giovedì 29 agosto 2019

Riemerge dalle acque l’antica Stonehenge spagnola sommersa da Franco con una diga


Un’antica Stonehenge molto simile a quella inglese, è riemersa sulle rive del Tago in Spagna, ma il rischio è che il cosiddetto tesoro di Guadalperal possa di nuovo essere sommerso se non si prenderanno al più presto seri provvedimenti per preservarlo.


 Il sito era scomparso dopo la costruzione di una diga nel 1963 ordinata da Franco.



Gli abitanti di Peraleda de la Mata (Cáceres) avevano sentito parlare di una serie di pietre antiche a pochi chilometri da casa loro, ma mai e poi mai avrebbero immaginato che quello che hanno ribattezzato come il tesoro di Guadalperal, immaginandolo come qualcosa di unico, riaffiorasse così da un momento all’altro. 

 Adesso sotto quella diga prosciugata in maniera temporanea è venuto alla luce questo complesso megalitico risalente all’età del bronzo.
 114 pietre con camera ovale di cinque metri di diametro e un corridoio di 21 metri di lunghezza che restituiscono al sito il nome originale, ovvero i Dolmen del Guadalperal, danneggiati circa due millenni fa da soldati romani.


Il primo a interessarsi di questa Stonehenge spagnola era stato tra il 1925 e il 1927, il geologo e archeologo tedesco Hugo Obermaier che aveva condotto alcuni scavi nella zona scoprendo questo tesoro.
 Obermaier,aveva trovato numerosi oggetti esposti attualmente in un museo di Monaco di Baviera.

Ma dopo con la costruzione della diga voluta dal generale Franco, il complesso megalitico era stato travolto dall’acqua. 

 In alcuni dei megaliti sono scolpiti i serpenti stilizzati come simbolo di protezione, esattamente come in quelli inglesi, esteticamente invece sono pensati come templi del culto del sole e formula di sepoltura a cielo aperto.

 “Pensiamo che il Dolmen di Guadalperal avesse la funzione di centro commerciale e culturale della zona”, spiega Ángel Castaño. “Ma potrebbe anche avere un altro compito importante: proteggere il passaggio di Vega de Alarza”.

La cosa sorprendente è che il sito è emerso nella sua interezza anche se purtroppo le pietre mostrano segni di deterioramento. 

E’ per questo che, temendo che vengano di nuovo sommersi, l’Associazione Culturale Radici di Peraleda vorrebbe farli trasferire per preservarli. 
 “Dopo tutti questi decenni sott’acqua, le pietre hanno iniziato a deteriorarsi: il granito è più poroso, sono comparse delle crepe e altri pezzi sono caduti a terra”, afferma Angel Castaño, presidente dell’associazione.“Ci adopereremo per salvare questa eredità. Vogliamo valorizzare questo monumento per promuovere il turismo, per trasferirlo ma senza separarlo dal suo contesto. 
Fino ad adesso, non vi è stato alcun interesse da parte delle autorità o di chiunque altro”.

 Dominella Trunfio

mercoledì 28 agosto 2019

Il relitto del Titanic è in pericolo


Il Titanic è affondato nell'Oceano Atlantico dopo essersi scontrato con un iceberg nella notte tra il 14 e il 15 aprile del 1912.
 Il suo relitto, che era già leggendario prima che il film con Leonardo Di Caprio e Kate Winslet ammantasse la tragedia di un ulteriore strato di romanticismo, riposa da allora a una profondità di circa 3800 metri, 600 km a sud ell'isola canadese di Terranova. 

Il relitto giace diviso in due pezzi principali, a circa 600 metri l'uno dall'altro. 

 Per quasi un secolo dal momento del naufragio si è discusso della possibilità di recuperare il relitto, ma il tentativo principale è fallito nel 1996.


 Recentemente un team internazionale di esploratori di acque profonde e scienziati guidati da Caladan Oceanic ha visitato il relitto per la prima volta da 14 anni, attraverso 5 diverse immersioni in 8 giorni all'inizio di agosto 2019. Il team ha usato telecamere modificate appositamente per adattarsi alla struttura del relitto, e i risultati delle ricerche verranno pubblicati insieme a un documentario della Atlantic Productions a Londra.




Purtroppo però l'esplorazione non porta buone notizie: il team ha scoperto che dopo oltre un secolo nella gelida acqua di profondità alla temperatura di circa 1 grado, il relitto è diventato vulnerabile dai vortici ed è sottoposto all'usura di correnti marine in continua variazione. 
Sale, batteri e corrente stanno avendo sul relitto un effetto peggiore del previsto. 

