un paradiso perduto
Nella propria gioventù o in un sogno, non sa dirlo di preciso
E' incatenato per sempre ad un modo svanito
Non è abbastanza, non è abbastanza
Il sangue gli sì è gelato e coagulato per la paura
Le ginocchia hanno tremato e nella notte gli hanno ceduto
La sua mano si è indebolita nel momento della verità
Il suo passo ha vacillato
Un mondo, un'anima
Il tempo passa, il fiume scorre
Ed egli parla al fiume dell'amore perduto e della consacrazione
E mute risposte che mulinano inviti
Corrono fluendo oscure ed agitate verso un mare oleoso
Una sinistra premonizione di ciò che sta per accadere
C'è un vento incessante che soffia in questa notte
E c'è della polvere nei miei occhi, che mi acceca la vista
E un silenzio che parla più forte delle parole
Di promesse infrante.
Bad Blumau, le colorate sinuosità delle terme di Hundertwasser
Forme fantasiose, sinuosità e colori intensi. Le terme Rogner Bad Blumau nella Stiria, in Austria orientale, attraggono numerosi visitatori con la loro originalità, la fusione con la natura e le opere d'arte presenti ad ogni passo.
Il complesso termale è composto da diversi edifici: quelli più a monte sono destinati alle capacità ricettive, mentre quelli a valle ospitano le strutture della SPA.
Gli edifici hanno forme morbide e sinuose, le coperture sono in realtà dei tetti verdi, i terrazzi ospitano dei giardini pensili su di cui crescono addirittura degli alberi, rispecchiando le idee che l'architetto Friedensreich Hundertwasser pubblicò nei suoi manifesti.
Nel 1990 infatti si proclamò medico dell'architettura in cui espresse l'opinione secondo cui l'architettura razionalista ed economica dei nostri tempi è malata e fa ammalare anche i propri inquilini. La soluzione sarebbe rappresentata da un'architettura più organica, che richiami la natura e garantisca un po' di verde ad ogni unità abitativa.
Con i suoi manifesti Hundertwasser fu uno dei precursori della bioarchitettura.
Le piscine e le vasche si sviluppano negli ambienti termali seguendo dei percorsi immaginari che permettono sempre di trovare uno spazio di quiete e di relax.
Di sera a bordo piscina vengono accesi dei fuochi nei bracieri che con le loro fiamme rendono ancora più suggestivo il paesaggio acquatico.
In una zona a parte troveremo il complesso termale con acque vulcaniche dove potremo fare il bagno a 38 gradi.
La sorgente si trova ad una profondità di oltre 2800 m e rifornisce lo stabilimento di acqua che raggiunge una temperatura di oltre 110 gradi e con cui viene oltretutto riscaldato l'intero complesso di Rogner Bad Blumau.
I bordi delle vasche termali di Vulkania sono circondate da ciottoli di fiume con cui possiamo rilassarci provando a costruire delle torrette oppure ascoltare la delicata musica che si diffonde sott'acqua.
Attenzione a questi farmaci
E’ di qualche giorno il comunicato dell’AIFA, Agenzia Italiana del Farmaco, che ha emanato un provvedimento cautelativo con il quale vieta l’utilizzo di nove farmaci prodotti dalla ditta Geymonat per difetti di qualità.
Nello specifico, è possibile che in questi farmaci ci sia un quantitativo di principio attivo inferiore a quello approvato e indicato in etichetta.
Si tratta dei seguenti medicinali:
Alvenex 450 mg (indicazioni: sintomi attribuibili ad insufficienza venosa; stati di fragilità capillare)
Gastrogel 2g/10ml (indicazioni: ulcera gastrica, ulcera duodenale; gastrite acuta, gastriti croniche sintomatiche; gastropatie da FANS, esofagite da reflusso).
Sucrate 2g gel orale (indicazioni: ulcera gastrica, ulcera duodenale; gastrite acuta, gastriti croniche sintomatiche, gastropatie da FANS, esofagite da reflusso)
Intrafer 50 mg/ml e Intrafer 100mg/5ml (indicazioni: terapia degli stati latenti o manifesti da carenza di ferro)
Testo Enant 100 mg e Testo Enant 250 mg/2 ml (indicazioni: castrazione, eunucoidismo, ipogenitalismo, criptorchidismo, turbe della potenza sessuale e oligospermia; metropatie, fibromiomatosi uterina e talune forme di carcinoma mammario della donna, come coadiuvante)
Nabuser 30 (indicazioni: artrite reumatoide, osteoartrosi, spondilite anchilosante, artropatia gottosa, reumatismo extraarticolare; affezioni periarticolari come: borsiti, tendiniti, sinoviti e tenosinoviti, periartrite scapolomerale; processi infiammatori acuti inclusi quelli muscolo-scheletrici, lesioni da sport)
Citogel 2g/10ml (indicazioni: ulcera gastrica, ulcera duodenale; gastrite acuta, gastriti croniche sintomatiche; gastropatie da FANS; esofagite da reflusso)
Ecomì 1%, Ecomì 150 mg e Ecomì 100 mg (indicazioni: infezioni dermatologiche di origine micotica e batterica; infezioni vulvovaginali di origine micotica e batterica)
Venosmine 4% e Venosmine 450 mg (indicazioni: coadiuvante nel trattamento delle varici e delle complicazioni flebitiche, delle emorroidi interne ed esterne e, in genere, negli stati di fragilità capillare e nelle loro manifestazioni).
