martedì 26 gennaio 2016

Il suggestivo giardino di Ninfa


Ci sono magnolie, camelie, piante esotiche, un lago, un fiume e un lembo di palude pontina. 
Il Monumento naturale Giardino di Ninfa grazie al suo giardino botanico e il parco naturale Pantanello, è uno dei luoghi più belli d’Italia, non a caso fa parte del sistema delle oasi affiliate del WWF. 
 Gestito dalla Fondazione Roffredo Caetani che ne anche è proprietaria, esso è stato istituito nel 2000 dalla Regione Lazio e si estende per circa 106 ettari all’interno del comune di Cisterna di Latina. 
 Il nome Ninfa deriva da un tempietto di epoca romana dedicato alle Ninfe Naiadi che si trova nell’attuale giardino storico di fama internazionale. 

Al suo interno vi sono oltre 1300 piante diverse che regalano una straordinaria varietà cromatica, ci sono per esempio gli aceri giapponesi, i ciliegi e i meli ornamentali ma anche tantissime varietà di rose rampicanti che adornano le rovine e incorniciano ruscelli e sentieri.
 Tra le piante tropicali vi sono l’avocado e i banani, tra gli arbusti vivono, invece, oltre 100 specie di animali.










Tutta l’area era stata concessa nell' VIII secolo da Costantino V a Papa Zaccaria diventando un punto strategico per il commercio grazie alla via Pedemontana, l’unico collegamento alle porte di Roma quando la via Appia era ricoperta da paludi.
 Nell' XI Ninfa assunse il ruolo di città fiorendo soprattutto sotto l’aspetto architettonico.
 Nel 1294 Papa Bonifacio VIII aiutò suo nipote Pietro II Caetani ad acquistare Ninfa e altre città limitrofe, segnando l’inizio della presenza dei Caetani nel territorio pontino e lepino, presenza che sarebbe durata per sette secoli. 
 Grazie a lui, venne così ampliato il castello con l’aggiunta della cortina muraria, i quattro fortini e il palazzo baronale.
 Nel corso del Trecento dopo saccheggi, distruzioni ed epidemie, Ninfa però non venne più ricostruita e gli abitanti lasciarono la città.


Nel XVI secolo, il cardinale Nicolò III Caetani volle creare qui un giardino delle sue delizie.
 Il lavoro fu affidato a Francesco da Volterra che progettò un hortus conclusus, un giardino delimitato da mura con impianto regolare. Alla morte del cardinale però il luogo venne nuovamente abbandonato. 
Un altro tentativo di insediamento fu fatto da un altro esponente della famiglia Caetani nel XVII dal duca Francesco IV, che si dedicò alla rinascita del giardino ma la malaria lo costrinse ad allontanarsi. 
Della sua opera rimangono le polle d'acqua e le fontane.




Il fascino delle rovine di Ninfa attirò molti viaggiatori, c’è chi la definì perfino la Pompei del Medioevo.
 Solo alla fine dell'Ottocento i Caetani ritornarono sui possedimenti da tempo abbandonati. 
Ada Bootle Wilbraham, moglie di Onoraro Caetani creò un giardino in stile anglosassone, dall’aspetto romantico. 
Vennero bonificate le paludi e restaurate alcune rovine fra cui il palazzo baronale, che divenne la casa di campagna della famiglia, oggi sede degli uffici della Fondazione Roffredo Caetani.


Marguerite Chapin, moglie di Roffredo Caetani, continuò la cura del giardino introducendo nuove specie di arbusti e rose ,e aprì le sue porte all’importante circolo di letterati e artisti legato alle riviste da lei fondate, “Commerce” e “Botteghe Oscure”, come luogo ideale in cui ispirarsi. 
 Durante la Seconda Guerra Mondiale, la famiglia Caetani si rifugiò nel castello Caetani di Sermoneta, facendo ritorno a Ninfa solo dopo il 1944, il giardino fu utilizzato come base per le munizioni da parte dei soldati tedeschi. 
 L’ultima erede fu Lelia, figlia di Roffredo Caetani che prima della sua morte nel 1977, decise di istituire la Fondazione Roffredo Caetani al fine di tutelare la memoria del casato Caetani, di preservare il giardino di Ninfa e il castello di Sermoneta e di valorizzare il territorio pontino e lepino. 
 E' grazie a lei che oggi è possibile visitare questo splendido giardino che racchiude in sé splendidi paesaggi e una varietà infinita di flora e fauna. 

 Dominella Trunfio

L’appartamento segreto di Gustave Eiffel


Quando fu inaugurata la Torre Eiffel, in occasione dell’Expo del 1889, il progettista Gustave Eiffel ottenne un riconoscimento di fama enorme per il proprio lavoro. 
L’ingegnere però non volle rinunciare alla possibilità di costruire uno spazio, al terzo piano della torre di Parigi, che fosse riservato soltanto a se stesso.
 L’appartamento privato di Eiffel non era grande, ma accogliente ed ambitissimo da parte di tutta l’élite parigina, che sognava di vedere Parigi da oltre 300 metri di altezza all’interno di un vero e proprio rifugio privatissimo.

 In contrapposizione con le travi d’acciaio del resto della torre, l’appartamento era arredato con uno stile semplice, le pareti ricoperte di carta da parati e i mobili scelti dello stile tradizionale dell’artigianato francese.
 All’interno era presente anche un pianoforte a coda, che contribuiva a creare un ambiente che, nel suo complesso, era certamente confortevole.
 Adiacenti al piccolo appartamento si trovavano alcune stanze adibite a laboratorio scientifico.




Una volta che la voce dell’appartamento di Eiffel si sparse, l’élite parigina diventò verde per l’invidia, arrivando ad offrire allo scienziato cifre folli per affittare, anche solo per una notte, il piccolo rifugio.
 Eiffel rifiutò qualsiasi offerta, utilizzando lo spazio come luogo di riflessione e intrattenendo ospiti del calibro di Thomas Edison, che gli regalò una delle sue macchine fonografe presentate durante la stessa Expo del 1889. 

 Oggi, dopo essere stato chiuso per decenni, l’appartamento è messo in mostra per i visitatori che raggiungono la vetta della Torre. 
Gran parte degli arredi sono originali, e all’interno ci sono due manichini con le sembianze di Eiffel ed Edison impegnati in un dibattito scientifico.



Matteo Rubboli