giovedì 8 ottobre 2015

La scioccante verità dietro il turismo sugli elefanti iin Thailandia


Cavalcare un elefante? Pare sia il sogno di molti pseudo-viaggiatori che si recano in posti – Thailandia in testa – dove viene “sbattuta” in faccia ai turisti questa vile attività venduta come “tradizione”.

 È il caso, per esempio, degli elefanti baby cavalcati da alcuni ubriachi, di alcune scene raccapriccianti, cioè, pubblicate tempo fa su Facebook dal Nikki Beach di Phuket, in cui si ritraevano esseri umani (?) in evidente stato alterato montare, felici e festaioli, degli innocenti cuccioli di pachiderma.

 Poco dopo fu la Fondazione Wildlife Friends of Thailand (WFFT) a condividere quelle immagini scioccanti sui social media provocando una pioggia di commenti di rabbia su Twitter e Facebook.
 Da qui la decisione dell’albergo di rimuovere le foto, sottolineando comunque il fatto che l’uso degli elefanti in Thailandia è tradizione e si voleva solo promuovere il popolare brunch della domenica. Opinabilissimo, tanto che questa stessa dichiarazione ha nel tempo provocato ancora un’altra ondata di indignazione e l’hotel ha poi annunciato che non utilizzerà più elefanti.
 E speriamo bene.


Su questo fronte lavora molto e bene Elephant Nature Park, un santuario naturale nascosto nelle splendide foreste del Nord della Thailandia.
 La loro missione è proteggere e prendersi cura di elefanti maltrattati salvati dalle industrie del turismo e aumentare la consapevolezza e la promozione del turismo elefante-friendly sostenibile. 
Il parco attualmente si prende cura di 36 elefanti.

 Insomma, contrariamente a quanto la credenza popolare vuole, la spina dorsale degli elefanti, soprattutto quella dei più piccoli, è molto delicata. 
Questi animali non dovrebbero mai trasportare carichi pesanti, né tanto meno essere cavalcati. E soprattutto alla luce del fatto che, per consentire alle persone di salirci su, i giovani elefanti – catturati illegalmente – devono passare attraverso un processo di addomesticamento orrendo e orribili punizioni. 

 La Thailandia, ahimè, non è nuova a questo tipo di maltrattamenti verso gli animali.
 Già nei mesi scorsi avevano creato scandalo gli abusi e il commercio illegale di specie selvatiche all’interno del Tiger Temple di Kanchanaburi. 
L’anno scorso, poi, un turista è stato attaccato da una giovane tigre costretta a interagire con i visitatori del Tiger Kingdom, la cui direzione ovviamente afferma di non drogare gli animali.
 Insomma, se proprio in Thailandia volete stare a contatto con la natura, evitate questi postacci e quegli alberghi lussuosi che vogliono farvi credere di toccare le tradizioni del luogo con mano. In Thailandia, come in altri paesi del sud-est asiatico, trovate tantissimi “santuari” dove poter vedere gli elefanti, per esempio, nel loro ambiente naturale.


Germana Carillo

La grandiosa biblioteca barocca di Praga è il reame dei libri


La Biblioteca Nazionale di Praga fu aperta nel 1722 ed è una delle più belle biblioteche del mondo. 
Con oltre 20.000 di volumi, rappresenta un tempio per gli amanti del libro.
 Gli affreschi del soffitto sono stati realizzati da Jan Hiebl, e attraverso la sua opera pittorica sono presenti molti simboli che rappresentano l’importanza dell’istruzione insieme alle agiografie di santi gesuiti. 

La biblioteca fa parte del complesso Clementinum, e conserva libri teologici in tutte le lingue del mondo. 
Al suo interno è presente un’intera stanza dedicata a Mozart, con gli scritti originali realizzati dal maestro di Salisburgo.

 L’edificio Clementinum fa parte di quello che è uno dei più grandi complessi architettonici di Praga, ed era in origine una Università Gesuita. 
I rari libri collezionati dai gesuiti sono anche arricchiti dei loro appunti, che rendono la consulta dei volumi una vera e propria immersione nelle pieghe della storia.

