mercoledì 25 febbraio 2015
Scoperti nuovi crateri in Siberia
Nuovi misteriosi crateri si aprono in Siberia.
Una vicenda che non ha ancora una soluzione ma solo tante ipotesi.
Dopo la famosa voragine trovata nella regione settentrionale dello Yamal, nuove buche sono state individuate utilizzando le immagini satellitari.
Fino ad ora, erano tre i crateri erano conosciuti nel nord della Russia. E le cause potrebbero essere tante: si parla di un elevato riscaldamento sopra la superficie a causa delle temperature particolarmente elevate, o ancora delle linee di faglia che hanno portato a un enorme rilascio di gas idrati.
I ricercatori si avventurarono nel profondo di uno dei fori a novembre, raccogliendo dei dati nel tentativo di capire perché si formavano.
La teoria principale è che essi sono stati creati da esplosioni di gas innescate da calore sotterraneo o da temperature dell'aria associate al cambiamento climatico.Vere e proprie bombe a orologeria.
Due dei grandi crateri appena scoperti si sono trasformati in laghi, ha rivelato il professor Bogoyavlensky della Accademia Russa delle Scienze. Ma altre indagini effettuate di recente utilizzando le immagini satellitari hanno aiutato gli scienziati russi a capire che i crateri sono molto più numerosi di quanto si ipotizzasse.
Per questo Vasily Bogoyavlensky ha chiesto un'indagine 'urgente' sul nuovo fenomeno.
Lo studio delle immagini satellitari ha mostrato che nei pressi del famoso foro che si trova in 30 chilometri da Bovanenkovo, vi sono due oggetti potenzialmente pericolosi, in cui emissioni di gas possono avere luogo in qualsiasi momento.
“Ora siamo a conoscenza di sette crateri nella zona artica,” ha detto Bogoyavlensky.
“Abbiamo posizioni esatte solo per quattro di loro. Gli altri tre sono stati avvistati dai pastori di renne. Ma sono sicuro che ci sono più crateri su Yamal, dobbiamo solo cercarli”.
Secondo lo scienziato russo, il numero è destinato a salire e stima che potrebbero essere almeno 20-30 i crateri siberiani.
“Questi oggetti devono essere studiati, ma è piuttosto pericoloso per i ricercatori. Sappiamo che possono verificarsi una serie di emissioni di gas per un periodo di tempo prolungato, ma non sappiamo esattamente quando potrebbe accadere.”
Non è solo la formazione di nuovi crateri a dimostrare che è in corso un processo di emissione di gas.
Secondo Bogoyavlensky è in corso il 'degassamento', con i gas che vanno dal fondo del lago alla sua superficie.
“Il degasaggio è stato rivelato sul territorio del distretto autonomo di Yamal circa 45 anni fa, ma ora pensiamo che ci possa dare qualche indizio sulla formazione dei crateri e delle emissioni di gas. In ogni caso, dobbiamo studiare questo fenomeno con urgenza, per evitare possibili disastri”.
Articolo originale : http://siberiantimes.com/science/casestudy/news/n0127-dozens-of-mysterious-new-craters-suspected-in-northern-russia/
Il panda, un compendio di tenerezza e simpatia
Innegabile l’effetto positivo e tenero che i panda producono nell’immaginario collettivo. Così buffi, soffici e maldestri, tanto da rappresentare un compendio di tenerezza e simpatia.
I disegnatori di cartoon sono consapevoli dei questa caratteristica e per questo motivo, quando realizzano un fumetto o un film di animazione, premono sul pedale dell’acceleratore della tenerezza. La natura, del resto, insegna che la bellezza è parte integrante del suo DNA e in ogni specie è possibile individuare elementi innegabili di dolcezza.
I panda in questo sono maestri, proprio grazie alla loro conformazione fisica.
Ma non è solo una questione di aspetto esteriore, piuttosto un insieme di fattori scientifici che fanno leva sul cervello umano. Musi arrotondati, corpi morbidi, grandi orecchie e occhi profondi concorrono a fare leva sulle sinapsi cerebrali.
Le ragioni per cui troviamo tenero e affascinante un simpatico panda non sono direttamente collegabili alla sfera sentimentale, ma a qualcosa che attinge al background umano.
Il panda appare buffo e carino perché riporta alla memoria caratteristiche simili a quelle di un neonato, facendo scattare in chi l’osserva un istinto del tutto naturale legato alla necessità di protezione, cura, nutrimento e alle carezze.
