venerdì 23 settembre 2016

Maschere africane: cosa simboleggiano e come vengono usate nei rituali


E’ difficile superare la diffidenza razionale della mentalità occidentale, persino quando crediamo nell’esistenza di altro. Siamo permeati di logica e per questo tendiamo ad attribuire alle maschere africane un valore quasi prettamente estetico.
 Fa meno paura e rientra nella normalità.
 Eppure nelle culture d’origine il loro ruolo trascende la materia e non si tratta di mere superstizioni, anche se ognuno ha il diritto di chiamarle a modo suo.
 Per comprenderne l’importanza è indispensabile inoltrarsi nel territorio del rito che, a differenza di quanto crediamo, è capace di influenzare la realtà agendo a livello sottile, invisibile alla percezione sensibile.
 Nell’ottica razionale si ritiene che i rituali aiutino la collettività a unirsi favorendo il senso di solidarietà e sebbene sia vero, viene da chiedersi se il loro compito si riduca solo a questo.

 Jodorowski spiega accuratamente il significato dei rituali nella sua psicomagia attribuendo loro la capacità di parlare all’inconscio attraverso il linguaggio dei simboli poiché quest’ultimo, rispetto al linguaggio verbale, è più diretto. 
Ecco perché le religioni ne fanno largo uso, incluso il cristianesimo, ed ecco perché, probabilmente, i rituali hanno resistito al trascorrere del tempo insinuandosi persino nell’era della ragione, che pur non credendoci consente loro di sopravvivere. 
D’altronde non potrebbe fare diversamente.

La maschera africana è uno strumento attraverso il quale il rituale può svolgersi efficacemente connettendo mondi diversi. 
Gli strumenti cambiano di cultura in cultura ma il rituale conserva la stessa fisionomia, seppure declinato in forme diverse a seconda dello scopo. 
Colui che indossa la maschera rituale ha il compito di perdersi in essa, lasciandosene risucchiare in modo da trasformare o dissimulare la propria identità e per riuscirci, spesso, il rito è accompagnato da danze e musiche ipnotiche che favoriscono lo stato di coscienza alterato.
 La somiglianza con le pratiche sciamaniche è indiscutibile. Ovviamente sussistono differenze di impiego da paese a paese ed essendo l’Africa un continente tanto vasto, generalizzare sarebbe assurdo.
 Tuttavia si notano tratti comuni, per esempio un largo impiego in fase di realizzazione del legno, successivamente intagliato, scolpito e talvolta dipinto o decorato con pelli, corna, ossa, conchiglie, paglia e altri materiali. Si direbbe un perfetto esempio di riciclo creativo.




Ogni etnia si caratterizza per l’uso di maschere specifiche che hanno sempre un significato spirituale e mai esclusivamente estetico, sebbene facciano ormai parte di un florido mercato destinato al turismo.
 Tuttavia molte delle maschere vendute nei mercatini sono copie appositamente concepite allo scopo, diverse da quelle create artigianalmente secondo procedimenti specifici, spesso tramandati di padre in figlio.
 Queste ultime inoltre sono cariche di riferimenti simbolici sconosciuti ai più.
 I rituali con le maschere fin dal paleolitico venivano condotti da stregoni locali, o figure simili a seconda delle tradizioni, i quali indossandole si connettevano con il mondo degli spiriti. Accadeva, per esempio, in occasioni particolari come i funerali, durante i matrimonio o feste annuali, cerimonie di iniziazione.


L’estetica caratteristica di ogni maschera non è casuale ma riproduce il valore simbolico e psicologico della stessa. 
Quindi ogni particolare ha un suo significato: come riporta il sito www.novica.it, “gli occhi socchiusi (Costa d’Avorio) rappresentano la pazienza, il dominio di sé; gli occhi piccoli possono rappresentare l’umiltà, mentre la bocca grande rappresenta la forza e l’autorità (Gabon). 
Le ciglia arcuate e gli occhi a mandorla ricordano invece la bellezza femminile (anche se la maschera viene indossata da un uomo).
 Se la maschera riproduce la forma di un teschio umano è relativa al culto degli antenati: l’antenato deve essere reso propizio ai vivi, anziché nocivo.”






In altri casi, la maschera racchiude in se stessa le caratteristiche di determinati animali e indossarla connette lo stregone con l’animale stesso. 
Lo scopo può essere, per esempio, comunicare con l’animale per allontanare eventuali rappresentanti della stessa specie potenzialmente pericolosi per la comunità.
 Lo stregone, quindi, si trasforma nell’animale di cui ha paura per entrarci in empatia. 
Talvolta la maschera assolve a funzioni augurali oppure, se in una maschera si celano più animali, essa può rappresentare uno strumento per accedere alle qualità degli stessi.
 E’ il caso di alcune “maschere usate in Costa d’Avorio che, mescolando le corna dell’antilope, le zanne del facocero e la dentatura del coccodrillo, vogliono dare una impressione di potenza e di pericolo.” 

Ci sono anche maschere stilizzate che rappresentano spiriti e non avendo questi ultimi alcun aspetto esteriore, esse si caratterizzano per le forme molto astratte. 
Lo scopo rimane il medesimo, connettere l’uomo, di solito uno stregone o figure simili, con un altro mondo attraverso la potenza del rito. 

 Fonte: www.eticamente.net

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