lunedì 15 febbraio 2016

Hermitage, il museo di San Pietroburgo


Sono molti i musei nel mondo nati dalle eccentriche collezioni dei loro facoltosi possessori: conti, baroni, vescovi e cardinali hanno nei secoli arricchito il nostro patrimonio artistico grazie all’accumulo di capolavori acquistati in tutto il mondo. 
I grandi monarchi europei costituirono il punto nevralgico di quell’immensa matrice artistica che raccolse e custodì il meglio del genio umano nei saloni e nelle aree più lussuose dei grandi palazzi reali. 
L’Hermitage di San Pietroburgo rappresenta uno degli esempi più lampanti di un collezionismo sfociato in grandiosità museale.


Solitamente la nascita del glorioso museo dell’Hermitage viene associata alla figura dello zar di Russia Pietro il Grande, ma tale ipotesi è vera solo in parte. 
Si potrebbe dire che il merito dello zar fu quello di creare semplicemente una Wunderkammer, ovvero uno spazio nella residenza reale adibito ad accogliere tutte le meraviglie e le rarità del mondo naturale, ma fu la zarina Caterina II, a metà del XVIII secolo, ad arricchire notevolmente la collezione, prima secondo un gusto esclusivamente estetico e, successivamente, secondo precisi principi classificatori dettati dalla necessità di completare la collezione in tutte le sue parti.
 La zarina organizzò il primo nucleo della vasta collezione in un piccolo “Ermitaggio” adiacente il Palazzo d’Inverno, un buen retiro sfruttato da Caterina II come luogo di riflessione e svago tra pochissimi intimi, dove in compagnia dell’imperatrice “senza spada e senza cappello, si doveva lasciar perdere rango e diritti di precedenza, si doveva piuttosto prestare attenzione a non rompere nulla, bisognava parlare a bassa voce ed era proibito sbadigliare. Chi trasgrediva veniva costretto a bere… acqua fresca, un vero insulto per un russo” (Carminati).
 Tra piante esotiche, uccelli e piccoli animali prese forma una collezione così ampia da colmare gli spazi di ben cinque edifici dislocati lungo la riva sinistra del fiume Neva: il Palazzo d’Inverno (1754- 1762), il Piccolo Hermitage (1764- 1775), il Grande (o Vecchio) Hermitage (1771- 1787), il Nuovo Hermitage (1839-1851) e il Teatro dell’Hermitage(1783-1789).








La raccolta, così come la conosciamo oggi, prese avvio nei fastosi saloni delle proprietà imperiali con l’acquisizione di 225 dipinti fiamminghi e olandesi appartenuti al mercante tedesco Johann Ernst Gotzkowsky, compreso il “Ritratto di uomo con guanto” di Frans Hals.
 A partire dal 1764 Caterina II, nel tentativo di competere con le collezioni europee, si servì dei propri ambasciatori, in modo particolare dei corrispondenti francesi Denis Diderot e Friedrich Melchior von Grimm, per acquistare le opere di maggiore rilievo negli ateliers di tutta l’Europa. 
 Il legame con la Francia fu fondamentale per la storia della collezione russa, relazione tuttora visibile nella ricca presenza di opere francesi di assoluta eccellenza, da Nicolas Poussin a Calude Lorrain.
  Al 1772 risale l’acquisizione più prestigiosa: più di quattrocento opere appartenute al banchiere parigino Pierre Crozat, raccolta che comprendeva tele di Tiziano, Raffaello, Giorgione, Tintoretto, Rubens, Rembrandt e altri tra i più grandi maestri della pittura europea.
 Nel 1779 Caterina acquistò l’intera galleria di Houghton Hall, comprendente centonovantotto dipinti, all’asta della tenuta di sir Robert Walpole. La raccolta di dipinti nell’Hermitage si arricchì ulteriormente con la collezione del conte Boudoin, collezione costituita da più di un centinaio di tele tra cui alcuni Rembrandt e sei ritratti di Van Dyck.


L’accesso del pubblico alla collezione fu possibile a partire dagli anni ottanta del XVIII secolo, ma l’ordinamento museale venne reso noto solo nel 1805, con il nascere di una nuova concezione di museo. 

 Dopo la morte della zarina Caterina II nel 1796, la collezione crebbe notevolmente con il nipote Alessandro I (1777-1825) che, in seguito alla vittoria su Napoleone, acquistò nel 1814 trentotto tele che avevano decorato la Malmaison di Josèphine Beauharnais, prima moglie dell’imperatore francese.

 Nel corso dell’Ottocento si affermò un modo di collezionare non solo incentrato sul gusto estetico degli zar, ma solo e soprattutto un collezionismo basato su una attenta e rigorosa selezione volta a “colmare le lacune e a bilanciare la sproporzione tra le varie scuole, fra le quali fino ad allora aveva prevalso nettamente quella olandese” e lasciando posto al nuovissimo interesse per l’arte spagnola. 
 Con la messa in vendita della collezione Barbarigo nel 1850, arrivarono a San Pietroburgo le grandi tele di Tiziano e Veronese, insieme ai capolavori della pittura olandese di Jan Provost e Rogier van der Weyden, provenienti dalla collezione di Guglielmo II d’Olanda.
 Durante il regno di Nicola I ci furono numerose cessioni: nel 1866 venne acquistata a Milano la “Madonna Litta” di Leonardo da Vinci e nel 1870 la “Madonna Conestabile” di Raffaello Sanzio.


Nel 1915 il museo accrebbe ulteriormente la sua fama con l’acquisizione dell’enorme collezione di pitture fiamminghe dell’esploratore russo P.P. Semyonov Tian Shansky. 
 Con la Rivoluzione russa, il patrimonio artistico maturò su larga misura grazie alle requisizioni: i capolavori un tempo appartenuti alle grandi casate principesche e alle famiglie borghesi moscovite entrarono a far parte del museo.


Con lo smantellamento del museo statale di Mosca, tra il 1930 e il 1940, giunsero a Leningrado i dipinti francesi delle raccolte di Schukin e Morozov, massimi collezionisti a livello mondiale di Matisse; di questa collezione si conservano all’Hermitage trentanove opere realizzate da Gauguin e Cézanne. 

 Fonte: biografieonline.it

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