sabato 25 gennaio 2014

Castello di Fumone : tra antiche leggende e storie di fantasmi



Prima di appartenere alla famiglia Longhi, Fumone fu principale fortezza militare dello Stato Pontificio del basso Lazio.
 “Quando Fumone fuma, tutta la campagna trema”, si diceva, poiché le fumate che venivano prodotte dall’alta torre comunicavano che i nemici stavano giungendo ed avvertivano la popolazione di trovare un rifugio.
 Da ciò nacque il detto popolare e anche il nome del paese. 
Nel Medioevo, Fumone fu quindi fortezza inespugnabile e si narra che i nemici furono fatti prigionieri e murati vivi al suo interno. La leggenda vuole che, nel castello, ancora oggi i visitatori avvertano le urla di dolore dei malcapitati. 
Il castello ha anche una triste fama di essere stato prigione pontificia. Qui vennero perpetrate, ai danni degli infedeli, torture disumane e inimmaginabili. Tra i suoi prigionieri illustri, che fra queste mura terminarono i loro giorni, va ricordato l’”antipapa” Gregorio VIII, il cui corpo non è mai stato ritrovato, e si ritiene che i suoi resti siano stati occultati in qualche intercapedine del castello. Vi fu imprigionato anche Celestino V, il noto papa citato nell’Inferno di Dante Alighieri come pontefice che “fece per viltà il gran rifiuto”.


Celestino V morì proprio nel Castello di Fumone il 19 maggio 1296, e si pensa fu assassinato, poiché il teschio presenta un foro come fosse stato trapassato da un chiodo. 
Nel 1988 uno studio radiologico ha confermato che la morte del celebre papa sia avvenuta proprio in seguito ad una perforazione cranica, attribuibile ad un oggetto appuntito.
 Le cronache narrano che, poco prima della sua morte, fu vista una croce splendente apparire dinanzi alla sua cella. Da allora si dice che, di tanto in tanto, si sentano battere colpi misteriosi alle pareti. Una visita guidata permette di entrare nelle stanze più importanti del castello, quelle visibili al pubblico. 
Nel corso degli anni, infatti, il castello di Fumone è stato trasformato dalla famiglia Longhi in una vera e propria residenza, dove attualmente ancora abitano.


Ma la vicenda più triste per la quale è conosciuta questa fortezza, è senza dubbio quella del “Marchesino” Francesco Longhi, un bimbo di soli 5 anni, ucciso dalle sorelle invidiose nel 1800. 
Francesco era l’unico erede maschio della famiglia Longhi e avrebbe quindi acquisito l’intera eredità, secondo la regola della primogenitura maschile. La madre aveva dato alla luce ben sette figlie femmine che, crescendo, non si rassegnarono ai privilegi di Francesco e misero in atto un tremendo piano di vendetta. 
Gli misero dell’arsenico nel cibo, ed il piccolo morì tra atroci sofferenze.




Le spoglie furono imbalsamate con la cera, per ordine della madre disperata, che non lo volle seppellire nel tentativo di tenerlo per sempre accanto a sé. 
Il corpo del piccolo è esposto in una teca conservata nel castello ed è visibile al pubblico.
 La tecnica che fu utilizzata per conservare il corpo del bimbo non è ben chiara, ed il medico che la eseguì morì subito dopo in circostanze misteriose. 
La madre non seppe mai la verità, e morì nella convinzione che il suo figlio prediletto fosse morto di polmonite. 
Ad appesantire l’atmosfera del castello fu una decisione presa dalla donna stessa, di far ridipingere tutti i ritratti presenti, allo scopo di eliminare ogni scena di felicità e serenità.


Un ritratto nel quale la donna portava un vestito bianco, per esempio, venne modificato. L’abito fu dipinto di nero e fu coperta la collana. Fra le mani comparve una piccola culla con dentro l’effige del suo amato bambino. 
Soltanto dopo la morte di quest’ultima, una delle figlie confessò il misfatto. Furono eseguite delle indagini sui capelli del corpo imbalsamato del bimbo e furono effettivamente trovate tracce di arsenico. 

Un’altra storia legata alla morte del piccolo Francesco Longhi, narra che il fantasma di sua madre, Emilia Caetani Longhi, si aggiri ancora, senza pace, nelle sale del castello di Fumone. Ogni notte la mamma del “Marchesino” si recherebbe nella stanza dov’è conservata la teca con il corpo di suo figlio per abbracciarlo e cullarlo. 
Quando calano le tenebre, quindi, i passi del fantasma riecheggiano nel castello e si odono nenie e singhiozzi provenire dalla stanza della mummia. 
Lo stesso “Marchesino”, ogni tanto, si diletterebbe a spostare o nascondere oggetti. 

 Ed infine, quando si pensa che le storie siano terminate, ecco comparire il “Pozzo delle Vergini”, un pozzo stretto e profondo, dove venivano gettate le ragazze appena sposate che giungevano “impure”al cospetto del proprietario del castello. 
Il signorotto locale, imponeva lo “jus primae noctis”, ovvero il “diritto della prima notte”.
 Un signore feudale aveva il diritto di trascorrere, in occasione del matrimonio di un proprio suddito, la prima notte di nozze con la sposa. 
In poche parole, tutte le ragazze che prendevano marito dovevano trascorrere la prima notte dopo le nozze nel letto del signore, e se costui non ne constatava la purezza, le gettava nel pozzo, dove trovavano una morte atroce, accompagnata da urla strazianti.


Questa “tradizione” è talmente barbara da sembrare assurda! Eppure, il ritrovamento di ossa umane femminili in fondo al pozzo, è stata una conferma che il fatto avvenisse realmente. 

 Fonte: http://oubliettemagazine.com/

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