giovedì 23 aprile 2015
Il simbolismo della Ghiandola Pineale
Le culture del passato associavano quella che noi oggi chiamiamo Epifisi ad un organo preposto alla maggior chiarezza mentale ed alla visione interiore.
Per Cartesio la ghiandola Pineale è il punto privilegiato dove mente (res cogitans) e corpo (res extensa) interagiscono.
Dopo decenni di profonda ignoranza in merito, le neuroscienze hanno smesso di trattare la ghiandola Pineale alla stregua di un’inutile appendice del cervello: il “vaso di Pandora” di questa incredibile ghiandola endocrina, che riceve il più abbondante flusso sanguigno di qualsiasi altra ghiandola nel corpo, è stato finalmente aperto.
Negli ultimi decenni si è scoperto che l’Epifisi è responsabile del nostro ciclo di veglia/sonno, del nostro invecchiamento, di stati a più alta coerenza neurale (maggior chiarezza mentale).
Inoltre la Pineale è una ghiandola è fotosensibile, essendo munita, nella parte interiore, di bastoncelli simili a quelli della retina dell’occhio.
Il soprannome mistico di terzo occhio è dunque alquanto azzeccato per la Pineale e ci si chiede come, in epoche in cui non c’era un microscopio elettronico che potesse analizzare il suo tessuto cellulare, si sia arrivati a darle questo nome.
Forse a quei tempi non c’era bisogno di un “tool” esterno per analizzare la natura delle cose e chissà forse la scienza era intesa come una fusione esperienziale con l’oggetto dell’osservazione.
Aldilà di questa accattivante congettura sulla protoscienza, più di un ricercatore si è chiesto perché nell’iconografia e nel simbolismo iniziatico molte culture rappresentino i loro Dei con l’immagine del cono di pigna.
La risposta è stata che il cono di pigna rappresenta la ghiandola Pineale, il suo peculiare rilascio endocrino ed è il segno di distinzione di un’élite spirituale.
I sumeri furono tra i primi a immortalarla come cono di pigna in mano ai loro Dei.
I sumeri, popolo con attitudini simili a quelle egiziane, criptavano le informazioni nelle immagini scolpite e nei sigilli.
Anche gli assiro-babilonesi hanno spesso raffigurato il loro dio Tamus con in mano una pigna ma, in alcuni casi, bisogna fare attenzione quando il cono di pigna viene tenuto in mano poiché spesso può rappresentare la shem-un-Na dei babilonesi o il MFKZT egizio, nomi dati alla polvere bianca d’oro con cui i reali si nutrivano aumentare il rilascio endocrino dell’Epifisi e raggiungere stati di coscienza superiori.
Mescolata a focacce preparate in forma conica, o sospesa in acqua, la polvere d’oro era un supplemento ingerito dai re e dai faraoni. Era riverita come l’alimento del corpo di luce (il ka) ed era ritenuta capace di incrementare le attitudini generali della leadership, quali consapevolezza, percezione e intuizione.
Veniva inoltre considerata una chiave per la longevità attiva.
Il simbolismo sulla Pineale è presente nella cultura egizia, e Osiride, il signore della morte e dell’oltretomba, la presenta nel suo bastone regale con sopra il cono di pigna.
Anche tra i greci e i romani il Dio Bacco/Dionisio è a volte rappresentato con un bastone con il cono di pigna.
È interessante notare come il Dio dell’ebbrezza venga mostrato con questo bastone; l’ebbrezza è associata principalmente all’alcool – chiamato anche spirito: forse questo è dovuto al fatto che l’alcool veniva usato nelle cerimonie per abbassare i veli della personalità degli iniziati ai misteri dionisiaci ed eleusini.
In questo modo i candidati ricevevano l’iniziazione senza modelli neurali consolidati e solo successivamente veniva loro dato il kikeon, bevanda sacra psicoattiva, per attivare le funzioni dell’Epifisi e permettere al celebrante di entrare in epifania con il Mistero.