Uno "scioccante deterioramento" è stato osservato negli alloggi degli ufficiali, dove il capitano aveva le sue stanze. 
"La vasca da bagno del Capitano era una delle immagini preferite degli appassionati del Titanic e ora non c'è più", afferma Parks Stephenson, storico del Titanic. "e il deterioramento continuerà ad avanzare. ”


Sul sito la squadra ha deposto una ghirlanda e tenuto una breve cerimonia in onore delle vittime del 1912.

 A breve potrebbe crollare anche il tetto del salone di prua, oscurando gli interni della nave.

 La natura sta facendo il suo corso e non ci sono elementi che facciano sperare che il processo rallenti o si fermi.

 Fonte:esquire.com

lunedì 26 agosto 2019

Un antico quartiere di Atene ai piedi dell’Acropoli


Passeggiare in un antico quartiere ateniese sopravvissuto dall'età classica ai tempi bizantini.

 Il Museo dell'Acropoli della Grecia ha recentemente aperto il sito di scavi archeologici che si trova proprio sotto all'edificio progettato dall’archistar Bernard Tschumi, situato ai piedi della collina dell’Acropoli.

 La nuova area è stata aperta per celebrare i dieci anni del museo, che ospita tanti capolavori dell'antichità greca.
 Ma non stiamo parlando di una tradizionale ala museale, bensì di un vero e proprio quartiere fatto di case, cortili, strade, botteghe, bagni di lussuose dimore, tombe, pozzi e sistemi di drenaggio, scoperte durante i lavori di costruzione del palazzo.


Per preservare i ritrovamenti, il museo soprastante «galleggia» su dei pilastri di cemento.
 E ora «i visitatori possono scendere fino alle fondamenta per ammirare le antiche rovine della città di Atene, in particolare nell'area a sud dell'Acropoli», ha spiegato il direttore del museo, Dimitris Pantermalis. 

Lo scavo archeologico mostra i resti di un antico quartiere ateniese, «la maggior parte di epoca romana e bizantina, ma alcuni risalgono anche all’Atene classica».






Fra le strutture riportate alla luce c'è anche quello che resta della dimora di un ricco ateniese, risalente al VI secolo dopo Cristo, con i suoi sontuosi pavimenti a mosaico e la camera in cui gli ospiti potevano stare al caldo prima o dopo un tuffo in piscina. 

«Speriamo di presentare presto anche i reperti raccolti durante lo scavo, per offrire ai visitatori un quadro completo della vita quotidiana dell'antica Atene». 


Un affascinante viaggio nel tempo e nella vita quotidiana delle persone che hanno vissuto all'ombra dell'Acropoli per oltre 4.500 anni.

 Fonte: lastampa

sabato 24 agosto 2019

L'oro bianco di Cervia


La prima cosa che si ricorda di Cervia? Le sue montagne di sale, i cumuli bianchi che si stagliano all’orizzonte da ovunque si guardi. E poi le vasche che si ripetono tutte uguali e i fenicotteri rosa.

 E’ qui che inizia il racconto del sale, delle saline e della città fondata. 

Cervia era fino al 1600 una città di terra, che si trovava a monte delle saline in un antico insediamento, qualcuno dice perfino etrusco, che si chiamava Ficocle. Tutta la vita degli abitanti della città delle alghe (questo significa letteralmente Ficocle infatti) era legata alla vita del sale.


Il lavoro era assicurato, ma la fatica era tanta, così come i problemi, non ultima la malaria.
 Quel borgo antico, in mezzo alle saline era diventato invivibile. Eppure il sale era ricchezza.

 I signori, i padroni, prima il Papa, poi il Doge di Venezia, quindi, per un brevissimo periodo i signori di Cesena, i Malatesta, infine nuovamente e a lungo il Papa, lo chiamavano l’Oro Bianco.
 Per loro, per gli abitanti della vecchia Ficocle, a monte delle saline, era sudore, saliva da sputare e sangue.
 Era soprattutto morte sicura a causa della malaria.

 Così lottano gli abitanti e quando la lotta non basta più implorano. Chi implorano? Il Papa. 
Chiedono al signore che tutto può di poter distruggere pezzo per pezzo le proprie case, la piazza, la chiesa, per poter ricostruire tutto più a valle, sulla marina, al di là delle saline, dove già il Papa sta facendo costruire i Magazzini del Sale, dove dovrà essere custodito il prezioso oro bianco e la Torre San Michele che dovrà stare, silente ed eretta, sempre sveglia, a guardia del prezioso sale. 

