mercoledì 3 aprile 2013
Uummannaq , Groenlandia
Uummannaq è un centro della Groenlandia di circa 1500 abitanti, nel comune di Qaasuitsup; si trova a 500 km a nord del Circolo Polare Artico, ma nonostante questo il clima è secco e soleggiato.
Nel XVII secolo era un porto per la caccia alle balene e si potevano incontrare baleniere, soprattutto olandesi; in primavera, con l'arrivo della prima nave della stagione, per tradizione l'intera cittadinanza si riunisce sulla collina ad ovest del villaggio e vengono sparate tre salve di cannone come benvenuto.
Nel museo della città si possono trovare informazioni generali sulla storia e la cultura della Groenlandia e sulla caccia alle balene; vi sono anche una sala dedicata alla spedizione del tedesco Alfred Wegener e una sezione sulle mummie di Qilaqitsoq, ritrovate nel 1972 perfettamente conservate. A due ore dal paese si trova il vero castello di Babbo Natale e più in là il posto chiamato grotta dei troll; un'altra attrazione è la montagna presso la cittadina: essa ha il basamento di gneiss che sale verso l'alto con spire nere, bianche e rosse che cambiano continuamente colore.
Nel XVII secolo era un porto per la caccia alle balene e si potevano incontrare baleniere, soprattutto olandesi; in primavera, con l'arrivo della prima nave della stagione, per tradizione l'intera cittadinanza si riunisce sulla collina ad ovest del villaggio e vengono sparate tre salve di cannone come benvenuto.
Nel museo della città si possono trovare informazioni generali sulla storia e la cultura della Groenlandia e sulla caccia alle balene; vi sono anche una sala dedicata alla spedizione del tedesco Alfred Wegener e una sezione sulle mummie di Qilaqitsoq, ritrovate nel 1972 perfettamente conservate. A due ore dal paese si trova il vero castello di Babbo Natale e più in là il posto chiamato grotta dei troll; un'altra attrazione è la montagna presso la cittadina: essa ha il basamento di gneiss che sale verso l'alto con spire nere, bianche e rosse che cambiano continuamente colore.
Uummannaq è raggiunta da elicotteri quattro o cinque volte la settimana e da almeno un traghetto ogni sette giorni.
Uummannaq fu a capo di un comune, il comune di Uummannaq. Questo comune, istituito il 18 novembre 1950, cessò poi di esistere il 1º gennaio 2009 dopo la riforma atta a cambiare il sistema di suddivisioni amministrative della Groenlandia; il comune di Uummannaq si fuse insieme ad altri 7 comuni a formare l'attuale comune di Qaasuitsup.
Credimi: vorrei essere più forte
Vorrei riuscire a non crollare ogni volta che qualcuno mi colpisce, ma sai, sono un bersaglio facile io. Lo sono perchè di fronte alle persone ogni mia corazza crolla. Hai presente? Quella che ci metti anni a costruire, ma si abbatte al primo sorriso, al primo sguardo, alla prima parola. Mi rendo vulnerabile e la gente non ci pensa due volte a colpirmi.
Mi chiedo quando riuscirò a costruire mura che non siano di paglia, pronte a soffiar via al primo vento di illusioni. Ma mi accorgo di avere paura. E se costruite queste mura, mi ritrovassi prigioniera in una torre, senza trovarne via d'uscita? Oh no, non riuscirei ad immaginarmi chiusa là dentro. Al riparo dalle armi che ogni persona potrebbe puntarmi contro, certo, ma così distante da ogni cosa che sarebbe in grado di farmi sentire viva. E io non voglio rinunciare a quelle piccole cose che fanno battere il mio cuore. Tu chiamami pazza, folle; ma preferisco crollare sotto il peso delle emozioni, piuttosto che congelare imprigionata in muri di indifferenza.
GLI ANIMALI CI INSEGNANO IL VALORE DELLA VITA E DELL'AMORE
L'AMORE è l'energia più forte e potente che possa esistere, e gli Animali questo lo sanno benissimo, infatti loro amano incondizionatamente !
Se gli esseri umani imparassero dagli Animali ad amare incondizionatamente allora forse capirebbero cos'è veramente la vita: la vita non è denaro, non è politica, non ha armi, non ha droghe, non è una legge, non è un interesse... è LIBERTA' di ESSERE QUEL CHE SI E', amando e rispettando ogni forma di vita, esenti da ogni forma di pregiudizio e razzialità.
