giovedì 7 dicembre 2017

Balene: al di sotto della superficie


Un’enorme mandibola, arcuata e lunga diversi metri, si protende verso il visitatore; il resto dell’ingresso è piuttosto buio, e la luce bluastra che si riflette sulle pareti dà l’impressione di trovarsi sott’acqua. 

Ci troviamo a “Whales: Beneath the surface”, la mostra temporanea interamente dedicata alle balene allestita dal Natural History Museum (NHM, il Museo di Storia Naturale) di Londra.

 Il percorso della mostra parte dalla storia evolutiva dei cetacei, mammiferi che hanno abbandonato la terraferma milioni di anni fa per fare del mare la propria casa. 
Da allora molte cose sono cambiate, nel loro corpo così come nel loro comportamento: gli arti anteriori si sono trasformati in pinne, quelli posteriori sono spariti e, almeno in alcune specie, le dimensioni del corpo sono aumentate a dismisura. 
In effetti, Whales punta molto sulle spettacolari dimensioni che possono raggiungere alcune balene, e lascia che il visitatore le scopra gironzolando intorno a reperti colossali, come una vertebra alta quanto un uomo o una pinna lunga diversi metri.


“La mostra permette al visitatore di immergersi in profondità nel misterioso mondo delle balene,” afferma Richard Sabin, il principale curatore della sezione Mammiferi del NHM ed esperto di cetacei; “Oltre cento reperti provenienti dalla collezione del museo guidano alla scoperta dell’enorme varietà esistente tra le diverse specie”. 
E non si tratta solo di ossa e scheletri, ma anche di preparati istologici e organi conservati in formaldeide (vi siete mai chiesti com’è fatto lo stomaco di un capodoglio? Curiosamente, è diviso in quattro camere, come quello di una mucca o di una capra). Particolarmente sorprendenti sono i tappi di cerume esibiti in una teca: gli scienziati li hanno estratti dai crani degli esemplari conservati nel museo e li hanno analizzati ricavandone tantissime informazioni preziose sull’età, lo stato di salute e la vita degli animali a cui appartenevano, ma anche sull’ambiente in cui vivevano (per esempio, su i livelli di inquinamento delle acque). 

 Il NHM è un museo storico (è stato aperto al pubblico nel 1881), dotato di un’immensa collezione e con un’impostazione piuttosto tradizionale, eppure in Whales non mancano gli elementi multimediali: diversi monitor riproducono brevi filmati che arricchiscono il percorso, aiutando il visitatore a interpretare i reperti che sta osservando, e il “jukebox delle balene” permette di ascoltare i versi emessi dalle diverse specie.
 All’interno di una piccola sala interattiva (una delle attrazioni più amate dal pubblico, come spiega Sabin), ci si può addirittura mettere nei panni di un cetaceo e cercare di catturare delle prede virtuali facendo affidamento solamente sul proprio udito, in modo simile a quanto fanno alcune balene sfruttando una tecnica nota come ecolocazione.


Il lancio della mostra è avvenuto in concomitanza con un altro evento di grande impatto mediatico verificatosi al NHM: la sostituzione dell’enorme scheletro esibito nell’ingresso del museo. Fino a quest’estate, infatti, protagonista della scena era Dippy, lo scheletro di dinosauro che troneggiava al centro della maestosa Hintze Hall sin dal 1979.
 A luglio, Dippy è stato sostituito dallo scheletro di una balenottera azzurra lungo circa 25 metri, che è stata ribattezzata Hope, speranza. 

 “Sia la mostra che lo scheletro della balenottera azzurra fanno parte di un’estesa stagione di eventi al museo, tutti incentrati sulla straordinaria forza della Natura e su come la protezione degli oceani sia una nostra responsabilità,” spiega Sabin. 

Un’iniziativa che ha avuto molto successo, e che sarà ospitata al museo fino a febbraio 2018.

 Fonte: oggiscienza.it

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