giovedì 7 dicembre 2017

In Canada c’è un lago perfettamente rotondo e puro creato da un meteorite


Basta guardarlo per capire che non è un lago come gli altri.
 Questo perché Pingualuit è stato creato sull’altopiano di Ungava, nel Quebec, da un meteorite che si è schiantato sulla Terra qualcosa come 1,4 milioni di anni fa, nel Pleistocene.
 Il cratere si è da allora allagato e ha custodito al suo interno i segreti di due ere glaciali.
 Merito delle alte sponde, create proprio dall’impatto del meteorite, che ha creato un cratere con un diametro di oltre tre chilometri.
 I bordi s'innalzano per 160 metri sopra la tundra circostante e l’acqua al suo interno, quando non è ghiacciata, è costantemente calma, creando così l’illusione di uno specchio perfettamente rotondo
.

E’ questo che deve aver attirato l’attenzione dei piloti militari che hanno immortalato la sua presenza nel giugno del 1943.
 Prima di allora, il cratere era conosciuto esclusivamente dagli Inuit, che ne hanno sempre protetto la sacralità, oltre che le coordinate. 

Il villaggio più vicino, Kangiqsujuaq, si trova a 100 chilometri di distanza.

 Pingualuit si potrebbe tradurre con «lì dove sorge la terra», un nome che probabilmente si riferisce alle «montagne» di roccia create dall'impatto dell'asteroide, visibili a 10 chilometri di distanza.
 Un nome antico, tornato in auge solo recentemente.
 Il lago infatti prese negli anni il nome di Chubb, dal cercatore di diamanti che per primo organizzò una missione esplorativa, e di Cratère du Nouveau-Québec, su richiesta dei geografi locali. Diamanti non ne sono stati trovati.
 In compenso il cratere è in grado di mandare in tilt i misuratori elettromagnetici e custodisce al suo interno ancora molti misteri. 

Questo lago ha un’incredibile trasparenza e contiene una delle più pure acque dolci del mondo: da novembre a luglio è solitamente ricoperto da uno strato di ghiaccio che ne tutela le proprietà.


Il pendio è ricoperti di massi di granito e raggiungere il bordo del cratere è decisamente faticoso.
 Ma la vista è imparagonabile, così come la sensazione si trovarsi ad un passo dall’universo. 

 Fonte: lastampa.it

Balene: al di sotto della superficie


Un’enorme mandibola, arcuata e lunga diversi metri, si protende verso il visitatore; il resto dell’ingresso è piuttosto buio, e la luce bluastra che si riflette sulle pareti dà l’impressione di trovarsi sott’acqua. 

Ci troviamo a “Whales: Beneath the surface”, la mostra temporanea interamente dedicata alle balene allestita dal Natural History Museum (NHM, il Museo di Storia Naturale) di Londra.

 Il percorso della mostra parte dalla storia evolutiva dei cetacei, mammiferi che hanno abbandonato la terraferma milioni di anni fa per fare del mare la propria casa. 
Da allora molte cose sono cambiate, nel loro corpo così come nel loro comportamento: gli arti anteriori si sono trasformati in pinne, quelli posteriori sono spariti e, almeno in alcune specie, le dimensioni del corpo sono aumentate a dismisura. 
In effetti, Whales punta molto sulle spettacolari dimensioni che possono raggiungere alcune balene, e lascia che il visitatore le scopra gironzolando intorno a reperti colossali, come una vertebra alta quanto un uomo o una pinna lunga diversi metri.


“La mostra permette al visitatore di immergersi in profondità nel misterioso mondo delle balene,” afferma Richard Sabin, il principale curatore della sezione Mammiferi del NHM ed esperto di cetacei; “Oltre cento reperti provenienti dalla collezione del museo guidano alla scoperta dell’enorme varietà esistente tra le diverse specie”. 
E non si tratta solo di ossa e scheletri, ma anche di preparati istologici e organi conservati in formaldeide (vi siete mai chiesti com’è fatto lo stomaco di un capodoglio? Curiosamente, è diviso in quattro camere, come quello di una mucca o di una capra). Particolarmente sorprendenti sono i tappi di cerume esibiti in una teca: gli scienziati li hanno estratti dai crani degli esemplari conservati nel museo e li hanno analizzati ricavandone tantissime informazioni preziose sull’età, lo stato di salute e la vita degli animali a cui appartenevano, ma anche sull’ambiente in cui vivevano (per esempio, su i livelli di inquinamento delle acque). 

 Il NHM è un museo storico (è stato aperto al pubblico nel 1881), dotato di un’immensa collezione e con un’impostazione piuttosto tradizionale, eppure in Whales non mancano gli elementi multimediali: diversi monitor riproducono brevi filmati che arricchiscono il percorso, aiutando il visitatore a interpretare i reperti che sta osservando, e il “jukebox delle balene” permette di ascoltare i versi emessi dalle diverse specie.
 All’interno di una piccola sala interattiva (una delle attrazioni più amate dal pubblico, come spiega Sabin), ci si può addirittura mettere nei panni di un cetaceo e cercare di catturare delle prede virtuali facendo affidamento solamente sul proprio udito, in modo simile a quanto fanno alcune balene sfruttando una tecnica nota come ecolocazione.


Il lancio della mostra è avvenuto in concomitanza con un altro evento di grande impatto mediatico verificatosi al NHM: la sostituzione dell’enorme scheletro esibito nell’ingresso del museo. Fino a quest’estate, infatti, protagonista della scena era Dippy, lo scheletro di dinosauro che troneggiava al centro della maestosa Hintze Hall sin dal 1979.
 A luglio, Dippy è stato sostituito dallo scheletro di una balenottera azzurra lungo circa 25 metri, che è stata ribattezzata Hope, speranza. 

 “Sia la mostra che lo scheletro della balenottera azzurra fanno parte di un’estesa stagione di eventi al museo, tutti incentrati sulla straordinaria forza della Natura e su come la protezione degli oceani sia una nostra responsabilità,” spiega Sabin. 

Un’iniziativa che ha avuto molto successo, e che sarà ospitata al museo fino a febbraio 2018.

 Fonte: oggiscienza.it