Esseri umani SPEGNETE LE TV... ed ACCENDETE IL CERVELLO ed IL CUORE... ed IMPARATE AD AMARE ed a RISPETTARE LA VITA e TUTTI i suoi ESSERI, a partire dagli ANIMALI, i MAESTRI per eccellenza !
Per tornare a sorridere
Tu non hai bisogno di fingere che sei forte, non devi sempre dimostrare che tutto sta andando bene, non puoi preoccuparti di ciò che pensano gli altri, se ne avverti la necessità piangi perché è bene che tu pianga fino all’ultima lacrima, poiché soltanto allora potrai tornare a sorridere.
Paulo Coelho
Un pettine... runico
Un team di archeologi, eseguendo scavi in un sito risalente all’Età del Ferro a Frienstedt, vicino a Erfurt (Germania centrale), hanno scoperto un pettine su cui erano incise alcune rune. Il pettine è lungo 5 pollici (circa 13 cm) e risale al III secolo d.C., datazione che rende queste rune la più antica testimonianza di scrittura germanica mai trovata in Germania Centrale; inoltre, mai erano state scoperte delle rune così a Sud.
Ricavato dal corno di un cervo, il pettine fu ritrovato in frantumi dentro a una fossa sacrificale, durante uno scavo eseguito tra il 2000 e il 2003. I pezzi furono quindi conservati per successive analisi. Gli scienziati hanno ripulito i frammenti per poi rimetterli accuratamente insieme e scoprire la scritta runica ‘Kaba’, pronunciato ‘kamba’, equivalente dell’attuale parola tedesca per pettine, ‘Kamm’.
Apparentemente si tratta di una scoperta linguistica importante, perché è un esempio di parola maschile terminante con la lettera ‘a’ risalente al primo periodo della storia della lingua germanica. È quindi una nuova scoperta nell’evoluzione dal proto-germanico (parlato nel I secolo a.C.) alla famiglia linguistica germanica occidentale, da cui nacquero le odierne lingue tedesca, olandese e, in parte, inglese.
Gli archeologi hanno scavato circa la metà del sito di Frienstedt. Il sito fu occupato dal I al V secolo d.C. La datazione al radiocarbonio delle ceramiche rinvenute nella fossa sacrificale insieme ai frammenti di pettine, lo datano proprio nel mezzo del periodo di occupazione del sito: il III secolo d.C.
I resti trovati includono tombe ad inumazione, testimonianza di un centro di culto, e manufatti romani in bronzo a ben 125 miglia (200 chilometri) dal confine. Sembra probabile che gli oggetti di bronzo provenissero dalla parte settentrionale del territorio romano e poi siano stati riciclati dai fabbri germanici. Presso il sito è stata trovata anche una spilla proveniente da Gotland, a testimonianza del fatto che i locali avevano instaurato rapporti commerciali che a nord arrivavano fino alla Scandinavia.
Quando tutti i giorni diventano uguali
Quando tutti i giorni diventano uguali è perché non ci si accorge più delle cose belle che accadono nella vita ogni qualvolta il sole attraversa il cielo.
Paulo Coelho
La quantistica e lo spirito
Hans-Peter Dürr Emil (* 7 ottobre 1929 a Stoccarda ) è un fisico tedesco.
Fino all'autunno del 1997, è stato Direttore al Max Planck Institut per la fisica (Werner Heisenberg Institute) a Monaco di Baviera. Era il suo più stretto collaboratore per quanto riguarda progetto di Heisenberg di un tentativo Eruierung di una teoria di campo unificata delle particelle elementari.
Nel 1969 ha ricevuto la sua abilitazione presso la Università di Monaco di Baviera, in fisica nucleare, fisica delle particelle elementari e la gravità .
Professore presso l'Università di Monaco di Baviera, 1978, successore di Werner Heisenberg come amministratore delegato dell'Istituto Max Planck per la Fisica e Astrofisica del Werner Heisenberg Istituto di Fisica.
Un incarico che ha mantenuto fino al 1980 e di nuovo dal 1987 al 1992 In seguito si è dedicato sempre più a problemi che circondano i suoi effettivi interessi aree tematiche principali,
Dürr fonda il 27 Gennaio 1987, Starnberg , l'iniziativa Global Network Sfide , un'organizzazione che costruisce una rete di progetti e gruppi d'insieme che in modo costruttivo lavorano per affrontare i problemi che ci minacciano, e quindi il nostro ambiente naturale.