L’AIFA invita tutti coloro che dovessero avere in casa confezioni di questi farmaci a non utilizzarle, in attesa del completamento delle indagini e dell’acquisizione dell’esito degli approfondimenti tecnici eseguiti dall’Istituto Superiore di Sanità, che potrebbero portare alla revoca del provvedimento AIFA qualora dovesse essere accertata la totale assenza di difetti di qualità.
Nelle farmacie e presso i grossisti i medicinali sono al momento bloccati.
La Geymonat è la stessa ditta produttrice delle supposte per neonati Ozopulmin sequestrate nel giugno scorso.
fonte http://www.vitadamamma.com
Una tomba egizia di 4500 anni fa scoperta nella necropoli di Abusir
Abusir è una vasta necropoli posizionata a diversi chilometri a nord di Saqqara e considerata come uno dei principali cimiteri dove è possibile trovare le sepolture dell’èlite dell’antica capitale di Memphis.
La necropoli di Abusir è parte del vasto complesso piramidale di Saqqara ed è stato utilizzato dai faraoni come sito alternativo per la costruzione dei loro monumenti funerari.
La tomba scoperta dagli archeologi egiziani vanta dimensioni considerevoli, con un’altezza pari a 4 metri e un’area di 21 x 14 metri. Si tratta di un mausoleo davvero enorme per la sepoltura di un medico. Una grande porta all’interno della cappella riporta il nome e i titoli del proprietario: Sacerdote di Khnum e Ministro della Magia, oltre ad altri riportati sulla parte orientale della tomba, mostrano che il defunto è stato un importante medico della corte faraonica.
La tomba si presenta praticamente intatta, nonostante i danneggiamenti subiti dai saccheggiatori nel corso delle proteste popolari del 2011. “Questa scoperta è molto importante perché si tratta della tomba di uno dei più grandi medici del tempo dei costruttori delle piramidi, un uomo strettamente legato al re”, ha spiegato Ibrahim Ali, ministro per le Antichità del Governo Egiziano.
I medici egiziani utilizzavano numerose tecniche per curare i loro pazienti, molte delle quali basate su credenze religiose e magiche. La maggior parte dei medici, infatti, apparteneva alla casta sacerdotale. Essi ritenevano che forze sovrannaturali potevano influenzare diverse parti del corpo umano, causandone malattia e guarigione.
Tuttavia, in alcuni papiri antichi si apprende che i medici egiziani erano in possesso di tecniche chirurgiche che permetteva loro di rimuovere cisti e tumori. Alcune dei 600 farmaci e delle 800 procedure sviluppate dei medici antichi (come ad esempio l’applicazione di una pressione diretta sui tagli della pelle) sono in uso ancora oggi.
Fonte : ilnavigatorecurioso.it/
Il drago di Komodo
Il drago di Komodo (Varanus komodoensis Ouwens),è una grossa specie di lucertola diffusa nelle isole indonesiane di Komodo, Rinca, Flores, Gili Motang e Gili Dasami.
Appartenente alla famiglia dei Varanidi, è la più grossa specie di lucertola vivente, potendo raggiungere in rari casi 3 m di lunghezza e 70 kg circa di peso.
Le sue dimensioni inconsuete sono state attribuite al gigantismo insulare, dal momento che nelle isole in cui vive non vi è nessun altro carnivoro a occupare la sua nicchia.
Tuttavia, ricerche recenti più accurate suggeriscono che il drago di Komodo sia l'ultimo rappresentante di una popolazione di Varanidi molto grandi che un tempo erano diffusi tra l'Indonesia e l'Australia, la maggior parte dei quali, insieme ad altri rappresentanti della megafauna, si estinse al termine del Pleistocene.
Fossili molto simili al V. komodoensis, risalenti a più di 3,8 milioni di anni fa, sono stati rinvenuti in Australia; invece su Flores, una delle poche isole indonesiane in cui sopravvive tuttora, le dimensioni del varano di Komodo sono rimaste invariate negli ultimi 900.000 anni, «un periodo segnato da importanti turnover faunistici, dall'estinzione della megafauna dell'isola e dall'arrivo dei primi ominidi 880.000 anni fa».