 Nel 1777 Maria Theresa d’Austria decretò che la Clementinum diventasse una biblioteca pubblica e universitaria, il che ha permesso alla comunità di studiosi di Praga e di tutto il mondo di fruire della bellezza barocca di questa magnifica biblioteca. All’interno della sala centrale non sono presenti infatti soltanto gli affreschi i Hiebl, ma anche dei famosissimi globi dorati e gli orologi astronomici di Jan Klein.

 Dal XVIII secolo l’interno della biblioteca non è stato modificato, e il tuffo nella storia è quanto di più bello possa esserci per gli amanti dell’arte e della cultura.

 Fonte: vanillamagazine.it

Una passeggiata nel vuoto


Da qualche giorno è stato ufficialmente aperto un ponte sospeso con fondo trasparente che promette di regalare emozioni forti anche a chi non teme le altezze. 
Il "Brave Men's Brigde" (ponte per gli uomini coraggiosi: Haohan Qiao in cinese) è stato inaugurato il 24 settembre e si trova all'interno del Parco Geologico Nazionale Shiniuzhai, nella provincia cinese dello Hunan.

 I più coraggiosi potranno sfidare le proprie vertigini con una passeggiata di circa 300 metri a 180 metri di quota: la più lunga passerella di vetro sospesa del mondo.
 Tra i primi avventurieri che si sono cimentati nella traversata, non tutti sono riusciti a completare il tragitto: alcuni sono tornati indietro a causa delle forti vertigini; altri si sono addirittura bloccati senza più riuscire a muoversi. 

 Il ponte doppio strato, che è 25 volte più resistente di una comune finestra di vetro, ha rimpiazzato una preesistente struttura in legno. Per costruirlo ci sono voluti 11 ingegneri che hanno lavorato 12 ore al giorno per diversi mesi.
 Ma sembra esserne valsa la pena.






Fonte: focus.it

Ecco come è stata scoperta la frode di Volkswagen

Un team di ricercatori della West Virginia University ha messo in ginocchio il colosso delle auto con una semplice tecnica per raccogliere gli scarichi.



L'affaire Volkswagen (che abbiamo ampiamente raccontato nella nostra "guida") occupa le prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo.
Dopo le dimissioni del Ceo Martin Winterkorn decise ieri durante la riunione dei vertici della casa a Wolfsburg, è emerso quale sia stato il sistema utilizzato per smascherare uno dei peggiori scandali industriali di sempre.
IL TEAM DI RICERCA.
Il merito va a un team di cinque ricercatori della West Virginia University, che ha condotto le analisi sulle auto tedesche nel 2014 e ha mantenuto il riserbo sulla questione per oltre un anno.
Ora i ricercatori hanno rivelato come hanno fatto a rendersi conto che i dati sulle emissioni erano truccati. Si tratta di un sistema piuttosto semplice: due membri del gruppo si sono messi alla guida di due auto diverse, una Jetta, una Passat e una BMW X5 prese a noleggio, percorrendo le strade della West Coast per un migliaio di chilometri.
L'"ACCROCCHIO".
Le auto erano state equipaggiate con piattaforme di rilevamento posizionate nel bagagliaio e connesse al sistema di scarico. Il rig era stato ideato per raccogliere i gas di scarico dai tubi e analizzarli attraverso una serie di misurazioni che rivelassero i livelli di emissione a diverse velocità.
Non è nulla di diverso dagli apparecchi usati nei test sulle auto condotti in laboratorio, solo che stavolta sono stati impiegati in strada.
DOPPIO TEST.
Sono state così scoperte emissioni di ossido di nitrogeno fino a 35 volte oltre quelle dichiarate dalla casa. «Quando abbiamo guardato i risultati, erano più alti del previsto», spiega Daniel Carder, della WVU, al Wall Street Journal. E dato che «la prima cosa che uno scienziato fa è mettere in dubbio i risultati», sono tornati in strada per rifare i test. I quali presentavano gli stessi numeri, così i ricercatori hanno contattato Volkswagen per informali, ricevendo immediata contestazione.
Da lì, nel maggio 2014, il coinvolgimento dell'Environmental Protection Agency e del California Air Resources Board, fino all'esplosione dello scandalo dei giorni scorsi.Carder, ingegnere del Center for Alternative Fuel Engines and Emisison, viene celebrato da alcune testate come una sorta di Davide che ha sconfitto Golia, precisa che «Non è una questione diesel sporco contro diesel pulito, ma quali siano le effettive performance su strada delle auto, rispetto alle loro certificazioni».

