Tomar . monastero e castello

Nel XII secolo, per difendere la linea del Tago, l’ordine dei Templari fece costruire una fortificazione in posizione elevata, sulla riva destra del Nabào. Nel XIV secolo, passò all’ordine di Cristo. Dell’antico complesso sopravvivono ancora resti di mura e la chiesa dei Templari, nelle nuove strutture rinascimentali del Convento do Cristo, il più grande del Portogallo.
L’ANTICA ROCCAFORTE DEI TEMPLARI SUL NABAO 

 Tutto ebbe inizio con una donazione: nel 1159, il re di Portogallo Alfonso I donò il territorio intorno a Tomar all’ordine dei Cavalieri del Tempio, per i meriti acquisiti dai suoi membri nella difesa della Terra Santa. I Templari vi si stabilirono. Anche quando l’ordine fu soppresso nel XIV secolo, Tomar divenne la roccaforte dell’ordine di Cristo, fondato nel 1317 da re Dinis per lottare contro i Mori e perpetuare l’opera dei Templari.

ASCESA E CADUTA DEI CAVALIERI DEL TEMPIO

L’ordine dei Cavalieri del Tempio, o Templari, nacque nel 1118, dopo la prima, vittoriosa crociata, da un piccolo gruppo di cavalieri riuniti a Gerusalemme. Cresciuti rapidamente di numero e distintisi nell’azione di difesa dei luoghi sacri, i Templari ottennero nel 1128, grazie al favore di San Bernardo di Clairvaux, il riconoscimento papale, insieme ad ampi privilegi, concessi soprattutto da papa Innocenzo II. Soggetti alla regola cistercense, dipendevano da un Gran Maestro elettivo e si dividevano in cavalieri (nobili), sergenti (borghesi) ed ecclesiastici. Organizzati in “province” (tre orientali e sette occidentali), costituivano una sorta di stato sovrano, senza territorio ma ricco di beni sparsi, destinato istituzionalmente a raccogliere e incanalare verso la Terra Santa uomini e denaro. Quando, sul finire del XIII secolo, la Terra Santa fu perduta per dai cristiani, i Templari iniziarono a esercitare quasi esclusivamente l’attività finanziaria, e questo li portò alla rovina. In Francia, dove erano particolarmente potenti, le loro ricchezze attirarono l’attenzione del re, Filippo il Bello, il quale, continuamente costretto a far fronte a ingenti spese, organizzò una violenta persecuzione nei loro confronti. Filippo poteva contare sull’acquiescenza di papa Clemente V, di origine francese, che il re stesso si era adoperato per far eleggere e che, nel 1309, aveva addirittura trasferito la sede papale da Roma ad Avignone. Nel 1312 il pontefice sciolse l’ordine, trasferendo parte dei suoi beni direttamente alla corona francese. Poco tempo dopo, Filippo il Bello scatenò una nuova persecuzione contro i dignitari dell’ordine superstiti, condannandone al rogo alcuni. Tra questi il Gran Maestro Jacques de Molay: accusato d’idolatria, pur avendo proclamato la sua innocenza davanti a tre cardinali, fu giustiziato, il 18. marzo 1314.


La struttura del complesso di Tomar si sviluppò a partire dal XII secolo. L’orginaria chiesa dei Templari fu aperta da una grande navata nel Cinquecento. Tutt’attorno sono una serie di chiostri fino al Plaustro dos Felipes, caratterizzati da una molteplicità di stili e influenze architettoniche. Non sono molti, in Europa, gli esempi di chiese, e di luoghi fortificati, come Tomar, anche se alcuni sono molto famosi: basti pensare a Loreto. Ma la chiesa conventuale, la struttura architettonica più antica del complesso, presenta, oltre alle fortificazioni, anche un’altra interessante particolarità: la pianta centrale. E’ un schema che, nell’Europa medievaleaveva generalmente un preciso significato, richiamandosi esplicitamente al più sacro dei luoghi di culto a pianta centrale: la chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Per questo motivo, tale tipo di pianta, liturgicamente assai più complessa di quela basilicale, era di solito riservato a edifici dedicati al Salvatore o, appunto, al Santo Sepolcro. A questo culto si richiamavano esplicitamente i Templari, nella loro qualità di cavalieri difensori del Tempio di Gerusalemme. Spesso infatti le loro costruzioni presentano questo tipo di pianta. Tale convergenza ha dato origine, a Tomar, a un esempio architettonico eccezionale, una chiesa – castello che è un vero gioiello del meraviglioso convento sviluppatosi poi intorno.

STILE MANUELINO

 Il convento di Tomar è uno dei migliori esempi del cosiddetto stile “manuelino”, sviluppatosi in Portogallo tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, durante il regno di Manuel I il Fortunato (da cui il nome). Il manuelino è l’ultima manifestazione dello stile tardo-gotico portoghese, arricchito con elementi islamici e rinascimentali, in modo da creare opere di grande esuberanza e sontuosità decorativa.  



ziamame

In comunione con la natura

Ogni giorno troverò il tempo per entrare in comunione con la natura e per percepire in silenzio l’intelligenza che è in ogni essere vivente. Mi siederò e, in silenzio, osserverò il tramonto, oppure ascolterò il rumore dell’oceano o di un corso d’acqua, o semplicemente sentirò il profumo di un fiore. Nell’estasi del mio silenzio attraverso la comunione con la natura godrò del palpitare eterno della vita, del campo della potenzialità pura e della creatività illimitata.

Le mummie Chinchorro

I Chinchorro furono una popolazione di pescatori (in dialetto chinchorro significa rete da pesca) sud americani le cui mummie sono state rinvenute nella zona di Atacama. I Chinchorro avevano una ritualità complicatissima di mummificazione, e la applicavano ai loro defunti a prescindere dallo status sociale fra l'altro nella loro civiltà un ruolo importante avevano i bambini di cui si sono rinvenute le mummie e perfino quelle dei feti, segno della loro particolare importanza sociale. La preparazione della mummia avveniva nel seguente modo: il corpo veniva interamente spellato e svuotato di tutti gli organi interni e la carne, le ossa venivano fatte asciugare accuratamente. Quindi le ossa venivano legate saldamente e rinforzate con bastoncini di legno spago, canne e colla, il corpo poi veniva rivestito di pelle di leone marino. I Chinchorro hanno sviluppato diversi metodi di mummificazione, tra i quali quello di dipingere la pelle con ocra rossa o manganese nero. Vi è anche la prova che il midollo osseo fu rimosso dal femore di una mummia, ma questa tecnica non è ancora stata identificata come evento frequente. Dopo che i tessuti molli furono rimossi, le ossa vennero rinforzate con bastoni e la pelle trattata con sostanze vegetali prima di ricomporre il cadavere. Alla mummia fu quindi applicata una maschera di argilla, anche se alcune mummie vennero completamente ricoperte di argilla, avvolta in canne e lasciata ad asciugare per 30-40 giorni. Le due tecniche utilizzate più di frequente da questa popolazione sono state ribattezzate come Mummie Nere e Mummie Rosse. Tali complessi rituali sono indice di una società altrettanto complessa. L'inizio del rito della mummificazione, tra i Chinchorro, coincise con numerose innovazioni negli strumenti di pesca. La pratica della mummificazione scomparve, nella regione, circa 4400 anni fa. I Chinchorro cominciarono a praticare la mummificazione molto prima degli egiziani e lo fecero dapprima con i bambini morti, estendendo poi il culto anche agli adulti. straordinari ritrovamenti nel deserto di Atacama, in Cile.Secondo alcuni ricercatori, la naturale disidratazione dei cadaveri nel deserto potrebbe aver ispirato l’antico popolo dei Chinchorro a mummificare i loro morti. La pratica sarebbe iniziata in un periodo di prosperità e di crescita della popolazione che permise ai Chincorro di svilupparsi culturalmente.
Lo afferma uno studio di Pablo Marquet, dell'università cattolica del Cile, pubblicato sulla rivista Proceedings dell'Accademia delle Scienze degli Stati Uniti. Il deserto di Atacama, nel Cile settentrionale, attraverso' una "fase umida" fra 7.400 e 4.200 anni fa, lo stesso periodo in cui i Chinchorro, ben prima degli egizi, iniziarono a mummificare i loro morti.Secondo lo studio, la crescita del livello del mare che allora si verifico' nella regione contribui' a fornire più acqua ed alimenti favorendo lo sviluppo dei Chinchorro, che erano pescatori, e della loro cultura. I Chinchorro erano arrivati nell' area 10mila anni fa e, quando cominciarono la mummificazione artificiale, nel deserto si trovavano probabilmente migliaia di mummie naturali derivanti dall'estrema aridità Le del territorio.Il culto delle mummie di bambini della popolazione dei Chinchorro nel sud dell'America Latina e' legato ai mutamenti climatici che si verificarono nel deserto di Atacama. Mentre molte culture in tutto il mondo hanno cercato di preservare i corpi dei personaggi illustri, i Chinchorro eseguivano la mummificazione su tutti i membri della loro società, compresi i bambini e feti. Grazie a questo trattamento egualitario dei morti, sono state ritrovate centinaia di mummie e molte ancora aspettano di essere scoperte. I corpi più antichi finora ritrovati nel deserto di Atacama risalgono al 6.000 a.C. e 5.000 a.C., per paragone basti pensare che la mummia più antica rinvenuta in Egitto risale "solo" al 3.000 a.C. circa. Inizialmente la mummificazione riguardava solo i bambini defunti, poi fu estesa anche agli adulti in un complesso culto dei morti.