Nel 1995, riceve il Nobel per la Pace
L’arte di congelare
Un’ottima soluzione per prolungare i tempi di conservazione dei cibi è il congelamento, metodo capace di impedire la proliferazione dei batteri. È importante però seguire alcuni piccoli accorgimenti che ci permetteranno di conservare nel giusto modo i cibi, preservando sia i valori nutrizionali che l’aroma.
La differenza tra surgelamento e congelamento Il più delle volte i due termini vengono confusi, a questo punto è necessario fare un po’ di chiarezza.
Per surgelamento si intende quel rapido processo di abbattimento delle temperature al di sotto dei -18°C.
Questa tecnica può essere effettuata solo a livello industriale e richiede l’utilizzo di specifici macchinari.
Il vantaggio della surgelazione è la formazione nell’alimento di cristalli di ghiaccio di piccole dimensioni e quindi non capaci di alterare la struttura cellulare dell’alimento.
Il congelamento è una metodo di conservazione che richiede temperature comprese tra i -6°C e i -20°C, ovvero le temperature dei nostri freezer.
Purtroppo questa tecnica, visto che non avviene in tempi molto rapidi, determina la formazione di cristalli di ghiaccio grossi che inevitabilmente causeranno la rottura delle cellule. Ciò spiega il perché, dopo lo scongelamento, i cibi perdono la loro consistenza. Ma nonostante ciò, congelare i cibi in modo corretto, può essere di grande aiuto in cucina.
Cibi no
In genere tutti i cibi possono essere congelati, ma in alcuni casi è preferibile evitare:
-le patate: è sconsigliato il loro congelamento perché dopo averle scongelate, risultano insapori e ruvide al palato;
-la mozzarella: dopo averle scongelate, avranno un aspetto decisamente molliccio, sono adatte solo per cucinare e non come alimento principale del pasto;
-le verdure a foglia larga crude: come ad esempio la lattuga o il radicchio, si adattano ben poco a questa tecnica di conservazione proprio per la loro ricchezza in acqua: dopo lo scongelamento risulteranno particolarmente molli e le foglie tenderanno a frammentarsi a causa della perdita del loro contenuto in acqua;
-la frutta fresca: non è consigliabile sottoporla a questo trattamento sempre per l’alto contenuto in acqua;
-i cibi in scatola;
-le uova.
Cibi sì
Svariati invece sono gli alimenti che possono essere facilmente congelati:
-pane: è preferibile tagliarlo a fette e riporlo negli appositi sacchetti di plastica in modo tale successivamente di scongelare solo le porzioni necessarie;
-pizza, schiacciate e focacce: è preferibile congelarle avvolgendoli nella carta da forno;
-pasta fresca fatta in casa: prima di riporla nel freezer è opportuno stendere la pasta formando dei rettangoli ed intervallarli con della carta da forno. Se invece la pasta è di taglio lungo, potete invece usare le vaschette in carta;
-panettone, pandoro e colomba: tagliati a fette saranno delle ottime soluzioni per merende improvvisate o come base per le vostre torte; -legumi, aglio, erbe aromatiche, cipolla: usate gli appositi sacchetti in plastica e usateli per la preparazione dei vostri piatti senza aspettare che si scongelino;
-brodo fatto in casa: vasetti di vetro o vaschette per il ghiaccio possono essere utili per avere delle pratiche porzioni da utilizzare;
-broccoli, cavoli, spinaci, biete: prima di riporli nel freezer è opportuno sottoporli ad una breve cottura.
L'astronauta di Palenque
Su una pietra tombale maya ritrovata nel Tempio delle Iscrizioni di Palenque, nello stato messicano del Chiapas,
è ritratta una figura umana in una posa che ricorda quella di un viaggiatore spaziale intento a pilotare un veicolo a razzo.
L'uomo sembra impugnare i comandi di guida, e nella parte posteriore del veicolo compare una struttura (un motore) da cui fuoriescono quelle che appaiono essere fiamme.
Altri dettagli suggeriscono la presenza di un sedile, di un apparato di respirazione e di una struttura esterna affusolata che ben si concilia con l'aspetto di un veicolo a razzo.
