mercoledì 27 febbraio 2013

Il pittore di 100.000 anni fa e la sua bottega

Centomila anni fa, in una grotta in Sud Africa, un uomo sfregava un pezzo di ematite, allo scopo di ridurlo in tante piccole schegge, al di sopra di una placca di quarzite; dopodiché, aiutandosi con un sasso in funzione di pestello, polverizzava le schegge; ne veniva fuori una sostanza rossa o gialla che, all’interno di una grossa conchiglia, veniva mescolata prima con del midollo osseo di animale reso fluido dal calore e, poi, con l’acqua. Infine, il prodotto veniva conservato, coprendo il tutto con una pietra. Non è difficile immaginare questo homo sapiens al lavoro, in quella che familiarmente è stata immediatamente ribattezzata la “bottega” o il “laboratorio” più antico della storia: questo perché la sabbia, che ha coperto queste due vere e proprie “cassette degli attrezzi” dell’artigiano, ha preservato perfettamente tutti i particolari necessari alla lavorazione dei pigmenti. Non è, infatti la prima volta, che gli studiosi incappano in pezzi di ocra e alcuni rinvenimenti sono datati ancora prima di quelli della grotta di Blombos; ma la visione d’insieme di tutti gli strumenti, inclusi i contenitori mai comparsi prima d’ora in nessun altro sito, è stata assolutamente una gran sorpresa per quanti hanno partecipato agli agli scavi. I reperti venuti alla luce, scoperti nel 2008 e descritti dai ricercatori sulla rivista Science, sarebbero la testimonianza di un momento di snodo fondamentale nell’ambito dello sviluppo evolutivo nell’uomo primitivo di capacità tecniche, in cui, come sottolineano gli autori, «l’abilità concettuale di reperire, combinare e conservare sostanze» allo scopo di migliorare le proprie tecniche o di utilizzarle nel contesto di pratiche sociali rivelerebbe un livello complesso delle facoltà cognitive. Ma a cosa servivano mai questi colori? La risposta non si può avere con sicurezza confermata dalla scienza. Tuttavia, è abbastanza facile immaginare che questi uomini come noi, seppur di centomila anni fa, ricorressero al colore per coprire delle superfici, allo scopo di proteggerle ma anche, più semplicemente, di decorarle magari con motivi astratti o naturalistici; a parer degli scienziati, coordinati dal professor Christopher Henshilwood dell’università di Witwatersrand a Johannesburg, anche nella preparazione delle pelli di animali, per preservarne l’integrità, o, magari, proprio per ornare, vanitosamente, i propri corpi. (fonte ANSA)

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