La fisica quantistica sta spalancando le porte della conoscenza

L'universo è solo illusione Gli scienziati alle prese con il "paradigma olografico" : stupefacenti scoperte nel campo della fisica potrebbero sconvolgere completamente le nostre convinzioni sulla natura dell'universo e della vita stessa, aprendo un ventaglio di possibilità mai ipotizzate prima d'ora.
Nel 1982 un'équipe di ricerca dell'Università di Parigi, diretta dal fisico Alain Aspect, ha condotto quello che potrebbe rivelarsi il più importante esperimento del 20° secolo. Aspect ed il suo team hanno infatti scoperto che, sottoponendo a determinate condizioni delle particelle subatomiche, come gli elettroni, esse sono capaci di comunicare istantaneamente una con l'altra indipendentemente dalla distanza che le separa, sia che si tratti di 10 metri o di 10 miliardi di chilometri. È come se ogni singola particella sapesse esattamente cosa stiano facendo tutte le altre. Questo fenomeno può essere spiegato solo in due modi: o la teoria di Einstein che esclude la possibilità di comunicazioni più veloci della luce è da considerarsi errata, oppure le particelle subatomiche sono connesse non-localmente. Poiché la maggior parte dei fisici nega la possibilità di fenomeni che oltrepassino la velocità della luce, l'ipotesi più accreditata è che l'esperimento di Aspect sia la prova che il legame tra le particelle subatomiche sia effettivamente di tipo non-locale. David Bohm, noto fisico dell'Università di Londra, recentemente scomparso, sosteneva che le scoperte di Aspect implicavano che la realtà oggettiva non esiste. Nonostante la sua apparente solidità, l'universo è in realtà un fantasma, un ologramma gigantesco e splendidamente dettagliato. Ologrammi, la parte e il tutto in una sola immagine.
Per capire come mai il Prof. Bohm abbia fatto questa sbalorditiva affermazione, dobbiamo prima comprendere la natura degli ologrammi. Un ologramma è una fotografia tridimensionale prodotta con l'aiuto di un laser: per creare un ologramma l'oggetto da fotografare viene prima immerso nella luce di un raggio laser, poi un secondo raggio laser viene fatto rimbalzare sulla luce riflessa del primo e lo schema risultante dalla zona di interferenza dove i due raggi si incontrano viene impresso sulla pellicola fotografica. Quando la pellicola viene sviluppata risulta visibile solo un intrico di linee chiare e scure ma, illuminata da un altro raggio laser, ecco apparire il soggetto originale. La tridimensionalità di tali immagini non è l'unica caratteristica interessante degli ologrammi, difatti se l'ologramma di una rosa viene tagliato a metà e poi illuminato da un laser, si scoprirà che ciascuna metà contiene ancora l'intera immagine della rosa. Anche continuando a dividere le due metà, vedremo che ogni minuscolo frammento di pellicola conterrà sempre una versione più piccola, ma intatta, della stessa immagine.Diversamente dalle normali fotografie, ogni parte di un ologramma contiene tutte le informazioni possedute dall'ologramma integro. Questa caratteristica degli ologrammi ci fornisce una maniera totalmente nuova di comprendere i concetti di organizzazione e di ordine. Per quasi tutto il suo corso la scienza occidentale ha agito sotto il preconcetto che il modo migliore di capire un fenomeno fisico, che si trattasse di una rana o di un atomo, era quello di sezionarlo e di studiarne le varie parti. Gli ologrammi ci insegnano che alcuni fenomeni possono esulare da questo tipo di approccio.
cogliere delle scene del nostro passato da lungo tempo dimenticato. Cos'alQuesta intuizione suggerì a Bohm una strada diversa per comprendere la scoperta del professor Aspect. Diversi livelli di consapevolezza, diverse realtà Bohm si convinse che il motivo per cui le particelle subatomiche restano in contatto indipendentemente dalla distanza che le separa risiede nel fatto che la loro separazione è un'illusione. Egli sosteneva che, ad un qualche livello di realtà più profondo, tali particelle non sono entità individuali ma estensioni di uno stesso "organismo" fondamentale. Per spiegare la sua teoria Bohm utilizzava questo esempio: immaginate un acquario contenente un pesce. Immaginate anche che l'acquario non sia visibile direttamente ma che noi lo si veda solo attraverso due telecamere, una posizionata frontalmente e l'altra lateralmente rispetto all'acquario. Mentre guardiamo i due monitor televisivi possiamo pensare che i pesci visibili sui monitor siano due entità separate, la differente posizione delle telecamere ci darà infatti due immagini lievemente diverse. Ma, continuando ad osservare i due pesci, alla fine ci accorgeremo che vi è un certo legame tra di loro: quando uno si gira, anche l'altro si girerà; quando uno guarda di fronte a sé, l'altro guarderà lateralmente. Se restiamo completamente all'oscuro dello scopo reale dell'esperimento, potremmo arrivare a credere che i due pesci stiano comunicando tra di loro, istantaneamente e misteriosamente. Secondo Bohm il comportamento delle particelle subatomiche indica chiaramente che vi è un livello di realtà del quale non siamo minimamente consapevoli, una dimensione che oltrepassa la nostra. Se le particelle subatomiche ci appaiono separate è perché siamo capaci di vedere solo una porzione della loro realtà, esse non sono "parti" separate bensì sfaccettature di un'unità più profonda e basilare che risulta infine altrettanto olografica ed indivisibile quanto la nostra rosa. E poiché ogni cosa nella realtà fisica è costituita da queste "immagini", ne consegue che l'universo stesso è una proiezione, un ologramma. Il magazzino cosmico di tutto ciò che è, sarà o sia mai stato Oltre alla sua natura illusoria, questo universo avrebbe altre caratteristiche stupefacenti: se la separazione tra le particelle subatomiche è solo apparente, ciò significa che, ad un livello più profondo, tutte le cose sono infinitamente collegate. Gli elettroni di un atomo di carbonio del cervello umano sono connessi alle particelle subatomiche che costituiscono ogni salmone che nuota, ogni cuore che batte ed ogni stella che brilla nel cielo. Tutto compenetra tutto. Sebbene la natura umana cerchi di categorizzare, classificare e suddividere i vari fenomeni dell'universo, ogni suddivisione risulta necessariamente artificiale e tutta la natura non è altro che una immensa rete ininterrotta. In un universo olografico persino il tempo e lo spazio non sarebbero più dei principi fondamentali. Poiché concetti come la località vengono infranti in un universo dove nulla è veramente separato dal resto, anche il tempo e lo spazio tridimensionale (come le immagini del pesce sui monitor TV) dovrebbero venire interpretati come semplici proiezioni di un sistema più complesso. Al suo livello più profondo la realtà non è altro che una sorta di super-ologramma dove il passato, il presente ed il futuro coesistono simultaneamente; questo implica che, avendo gli strumenti appropriati, un giorno potremmo spingerci entro quel livello della realtà e tro possa contenere il super-ologramma resta una domanda senza risposta. In via ipotetica, ammettendo che esso esista, dovrebbe contenere ogni singola particellasubatomica che sia, che sia stata e che sarà, nonché ogni possibile configurazione di materia ed energia: dai fiocchi di neve alle stelle, dalle balene grigie ai raggi gamma. Dovremmo immaginarlo come una sorta di magazzino cosmico di Tutto ciò che Esiste. Bohm si era addirittura spinto a supporre che il livello super-olografico della realtà potrebbe non essere altro che un semplice stadio intermedio oltre il quale si celerebbero un'infinità di ulteriori sviluppi. Poiché il termine ologramma si riferisce di solito ad una immagine statica che non coincide con la natura dinamica e perennemente attiva del nostro universo, Bohm preferiva descrivere l'universo col termine "olomovimento". Affermare che ogni singola parte di una pellicola olografica contiene tutte le informazioni in possesso della pellicola integra significa semplicemente dire che l'informazione è distribuita non-localmente. Se è vero che l'universo è organizzato secondo principi olografici, si suppone che anch'esso abbia delle proprietà non-locali e quindi ogni particella esistente contiene in se stessa l'immagine intera. Partendo da questo presupposto si deduce che tutte le manifestazioni della vita provengono da un'unica fonte di causalità che include ogni atomo dell'universo. Dalle particelle subatomiche alle galassie giganti, tutto è allo stesso tempo parte infinitesimale e totalità di "tutto". Il cervello è un ologramma capace di conservare 10 miliardi di informazioni.
