venerdì 21 settembre 2012
Yanga, il primo africano della storia americana che guidò una ribellione contro la schiavitù
A partire dal 1989 è stato lanciato in Messico il Programa Nacional La Tercera Raíz, allo scopo di far conoscere ed apprezzare l'importanza della presenza africana nella cultura messicana ed in tutta l'America Latina. Il Museo de las Culturas Afromestizas Raccoglie con intento didattico, oggetti e testimonianza della vita quotidiana degli africani deportati e dei loro discendenti, una grande mappa è appesa ad un muro. E’ la “La Ruta de los Esclavos”: l’itinerario compiuto dalle navi negriere e le successive destinazioni degli schiavi, una volta giunti sul suolo americano. Il Messico non è tra i paesi più conosciuti per la storia della schiavitù, ma anche in questa parte così importante delle antiche colonie spagnole fu diffusa la pratica della compravendita di schiavi africani utilizzati nelle miniere, come artigiani o servitori domestici. Il loro lavoro è testimoniato da dettagliati diagrammi, che mostrano il lavoro degli africani e degli indigeni nelle miniere d’oro, mentre alcuni dipinti raffigurano governanti nere che ninnano i figli delle ricche famiglie spagnole. Uno spazio è dedicato a Yanga, il primo africano della storia americana che guidò una ribellione contro la schiavitù e si rifugiò sulle montagne per costituire la prima comunità di cimarrones (gli schiavi fuggitivi). Tutto questo accadeva nel 1620. Un monumento allo schiavo ribelle è stato eretto nella città che porta il suo nome, nello Stato di Veracruz. Di grande interesse è un particolare strumento musicale custodito nel museo: il tarimba o cajon. SI tratta di un pezzo di legno sul quale i “suonatori” ballavano, colpendolo con i piedi ed ottenendo suoni molto simili a quelli prodotti dal battere delle mani sui tamburi. Vietato quale oggetto "diabolico" dall’Inquisizione durante il XVII secolo, il divieto si estese nel secolo successivo a tutti i tamburi. La rivolta degli schiavi ad Haiti, infatti, era stata preannunciata proprio dal suono dei tamburi, che avevano chiamato a raccolta i rivoltosi.
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