Finalmente, dopo anni di richieste, Papa Innocenzo XII concede il suo benestare per la ricostruzione della città.
 Nel 1697 il Papa firma infatti il chirografo che cambierà del tutto la storia di questa piccolissima comunità. 

Cervia Nuova nasce quindi come città fortificata, attorno alla sua economia, la produzione del sale, per questo viene anche considerata una città industria o “città fabbrica”.


D’altra parte il sale è sempre stato prezioso, non a caso lo chiamiamo l’oro bianco. 

Il sale è stato lungo il petrolio del mondo, in epoca classica e moderna e soprattutto è stato il petrolio del Mediterraneo e quindi dei paesi che vi si affacciano, dall’Europa e dall’Africa. 

L’intera storia dell’alimentazione è legata al sale, alla necessità di dare sapore alle pietanze e quindi alla vita.


La Salina di Cervia è la più a nord d’Italia e si estende per 827 ettari, in un parco naturale, oggi porta sud del Parco del Delta del Po e da sempre riserva naturale di popolamento per molte specie animali e vegetali. 

 La salina è grande un terzo dell’intera estensione del comune di Cervia ed è compostata da oltre 50 bacini, formati ognuno da tre vasche, complessivamente lunghe un chilometro e larghe 453 metri. E’ qui che si forma e si raccoglie il sale, in maniera artigianale, proprio come avveniva un tempo, ma con l’ausilio di una nastro trasportatore e di un carrello, che è in tutto e per tutto un trenino. 


L’uso di macchine per la raccolta risale al 1959 e da allora - salvo nella Salina Camillone, dove la raccolta avviene ancora a mano, con il metodo detto a raccolta multipla – ogni anno da fine agosto a inizio settembre avviene il rito della cavadura. 

La cavadura è la raccolta del sale. 
L’acqua del mare viene fatta entrare dal canale immissario, che si trova a Milano Marittima, all’altezza della prima traversa e viene movimentata nei canali che percorrono l’intera area del territorio di Cervia.

 Di passaggio in passaggio l’acqua di mare viene fatta defluire, evaporare e concentrare al punto che si crea il sale. 

Il sale quando viene raccolto è bagnato e molto pesante: il suo colore tipico è il rosa. Il rosa gli deriva dal colore dell’acqua di mare concentratissima nella quale vive un microorganismo unicellulare, un granchietto rosso, l’artemia salina, che dà il tipico colore non solo ai bacini salanti e al sale, ma anche al piumaggio dei fenicotteri rosa.


Ma perché il sale di Cervia è dolce?

 La posizione della salina, le caratteristiche dei bacini e del mare Adriatico, del sole e del vento, fanno in modo che il sale che se ne ricava sia costituito di cloruro di sodio purissimo, con una bassa, quasi inesistente presenza di altri cloruri più amari, come il solfato di magnesio, di calcio, di potassio e il cloruro di magnesio. 
Inoltre la scelta di non essiccare artificialmente, né sbiancare chimicamente il sale, lo lascia integrale e ad alta solubilità. 
 Il sale dolce di Cervia mantiene infatti l’umidità che gli deriva dal suo percorso nelle vasche e anche il suo colore tipico, che non è bianchissimo, ma anzi ha in sé tutte le sfumature del rosa e del grigio che gli derivano dal percorso produttivo e storico. 

Quindi è un sale dolce e integrale, che mantiene inalterate le caratteristiche di salubrità fondamentali per la vita.

 Il sale dolce di Cervia è infatti ricco di oligoelementi presenti nell’acqua madre (e utilizzati nella linea benessere) come iodio, zinco, rame, magnese, ferro, calcio, magnesio e potassio. 


 Fonte: gustoinviaggio

martedì 20 agosto 2019

Ricreato dagli scienziati il leggendario profumo di Cleopatra


Per avere un’idea di quanto Cleopatra amasse il profumo possiamo ricorrere alle parole di Shakespeare che scrisse che le vele della regina egizia erano “così profumate che i venti erano malati d’amore per loro“. 

 Secondo un’antica leggenda, poi, quando Cleopatra visitò per la prima volta Marco Antonio a Tarso, rivestì le vele della sua barca reale con un profumo così forte da far sentire l’odore della nave prima che lei arrivasse. 


 È difficile dire quante di queste storie siano vere, ma è abbastanza certo che Cleopatra (e gli antichi egizi in generale) adoravano i profumi e ora uno di questi, proprio quello avrebbe potuto utilizzare Cleopatra, è stato ricostruito da alcuni esperti.