deLavorando nel campo della ricerca sulle funzioni cerebrali, anche il neurofisiologo Karl Pribram, dell'Università di Stanford, si è convinto della natura olografica della realtà. Numerosi studi, condotti sui ratti negli anni '20, avevano dimostrato che i ricordi non risultano confinati in determinate zone del cervello: dagli esperimenti nessuno però riusciva a spiegare quale meccanismo consentisse al cervello di conservare i ricordi, fin quando Pribram non applicò a questo campo i concetti dell'olografia. Il Dott. Pribram crede che i ricordi non siano immagazzinati nei neuroni o in piccoli gruppi di neuroni, ma negli schemi degli impulsi nervosi che si intersecano attraverso tutto il cervello, proprio come gli schemi dei raggi laser che si intersecano su tutta l'area del frammento di pellicola che contiene l'immagine olografica. Quindi il cervello stesso funziona come un ologramma e la teoria di Pribram spiegherebbe anche in che modo questo organo riesca a contenere una tale quantità di ricordi in uno spazio così limitato. È stato calcolato che il cervello della nostra specie ha la capacità di immagazzinare circa 10 miliardi di informazioni, durante la durata media di vita (approssimativamente l'equivalente di cinque edizioni dell'Enciclopedia Treccani!) e si è scoperto che anche gli ologrammi possiedono una sorprendente capacità di memorizzazione, infatti semplicemente cambiando l'angolazione con cui due raggi laser colpiscono una pellicola fotografica, si possono accumulare miliardi di informazioni in un solo centimetro cubico di spazio.... ma anche di correlare idee e decodificare frequenze di ogni tipo. Anche la nostra stupefacente capacità di recuperare velocemente una qualsivoglia informazione dall'enorme magazzino del nostro cervello risulta spiegabile più facilmente, se si suppone che esso funzioni secondo principi olografici. Non è necessario scartabellare attraverso una specie di gigantesco archivio alfabetico cerebrale perché ogni frammento di informazione sembra essere sempre istantaneamente correlato a tutti gli altri: un'altra particolarità tipica degli ologrammi. Si tratta forse del supremo esempio in natura di un sistema a correlazione incrociata. Un'altra caratteristica del cervello spiegabile in base all'ipotesi di Pribram è la sua abilità nel tradurre la valanga di frequenze luminose, sonore, ecc. che esso riceve tramite i sensi, nel mondo concreto delle nostre percezioni. Codificare e decodificare frequenze è esattamente quello che un ologramma sa fare meglio. Così come un ologramma funge, per così dire, da strumento di traduzione capace di convertire un ammasso di frequenze prive di significato in una immagine coerente, così il cervello usa i principi olografici per convertire matematicamente le frequenze ricevute in percezioni interiori. Vi è una impressionante quantità di dati scientifici che confermano la teoria di Pribram, ormai, infatti, condivisa da molti altri neurofisiologi. Il ricercatore italo-argentino Hugo Zucarelli ha recentemente applicato il modello olografico ai fenomeni acustici, incuriosito dal fatto che gli umani possono localizzare la fonte di un suono senza girare la testa, abilità che conservano anche se sordi da un orecchio. È risultato che ciascuno dei nostri sensi è sensibile ad una varietà di frequenze molto più ampia di quanto supposto. Ad esempio: il nostro sistema visivo è sensibile alle frequenze sonore, il nostro senso ll'olfatto percepisce anche le cosiddette "frequenze osmiche" e persino le cellule del nostro corpo sono sensibili ad una vasta gamma di frequenze. Tali scoperte suggeriscono che è solo nel dominio olografico della coscienza che tali frequenze possono venire vagliate e suddivise. La realtà? Non esiste, è solo un paradigma olografico. Ma l'aspetto più sbalorditivo del modello cerebrale olografico di Pribram è ciò che risulta quando lo si unisce alla teoria di Bohm. Perché se la concretezza del mondo non è altro che una realtà secondaria e ciò che esiste non è altro che un turbine olografico di frequenze e se persino il cervello è solo un ologramma che seleziona alcune di queste frequenze trasformandole in percezioni sensoriali, cosa resta della realtà oggettiva? Per dirla in parole povere: non esiste. Come avevano lungamente sostenuto le religioni e le filosofie orientali, il mondo materiale è una illusione. Noi stessi pensiamo di essere delle entità fisiche che si muovono in un mondo fisico ma tutto questo fa parte del campo della pura illusione. In realtà siamo una sorta di "ricevitori" che galleggiano in un caleidoscopico mare di frequenze e ciò che ne estraiamo lo trasformiamo magicamente in realtà fisica: uno dei miliardi di "mondi" esistenti nel super-ologramma. Questo impressionante nuovo concetto di realtà è stato battezzato "paradigma olografico" e sebbene diversi scienziati lo abbiano accolto con scetticismo, ha entusiasmato molti altri. Un piccolo, ma crescente, gruppo di ricercatori è convinto che si tratti del più accurato modello di realtà finora raggiunto dalla scienza. In un universo in cui le menti individuali sono in effetti porzioni indivisibili di un ologramma e tutto è infinitamente interconnesso, i cosiddetti "stati alterati di coscienza" potrebbero semplicemente essere il passaggio ad un livello olografico più elevato. Se la mente è effettivamente parte di un continuum, di un labirinto collegato non solo ad ogni altra mente esistente o esistita, ma anche ad ogni atomo, organismo o zona nella vastità dello spazio, ed al tempo stesso, il fatto che essa sia capace di fare delle incursioni in questo labirinto e di farci sperimentare delle esperienze extracorporee, non sembra più così strano. Immaginarsi malati, immaginarsi sani.
Il paradigma olografico ha delle implicazioni anche nelle cosiddette scienze pure come la biologia. Keith Floyd, uno psicologo del Virginia Intermont College, ha sottolineato il fatto che se la concretezza della realtà non è altro che una illusione olografica, non potremmo più affermare che la mente crea la coscienza (cogito ergo sum). Al contrario, sarebbe la coscienza a creare l'illusoria sensazione di un cervello, di un corpo e di qualunque altro oggetto ci circondi che noi interpretiamo come "fisico". Una tale rivoluzione nel nostro modo di studiare le strutture biologiche ha spinto i ricercatori ad affermare che anche la medicina e tutto ciò che sappiamo del processo di guarigione verrebbero trasformati dal paradigma olografico. Infatti, se l'apparente struttura fisica del corpo non è altro che una proiezione olografica della coscienza, risulta chiaro che ognuno di noi è molto più responsabile della propria salute di quanto riconoscano le attuali conoscenze nel campo della medicina. Quelle che noi ora consideriamo guarigioni miracolose potrebbero in realtà essere dovute ad un mutamento dello stato di coscienza che provochi dei cambiamenti nell'ologramma corporeo. Allo stesso modo, potrebbe darsi che alcune controverse tecniche di guarigione alternative come la "visualizzazione" risultino così efficaci perché nel dominio olografico del pensiero le immagini sono in fondo reali quanto la "realtà". Il mondo concreto è una tela bianca che attende di essere dipinta. Perfino le visioni ed altre esperienze di realtà non ordinaria possono venire facilmente spiegate se accettiamo l'ipotesi di un universo olografico. Nel suo libro "Gifts of Unknown Things", il biologo Lyall Watson descrive il suo incontro con una sciamana indonesiana che, eseguendo una danza rituale, era capace di far svanire istantaneamente un intero boschetto di alberi. Watson riferisce che mentre lui ed un altro attonito osservatore continuavano a guardare, la donna fece velocemente riapparire e scomparire gli alberi diverse volte. Sebbene le conoscenze scientifiche attuali non ci permettano di spiegare tali fenomeni, esperienze come queste diventano più plausibili qualora si ammetta la natura olografica della realtà. Forse siamo tutti d'accordo su cosa esista o non esista semplicemente perché ciò che consideriamo "realtà consensuale" è stato formulato e ratificato ad un livello della coscienza umana nel quale tutte le menti sono illimitatamente collegate tra loro. Se ciò risultasse vero, sarebbe la più profonda ed importante di tutte le conseguenze connesse al paradigma olografico, implicherebbe infatti che esperienze come quella riportata da Watson non sono comuni solo perché non abbiamo impostato le nostre menti con le convinzioni atte a renderle tali. In un universo olografico non vi sono limiti all'entità dei cambiamenti che possiamo apportare alla sostanza della realtà perché ciò che percepiamo come realtà è soltanto una tela in attesa che noi vi si dipinga sopra qualunque immagine vogliamo. Tutto diviene possibile, dal piegare cucchiai col potere della mente, ai fantasmagorici eventi vissuti da Carlos Castaneda durante i suoi incontri con don Juan, lo sciamano Yaqui descritto nei suoi libri. Tutto questo non sarà né più né meno miracoloso della capacità che abbiamo di plasmare la realtà a nostro piacimento durante i sogni. Tutte le nostre convinzioni fondamentali dovranno essere riviste alla luce della teoria olografica della realtà. Fonte originale : http://www.disinformazione.it/universo_olografico.htm