Negli anni ’50 una spedizione condotta dall’archeologo Alberto Ruz Lhuillier scoprì, quasi per caso.
Un gruppo di rovine abbandonate da secoli e che la vegetazione, nonché pietre e detriti, avevano coperto quasi completamente.
La spedizione condotta di Ruz si occupò per mesi di questa importante scoperta, ma alla fine i risultali furono veramente sorprendenti.
Intanto all’interno della piramide venne rinvenuto un sarcofago di pietra rossa ricoperto da un’imponente lastra, sempre di pietra, che fu possibile alzare solo dopo il ricorso a tecniche modernissime. Dentro il sarcofago fu rinvenuto lo scheletro di un uomo alto 1 metro e 73 centimetri con il volto coperto da una maschera di giada. Di chi fossero questi resti è tuttora un mistero: certamente si trattava di un gigante se pensiamo che l’altezza media dei maya era sull’ordine del metro e 50 centimetri.
Di sicuro si trattava di un personaggio di tutto rispetto se a tutt’oggi questa rimane l’unica sepoltura rinvenuta in una piramide americana, e in America del Sud le piramidi finora scoperte sono molte.
La cosa che però fece più impressione, non appena la si poté osservare con calma, resta senz’altro la grossa lastra di pietra che copriva il sarcofago.
Per interpretarla furono usate le più varie e cervellotiche ipotesi, ma nessuna che fosse soddisfacente.
L’unica che, una volta osservata un’immagine della pietra, fosse plausibile è senz’altro quella che sembra anche la più incredibile, l’ipotesi della capsula spaziale…!
Infatti il personaggio raffigurato porta un casco e guarda in direzione della prora.
Le sue mani sembrano manovrare delle leve, la testa pare appoggiata su un supporto e nel naso penetra un inalatore.
Inoltre, per finire, dalla parte posteriore della “navicella” fuoriescono delle fiamme.
Ovviamente tutto questo appare incredibile poiché si tratta di un reperto archeologico risalente a più di 1000 anni fa, ma basta osservare la pietra tombale per rendersi conto che la spiegazione più incredibile e anche la più soddisfacente.
Certamente pensare ad antichi mava scorrazzanti su razzi spaziali non è facile da dirigere, ma tuttavia la piramide e la lastra di pietra di Palenque sono ancora là a ricordarci che molte volte la realtà è più incredibile della più incredibile fantasia.
è ritratta una figura umana in una posa che ricorda quella di un viaggiatore spaziale intento a pilotare un veicolo a razzo.
L'uomo sembra impugnare i comandi di guida, e nella parte posteriore del veicolo compare una struttura (un motore) da cui fuoriescono quelle che appaiono essere fiamme.
Altri dettagli suggeriscono la presenza di un sedile, di un apparato di respirazione e di una struttura esterna affusolata che ben si concilia con l'aspetto di un veicolo a razzo.
Negli anni ’50 una spedizione condotta dall’archeologo Alberto Ruz Lhuillier scoprì, quasi per caso.
Un gruppo di rovine abbandonate da secoli e che la vegetazione, nonché pietre e detriti, avevano coperto quasi completamente.
La spedizione condotta di Ruz si occupò per mesi di questa importante scoperta, ma alla fine i risultali furono veramente sorprendenti.
Intanto all’interno della piramide venne rinvenuto un sarcofago di pietra rossa ricoperto da un’imponente lastra, sempre di pietra, che fu possibile alzare solo dopo il ricorso a tecniche modernissime. Dentro il sarcofago fu rinvenuto lo scheletro di un uomo alto 1 metro e 73 centimetri con il volto coperto da una maschera di giada. Di chi fossero questi resti è tuttora un mistero: certamente si trattava di un gigante se pensiamo che l’altezza media dei maya era sull’ordine del metro e 50 centimetri.
Di sicuro si trattava di un personaggio di tutto rispetto se a tutt’oggi questa rimane l’unica sepoltura rinvenuta in una piramide americana, e in America del Sud le piramidi finora scoperte sono molte.
La cosa che però fece più impressione, non appena la si poté osservare con calma, resta senz’altro la grossa lastra di pietra che copriva il sarcofago.
Per interpretarla furono usate le più varie e cervellotiche ipotesi, ma nessuna che fosse soddisfacente.
L’unica che, una volta osservata un’immagine della pietra, fosse plausibile è senz’altro quella che sembra anche la più incredibile, l’ipotesi della capsula spaziale…!