Robert Littman, archeologo all’Università delle Hawaii a Mānoa, e il suo collega Jay Silverstein stavano lavorando a uno scavo dell’antica città egiziana di Thmuis, fondata a nord del Cairo, nel delta del Nilo, circa 6.500 anni fa.
 La città era anche luogo di produzione di alcuni dei più famosi profumi antichi. 
Quindi non è stata una grande sorpresa quando i due archeologi, scavando, hanno scoperto un’antica fabbrica di profumi.

 Il sito, risalente a 2.300 anni fa, era pieno di piccole ampolle di vetro e anfore di argilla utilizzate per conservare i profumi.
Il team ha raccolto tutto ciò che poteva e l’ha inviato ad appositi laboratori di analisi in modo da individuare le fragranze utilizzate e ricostruire l’antico profumo. 


 L’analisi ha individuato una fragranza che aveva una consistenza densa simile all’olio d’oliva il cui ingrediente principale era la mirra, una resina naturale estratta da alcuni alberi spinosi.

 Il team ritiene che la miscela contenesse anche cardamomo, olio d’oliva verde e cannella.
 Il profumo, che i ricercatori hanno ricreato sulla base di informazioni chimiche e storiche, era forte e speziato, con un leggero sentore di muschio, ha dichiarato Littman che ha poi aggiunto: “Che emozione sentire l’odore di un profumo che nessuno ha odorato per 2000 anni e che Cleopatra avrebbe potuto indossare”


Il profumo ricostruito sembrerebbe essere molto più forte della maggior parte dei profumi moderni e anche più persistente. 

Nonostante questa sia in realtà probabilmente una buona approssimazione dell’antico profumo, fino al completamento dell’analisi chimica che è ancora in corso, è difficile dire esattamente come fosse formulato. 
Inoltre, mentre le fragranze recuperate erano rappresentative dell’antico Egitto, Cleopatra molto probabilmente aveva una sua miscela personalizzata che però non discostava di molto da questa. 


Se volete anche voi provare l’antico profumo potete farlo recandovi alla mostra del National Geographic Museum “Queens of Egypt” a Washington. 


 Francesca Biagioli

lunedì 19 agosto 2019

I pipistrelli usano le foglie come specchi per scovare le prede


Una nuova tattica si aggiunge alla guerra senza esclusione di colpi tra insetti e pipistrelli: in base a uno studio pubblicato su Current Biology, i piccoli mammiferi sanno regolare l'angolazione del loro sonar biologico per scovare anche le prede che speravano di sfuggire all'ecolocalizzazione. 
La maggior parte dei pipistrelli caccia producendo richiami sonori e interpretando i segnali sonori di rimbalzo. 
Con questa tecnica è facile trovare un insetto in volo anche in piena oscurità, ma se lo stesso insetto si acquatta immobile e silenzioso su una foglia, risulta pressoché invisibile: il suono riflesso dalla preda si mescola con quello rimandato dalla superficie verde, e la presenza dell'insetto passa inosservata.


Per molti anni si è creduto che i pipistrelli fossero praticamente ciechi a falene e libellule che usano questa strategia. Fino a quando Inga Geipel, scienziata dello Smithsonian Tropical Research Institute (STRI) di Panama, non ha pensato di studiare le strategie di caccia dei chirotteri usando un biosonar e telecamere ad alta velocità. 

 Prima di osservare i pipistrelli all'opera, Geipel ha bombardato alcune foglie artificiali con onde sonore da 500 diverse angolazioni, con e senza insetti, e ha registrato l'eco rimandato in cinque diverse frequenze sonore udibili dai pipistrelli.
 Negli eco riflessi ad angolazioni di 30 gradi o inferiori c'era troppo "rumore".
 I segnali sonori relativi ai pipistrelli si perdevano tra quelli rinviati dalla vegetazione. 
Ma ad angoli obliqui maggiori, la foglia si comporta come uno specchio d'acqua che rifletta il paesaggio circostante all'alba o al tramonto, quando il Sole non è più sopra la testa e le immagini sono più nitide.
 La maggior parte delle onde sonore veniva riflessa via dalla foglia, in una direzione diversa da quella di provenienza, e al mittente ritornavano soltanto le onde sonore mandate dall'insetto.


Da questi test, gli scienziati hanno previsto che i pipistrelli avrebbero approcciato le foglie da un'angolazione compresa tra i 42 e i 78 gradi.
 E così è stato, quando hanno osservato i piccoli pipistrelli insettivori Micronycteris microtis in una serie di esperimenti comportamentali.
 In quasi tutti i casi, i predatori hanno diretto il loro sonar nell'angolazione ideale per percepire le prede.