Il mito di Aci e Galatea

Si narra che Aci fosse figlio di Fauno, divinità della pastorizia, e dalla Ninfa Simeta, figlia del fiume Simeto.
 Anche Galatea era una Ninfa. La più bella fra le cinquanta Nereidi, figlie di Nereo, un dio del mare, e di Doride, figlia dell’Oceano e di Teti. Quando il pastorello Aci compì sedici anni, e una incerta peluria cominciò a ombreggiare le sue tenere guance, la sua vicina, la Ninfa Galatea se ne innamorò perdutamente.
Fu un magico luogo alle pendici dell’Etna che vide sbocciare il loro amore. Il fonte era bellissimo. Acque lattiginose facevano sbocciare bianchi fiori di zolfo nello spazio circostante. La sorgente sgorgava, cristallina, gaia e civettuola. Il tempo, ignaro di sé, scorreva complice dei due amanti, protagonisti di leggiadri e incantevoli giochi d’amore. La leggerezza, effetto di quel loro tubare, li rese sordi e ciechi a quel presagio che verso di loro spirava dalla montagna. Il terribile Ciclope Polifemo, da sempre innamorato (non corrisposto e anzi deriso) dalla bella Galatea, masticava amaro. Il mostro si struggeva, spiando col suo unico occhio, da sopra quel monte, l’amore tra Aci e Galatea.
Ora disprezzava quel sentimento d’orgoglio che un tempo lo aveva fatto sentire fiero della sua smisuratezza e rozzezza. Perché mai, lui, avrebbe potuto fare quei giochi gentili e sinuosi , e quelle languide carezze che mandavano in estasi Galatea. Il rozzo Ciclope, malato d’amore, non si curava più del proprio gregge. Né si dilettava più di andare a caccia di umani per sgranocchiarseli la sera, quando seduto davanti l’antro della sua spelonca, guardava la luna, il suo passatempo preferito. Una mattina che il sole sfavillava più del solito sugli amplessi dei due innamorati (e le scene arrivavano al suo grande occhio ancora più nitide) non poté più contenersi. La sua disistima toccò il fondo. Il grande dolore, ingrottato nelle sue profonde viscere da tempo antico, si ribellò. Una profonda collera montò dentro di lui, abbrancandolo… finché!… Finché non ci vide più da quell’occhio, diventato di fuoco, e dalle grandi narici cominciò a sbuffare cenere, fumo e lapilli. Quando il suo grande braccio si alzò nel cielo per scagliare una roccia sui due, Aci scorse l’ombra che si abbatteva su di loro. Ebbe giusto il tempo di spingere Galatea verso il mare. " Fuggi, fuggi", le disse, con la paura nel gorgoglìo della voce. E già lo sfortunato fonte, bianco come il latte, si mutava in rosso sangue. La roccia aveva colpito il pastorello, che ne restò sepolto.
Galatea, giratasi in quel momento, mandò un grido di dolore così alto che arrivò agli dei. Questi mossi a pietà, salvarono il pastorello, tramutandolo in un fiume.
Ancora oggi, il fiume Aci, diramato in tante fiumare, scorre nei sotterranei del suolo . Le sue acque gelide, scorrono fuggenti verso il mare, in cerca della sua amata Galatea. Lei, fedele lo aspetta, nella bianca spuma delle acque del mare. Ed è da allora, che un continuo susseguirsi di abbracci rigenera il loro predestinato amore, in un dolce eterno connubio.


 Sara Basile

Ogni volta che impariamo qualcosa di nuovo


Ogni volta che impariamo qualcosa di nuovo, 
noi stessi diventiamo qualcosa di nuovo.
(Leo Buscaglia)

I divertimenti di un tempo

Giocare insieme all'amichetta del cuore Erano forse giochini stupidi, ma ci divertivamo con poco

Le poltroncine scricchiolano????