Cattura le sue prede, invertebrati, uccelli e mammiferi, sia inseguendole che tendendo loro imboscate.
Le sue tattiche di caccia di gruppo costituiscono un'eccezione nel mondo dei rettili.
La dieta degli esemplari più grandi è costituita essenzialmente da cervi, sebbene consumino anche considerevoli quantità di carogne. L'accoppiamento avviene tra maggio e agosto e le uova vengono deposte in settembre.
Quest'ultime, circa una ventina, vengono deposte in nidi abbandonati di megapodio, uccelli che costruiscono grossi nidi con mucchi di vegetazione marcescente, o in cavità scavate appositamente.
Rimangono in incubazione per sette od otto mesi e si schiudono in aprile, quando gli insetti sono più numerosi (nutrimento dei piccoli varani).
I giovani draghi di Komodo sono molto vulnerabili e per questo motivo trascorrono gran parte del tempo sugli alberi, fino a circa l'età di tre anni, al sicuro dai predatori e dagli adulti cannibali. Divengono maturi all'età di otto o nove anni e si stima che possano vivere fino a 30 anni.
Gli scienziati occidentali avvistarono per la prima volta il drago di Komodo nel 1910.
In natura il suo areale si è però ridotto a causa delle attività umane e per questo motivo viene inserito dalla IUCN tra le specie vulnerabili.
Gode però della completa protezione da parte della legge indonesiana e per garantirne la sopravvivenza è stato istituito un apposito parco nazionale, il Parco Nazionale di Komodo.
Storia evolutiva
La storia evolutiva del drago di Komodo ebbe inizio con la comparsa del genere Varanus, avvenuta circa 40 milioni di anni fa in Asia; da lì alcune specie si sono successivamente spostate fino a raggiungere l'Australia.
Circa 15 milioni di anni fa, una collisione tra Australia e Sud-est asiatico permise ai Varanidi di raggiungere quello che oggi è l'arcipelago indonesiano, estendendo il loro areale verso est, fino all'isola di Timor.
Si ritiene che il drago di Komodo si sia differenziato dai suoi antenati australiani 4 milioni di anni fa.
Tuttavia, recenti resti fossili ritrovati in Queensland suggeriscono che si sia evoluto in Australia, prima di diffondersi in Indonesia.
Il drammatico abbassamento del livello dei mari durante l'ultimo periodo glaciale mise allo scoperto estese aree di piattaforma continentale che il drago di Komodo colonizzò, rimanendo isolato nel suo attuale areale insulare non appena il livello dei mari salì di nuovo.
Descrizione
Il drago di Komodo ha una coda lunga quanto il corpo e circa 60 denti serrati tra loro, rimpiazzati frequentemente, che possono misurare fino a 2,5 cm di lunghezza.
La sua saliva è spesso sporca di sangue, poiché i suoi denti sono quasi completamente ricoperti da tessuto gengivale che si lacera da sé quando l'animale mangia.
Ciò crea un ideale terreno di coltura per i batteri patogeni che vivono nella sua bocca.
Ha inoltre una lunga lingua gialla profondamente biforcuta.
Sensi
Malgrado le aperture auricolari ben visibili, il drago di Komodo non è dotato di buon udito ed è in grado di udire solamente suoni compresi tra i 400 e i 2000 hertz.
Il suo sguardo può spingersi fino a 300 m di distanza, ma, poiché le sue retine contengono solamente coni, si ritiene che abbia una visione notturna molto scarsa.
È in grado di vedere i colori, ma visualizza molto male gli oggetti immobili.
Come molti altri rettili, il drago di Komodo usa la lingua per localizzare, assaporare e annusare gli stimoli esterni con il senso vomeronasale dell'organo di Jacobson.
Con l'aiuto del vento favorevole e la sua abitudine di spostare, mentre cammina, la testa da un lato all'altro, il drago di Komodo è in grado di individuare una carogna a 4-9,5 km di distanza.
Le narici non sono di grande aiuto all'olfatto, dal momento che l'animale non è dotato di diaframma.
Ha solamente poche papille gustative, situate sul retro della gola.
Le sue squame, alcune delle quali rinforzate con tessuto osseo, hanno placche sensorie collegate a nervi che facilitano il senso del tatto.
Quelle attorno a orecchie, labbra, mento e piante dei piedi possono avere tre o più placche sensorie
In passato si riteneva che il drago di Komodo fosse sordo, poiché nel corso di uno studio effettuato in natura gli esemplari osservati non davano alcun segno di risposta a fischi, voci alte o grida. Questa ipotesi venne messa in discussione quando Joan Proctor, una dipendente del Giardino Zoologico di Londra, insegnò ad un esemplare in cattività di uscire allo scoperto al suono della sua voce, perfino quando non poteva essere vista.