La scoperta cambia la nostra percezione di ecolocalizzazione: non ci sarebbe da stupirsi, dicono gli scienziati, se in altre specie di chirotteri si venissero a scoprire altre strategie di compensazione delle zone grigie di questa tecnica di caccia. 

 Fonte: focus.it

sabato 17 agosto 2019

La surreale foresta sommersa cui gli alberi crescono "al contrario"


Il Kazakistan è uno stato transcontinentale, posto tra Europa ed Asia e rappresenta il nono paese più vasto al mondo.
 I suoi paesaggi, posti al crocevia tra due continenti tanto diversi tra loro, offrono spesso viste mozzafiato.
 Per quanto non abbia accesso al mare, il Kazakistan è pieno di laghi e fiumi sulle cui sponde la vegetazione cresce rigogliosa.
 Ma esiste un lago, in Kazakistan, la cui vista può essere considerata una delle più affascinanti al mondo.


Il lago Kaindy ha una lunghezza di 400 metri ed è profondo 30.
 È probabilmente il più suggestivo specchio d'acqua del mondo. 
Si trova a 129 chilometri di distanza dalla città di Almaty, la più popolosa del Kazakistan, a quasi 2000 metri sul livello del mare (1667 per l'esattezza).


Quando si arriva nella regione e lo si intravede da lontano, il lago non appare così insolito. 
La vista è già molto suggestiva, ma non sembra particolarmente degna di nota. 

 Tuttavia, ad uno sguardo più attento e più da vicino, si nota subito cosa renda speciale questo luogo.
 Nel lago di Kaindy, infatti, gli alberi crescono al contrario: dalla superficie appaiono solo i tronchi, che però non sembrano appartenere ad alberi ancora vivi.


È solo guardando al di sotto della superficie dell'acqua che si scoprono le fronde di quelli che, apparentemente, sembrano tronchi privi di vita. 

La vista è meravigliosa, al punto che, secondo le parole dell'Ufficio turistico di Almaty, il lago è uno dei luoghi più fotografati della terra.


Ovviamente, i più innamorati di questa meravigliosa località sono i sub.
 Chiunque abbia un brevetto per escursioni subacquee è il benvenuto. 

Il periodo migliore per le visite è tra primavera ed estate: tra aprile e settembre, infatti, viene permesso ai turisti di stazionare in tenda sulle rive del lago.


Non è ancora del tutto chiaro come gli alberi abbiano sviluppato questo tipo di adattamento. 

Tutto è cominciato nel 1911 quando nella regione ci fu una forte scossa di terremoto (7.7 della scala Richter). 
Questa crepò la terra e diede origine ad una diga naturale. 
Col tempo, le gelide acque piovane inghiottirono gli abeti rossi caduti a terra durante il terremoto.

 Questi continuano a vivere crescendo al contrario e trasformando i propri aghi in stalattiti vegetali davvero suggestive.





Fonte: www.curioctopus.it

giovedì 15 agosto 2019

Ferragosto : significato, origine e legame con l’Assunzione di Maria


Ferragosto, dal latino Feriae Augusti (vacanze di Augusto) è una festa antichissima.
 Agosto è tradizionalmente il mese del raccolto nei campi, quando il duro lavoro invernale e primaverile giunge a compimento e i granai possono cominciare a riempirsi delle messi: nella Roma antica, le festività che celebravano questo momento importantissimo dell’anno erano chiamate Consualia, ma tutto il mese era caratterizzato da un’insolita concentrazione di ricorrenze che a loro volta si rifacevano a tradizioni più antiche, addirittura preistoriche. 

Il 13 agosto era inoltre il giorno dedicato al culto della dea Diana, patrona della luna e della maternità e quindi legata a doppio filo con i riti della crescita e della vegetazione.


Fu l’imperatore Ottaviano Augusto ad aggiungere al calendario le “feriae Augusti” (il riposo di Augusto) con un’abile mossa propagandistica, collegando cioè il culto della sua figura a un momento di meritato riposo per tutti i contadini che avevano speso ogni energia per la coltivazione dei campi.


L’occasione era ideale anche per celebrare Vertumno, dio delle stagioni, Conso, dio dei campi e Opi, dea della fertilità.

 Più tardi a questi omaggi si unirono anche quelli legati a divinità di origine orientale, come la dea madre sira Atagartis, fino a rendere quel giorno di metà agosto un unico grande omaggio a tutti i numi che avessero in qualche modo a che fare con i concetti della crescita, del concepimento e della nascita. 