Corte dei Conti: 
“Democrazia devastata, impegno per controllo spesa” 
Il presidente Giampaolino ha assicurato che la magistratura contabile "è chiamata ad offrire un contributo straordinario - e 'a forze immutate' - sul fronte delle alterazioni, delle distorsioni e delle degenerazioni che, in assenza di sufficienti 'sensori', hanno infiltrato e devastato molti luoghi della politica Massimo impegno nello sforzo per “ripristinare la correttezza e la trasparenza” di fronte alle “alterazioni, distorsioni e degenerazioni che, in assenza di sufficienti sensori, hanno infiltrato e devastato molti luoghi della pratica democratica”. 
Il presidente della Corte dei Conti Luigi Giampaolino, nel corso delle celebrazioni per il 150esimo anniversario della magistratura contabile al Quirinale, ha assicurato l’impegno dell’istituzione per offrire un “contributo straordinario” al controllo della gestione rigorosa della spesa pubblica. 
“La storia recente della Corte – ha detto Giampaolino – è quella che il Parlamento sta scrivendo in questi giorni, con norme che accrescono il ruolo dei controlli e della giurisdizione ai fini di una maggiore coesione e produttività della spesa pubblica, in un momento di grave difficoltà economica e finanziaria, ma anche di crisi della politica come ‘attività di servizio’”. 
In queste norme, ha dichiarato, “c’è un forte accento di austerità e di rigore nell’uso e nella finalizzazione delle risorse e del patrimonio collettivi, con la Corte che è chiamata ad offrire un contributo straordinario – e ‘a forze immutate’ – sul fronte delle alterazioni, delle distorsioni e delle degenerazioni che, in assenza di sufficienti ‘sensori’, hanno infiltrato e devastato molti luoghi della pratica democratica”. 
“E’ caratteristica precipua dei controlli e della funzione della giurisdizione – ha proseguito- quella per cui la varietà e la complessità delle gestioni di pubblico denaro implicano modelli di controllo e forme di responsabilità non precostituiti o astratti – ha aggiunto – ma, piuttosto, capaci di affrontare pragmaticamente situazioni nuove; situazioni che, specie se impreviste o inattese, vanno aggredite con strumenti adeguati all’urgenza di adottare, secondo l’ordine delle competenze e delle responsabilità, politiche e amministrative, le conseguenti misure correttive o repressive”. 
“Posso, quindi, assicurare tutto l’impegno dell’Istituto nello sforzo di ripristinare la correttezza e la trasparenza di gestioni rimesse a organismi e figure soggettive alle quali non si estendeva, finora, la competenza di controllo e di giurisdizione della Corte”, ha garantito infine il presidente.

di Redazione Il Fatto Quotidiano | 30 ottobre 2012

Anche sui bambini in difficoltà si fa mercimonio...Vergogna

Cosa costa dar da mangiare a un bambino??? se ci aggiungiamo altro circa 1500.00 euri al giorno per bambino PAZZIAAAAAAAAAAAAAA
GUARDATE I PREZZI 
Banane 500 euro, pesce 10 mila: la spesa delle case famiglia a Napoli NAPOLI – Banane per 550 euro, pesce per 10 mila euro. Questa è la spesa per soli 3 giorni. Una spesa molto costosa per sfamare appena una decina di bambini di una casa famiglia. I pm hanno dunque deciso di indagare sui conti e le fatture sospette. Così 15 cooperative delle 180 di Napoli impegnate nel no profit sono finite nel mirino di magistrati e vigili urbani. Non solo alimenti, sono sospette anche le fatture per la tappezzeria ed i mobili. Le ipotesi di reato del pm Graziella Arlomede e dell’aggiunto Francesco Greco sono di truffa, corruzione e false fatturazioni. I vigili urbani guidati dal comandante Luigi Sementa hanno sequestrato decine di scatoloni pieni di carte, computer e supporti informatici necessari alle indagini. Ogni anno il Comune di Napoli investe 30 milioni di euro nei servizi per le fasce deboli, e potrebbero essere 7 i milioni di euro sottratti con le false fatture dalle 15 cooperativa tra le 190 aziende no profit impegnate nel napoletano. Secondo gli inquirenti le fatturazioni sono state alterate per ottenere un doppio pagamento, semplicemente invertendo le iniziale del giovane ospite della casa famiglia. L’altro raggiro coinvolge il fornitore, che in accordo con la coop produce fatture per centinaia di migliaia di euro di spese, rivolgendosi poi al Comune per ottenere il rimborso. Gli inquirenti stanno esaminando anche le pratiche di assunzione del personale delle coop, temendo degli illeciti. Un raggiro economico ed un tradimento affettivo: coloro che dovrebbero aiutare i ragazzi disagiati e traditi dalla vita, hanno avuto il coraggio di lucrare sul sistema.

ATTENZIONE!!!!

Finti operatori Luce & Gas, in aumento i tentativi di truffa... 
Arrivano segnalazione da ogni parte d'Italia, dalla Sicilia alla Lombardia arrivano finti impiegati che lavorano per conto delle compagnie di luce e gas. Le loro vittime predilette sono gli anziani. 

COME AGISCONO: I falsi addetti si presentano in casa delle vittime designate con sorrisi rassicuranti, e spiegano che sono lì per effettuare dei semplici controlli. 

Solitamente agiscono in due, una donna che ha il compito di accattivarsi le fiducia di chi apre la porta, ed un uomo che fingendo di dover effettuare le rilevazioni, si introdurrà nell'appartamento rubando ogni cosa gli capiti a tiro. Se avete dubbi, chiamate immediatamente il 113 E comunque non aprite mai a sconosciuti volte si presentano anche con divise di polizia o carabinieri Chiedete sempre le loro credenziali e controllate presso il loro distretto l'identità 
Da ultimo non vi fate fermare in strada da nessuno vi chieda di farli venire a casa vostra con una scusa. 
PREVENIRE E'SEMPRE MEGLIO CHE CURARE!
Tratta bene la Terra, non ci è stata donata dai nostri Padri, ci è stata prestata dai nostri Figli. (Antico proverbio)

martedì 30 ottobre 2012

Il segreto della salute fisica e mentale

Il segreto della salute fisica e mentale non sta nel lamentarsi del passato, né del preoccuparsi del futuro, ma nel vivere il momento presente con saggezza e serietà. La vita può avere luogo solo nel momento presente. Se lo perdiamo, perdiamo la vita. L'amore nel passato è solo memoria. Quello nel futuro è fantasia. Solo qui e ora possiamo amare veramente. Quando ti prendi cura di questo momento, ti prendi cura di tutto il tempo.

(Buddha)

Fai una cosa giusta: consuma prodotti di stagione

Brevi consigli per un comportamento più corretto e responsabile nei confronti dell'ambiente, degli altri, di se stessi.

Come vengono dati i nomi degli uragani?

I nomi degli uragani sono decisi ancora prima della loro nascita: quelli degli uragani atlantici (detti anche cicloni tropicali atlantici), per esempio, sono pensati dall’Organizzazione meteorologica mondiale, che ha stilato sei liste di nomi, usate a rotazione anno dopo anno. Quella in uso quest’anno (2012) è già stata usata nel 2000 e 2006 e verrà riproposta nel 2018. Ogni lista è composta da nomi propri, uno per ogni lettera dell’alfabeto (a eccezione delle lettere Q, U, X, Y, Z). 


 L'uragano Elena del 1985 visto dallo spazio. Fu uno dei più forti e devastanti. 

Per questo motivo, non ci sarà più un altro uragano Elena. il suo nome, è stato tolto dalle liste ufficiali.
Se necessario, a fine lista, si ricomincia da capo, e all’inizio dell’anno nuovo si passa alla lista successiva. I nomi attribuiti a uragani catastrofici vengono eliminati dalla lista e sostituiti: così Katrina indicherà per sempre la tragedia vissuta a New Orleans nel 2005. Questa usanza, ufficializzata dal 1953, prevedeva all’inizio solo nomi femminili, ma dal 1978 sono stati aggiunti anche nomi maschili. Esistono altre liste, usate con regole e modalità differenti, che identificano tali fenomeni in altre zone del pianeta: Pacifico (nord-orientale, centrale, nord-occidentale), regioni australiane, oceano Indiano, Fiji, Filippine, Papua Nuova Guinea.