di -MARTINO DE MORI

La guida per capire il caso Volkswagen e le sue ripercussioni in Italia Cosa è successo e cosa potrebbe succedere (anche in Italia). Tutto quello che c'è da sapere sullo scandalo delle auto dalle emissioni truccate, che ha aperto un acceso dibattito sul presente e il futuro del mondo delle quattro ruote.È un'autentica bufera quella che si è scatenata sul gruppo Volkswagen, una delle più importanti case automobilistiche del mondo.
Lo scandalo ruota intorno a un software, secondo l’agenzia federale statunitense per la protezione dell’ambiente (EPA), in grado di analizzare la posizione dello sterzo, le variazioni della velocità e altri dati in modo da capire se l'automobile viene guidata su strada oppure sui rulli di un laboratorio. In presenza di questi ultimi, interviene su alcuni parametri del motore e della centralina, limitando le prestazioni e - di conseguenza - le emissioni di NOx (gli ossidi di azoto).
Così facendo consentirebbe di superare i test che verificano il tasso di inquinamento prodotto. La situazione è complessa e in continua evoluzione, ma ecco il punto.
CHE COS'È SUCCESSO?
La storia è lunga, comincia nei primi mesi del 2014 e per uno sguardo complessivo su tutto ciò che è accaduto vi rimandiamo alla timeline della crisi che trovate poco sotto.
Ma la prima avvisaglia della futura tempesta arriva quando un'agenzia indipendente, l'International Council on Clean Transportation, scopre una discrepanza fra i test condotti in laboratorio e quelli condotti su strada
Le autorità statunitensi avviano indagini approfondite e raccolgono i dati che mettono sotto accusa il colosso tedesco. È il 18 settembre 2015 e da questo momento la situazione precipita: l'azienda crolla in borsa, altre nazioni annunciano controlli severi e fioccano le prime azioni legali da parte dei consumatori.
Il governo statunitense ordina all'azienda tedesca di ritirare 482mila auto prodotte a partire dal 2009.
Ma si tratta di una goccia nell'oceano. L'azienda infatti, ha ammesso che le automobili compromesse potrebbero essere 11 milioni (dunque anche quelle vendute in Europa e in Italia).
CHE COSA SUCCEDERÀ A VOLKSWAGEN?
L'ammissione della frode da parte della casa tedesca è il preludio alla multa da parte degli Stati Uniti che, tenendo conto dei 37.500 dollari esigibili per ogni veicolo modificato, potrebbe arrivare a 18 miliardi di dollari.
E si potrebbero aprire scenari simili anche in Europa.
Volkswagen rischia anche una incriminazione da parte del Dipartimento di Giustizia americano per violazione delle norme antismog. E si aggiungeranno probabilmente le class action da parte dei consumatori e degli azionisti, sia negli Usa che in Europa, una volta arrivati a uno stato più avanzato delle indagini. VOLKSWAGEN FALLIRÀ? Oltre alle auto con il proprio marchio, il gruppo Volkswagen controlla Audi, Seat, Skoda, Bentley, Bugatti, Lamborghini, Porsche, Ducati e Scania, e inoltre ha partecipazioni e interesse in altri settori. Il gruppo dà lavoro a oltre 600mila persone.
Il governo tedesco è uno dei maggiori azionisti e l'azienda procura dividendi allo Stato. Volkswagen, insomma, non può fallire.
COSA ACCADRÀ IN ITALIA?
Considerando gli 11 milioni di esemplari truccati confessati da Volkswagen, è probabile che l'inchiesta coinvolga anche auto che circolano sulle nostre strade. Quali poi potranno essere le rivalse legali ed economiche nei confronti della casa dipenderà, sia in Italia sia a livello europeo, dagli esiti delle indagini e dalla raccolta di dati più dettagliati.
Va notato però che è difficile paragonare il sistema americano a quello europeo: i test si svolgono in modi differenti. Tuttavia, in generale la normativa statunitense e i controlli vigenti sono più restrittivi di quelli europei.
Come tutti gli altri paesi membri, anche l'Italia aderisce alla direttiva quadro 2007/46/CE, che indica principi comuni e validi per tutti in merito all'omologazione dei veicoli a motore. In particolare, è sufficiente che un'auto venga certificata in regola da un omologatore (solitamente un soggetto terzo, non indipendente e non pubblico) di un singolo paese perché sia automaticamente immatricolata anche negli altri stati, senza dover sottostare a ulteriori controlli.
Per questo motivo il nostro Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha interpellato direttamente, oltre a Volkswagen, anche il KBA (Kraftfahrt-Bundesamt), ossia l'omologatore tedesco che ha effettuato le verifiche sulle auto del marchio. Nella lettera inviata il MIT ha chiesto «se le anomalie riscontrate possano riguardare anche veicoli