Infatti il personaggio raffigurato porta un casco e guarda in direzione della prora.
Le sue mani sembrano manovrare delle leve, la testa pare appoggiata su un supporto e nel naso penetra un inalatore.
Inoltre, per finire, dalla parte posteriore della “navicella” fuoriescono delle fiamme.
Ovviamente tutto questo appare incredibile poiché si tratta di un reperto archeologico risalente a più di 1000 anni fa, ma basta osservare la pietra tombale per rendersi conto che la spiegazione più incredibile e anche la più soddisfacente.
Certamente pensare ad antichi mava scorrazzanti su razzi spaziali non è facile da dirigere, ma tuttavia la piramide e la lastra di pietra di Palenque sono ancora là a ricordarci che molte volte la realtà è più incredibile della più incredibile fantasia.
I calamari possono volare ?
So che la domanda potrà sembrare assurda, ma in effetti non lo è.
I calamari si spostano grazie a potenti getti d'acqua che spingono l'animale in direzione opposta al fiotto, consentendo sprint degni di un centometrista.
Ma può lo stesso getto d'acqua permettere ai calamari di effettuare balzi fuori dall'acqua?
L'esperienza della biologa marina Silvia Maciá sembra confermare il fatto che alcune specie di calamaro possano proiettarsi fuori dalla superficie: nel 2001, osservò un animale marino uscire dall'acqua per qualche secondo, sollevandosi dal livello del mare di almeno un metro.
Nei primi istanti, pensò si trattasse di un pesce volante, ma si rese conto quasi immediatamente che aveva appena osservato il volo di un calamaro. Il calamaro, identificato come appartenente alla specie Sepioteuthis sepioidea, era lungo circa 20 centimetri, e dotato di piccole pinne ondulate, che generalmente servono per controllare i movimenti in acqua.
Ma questo calamaro è stato osservato da Maciá mentre eseguiva balzi fuori dall'acqua per oltre 10 metri di lunghezza e due in altezza. Durante il volo, inoltre, il calamaro distendeva pinne e tentacoli, come se stesse cercando di controllare la traiettoria di volo.
"Aveva le pinne estese il più possibile, era come se stesse volando" spiega Maciá. "Non è semplicemente balzato fuori dall'acqua per caso; stava mantenendo la posizione di volo, in un certo modo. Faceva qualcosa di attivo". Da quel momento, Maciá ha iniziato a scambiare dati con altri biologi marini, cercando di ottenere ulteriori informazioni su questo bizzarro comportamento dei calamari.
Si scoprì che almeno sei specie di calamari sono in grado di spingersi fuori dall'acqua. Alcuni lo fanno in solitario, altri in gruppi, a volte con una forza tale da eguagliare la velocità di una barca e raggiungere i ponti dei pescherecci. Ma fino ad allora, niente foto o filmati che testimoniassero questo comportamento dei calamari.
Tutto cambia di recente, quando il fotografo Bob Hulse, in crociera nei pressi del Brasile, ha catturato con la sua macchina fotografica un calamaro in volo (foto sopra). Ha poi inviato le immagini alla University of Hawaii, che le ha poi girate al Census of Marine Life per ulteriori analisi sull'aerodinamica dei calamari. "Hulse stava scattando immagini a ripetizione con la sua macchina fotografica, per cui so esattamente l'intervallo tra i fotogrammi e posso calcolare la velocità del calamaro in volo" spiega Ron O'Dor, del Census of Marine Life.
"Pensiamo che ci siano dozzine di specie in grado di farlo. I calamari di solito planano in acqua, per cui la stessa fisiologia consentirebbe loro di manovrare e planare in aria. Quando si osservano alcune delle immagini, sembra che stiano più o meno usando le pinne come ali, e che arriccino i loro tentacoli in una forma simile alla superficie di un'ala".
"Dalle nostre osservazioni, sembra che il calamaro attui comportamenti che prolungano il volo" spiega Maciá. "Uno dei co-autori li ha visti sbattere le pinne. Alcune persone li hanno visti schizzare acqua durante il volo. Crediamo che il termine 'volo' sia più appropriato [di 'planata'] perché implica qualcosa di attivo".
