mercoledì 6 marzo 2019

L’antica fortezza greco-battriana di Uzundara


In Uzbekistan, una missione archeologica sta portando alla luce un poco conosciuto sistema di fortificazioni di epoca ellenistica. Lungo 908 metri, proteggeva il confine settentrionale del regno greco-battriano contro le incursioni dei nomadi. 

I ritrovamenti di armi e monete hanno datato al 290 a.C. la costruzione di Uzundara, dove per i successivi 150 anni si sarebbe installata una guarnigione macedone.

 Nel IV secolo a.C., la Bactria era una delle grandi satrapie dell’impero persiano degli Achemenidi in Asia centrale. Conquistata nel 329 da Alessandro Magno, alla sua morte fece parte dell’Impero seleucide e nel 250 si rese indipendente come regno greco-battriano. 
Tuttavia, le numerose campagne militari e le lotte di potere indebolirono gradualmente lo stato e la Bactria, una volta fiorente, cessò di esistere nel II secolo a.C. quando i nomadi di lingua iraniana, i Saci e gli Yuezhi, invaserono il paese da nord.




Gli scavi degli archeologi russi e uzbeki hanno recentemente portato alla luce il sistema di fortificazioni a nord del regno macedone. 

Venne costruito nel 295-290 a.C. circa, durante il regno di Antioco I e all’inizio della formazione dello stato seleucide.

 La fortezza fu abitata per circa 150 anni. 
Era composta da un quadrilatero principale a forma di rombo e da una cittadella triangolare, circondata da possenti doppie mura con una galleria interna larga nove metri, e 13 torri-bastioni rettangolari di cui tre esterni.

 Fuori vi era un mercato dove i soldati della guarnigione si rifornivano dalla popolazione locale.


Il presunto ultimo assalto alla fortezza è stato individuato sul lato est: nel campo di battaglia c’erano oltre 200 punte di frecce, giavellotti e proiettili per fionde. 

Presso il muro fortificato sudoccidentale sono stati invece scavati dei “sensazionali” resti metallici di elmi e delle piastre dell’armatura dei soldati di Uzundara. 

«Ci sono analogie con le armi rinvenute nella cittadella di Takhti-Sangin.
 Quelle però erano in bronzo, mentre noi abbiamo trovato frammenti di ferro. 
Ci vorrà una lunga ricerca per determinare la loro tipologia», afferma l’archeologa Nigora Dvurechenskaya (Accademia Russa delle Scienze), a capo della spedizione.




Gli archeologi hanno anche raccolto un gran numero di ceramiche e una ricca collezione numismatica.
 Le circa 200 monete portano le effigi di Antioco I e di tutti i sovrani da Diodoto I Sotere a Eliocle I (rispettivamente, primo e ultimo sovrano del regno greco-battriano).

 Le monete sono in ottimo stato di conservazione e vanno dalle preziose dracme d’argento ai lepta di rame. Una tale varietà dimostra come la Bactria, all’inizio della formazione del regno seleucide, facesse parte di un sistema monetario già sviluppato.
 Gli studiosi utilizzeranno i materiali di Uzundara per ricostruire la vita nelle fortezze seleucidi e grecobattriane.





Fonte: ilfattostorico.com

Le Isole Cook vogliono cambiare nome per omaggiare il popolo e la cultura Maori


Le Isole Cook potrebbero presto cambiare nome per prendere le distanze dal passato coloniale e valorizzare la cultura e la lingua indigena locale che è legata ai Maori neozelandesi. Come sappiamo le Isole Cook sono in tutto quindici, un paradiso nel Pacifico meridionale e sono abitate da meno di 20mila persone. Il loro nome è legato a quello dell’esploratore inglese James Cook, anche se furono gli spagnoli a scoprile per primi.




Ma ancor prima del colonialismo, qui vivevano i Maori neozelandesi. 
Per questo motivo adesso gli abitanti rivendicano un nome che ricordi le loro tradizioni e la cultura indigena locale.


Secondo The Guardian, l’idea è stata lanciata da Danny Mataroa, presidente del comitato per la modifica del nome e lentamente sta guadagnando il sostegno del governo che è già in procinto di valutare 60 nomi proposti dall’opinione pubblica.

 I cittadini saranno chiamati dunque a un referendum, ma qualunque sarà il nome dovrà rappresentare l’identità Maori della Nuova Zelanda. 
Per adesso non ci sono indiscrezioni anche se qualcuno ipotizza che in realtà verrà solo aggiunta la parola Maori a Isole Cook. 

 In passato si era già tentato di fare il cambio, ma non tutti i erano d’accordo così la mozione era stata respinta. 

Adesso Mataroa dice che tutti e 12 i capi delle isole abitate del paese stanno partecipando al processo e la spinta al cambiamento è più forte che mai. 

Dominella Trunfio