Nella lettera inviata il MIT ha chiesto «se le anomalie riscontrate possano riguardare anche veicoliomologati e commercializzati nel territorio dell’Unione», e quindi anche in Italia.
COSÌ FAN TUTTI?
Lo scandalo Volkswagen potrebbe avere aperto un vaso di Pandora nel settore dell'automotive. Molti esperti sostengono da tempo che le prestazioni promesse dai sistemi anti-inquinamento delle varie case automobilistiche siano quanto meno sospette.
Greg Archer, un ex consigliere del governo britannico e attuale membro dell'organizzazione europea Transport & Environment ha dichiarato al Guardian che probabilmente la questione «non si limita al gasolio e alle emissioni di Co2», ma che soprattutto le modifiche ad arte coinvolgerebbero diversi altri costruttori.



CHE COS'È SUCCESSO DAVVERO ALL'AMBIENTE? È la domanda più importante. Il Guardian stima che l'inganno di Volkswagen abbia prodotto quasi un milione di tonnellate di emissioni di NOx all'anno, più o meno «quanto ne producono tutte le centrali elettriche, le auto, le industrie e l'agricoltura del Regno Unito».
E questo solo negli Stati Uniti, dove le auto diesel sono il 3% dei veicoli privati; in Europa sono circa la metà del totale, e se la frode dovesse essere confermata anche da noi, i dati sull'inquinamento sarebbero enormi.
Un indizio sono le analisi dell'atmosfera che continuano a rilevare livelli di NOx più alti di quelli attesi.



UN'OCCASIONE PER VOLTARE PAGINA Le conseguenze della vicenda Volkswagen potrebbero comunque far riflettere il mondo della mobilità a quattro ruote.
Guardando la faccenda da un punto di vista ottimistico, questo scandalo di portata storica, che riguarda direttamente il tema dell’impatto sull’ambiente dei motori a combustione, potrebbe dare forse una significativa spinta alla ricerca e allo sviluppo di diverse e più pulite soluzioni per la propulsione.
Molte storiche aziende automobilistiche sono già impegnate in questo senso, come BMW con i suoi progetti elettrici e ibridi o come i pionieri dell’ibrido di Toyota, da poco orientati anche verso l’idrogeno.
Studi, ricerche e produzioni già in circolazione, ma che ancora si scontrano talvolta con ostacoli di natura legislativa, infrastrutturale ed economica. E chissà che forse anche Volkswagen, per riscattarsi e recuperare credibilità, non si impegni (questa volta sena sotterfugi) in un percorso del genere.
A cura di
Martino De Mori,
Davide Decaroli,
Filippo Ferrari,
Aldo Fresia

Tratto da Focus