L’onnipresente bastone con il cono di pigna è stato usato anche dai pontefici della chiesa cristiana ed è certamente un retaggio gnostico collegato al simbolo del caduceo, usato anche dall’odierna medicina. Il simbolismo del caduceo è stato spesso interpretato sia come la rappresentazione della doppia elica del DNA, sia della kundalini che sale fino a raggiungere la Pineale.
La celebre maschera funebre di Tut Ank Aton (Tutankamon), con il cobra che s’innalza al centro della fronte, ricorda la kundalini che raggiunge la Pineale. Anche la capigliatura del dio Shiva ricorda un cono di pigna e il serpente che s’innalza tra i suoi capelli richiama alla mente il serpente della maschera di Tut Ank Aton o di Akhnaton.
Anche il Buddha non è immune dalla rappresentazione con i capelli a forma di cono di pigna.
Il simbolismo della pigna è presente anche in molte zone d’Europa, Italia compresa, e si nota nelle fontane, nelle statue o in abbellimenti nelle ville o nei giardini dei nobili (forse questa eredità è dovuta all’influenza cosmopolita dei templari?).
A volte, nelle scalinate o nelle colonne dei cancelli dei palazzi antichi potete trovare l’immagine della pigna.
È chiaro che una colonna con sopra una pigna sembra a tutti gli effetti la rappresentazione del bastone usato dagli antichi Dei.
In ambito massonico, nei manifesti del libero muratore l’iconografia del bastone con la pigna sembra velatamente rappresentata dalle due colonne Bohaz e Jakin sormontate da sfere o mappamondi.
Rimanendo sempre nella nostra penisola, anche lo Stato del Vaticano non è immune a questo antico simbolismo: nella Corte della Pigna si trova un’immensa statua raffigurante una pigna con a fianco due ibis che domina un sarcofago aperto, come quello presente nella camera del Re della Grande Piramide.
Per l’archeologia eretica il sarcofago nella Camera del Re veniva impiegato nelle iniziazioni della Scuola Misterica di Tuthmosis III e di altri dopo di lui.
Alcuni hanno interpretato questa corrispondenza in Vaticano come il messaggio che anche la morte fisica può venire sconfitta se la ghiandola Pineale è completamente attivata.
Se prendiamo alla lettera questa interpretazione dovremmo chiedere un parere ai biologi e vedere l’eventuale sinergia tra i neurormoni della giovinezza “secretati” dalla Pineale, come la melatonina e la somatropina, e la rigenerazione dovuta all’enzima della telomerasi, responsabile dell’integrità cromosomica e della replicazione cellulare.
Ho volutamente usato il termine “secretati” per sottolineare l’affascinante tesi dello studioso Laurence Gardner secondo cui termini come secrezione o secretare, utilizzati per definire il rilascio endocrino della Pineale, sono connessi al fatto che tale rilascio attiva uno stato di consapevolezza superiore che permette di conoscere i segreti della Natura.
Le parole sono da sempre i simboli per eccellenza e pertanto conoscere a fondo l’etimo e la grafia di una lingua significa recuperare antiche conoscenze dimenticate.
La Pineale, oltre al simbolismo della pigna, è stata associata da alcuni all’occhio di Ra, l’occhio che tutto vede.
L’occhio di Ra, o occhio di Horus, sembra sia un riferimento alle scuole misteriche egizie che iniziavano i loro discepoli all’apertura del terzo occhio, detto anche occhio singolo.
Nei simboli l’occhio che tutto vede – che non ha segreti perché le secrezioni neuroendocrine della Pineale permettono la più alta conoscenza – è spesso racchiuso all’interno di una piramide oppure tra due ali (Sole alato).
L’iconografia egizia dell’occhio racchiuso nella piramide è divenuta nel tempo uno dei modelli usati dagli artisti del Medioevo per raffigurare il Dio cristiano.