 Da sempre il Ferragosto in Italia è carico di una simbologia legata all’estate e alla fioritura: già durante le “Feriae Augusti” erano una usanza le gare e le processioni di animali addobbati a festa per le vie del paese, e ancora oggi molte tradizioni ancora esistenti in Italia si ispirano allo stesso principio, con palii, “cavalcate” e “infiorate” varie.
 Basti pensare, ad esempio, al senese Palio dell’Assunta, dove la gara si mescola all’omaggio verso la Vergine.


Il giorno di Ferragosto era poi quello in cui i lavoratori ricevevano una speciale mancia dai loro padroni, usanza talmente radicata da diventare obbligatoria durante il Rinascimento tramite decreto pontificio.
 Secondo alcuni studiosi, la “tredicesima” degli odierni stipendi discende proprio da questa tradizione.


 In generale, come spesso accade in feste così antiche la distinzione tra le classi sociali tendeva a scomparire, e gli eventi con cui si rendeva omaggio alla fine del raccolto erano tra i più “democratici” di tutto l’anno, e non era affatto raro vedere il padrone ballare insieme al contadino. 


 Come tante volte è successo per le festività di derivazione pagana, la Chiesa cattolica ha cercato di abolire e ha poi provveduto a dotare di un significato religioso anche il Ferragosto, dedicando il giorno all’Assunzione in cielo della Beata Vergine, dogma di fede stabilito da papa Pio XII il primo novembre del 1950.


Al giorno d’oggi Ferragosto è quindi il giorno di festa più importante di mezza estate, variamente celebrato nelle varie località d’Italia secondo i diversi usi e costumi della tradizione. 

 Fonte: visionealchemica

mercoledì 14 agosto 2019

sabato 10 agosto 2019

Il sarcofago d’oro di Tutankhamon ha lasciato la sua tomba per la prima volta dalla sua scoperta


Il grande sarcofago esterno di Tutankhamon ha lasciato la sua tomba per la prima volta da quando è stata scoperta quasi un secolo fa.

 Il Ministero dell’antichità egiziano ha recentemente annunciato che il sarcofago dovrà essere sottoposto ai suoi primi lavori di restauro, prima di essere esposto al nuovo Grand Egyptian Museum (GEM) che aprirà il prossimo anno vicino alle Piramidi di Giza. 


Trasportare un oggetto fragile come questo, per non parlare del suo valore o importanza culturale, non è cosa da poco.
 Il sarcofago fu spostato per la prima volta il 12 luglio con una stretta sicurezza e unità di trasporto specializzate piene di materiali privi di acidi che assorbono l’umidità.
 Una volta raggiunto il GEM, il sarcofago è stato isolato in una stanza per essere sottoposto ad un processo di fumigazione e sterilizzazione di una settimana. 

Alla prima occhiata alla bara, i restauratori notarono che aveva sviluppato crepe nei suoi strati di intonaco dorato ed era estremamente debole.
 Si stima che l’intero processo di restauro richiederà almeno otto mesi di lavori scrupolosi e altamente qualificati.




Quando pensiamo a Tutankhamon, probabilmente immaginiamo subito la sua iconica maschera mortuaria blu e oro.
 Ora ospitata nel Museo Egizio del Cairo, la maschera una volta era posizionata direttamente sui resti mummificati del corpo del re. 

Tuttavia, non è noto che Tutankhamon fosse effettivamente racchiuso in una serie di santuari e cassapanche, un po ‘come una bambola russa.
 Questo strato in questione è la bara più esterna di tre che sono state trovate, costituita da una pesante bara dorata con manici d’argento che misura circa 2,23 metri 


Sebbene Tutankhamon sia forse uno dei nomi più noti nell’antico Egitto, se non dell’intero mondo antico, i ricercatori sanno sorprendentemente poco del famoso Pharoah. 
Si ritiene che il re Tut non avesse più di 10 anni quando divenne faraone, governando come uno degli ultimi re della XVIII dinastia tra il 1333 e il 1323 a.C.

 La sua tomba, spesso definita KV62, fu riscoperta per la prima volta in epoca moderna dall’archeologo britannico coloniale Howard Carter nel 1922.


 La maschera mortuaria simile a Dio del re catturò l’immaginazione delle persone in tutto il mondo ed è diventata una delle reliquie storiche più famose a livello globale. 
L’ultima volta che i tesori della tomba di Tutankhamon, una collezione che non includeva la bara dorata esterna, arrivarono nel Regno Unito nel 1972, attirò la curiosità di oltre 1,7 milioni di persone che si misero in coda per ore e giorni al British Museum.