Sandy lascia il suo segno a Cuba

L'uragano Sandy è passato prima da Cuba. Ma.....nessuno parla di questo disastro. 
Ecco come è il paese dopo l'uragano. 
I media tacciono, su Cuba per parlare solo degli Usa. Almeno 55 mila persone sono state evacuate - hanno riferito funzionari cubani - soprattutto per evitare che vengano travolte dalle attese alluvioni, che in alcune aree potrebbero raggiungere il mezzo metro di altezza. 
Sulla costa sono attese forti mareggiate, e onde alte fino a otto metri. La tempesta, accompagnata da venti a 145 chilometri all’ora, si sta rafforzando e potrebbe passare dalla categoria 1 al secondo gradino della scala Saffir-Simpson. 
Ora Sandy si trova a 137 km a sudovest di Guantanamo e, secondo l’ Osservatorio meteorologico cubano, si sta spostando verso nord, raggiungendo la massima intensità vicino a Santiago, seconda città dell’isola. Il governo cubano ha sospeso i voli da e per l’est, e anche i servizi ferroviari e stradali. I 3mila cubani che lavorano nelle piantagioni di caffè di Santiago sono stati mandati a casa.

Il nodo di Salomone e altri simbolismi

Il Nodo di Salomone è uno dei simbolismi più antichi che si possa immaginare: basti pensare che se ne conoscono esemplari tracciati in maniera approssimativa in epoca preistorica, in incisioni rupestri come quelle, tanto per citare un esempio italiano, della Valcamonica (BS). Tuttavia la sua diffusione si sviluppa soprattutto con le culture euro-asiatiche, africane ed amerindie, e raggiunge il suo apice nella cultura celtica, fortemente basati sui temi dei nodi, degli intrecci e delle figure ondulate. Si pensa, infatti, che il Nodo sia penetrato nella nostra cultura attraverso i Romani proprio in seguito al contatto degli stessi con la cultura celtica. Nel complesso simbolismo celato dietro questo emblema, si possono rinvenire almeno due grani genealogie di significati. La prima di esse riguarda l'aspetto del Nodo, fondamentale tanto da aver dato il nome al simbolo stesso; seguono poi l'Intreccio, rilevabile nell'incastonamento di quattro frammenti identici l'uno dentro l'altro, ed infine quello del Serpente, non direttamente riscontrabile sul simbolo, ma ad esso legato sotto diversi aspetti. Il NODO dà subito l'idea del legame, concetto fondamentale che sottolinea la dualità insita nel simbolo: un legame, infatti, può essere inteso positivamente come forza benefica che unisce, rinforza e protegge, ma anche negativamente, come vincolo che lega, costringe ed imprigiona. Nel Nodo di Salomone, la doppia valenza è rafforzata dalle due serie di anelli che s'incrociano tra loro, a formare una specie di croce (elemento verticale più elemento orizzontale). L'INTRECCIO, a cui il nostro Nodo è più affine, possiede anch'esso diverse valenze, soprattutto quando è rappresentato in forma chiusa: infatti solitamente indica eternità e ciclicità. Nelle sue forme ondulate possono esservi allusioni alle vibrazioni energetiche o alla Forza creatrice, da sempre simbolicamente associate all'acqua. Infine, esso può avere valore di protezione negli spazi delimitati da cornici intrecciate. Il SERPENTE, altro potente simbolo magico di ogni tempo, rappresenta la forza vitale, il principio primordiale della vita, le correnti telluriche sotterranee. Ha anch'esso natura ambivalente in quanto il suo veleno può dare la morte ma al tempo stesso, usato come medicina, può dare la vita. Come simbolo richiederebbe una trattazione più adeguata in un capitolo a parte, ma in questo ambito sono soprattutto due tra le sue numerose forme più strettamente legate al tema del nodo e dell'intreccio. La prima è quella dell'Ouroboros , il serpente che avvolgendosi circolarmente su se stesso si morde la coda. Unendo la forma del cerchio a quella del serpente, esso simboleggia meglio di altri simboli la ciclicità della vita e la rigenerazione. Se poi, come spesso accade soprattutto nelle rappresentazioni di carattere ermetico/alchemico, è anche mostrato in due colori, allora sottolinea la sua doppia polarità ed allude ai due Principi fondamentali della Natura: quello Maschile e quello Femminile. Tale ambivalenza è invece esplicita nel simbolo del Caduceo , ovvero due serpenti che s'intrecciano attorno ad un'asta, o verga. Antico simbolo sumerico, indiano e classico (emblema di Hermes-Mercurio e di Esculapio/Asclepio), poi divenuto simbolo alchemico ed infine, ancora oggi, simbolo della Medicina e della Chimica Farmaceutica. Visivamente il Caduceo rappresenta una coppia di serpenti che si unisce attorcigliandosi attorno ad un bastone, che può simboleggiare il fallo generatore, l'albero della vita o l'asse del mondo, e rappresenta l'equilibrio tra le forse e la potenzialità creatrice che ne è la più diretta conseguenza.
La seconda genealogia di significati è quella legata a tutti quei simboli definibili "del centro", cioè graficamente rappresentati a simmetria centrale. In essi il punto centrale, vuoi esplicitamente individuato dall'incrocio di due o più elementi costituenti (come nelle croci o nel simbolo centrale per eccellenza, il Centro Sacro), oppure implicito nella struttura circolare (come nelle varie ruote o clavicole) è quello più importante, fulcro di riferimento e di raccordo che li anima. In particolare, il CERCHIO, o l'ANELLLO, rappresentano la ciclicità unita alla perfezione, simbolo del Principio Divino ed associato al Cielo, in contrapposizione al Quadrato, che invece è associato alla Terra. Nel Nodo di Salomone, i due bracci orizzontale e verticale sono in realtà costituiti da anelli, in numero variabile da uno a quattro. La CROCE, nella sua forma semplice , allude sia alla natura binaria e polare del cosmo, con le due forze opposte che si attraggono (braccio orizzontale e verticale, spesso disegnati in due colori differenti), sia al Quaternario, che simboleggia i Quattro Elementi (Aria, Acqua, Fuoco e Terra), le quattro stagioni, i quattro punti cardinali, i quattro umori del corpo umano (Sangue, Flemma, Bile Gialla e Bile Nera, o Atrabile), le quattro fasi della luna e quelle della Grande Opera Alchemica. La SVASTICA unisce ai significati precedenti quello di rotazione, ovvero di ciclicità e rigenerazione. Antico simbolo vedico, associato al movimento rotatorio del Sole, poi divenuto simbolo del Cristo risorto, del Buddha e di Atena, esso compare nel repertorio culturale di ogni continente a partire dalla Mesopotamia (almeno dal IV millennio). In età moderna è stato assunto da Adolf Hitler come emblema del nascente partito Nazista, ma la sua valenza positiva è stata capovolta invertendo il senso di rotazione, da orario ad antiorario. Nel Nodo di Salomone, la Svastica si forma al centro dei quattro bracci ed è chiaramente visibile, a volte ricalcata nelle rappresentazioni.