Questo simbolo è stato ripreso dalla moderna Massoneria – con l’occhio destro racchiuso nel delta radiante – e riproposto esplicitamente nella banconota da un dollaro americano.
Il geologo russo Alexey Dmitriev ha dimostrato come il sistema solare stia entrando in una nuova area energetica di plasma magnetizzato, possibile responsabile dei cambiamenti che avvengono sulla Terra.
Secondo Dmitriev tutto questo cambierà non solo il nostro clima e non solo lo stato magnetico del nostro pianeta, ma provocherà anche una spontanea evoluzione di massa.
Il mutamento magnetico influisce sulla ghiandola Pineale che, così sollecitata, inizia a rilasciare sostanze neuro-chimiche dall’effetto allucinogeno: la maggior parte delle persone avrà visioni ed esperienze paranormali.
Un’ipotesi certamente affascinante, quella di un’iniziazione globale del pianeta.
Certo è che la Terra ne avrebbe davvero un gran bisogno.
Tratto da: dionidream.com
Addio ai telescopi spaziali, sostituiti da una “nuvola di glitter”
Saranno i glitter a rivoluzionare i telescopi spaziali del futuro: una nuvola di sottilissime polveri riflettenti potrebbe infatti sostituire i costosi e pesanti specchi usati negli osservatori tradizionali abbattendo i costi fino a 100.000 volte.
A sviluppare questa nuova tecnologia e’ l’italiano Marco Quadrelli, a capo di un gruppo di ricerca del Jet Propulsion Laboratory (Jpl), i cui primi incoraggianti risultati potrebbero portare a telescopi ancora più potenti del Webb, il ‘sostituto’ di Hubble.
“La difficoltà per lo sviluppo di telescopi spaziali più potenti – ha spiegato Quadrelli all’ANSA – e’ legata alla dimensione del cosiddetto specchio primario, il James Webb che sara’ lanciato nel 2018 ha uno specchio di oltre 6 metri ma farne di più grandi e’ un grandissimo problema, sia di costi che di trasporto in orbita”.
Per superare questo limite Quadrelli lavora su più idee e una delle più promettenti e’ quella di rivoluzionare la tecnologia degli specchi, trasformarli da un ‘monolite’ a una nuvola di glitter.
“L’idea – ha spiegato il ricercatore italiano – e’ quella si spezzettarlo in una nuvola di granellini molto piccoli, di pochi micron, che possono essere allineati a formare un piano grazie a dei laser”.
Si avrebbe cosi’ uno specchio sottilissimo formato da miliardi di nanospecchi, un metodo che elimina i costi per produrre specchi ‘monolitici’, i complessi dispositivi di allineamento e gli enormi pesi: un abbattimento dei costi di 10.000 o 100.000 volte.
L’unico inconveniente e’ pero’ che l’immagine non e’ ‘perfetta’ ma risulta spezzettata in miliardi di pezzi.
L’ottimismo arriva pero’ dai grandi risultati ottenuti per ‘pulire’ l’immagine: il lavoro realizzato con il politecnico di Rochester di New York ha permesso di ricostruire correttamente l’immagine di una stella doppia riflessa dalla nuvola di glitter.
Il prossimo obiettivo sara’ quello di testare, forse entro 5 anni, questa tecnologia sulla Stazione Spaziale Internazionale in ambiente di gravita’ zero e se i risultati dovessero essere positivi si potrebbe arrivare a telescopi ‘glitter’ entro 10 o 20 anni.
Parallelamente i ricercatori stanno lavorando anche alla realizzazione di telescopi ‘a schiera’, ossia tanti telescopi, che perfettamente allineati e disposti nei punti ‘giusti’, possano funzionare come un unico strumento.
Due tecnologie che unite potrebbero portare al lancio di decine di telescopi, molto leggeri, la cui ‘somma’ porterebbe a un grande telescopio di decine di metri di specchio e migliorare la ‘vista’, tanto da vedere la composizione dei pianeti extrasolari.
Fonte: meteoweb.eu