Perché i calamari si proiettano fuori dalla superficie? Probabilmente per un meccanismo di difesa dai predatori. A quasi 400 chilometri dalla costa di Sydney furono avvistati centinaia di calamari appartenenti alla specie Nototodarus gouldi in fuga da un banco di tonni. I calamari hanno ripetutamente eseguito balzi fuori dall'acqua, raggiungendo un'altezza di tre metri e volando per una distanza di 8-10 metri.
Una recente ricerca di Jun Yamamoto, ricercatore della Hokkaido University, ha stabilito invece che i calamari volanti rossi (Ommastrephes bartramii) possono raggiungere una velocità di ben 11,2 metri al secondo durante il volo.
Non appena la barca dell'università si è avvicinata ad un banco di composto da circa 100 calamari in viaggio a 600 km di distanza da Tokyo, i molluschi hanno iniziato a lanciarsi fuori dall'acqua. "Abbiamo scoperto che questi calamari non solo saltano fuori dall'acqua, ma hanno anche una postura di volo altamente sviluppata". I calamari sono rimasti in volo per almeno tre secondi, coprendo distanze di oltre 30 metri.
I calamari possono volare, quindi? Pare di si. Se volessimo essere pignoli, si dovrebbe dire che, in realtà, si proiettano fuori dalla superficie e tentano di controllare la traiettoria di volo attraverso pinne e tentacoli.
Fonte :.ditadifulmine.net
IL COLORE
Sono meravigliosi i rapporti dei colori l’uno con l’altro! In questo modo non si presentano al bambino simboli astratti o allegorie, ma si fa tutto con arte.
Allora sì che il bambino, sull’onda dell’esperienza artistica, si metterà di buona lena a formare immagini sulla carta, si divertirà a far saltar fuori le lettere a partire dalle figure, proprio come hanno fatto gli uomini nel corso dei millenni partendo da una scrittura in immagini.
Rudolf Steiner, Arte dell’Educare Arte del Vivere
LA PITTURA
A due anni un bambino in laboratorio sperimenta i colori, si sporca le mani, sente la consistenza del colore tra le dita. Usa i fogli che ha a disposizione per vedere il colore che si deposita sul foglio. Verso i tre anni invece, usa il foglio per disegnare, dà un nome a quello che disegna, anche se sono ancora forme confuse, in testa c’è l’idea di creare e quando il bambino è soddisfatto e termina il lavoro descrive ciò che ha disegnato. Inizia a disegnare in forme circolari grossolane le persone che conosce, principalmente la mamma e il papà. Crescendo i bambini modificano il modo di approcciarsi alle attività. Se le prime volte che entrano in laboratorio i bambini sono curiosi di scoprire i materiali, di vedere cosa succede con i pastelli se spingono forte sul foglio, non mettono molto impegno nel creare, ora sono più interessati a vedere cosa disegnano. I bambini intorno ai tre anni, fanno capire di essere presenti nel mondo e lo fanno anche disegnando.
L’attività in laboratorio, parlando della pittura, viene proposta come sempre, mettendo grandi fogli alle pareti e sul tavolo per dare al bambino molto spazio per disegnare. Durante l’attività il bambino è libero di sperimentare, disegnando sui fogli con il pennello o con le mani, ma sicuramente l’educatrice noterà la differenza con le prime visite in laboratorio, quando l’attenzione del bambino è tutta per i colori e per la consistenza della tempera. Ora il bambino prova a disegnare, lascia la traccia sul foglio e in alcuni casi si arrabbia se altri disegnano sul suo disegno.Prima invece anche se più bambini coloravano lo stesso foglio tutti erano rapiti da quello che succedeva sulla carta mischiando i colori.
Quando succede questo l’educatrice ha un ulteriore spunto per modificare l’attività. Al prossimo passaggio in laboratorio per la pittura, prima di iniziare chiederà ad ogni bambino dove vuole mettere il foglio, se sul tavolo o sulla parete, in modo che ogni bambino abbia il suo “esclusivo” spazio per disegnare.
La parola
Le armi più tremende non sono la lancia o la catapulta – che possono squarciare il corpo e distruggere le mura-
E’ la parola – che demolisce una vita senza versare nemmeno una goccia di sangue e le cui ferite non si cicatrizzano mai-.
PAULO COELHO
Il Facebook di seimila anni fa
Una versione di Facebook risalente all’Età del Bronzo è emersa da rocce di granito in Russia e nel nord della Svezia, rivelando una ‘timeline’ antica di migliaia di anni, riempita con una versione arcaica del ‘Mi piace’.