I Ghiacci del polo si stanno sciogliendo

I ghiacci del Polo Nord si ritirano in maniera 'innaturale' e il responsabile non può non essere individuato nell’uomo. 
Sono le conclusioni di un nuovo studio, pubblicato su Nature, sulla relazione tra clima e ritiro dei ghiacci realizzato grazie all’identificazione di dati storici relativi agli ultimi 1450 anni da parte di un gruppo di ricerca del Centro cileno di studi avanzati sulle zone aride a La Serena. L’estensione della copertura marina (non sulla terraferma) risulta circa due milioni di chilometri quadrati inferiore a una ventina di anni fa. 
Sebbene i dati mostrino negli ultimi decenni una costante diminuzione è mancata fino ad oggi la possibilità di valutare la variabilità naturale del ritiro della banchisa a causa di una mancanza di dati storici. Una tendenza che rimaneva ancora impossibile da valutare con certezza come vera anomalia e quindi da correlare con cause umane. Il nuovo studio, utilizzando carotaggi, testimonianze storiche, anelli di accrescimento degli alberi e sedimenti lacustri i ricercatori hanno potuto verificare un costante declino, ha realizzato uno storico molto accurato sui cambiamenti del livello dei ghiacci artici degli ultimi 1450 anni. 
Secondo gli autori, anche se sussistono incertezze nei dati prima del XVI secolo, la recente perdita di ghiaccio marino risulta essere senza precedenti ed è coerente con le forzature prodotte dall’uomo sul clima.

Super cellule per guarire il cuore

Identificate delle super-cellule per rigenerare il cuore "Ringiovanite" cellule mature con geni fetali. MILANO 
Dalle cellule del cuore si possono ottenere staminali multi potenti, in grado di rigenerare a loro volta cellule cardiache funzionali utili a riparare l’organo danneggiato, per esempio dal infarto. 
La nuova speranza sul fronte delle terapie cellulari arriva da uno studio italiano, frutto della collaborazione tra l’Istituto di biologia cellulare e neurobiologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibcn-Cnr) di Roma e l’Irccs Multi Medica di Milano. 
Il lavoro, pubblicato sulla rivista Cell Death and Differentiation, è firmato da Roberto Rizzi e Claudia Bearzi, “cervelli” rientrati in Italia dopo un lungo periodo negli Usa alla Harvard Medical School. 
Gli scienziati hanno dimostrato per la prima volta che i cardiomiociti possono essere una fonte di “super cellule” dotate di caratteristiche più vantaggiose rispetto ad altre staminali. «I cardiomiociti hanno capacità proliferative minime, se non assenti - spiega Rizzi - e ciò significa che a seguito di danno ischemico cardiaco, come per esempio nell’infarto, si crea una cicatrice riducendo la capacità funzionale del cuore, situazione nota come scompenso cardiaco. 
Il nostro lavoro ha dimostrato che, attraverso l’introduzione di geni fetali all'interno del genoma di cardiomiociti post-natali, è possibile ricondurre queste cellule già differenziate a uno stato embrionale. 
Una volta ottenute le staminali dai cardiomiciti, queste sono state indotte a differenziare nuovamente in cellule cardiache battenti. La ricerca ha messo in evidenza che le cellule multi potenti indotte ottenute dai cardiomiociti hanno una capacità maggiore di ridiventare nuovamente cellule cardiache contrattili, rispetto ad altre cellule staminali, e ne ha definito le basi molecolari stabilendo che questa “memoria” dipende da pochi geni». 
Lo studio apre alla possibilità di utilizzare i cardiomiociti come staminali cardiache, passando per lo stadio embrionale. «Grazie alle loro capacità differenziali - sottolinea Bearzi - queste cellule potranno essere utilizzate per la riparazione del miocardio danneggiato». 
«La capacità di generare qualsiasi tipo di tessuto è esclusiva delle cellule staminali embrionali - continua Bearzi - ma è noto che restrizioni etiche limitano l’utilizzo delle stesse». 
«Nel 2006 - ricorda la scienziata - un ricercatore giapponese, Shinya Yamanaka, ha dimostrato la possibilità di riportare cellule neonatali e adulte, quindi già differenziate con la capacità di generare tessuti pari a quella delle cellule staminali embrionali con l’introduzione di pochi geni fetali. 
Queste staminali ottenute da cellule mature erano state definite multi potenti indotte».

Scoperto un nuovo ominide

Cina, Maludong. Scoperti fossili di una specie sconosciuta di ominidi?
Potrebbero appartenere a una nuova specie umana, i misteriosi resti fossili di uomini preistorici ritrovati all'interno di due grotte nel Sud-Ovest della Cina. Gli ominidi, vissuti tra 14.500 e 11.500 anni fa, avrebbero avuto un aspetto inedito, un vero e proprio mix di caratteristiche anatomiche primitive e moderne. La scoperta, che potrebbe scrivere una nuova pagina della storia dell'evoluzione umana, è pubblicata su Plos One da un gruppo di ricerca guidato dall'università australiana del Nuovo Galles del Sud.
Questo "uomo nuovo" venuto dalla Cina rappresenta un vero e proprio rompicapo per gli esperti - Dopo anni di studi gli esperti si dicono ancora cauti nel classificare questi fossili definiti come un insolito mosaico di caratteristiche diverse, primitive e ancestrali. "Questi fossili potrebbero appartenere a una specie finora sconosciuta, sopravvissuta fino alla fine dell'era glaciale circa 11.000 anni fa", spiega il coordinatore dello studio Darren Curnoe.C'è chi ipotizza fossero originari dell'Africa - "In alternativa - aggiunge - potrebbero rappresentare una antichissima e finora sconosciuta ondata migratoria di uomini moderni fuoriusciti dall'Africa, una popolazione che non avrebbe però contribuito dal punto di vista genetico alle popolazioni moderne".I resti sono stati scoperti in una grotta a Maludong - La scoperta nasce dallo studio dei resti fossili di tre individui scoperti nel 1989 da un gruppo di archeologi cinesi in una grotta a Maludong, vicino alla città di Mengzi, a cui si è poi aggiunto anche lo scheletro incompleto di un quarto uomo rinvenuto nel 1979 da un geologo cinese in una caverna vicino al villaggio di Longlin.Cina, Maludong. Scoperti fossili di una specie sconosciuta di ominidi?

