domenica 5 maggio 2013
Linee di Nazca: gli squatters minacciano il sito archeologico
Con il termine "squatters" vengono definiti gruppi di persone, di ispirazione anarchica, intente all'occupazione abusiva di proprietà pubbliche e private, per motivi sostanzialmente politici. Nell'idea degli squatters, l’occupazione e l’autogestione di spazi pubblici sono giustificati dalla necessità di liberare degli spazi dall’influenza delle istituzioni e dei partiti.
Un gruppo di queste persone, però, sta diventando un problema per uno dei siti archeologici più importanti del pianeta: il deserto di Nazca. Gli squatters stanno impiantando allevamenti di maiali proprio nel sito delle linee, i famosi geoglifici giganti incisi misteriosamente nel deserto più di 1500 anni fa.
Secondo le dichiarazioni di Blanca Alva, direttore presso il ministero della cultura del Perù, gli occupanti hanno già distrutto un area cimiteriale antica quanto i geoglifici. Il gruppo di occupanti è arrivato sul sito nell'aprile del 2012, approfittando delle leggi peruviane in materia di occupazione di beni pubblici, intese a proteggere i poveri e i senza terra.
In Perù, gli abusivi che occupano un terreno per più di un giorno, hanno diritto ad un processo giudiziario prima di essere sfrattati, che normalmente viene celebrato due o tre anni dopo la denuncia. "Il problema è che fino ad allora, il sito sarà distrutto", ha detto la dott.ssa Alva. In una recente ispezione del sito, gli archeologi hanno contato già la presenza di 14 allevamenti di suini.
Già nel mese di gennaio del 2012, il ministero della cultura si vide costretto a sfrattare un altro gruppo di abusivi che si era insediato nei pressi del disegno tentacolare conosciuto come "Orologio Solare".
Il territorio sul quale insistono le Linee di Nazca è stato dichiarato patrimonio dell'umanità dall'UNESCO nel 1994.
I giganteschi geoglifici, visibili solo sorvolando la zona ad alta quota, sono stati incisi in un arco di tempo di 1000 anni, su di un'area di 500 km quadrati di deserto costiero. I disegni rappresentano enormi uccelli, scimmie e altre forme geometriche. I geoglifici di Nazca sono è uno dei patrimoni archeologici più importanti ed enigmatici dell'intero pianeta. Essi parlano di un passato precolombiano ricco di storia e di cultura e, nonostante sia oggetto di studio di numerosi ricercatori, la causa della loro realizzazione rimane ancora avvolta nel mistero.
"Le linee sono molto delicate, eppure sono sopravvissute per 1500 anni", spiega Ann Peters, archeologa affiliata con l'Università della Pennsylvania, durante un simposio internazionale sulla cultura Nazca. I Nazcani hanno inciso i geoglifici asportando la parte superiore del suolo del deserto, formato da ciottoli di ossido di ferro, fino a far emergere la parte inferiore bianca, roccia di origine calcarea. Peters ha detto che le occupazioni abusive minacciano la ricerca di circa 60 archeologi specializzati sui geoglifici di Nazca.
Il capo del villaggio squatter, Jesus Arias, nega che la sua comunità abbia danneggiato la zona. "Per noi non è un sito archeologico. Non c'è nessun cimitero lì e non esiste nessuna linea di Nazca o cultura", ha dichiarato Arias. Come lui stesso ha spiegato, gli occupanti sono i figli adulti di persone provenienti dalla vicina città di San Pablo: "La nostra popolazione continua a crescere", continua Arias. "Si tratta di persone povere che non hanno i soldi per comprare un terreno o una casa". Arias ha detto anche che il ministero della cultura dovrebbe fare un lavoro migliore per permettere di identificare le aree protette.
In effetti, il problema in Perù esiste.
L'occupazione è un modo comune per i poveri di acquistare proprietà in Perù. Molto spesso, però, dietro a questi gruppi di disperati, si nascondono dei veri e propri trafficanti di terra sempre più organizzati e potenti.
Secondo Blanca Alva, gli squatters sono la più grande minaccia per gli oltre 13000 siti del patrimonio archeologico del Perù, un tesoro ricco di informazioni per gli studiosi di tutto il mondo. "Riceviamo 120-180 segnalazioni di abusi ogni anno", continua Alva. "Per i miei colleghi che operano nel resto dell'America Latina, e che hanno a che fare con quattro o cinque casi l'anno, questa cifra è incredibile".
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