mercoledì 4 aprile 2018
Si chiamano ‘speoti’ gli schivi canidi avvistati in Ecuador
Un gruppo di cinque bellissimi speoti (Speothos venaticus) è stato avvistato e fotografato nella foresta amazzonica dell'Ecuador, nel cuore del territorio Angun.
Si tratta di curiosi quanto schivi canidi selvatici, che presentano alcune caratteristiche anatomiche peculiari come le dita delle zampe parzialmente palmate.
Sono conosciuti anche col nome di ‘itticioni' e vivono in remoti habitat dell'America Centrale e dell'America Meridionale.
Pur avendo un areale di distribuzione molto vasto, sono animali estremamente rari da osservare in natura.
Per questo il gruppo di turisti ospitati nel Napo Wildlife Center Ecolodge, l'unica struttura ricettiva sita nel cuore del Parco Nazionale Yasuni dell'Ecuador, è stato particolarmente fortunato ad averli incontrati.
Gli speoti sono suddivisi in tre sottospecie legate alla posizione geografica; quella che vive nelle foreste ecuadoregne è la Speothos venaticus panamensis.
Benché si tratti di un canide, non ha alcun tipo di parentela col lupo evolutosi in Europa e in Asia, ma è molto vicino al meraviglioso crisocione (Chrysocyon brachyurus), un altro canide del Sud America risalente al Pleistocene.
Probabilmente gli speoti hanno una correlazione genetica anche col licaone (Lycaon pictus), il cane selvatico africano che recentemente si è scoperto essere un animale democratico, dato che per decidere se andare a caccia o meno avvia ‘votazioni' con gli starnuti.
Il gruppo immortalato dai turisti molto probabilmente stava andando a caccia, dato che questi animali sono attivi di giorno.
Le loro prede preferite sono grossi roditori come paca e capibara, che arrivano a superare i 60 chilogrammi di peso.
Non disprezzano prede ancora più grandi e impegnative come i nandù (enormi uccelli non volatori) e i tapiri.
Possono benissimo cacciare da soli, ma preferiscono farlo in gruppo braccando le prede sulla terraferma e in acqua, dove nuotano con agilità grazie alle zampe palmate; le paludi, del resto, sono il loro habitat preferito, come dimostrano gli scatti condivisi sul profilo facebook di Napo Wildlife Center Ecolodge.
I branchi sono composti da una dozzina di esemplari al massimo, ma solitamente se ne contano circa la metà.
Come nei lupi è solo la femmina alpha a riprodursi.
Gli speoti fotografati in Ecuador sembrano piuttosto giovani e meno robusti del normale, dato che normalmente hanno una silhouette più tozza.
Il loro corpo ricorda quello di un bassotto ‘espanso'; arrivano al massimo a poco meno di un metro di lunghezza (piccola coda compresa) con un'altezza al garrese di 20-30 centimetri.
Il peso invece non supera i 10 chilogrammi; un dato sorprendente, considerando che riescono ad abbattere animali da centinaia di chilogrammi come i tapiri.
Il pelo molto folto è di colore marroncino negli adulti, mentre i piccoli hanno un manto nero.
Fonte: http://scienze.fanpage.it/
Scoperto un nuovo organo: l’interstizio
Si trova sotto la pelle: riveste l’intestino, i polmoni, i vasi sanguigni e i muscoli, e forma una rete di compartimenti interconnessi e pieni di liquido, supportati da un reticolo di fibre di collagene ed elastina.
L’interstizio (interstitium) è il «nuovo» organo umano identificato dai medici del Mount Sinai Beth Israel Medical Center: i dottori David Carr-Locke e Petros Benias l’hanno scoperto mentre analizzavano il dotto biliare di un paziente, alla ricerca di segni di cancro, come spiega lo studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports.
Carr – Locke e Benias hanno individuato cavità che non corrispondevano a nessuna parte dell’anatomia umana precedentemente conosciuta e ne hanno parlato a Neil Theise, patologo della New York University.
Il team di ricerca ha appurato che l’interstizio non si trova solo nel dotto biliare, ma attorno a molti organi di fondamentale importanza.
È sorprendente che finora fosse passato inosservato: è uno degli organi più grandi.
I ricercatori non avevano individuato l’interstizio perché i metodi tradizionali per esaminare i tessuti corporei (la tecnica per osservarlo al microscopio) comportano il drenaggio del fluido, e quindi distruggono la sua struttura, facendolo apparire denso e compatto.
Per questo veniva considerato un semplice strato di tessuto connettivo.
L’interstizio è stato invece esaminato grazie a una nuova tecnica di endomicroscopia confocale laser, che permette di vedere al microscopio i tessuti vivi direttamente dentro il corpo, senza doverli prelevare e poi fissare su un vetrino.
Secondo il team che l’ha scoperto, i compartimenti agirebbero come «ammortizzatori» capaci di proteggere i tessuti del corpo dai danni.
L’interstizio avrebbe anche un ruolo importante per capire come si diffonde il cancro all’interno dell’organismo.
Questo sistema di cavità, drenato dal sistema linfatico, è la «sorgente» da cui nasce la linfa, di fondamentale importanza per il funzionamento delle cellule immunitarie che generano l’infiammazione.
Il continuo movimento del fluido potrebbe spiegare perché i tumori che invadono l’interstizio si diffondono più velocemente nel corpo: nel fornire una «strada» per consentire al fluido di spostarsi, le cellule interconnesse dell’interstizio potrebbero quindi avere lo sfortunato effetto collaterale di diffondere il cancro in tutto il corpo.
Non solo: le cellule che popolano questo sistema e le fibre di collagene che lo sostengono cambiano con il passare degli anni e potrebbero avere un ruolo nella formazione delle rughe, nell’irrigidimento delle articolazioni e nella progressione delle malattie infiammatorie legate a sclerosi e fibrosi.
«Questa scoperta potrà favorire importanti progressi in medicina», ha spiegato il patologo Neil Theise, «è possibile, ad esempio, che il campionamento diretto del liquido interstiziale possa diventare un potente strumento diagnostico»
Fonte: vanityfair.it