Utilizzando modelli computerizzati, Mark Sapwell, studente dottorando in archeologia all’Università di Cambridge, ha analizzato circa 3500 immagini di arte rupestre presenti a Nämforsen, nel nord della Svezia, e Zalavruga, nella Russia occidentale. ”Sebbene questa arte rupestre sia stata documentata dai primi del ’900, la modellazione ha permesso di guardare in modo unico all’interessante maniera in cui queste immagini sono state organizzate e si sono accumulate nel corso del tempo”, ha spiegato Sapwell a Discovery News.
Questi esempi di arte rupestre, creati circa dal 4000 a.C. fino all’Età del Bronzo, raffigurano animali, persone, barche, scene di caccia, e persino centauri e sirene.
I graffiti furono prodotti da generazioni di popolazioni semi nomadi, che durante l’inverno vivevano più nell’entroterra per cacciare gli alci, e poi occupavano aree più vicine a coste e fiumi, per poter pescare. Dato che si trovavano in luoghi importanti, come ad esempio i crocevia dei fiumi, queste rocce erano probabilmente ben visibili, e i viaggiatori di passaggio potevano facilmente vedere le tracce lasciate da chi era transitato là prima di loro, e lasciare a loro volta il proprio segno.
“L’arte rupestre che vediamo oggi è il risultato finale di una serie di operazioni di intaglio che si sono succedute nel tempo, ciascuna delle quali risponde ad un’altra.
Come uno status su Facebook invita a scrivere commenti, così l’arte rupestre appare molto ‘sociale’ invitando a eseguirvi aggiunte”, ha detto Sapwell. Raggruppate solitamente sulle rocce di granito, le raffigurazioni variavano da gruppi di uno o due elementi fino a pannelli con oltre 500 immagini. I gruppi maggiori corrispondevano alle ‘conversazioni’ di portata più ampia.
“Le aggiunte a queste opere erano repliche, timbri di approvazione – un primitivo ‘Mi piace’”, ha continuato Sapwell. Le immagini presenti in questi gruppi erano le più popolari e più discusse di quel tempo. Ad esempio, nel primo periodo (circa 4000 – 3500 a.C.), una silhouette di un alce è quasi sempre presente nei gruppi più grandi, e raramente da sola.
“Una parte interessante della ricerca è quella che ha evidenziato come la preferenza nei confronti di queste immagini sia cambiata nel corso del tempo. Un cambiamento molto grande a Nämforsen è il passaggio dall’alce alle immagini di una barca, come se l’argomento ‘di cui parlare’ fosse cambiato dalla terra all’acqua” ha spiegato Sapwell. Questo spostamento di interesse è datato intorno al 2000 – 1800 a.C., un periodo in cui lo scambio di esperienze di viaggio a lunga distanza tra le comunità stava diventando più importante. Un altro aspetto interessante della scoperta è l’importanza di esempi unici di immagini ibride (ad esempio un essere mezzo uomo e mezzo alce, o mezzo uomo e mezzo barca), che furono introdotte fin dall’inizio, ma diventarono meno popolari già intorno al 3500 a.C.
“In generale, quindi, si tratta di situazioni molto interessanti in cui, durante la preistoria, temi particolari della vita quotidiana diventarono meritevoli di essere commentati. Un po’ come le tendenze presenti nei commenti di Facebook, anche questi argomenti diventavano importanti e poi passavano di moda”, ha detto Sapwell, secondo il quale queste enormi tele naturali attiravano tanto interesse perché il loro potere sociale era ben compreso dalle persone che vissero nella prima Età del Bronzo. “Come al giorno d’oggi, anche a quel tempo le persone volevano rimanere in contatto tra di loro, e questo era un’espressione di identità per queste società primitive, prima dell’avvento della scrittura”, ha concluso Sapwell.
Farò della mia anima
uno scrigno per la tua anima,
del mio cuore
una dimora per la tua bellezza,
del mio petto
un sepolcro per le tue pene.
Ti amerò
come le praterie amano la primavera,
e vivrò in te
la vita di un fiore sotto i raggi del sole.
Canterò il tuo nome
come la valle canta l'eco delle campane;
ascolterò
il linguaggio della tua anima
come la spiaggia ascolta la storia delle onde.
(K. Gibran)