IL MISTERO DEL FARO DELLE ISOLE FLANNAN

Sono trascorsi ben 110 anni da questa triste vicenda, tuttavia, nessuno è stato in grado di trovare risposte esaurienti su quanto realmente accadde in quel freddo 15 dicembre del 1900.
Ci troviamo nell’Oceano Atlantico, precisamente al largo della costa scozzese. Le Isole Flannan fanno parte dell’arcipelago delle Isole Ebridi esterne, sono formate da 7 grossi scogli denominate anche Seven Hunters (sette cacciatori). Questo piccolo complesso di isolotti deve il suo nome al Vescovo Flann, che nel 1600 decise di ritirarsi in solitudine diventando così l’unico abitante del piccolo arcipelago. Fece costruire una modesta Cappella dove dimorò e morì una decina di anni dopo. In questa zona il mare spesso si ingrossa e rende particolarmente difficile l’attraversamento delle navi. Moltissime imbarcazioni che navigavano in quel tratto, a causa della forte corrente finivano per schiantarsi contro le Flannan.Tantissimi marinai persero la vita tragicamente.Per evitare altre vittime nel 1895 venne deciso di costruire un Faro per segnalare la presenza delle Flannan, e per dare un punto di riferimento molto utile alle navi di passaggio. Il faro venne eretto nell’isolotto più grande: Eilean Mor, a pochi passi dalle rovine della Cappella. Il 7 dicembre del 1899 il faro era pronto per cominciare a vigilare sulla sua piccola parte di Oceano. Dalla Società Northern Lighthouses Board vennero reclutati quattro esperti uomini di mare per custodire e presidiare il faro. Ecco i loro nomi: James Ducat – Capo Guardiano - per 20 anni aveva esercitato in diversi fari in giro per l’Europa Thomas Marshall – Primo assistente - Marinaio da svariati anni, era un vero lupo di mare. Donald Mc Arthur – Assistente occasionale e marinaio di grande esperienza. Joseph Moore - Secondo assistente - L’uomo “chiave” della storia e vedremo presto il perché. L’accordo tra la società e i guardiani prevedeva che ci fossero sempre 3 persone fisse a custodire il faro. Così organizzarono una turnazione che metteva tutti d’accordo: sei settimane sull’isola, due settimane sulla terra ferma. Ognuno di loro a rotazione poteva tornare a casa dalla famiglia e svagarsi un po’. La loro breve avventura ebbe inizio il 7 dicembre 1899. Riporto qui si seguito le impressioni raccontate da Joseph Moore dopo aver trascorso il primo giorno a Eilean Mor.
“Eravamo soli ormai, la nave era tornata in Scozia. Quella notte accendemmo la grande lampada per la prima volta. Fu veramente emozionante! Qualcosa di invisibile sembrava legarci a quanti erano sul mare. Sapevamo bene cosa significhi Per un marinaio vedere una luce amica, che indica la rotta sicura. C’era qualcosa di strano nell’aria. Niente di terribile o spaventoso, solo uno strano silenzio in mezzo al fragore del mare, una pace che noi non riuscivamo a capire.” Ogni 15 giorni la nave Hesperus portava viveri, rifornimenti e giornali. Rientrava in Scozia portando con se uno dei quattro guardiani. Trascorse le due settimane successive era la volta di un altro guardiano e così via. Questa era ormai la consuetudine; i giorni, le settimane, i mesi si ripetevano ciclicamente. Il 6 dicembre del 1900 L’Hesperus attraccò con a bordo James Ducat che rientrava dal suo periodo di vacanza. Vennero consegnate le provviste e la posta come sempre. Joseph Moore era di turno per rientrare a casa, mentre il traghetto si allontanava dall’isola salutò i suoi colleghi rimasti sul faro. Quella fu l’ultima volta che li vide.
Il 15 dicembre il Capitano Holman transitava in prossimità delle Flannan a bordo della nave Archer. L’uomo testimoniò che il faro era spento. Forse la segnalazione fu ignorata, o semplicemente venne resa nota solo dopo aver scoperto la tragedia. Il 21 dicembre l’Hesperus sarebbe dovuta attraccare a Eilean Mor per i soliti approvvigionamenti, con a bordo Joseph Moore, di rientro dal suo congedo. Ci fu una tempesta fortissima che imperversò per diversi giorni, impedendo alla nave di avvicinarsi all’isola. Finalmente il giorno 26 l’Hesperus attraccò e con grande sorpresa di tutto l’equipaggio, nessuno andò loro incontro come era di consuetudine. Moore diventò sospettoso e affrettò il passo annunciando a gran voce il suo arrivo. Silenzio. Si precipitò nel faro e ci mise poco a rendersi conto che era solo. Dove erano i suoi compagni? Visitò gli alloggi, la torretta e la cucina. Tutto era in ordine, nulla mancava, c’era soltanto una sedia rovesciata. La grande lampada era pronta per essere accesa, piatti e stoviglie erano sistemate con cura. L’orologio era fermo, il fuoco spento. Moore non riusciva a darsi una spiegazione. Esisteva un diario che i 4 uomini avevano deciso di scrivere per tenere in continuo aggiornamento la loro permanenza sul faro. Di questo documento non possiedo fonti certe, perché l’archivio nazionale della Scozia afferma che il diario non è più reperibile. Riporto quindi le annotazioni scritte da Vincent Gaddis in un suo libro edito nel 1977: 12 Dicembre: Vento di tempesta da Nord-NordOvest. Mare molto agitato. Siamo Bloccati. Ore 9 P.M: Onde altissime scuotono il faro, mai vista una burrasca simile. Ducat è nervoso. Mc Arthur sta piangendo. 13 Dicembre: La tempesta è continuata per tutta la notte. Il vento soffia a ovest. Ducat è tranquillo,Mc Arthur prega. 14 Dicembre: Giornata grigia. Io, Ducat e Mc Arthur abbiamo pregato. 15 Dicembre: Il temporale è cessato. Il mare è calmo. Dio veglia su tutto.
Venne immediatamente aperta un’indagine sull’accaduto. Tutta l’isola fu setacciata. Nessun corpo fu mai ritrovato. L’unico indizio utile che permise di effettuare ulteriori congetture fu il ritrovamento di un impermeabile e un paio di stivali. Era l’abbigliamento che erano soliti ad indossare i guardiani quando uscivano dai loro alloggi. L’equipaggiamento di Mc Arthur era al suo posto dentro l’armadietto, mancavano invece gli stivali e gli impermeabili di Ducat e Marshall. Gli investigatori esposero la loro teoria: Tutto era pronto per accendere il faro, di lì a poco avrebbero cenato insieme. Ducat e Marshall erano usciti a fare il giro dell’isola. Si è teorizzato a lungo su ciò che accadde realmente quel giorno. Tutto fece pensare a un’onda anomala che travolse e spazzò via Ducat e Marshal; Mc Arthur vedendo la scena dal faro, uscì di corsa nel tentativo disperato di salvare i compagni; questo spiegherebbe il perché l’impermeabile era rimasto al suo posto e la sedia fu trovata rovesciata sul pavimento. Mc Arthur abbandonò il faro pur sapendo che il regolamento lo vietava severamente. Una seconda ondata risucchiò anche lui nelle gelide acque dell’Atlantico. Ma allora perché tre uomini di mare, coraggiosi ed esperti come loro avrebbero pianto e pregato il giorno prima di scomparire? Perché Nessun corpo fu mai rinvenuto? Cosa accadde veramente nessuno lo saprà mai con certezza. Questa vicenda ha suscitato l’interesse di migliaia di persone, tenendo sempre vivo il mistero che tutt’ora rimane senza una soluzione capace di mettere d’accordo tutti quelli che hanno cercato risposte esaurienti. Nel 1971 il faro fu definitivamente automatizzato, ma le anime dei tre guardiani probabilmente sono ancora là, nella “grande Isola” a custodire il faro … e il loro inconfessabile segreto.


Margherita Mariani ( duepassinelmistero.com)

La divinità Inti

Inti era l’antica divinità Inca del sole adorato come un dio protettore dell’impero. Era la seconda divinità più importante dopo Viracocha, il dio della civiltà. Secondo una versione del mito, egli sarebbe il figlio di Viracocha.
Culto di Inti Il sole era l’aspetto più importante della vita per il popolo Inca, perché forniva calore, luce, dava sostentamento e permetteva la crescita delle colture. Inti quindi era conosciuto anche come il Datore della Vita. Era venerato soprattutto dagli agricoltori che si basavano sul sole per ricevere buoni e abbondanti raccolti. Anche se era la seconda divinità venerata dopo Viracocha, riceveva il maggior numero di offerte. Si riteneva che i l Sapa Inca,(sacerdoti) il sovrano del popolo, e tutta la famiglia reale, discendessero direttamente da questa divinità. Il dio Inti e sua moglie, Pachamama, la dea della Terra, venivano generalmente considerate divinità generose e benevole. Si credeva che avesse dato origine alla Terra. Mito di Inti Secondo un antico mito, Inti insegnò al figlio e alla sua figlia le arti della civilizzazione,poi vennero inviati sulla terra per trasmettere questa conoscenza a tutta l’umanità.
Pachacuti creò l’ Inti Raymi per festeggiare il nuovo anno nelle Ande del Sud del mondo. L’ultimo Inti Raymi con la presenza dell’imperatore Inca è stata celebrata nel 1535, dopo di che la conquista spagnola e la Chiesa cattolica la soppressero. L'Inti Raymi, la Festa del Sole al Convento de Santo Domingo. Il convento è stato costruito sfruttando la struttura della Coricancha, il santuario più importante che gli Inca avevano dedicato al dio Sole (Inti) e i suoi muri erano ricoperti di oro Pachacuti creò l’ Inti Raymi per festeggiare il nuovo anno nelle Ande del Sud del mondo. L’ultimo Inti Raymi con la presenza dell’imperatore Inca è stata celebrata nel 1535, dopo di che la conquista spagnola e la Chiesa cattolica la soppressero.