martedì 27 febbraio 2018
L'antica leggenda buddista sui gatti
I gatti sono esseri meravigliosi e fin dall'antichità vengono trattati con profondo rispetto perché per molte civiltà, sono i guardiani che proteggono le nostre anime.
Secondo una leggenda buddista sono simbolo di spiritualità, pace ed unione.
E’ innegabile, i gatti sono tra gli animali più affascinanti e da sempre sono al centro delle civiltà più antiche.
In Cina ad esempio, si credeva che il loro sguardo potesse scacciare gli spiriti maligni o ancora nell’antico Egitto esisteva la convinzione che durante la notte, i raggi del sole si nascondessero negli occhi dei gatti per rimanere al sicuro.
I gatti sono poi presenti in diverse tradizioni popolari, ricordiamo ad esempio che la Dea Bastet viene rappresentata come un bellissimo gatto nero o una donna con una testa di gatto.
Questa divinità era un simbolo positivo di armonia e felicità, protettrice della casa, custode delle donne incinte e capace di tenere lontani gli spiriti maligni.
Per il buddismo i gatti sono simbolo di spiritualità, animali che riescono a trasmettere armonia e calma ed è per questo che l’essere umano, per poter amare incondizionatamente questo felino, deve prima entrare in connessione con se stesso.
Molto spesso capita poi di vedere dei gatti che dormono su statue di marmo buddiste o anche di imperatori romani.
Perché lo fanno?
E' probabile che questo comportamento derivi dal fatto che le grandi statue di pietra o di metallo si riscaldano durante il giorno e trattengono il calore, mentre altre superfici tendono a freddarsi. E i gatti, si sa, amano crogiolarsi in luoghi ben caldi.
Più suggestiva è la leggenda che esiste da secoli in Thailandia, vediamo qual è.
Anche Buddha viene rappresentato qualche volta con un gatto accovacciato ai suoi piedi, ciò perché porta pace e unione nei templi dei paesi asiatici.
La leggenda affonda le sue radici nel buddismo theravada che letteralmente significa “la scuola degli anziani“, che dà origine al ‘Libro delle poesie e dei gatti’ chiamato anche Tamra Maew che attualmente è conservato nella biblioteca nazionale di Bangkok. Proprio in uno dei papiri che compongono questo libro, si narra la leggenda buddista sui gatti che parla di morte e spiritualità, ma anche di reincarnazione dell’anima.
Secondo il buddismo quando una persona moriva, accanto al corpo veniva posto un gatto, ovviamente la cripta possedeva una fessura per permettere al felino di uscire liberamente.
Se il gatto lo faceva, si era sicuri che l’anima del defunto si fosse reincarnata nel corpo dell’animale.
Solo in questo modo, si poteva raggiungere la libertà verso l’ascensione.
Per l’ordine buddista Fo Guang Shan, invece, i gatti sono dei piccoli monaci, ovvero come persone che hanno già raggiunto l’illuminazione.
Dominella Trunfio
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