lunedì 17 settembre 2018
I misteri del fico, il falso frutto killer di vespe
Dall’impollinazione all’anatomia del suo fiore, la pianta di fico è ricca di misteri che molto spesso diamo per scontati.
Capire come i suoi fiori potessero essere raggiunti dagli insetti impollinatori non è stato semplice, ma alla fine si è scoperto che tutto il processo è un perfetto esempio di mutualismo obbligato.
Vespa e fico non possono sopravvivere l’uno senza l’altro, ma è l’insetto, nel complesso ma necessario procedimento, a subire il destino più crudele.
Per capire cosa ci sia di tanto complicato nell’impollinazione del fico bisogno cominciare col dire che il suo frutto non è un frutto. Quella deliziosa dolce e carnosa polpa che assaporiamo una volta sbucciato non è altro che un fiore, anzi, un involucro contenente decine e decine di fiori, protetti da ogni agente esterno.
Ma se i fiori sono così protetti, come fa a compiersi quella scena che tutti noi abbiamo bene in mente, dell’insetto impollinatore che va di stelo in stelo per depositare il polline raccolto?
Qui entra in gioco il concetto di mutualismo obbligato, un rapporto fatto di vita e morte che vede protagonista la minuscola Blastophaga psenes, meglio conosciuta come vespa del fico.
Tutto ha inizio con la vespa del fico fecondata: l’insetto individua un fico non ancora maturo e si introduce al suo interno attraverso un piccolo foro alla base del particolare fiore.
Questo buco, per quanto possa sembrare una soluzione banale, in realtà ha una funzione fortemente selettiva: solo l’insetto delle giuste dimensioni riuscirà ad introdursi al suo interno.
Ma il costo per percorrere lo stretto passaggio è alto: le vespe finiscono quasi ogni volta col perdere ali e antenne durante il faticoso ingresso, costrette ad arrancare fino al centro del frutto deboli e ferite.
Una volta all’interno l’unica cosa che rimane loro da fare è deporre le uova, che troveranno protezione e nutrimento all’interno del fiore, più precisamente alla base dei pistilli.
E la vespa che le ha dato alla luce, che fine fa?
Potrà sembrare macabro, ma ormai priva di forze l’insetto muore. Il suo corpo, aggredito dagli enzimi del fiore, si scioglie completamente e viene sfruttato a sua volta come nutrimento.
Si calcola che questo rapporto sia rimasto bene o male inalterato per gli ultimi 34 milioni di anni, fattore assicurato dalle piante di fico, in grado di sanzionare le vespe che non si comportano a dovere durante la fase di impollinazione.
Basti pensare che, in caso di mancata impollinazione, il frutto contenente le larve della vespa ha molte probabilità di essere abortito, condannando a morte la prole così faticosamente deposta. Così questi insetti sono incentivati a fare il gioco del fiore, guadagnando la sopravvivenza della propria progenie.
Al costo della propria vita.
Fonte: innaturale.com
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