Tra i molti oggetti spettacolari trovati all’interno della tomba di Tutankhamon, gli archeologi hanno scoperto un pugnale ornamentale realizzato con un meteorite di ferro.

 Fonte: www.iflscience.com

giovedì 8 agosto 2019

Un relitto del Rinascimento giace perfettamente conservato sul fondo del Baltico


I fondali limacciosi del Mar Baltico hanno cullato per almeno cinque secoli il relitto di una grande nave rinascimentale, andata a picco negli anni in cui Cristoforo Colombo veleggiava sulle sue caravelle.

 Un gruppo internazionale di archeologi marini è riuscito a fotografare il reperto nel dettaglio, scoprendolo praticamente inalterato dal passare del tempo. 
Le acque povere di ossigeno di questo mare hanno protetto il legno da animali e batteri che di solito lo colonizzano e lo riducono in polvere.


I primi sospetti sulla presenza di un relitto erano emersi da una indagine sonar dei fondali da parte dell'Amministrazione marittima svedese, nel 2009. 

A marzo, una spedizione internazionale di scienziati guidati dall'Università di Southampton (Regno Unito) ha calato due robot-archeologi sul posto per effettuare riprese e fotografie ad alta definizione del relitto, che sono state poi usate per ricreare le sue sembianze tridimensionali. 
I risultati di quell'esplorazione sono appena stati diffusi.

 

 Profondità e coordinate del relitto non sono state diffuse, per evitare visite sgradite in questa delicata fase di studio.
 Lo scafo della nave risulta intatto dalla chiglia al ponte; ben conservati anche gli alberi ed alcune sartie (i cavi fissi di rinforzo). Adagiata sul ponte accanto all'albero maestro è stata rinvenuta un'imbarcazione più piccola, che doveva servire all'equipaggio per avvicinarsi a riva.

 Sul relitto sono stati trovati anche alcuni attrezzi del mestiere, come una pompa di sentina per rimuovere l'acqua dalla parte più bassa della nave, un argano per raccogliere le corde e un'ancora, che ha permesso di datare il reperto tra la fine del 15esimo e l'inizio del 16esimo secolo.

 L'analisi del legname dello scafo programmata per i prossimi mesi dovrebbe consentire di datare il materiale con uno scarto massimo di un anno dalla sua acquisizione umana: in pratica, si capirà in che anno la nave fu messa in mare.


Il relitto era probabilmente un mercantile, anche se munito di cannoni rotanti - per gli archeologi, una prova delle tensioni marittime dell'epoca.
 Era lungo 15-18 metri, poco meno della Santa Maria, la nave ammiraglia di Colombo con a bordo 52 uomini. 

Identità e costruttore della nave del Baltico rimangono ignote: per ora il suo nome è Okänt Skepp, "nave sconosciuta", in svedese. 


 Fonte: focus.it

mercoledì 7 agosto 2019

La breve vita di Napoleone II: il bellissimo “Aiglon” dell’Imperatore e Maria Luisa d’Austria


Il 1° aprile del 1810, nel Castello di Saint Cloud, l’imperatore Napoleone Bonaparte e la figlia dell’imperatore d’Austria Maria Luisa convolano a nozze.
 Meno di un anno dopo, il 21 marzo 1811, la diciannovenne neo-imperatrice da alla luce uno splendido bambino dai riccioli biondi: l’Aiglon, l’aquilotto dell’impero


Il popolo di Francia è in giubilo: 101 colpi di cannone festeggiano la nascita del Re di Roma, l’Angelo della Pace, così come lo chiameranno Victor Hugo e Chateaubriand. 

 Napoleone Francesco Giuseppe Carlo Bonaparte è l’erede della più antica monarchia d’Europa per parte di madre (gli Asburgo) e del più grande impero conquistato della storia moderna per parte di padre, l’impero di Napoleone.

 Di lui dirà Napoleone stesso: "Io sono stato Filippo, lui sarà Alessandro"  

Ma la guerra incombe e l’inaspettato tradimento anche: Francesco I, colui che, sconfitto anni addietro da Napoleone, gli ha dato in matrimonio la figlia, ora è pronto a riprendersi quel che ha finto di dargli, e Napoleone compie quello che alcuni storici ritengono il suo errore più grande: nel 1812 parte per la campagna di Russia.
 La sera prima della partenza, saluta la giovane sposa e il figlioletto: non li rivedrà mai più.


Durante la disastrosa campagna di Russia, come Tolstoj racconta in Guerra e Pace, Napoleone mostra con orgoglio il ritratto del figlio, che il romanziere russo descrive: “ricciuto e molto bello, con lo sguardo simile a quello del Cristo della Madonna Sistina”. 
Ma quell’angelo protettore non impedirà la terribile sconfitta della Grand Armeé. 

 Alla notizia che i soldati russi marciano su Parigi, Maria Luisa fugge da Parigi, trovando riparo a Vienna: lei ancora non lo sa, ma la natia corte paterna diverrà per il piccolo l’unica prigione dorata che egli mai potrà conoscere, e gli sarà fatale.


 Dopo quello che era parso il tramonto di Napoleone, con la sconfitta di Lipsia nel 1813 e il suo esilio all’Elba, ecco ritornare, nei cuori dei bonapartisti, una fulgida scintilla di speranza: Napoleone, fuggito dall’isola, torna a Parigi, per quel volo dell’Aquila che passerà alla storia come I Cento Giorni.

 Sia durante l’esilio all’Elba sia durante i Cento Giorni di Parigi, Napoleone invoca la sua sposa affinché la riveda e porti suo figlio, ma Francesco I tiene la figlia segregata, minacciandola. 

La ragazza che è stata imperatrice dei Francesi e regina d’Italia dovrà capire ora che niente sarà più nelle sue mani.


Waterloo sancisce definitivamente la fine dell’Egida europea napoleonica.
 Napoleone è sconfitto, esiliato questa volta a Sant’Elena, nell’Atlantico.

 Ha abdicato, in nome del bambino, che per pochissimo tempo è imperatore di Francia col nome di Napoleone II. 
Ma gli Asburgo stessi, nonostante egli sia, per parte di madre, un loro frutto, gli negano il trono; sono fautori del ritorno dei Borbone su tutti i troni d’Europa, anche quelli di Francia.

 Maria Luisa ottiene il Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla, che governerà encomiabilmente, risollevandolo dalla povertà estrema e riportandolo agli antichi fasti, aggiungendone di maggiori a quelli farnesiani. 
Ma la clausola per partire per l’Italia è altissima: deve lasciare suo figlio a Vienna.  

Il ducato le è stato assegnato in vitalizio, quindi significa che alla morte non le succederà il figlio.

 Il piccolo, in quanto figlio di Napoleone, è estromesso da ogni carica, e suo nonno, l’imperatore d’Austria, ne è perfettamente consapevole.
 Napoleone II diviene così Francesco, come suo nonno, con cui cresce. 
Diviene un bellissimo giovane, che fa sospirare le fanciulle e commuovere i bonapartisti. 

Un poeta, Auguste Barthélemy, lo vede a teatro e così lo invoca: “Nipote di un Cesare e figlio di un imperatore/ Erede del mondo nascendo Re di Roma / tu non sei oggi più niente se non il figlio dell’Uomo”.
 La censura austriaca impedirà la diffusione dell’opera, Il figlio dell’Uomo.


 Nel 1821 muore Napoleone a Sant’Elena e l’Austria nega l’eredità che egli lascia al figlio.
 Così, tra visite sporadiche della madre, che nel frattempo è divenuta una donna adulta, e che si è rifatta una vita a Parma, il giovane Francesco cresce, ma non vivrà a lungo.

 Nel 1831 viene a sapere che a Parma i moti carbonari stanno mettendo a ferro e fuoco la città della madre.
 Egli sa bene che per un precedente trattato sarebbe legittimamente Principe di Parma, se non Re di Roma, e quindi d’Italia. Così, con l’ardore dei suoi 20 anni, parte per riprendersi ciò che gli spetta. 

Metternich, il crudo cancelliere di stato di Francesco I, gli sbarra le porte di Vienna


 Un anno dopo, a soli 21 anni, debolissimo, è a letto, morente. Maria Luisa accorre al suo capezzale, in lacrime, incredula, poiché probabilmente le condizioni di salute del figlio le sono state nascoste sino all’ultimo. 
C’è addirittura chi ipotizzerà un avvelenamento ad opera degli austriaci.

 Il figlio dell’Impero, l’aquila della pace, non è più: si spegne nel palazzo di Schornbrunn il 22 luglio del 1832 

 Inumato nella tomba dei Cappuccini, sarà raggiunto da sua madre, morta 56enne, quindici anni dopo.

 Nel 1940 Hitler lo preleverà da Vienna per farlo giacere accanto a suo padre, nel Pantheon di Parigi.



Fonte: vanillamagazine