Alcuni documentaristi hanno concentrato i loro sforzi proprio sulle caratteristiche del panda, sulle particolarità che lo rendono così carino e tenero.
Ad esempio il regista Gordon Buchanan sostiene:
I neonati appena giungono al mondo possiedono dimensioni sproporzionate che li rendono teneri e adorabili, ad esempio testa grande, occhi grandi e profondi. Lo stesso tipo di sproporzione fisica che caratterizza i panda. Nonostante in realtà i loro non siano occhi grandi, ma piuttosto piccoli evidenziati dalle marcature nere che li circondano.
Queste macchie sono il frutto di un’evoluzione naturale, servono a renderli più aggressivi e temibili agli occhi di eventuali predatori. Ma nell’immaginario umano l’effetto è diametralmente opposto, facendo scaturire una sensazione di forte affetto e calore nei loro confronti.
I panda appaiono agli occhi umani come piccoli giovani inesperti e vulnerabili.
È l’istinto di protezione che spinge l’uomo a provare tenerezza nei loro confronti, una dinamica emotiva incentivata anche dalle dimensioni e dalle fattezze buffe.
In realtà i panda non sono nati per compiacere l’affettività umana, ma la loro fisionomia è il frutto di un processo evolutivo costante. Ad esempio il formato adorabile della testa è la conseguenza del passaggio da un’alimentazione carnivora a una vegetariana. Nonostante conservino una dentizione tipica dei carnivori, insieme agli artigli, il cranio è molto più grande di quello di un orso polare o di un orso bruno.
Una necessità imposta dall’alimentazione a base di bambù, pianta di cui sono ghiotti ma piuttosto difficile da masticare.
Per affrontare questa problematica, il panda ha sviluppato una forte muscolatura della bocca e della mascella, quindi un cranio più grande per ospitarla.
Il panda ha un dito in più, il sesto, necessario per cogliere il coriaceo bambù. Ma anche una dentizione utile alla masticazione dello stesso, quindi un sistema digestivo molto resistente e spesso per assorbire e assimilare la pianta ricca di cellulosa.
Anche le zampe appaiono più robuste, caratteristica indispensabile per sostenere il peso di un animale in grado di raggiungere anche 125 chilogrammi.
Il panda è il simbolo della pace in Cina, oltre che del WWF essendo specie in estinzione.
Fonte: greenstyle.it
L'origine ignota dei "Popoli del Mare"
I “Popoli del Mare” sono oggetto di un infinito dibattito tutt’ora in corso tra gli studiosi di storia antica.
Si tratta, infatti, di un gruppo umano di cui si sa molto poco, la cui scarsità di notizie ha favorito il fiorire di numerose di teorie ed ipotesi.
Non si sa chi fossero, né il loro luogo di origine e nemmeno che fine abbiano fatto. Dunque, la precisa identità di queste “popolazioni del mare” è ancora un enigma per gli studiosi.
Alcuni indizi suggeriscono invece che per gli antichi egizi l’identità e le motivazioni di queste popolazioni erano note.
Le poche informazioni che abbiamo, infatti, ci vengono da fonti dell’antico Egitto risalenti alla 19° dinastia.
In realtà, le fonti egizie descrivono tali popoli solo dal punto di vista militare.
Sulla stele di Tanis si legge un’iscrizione attribuita a Ramses II, nella quale si legge:
«I ribelli Shardana che nessuno ha mai saputo come combattere, arrivarono dal centro del mare navigando arditamente con le loro navi da guerra, nessuno è mai riuscito a resistergli».
Il fatto che varie civiltà tra cui la civiltà Ittita, Micenea e il regno dei Mitanni scomparvero contemporaneamente attorno al 1175 a.C. ha fatto teorizzare agli studiosi, che ciò fu causato dalle incursioni dei Popoli del Mare.
I resoconti di Ramses sulle razzie dei Popoli del Mare nel mediterraneo orientale sono confermati dalla distruzione di Hatti, Ugarit, Ashkelon e Hazor.
È da notare che queste invasioni non erano soltanto della operazioni militari ma erano accompagnate da grandi movimenti di popolazioni per terra e mare, alla continua ricerca di nuove terre in cui insediarsi.
Il termine “Popoli del Mare” fa riferimento ad un gruppo composto da dieci popolazioni provenienti dall’Europa meridionale, una sorta di confederazione, che sul finire dell’Età del Bronzo, navigando verso il Mar Mediterraneo orientale, invasero l’Anatolia, la Siria, Palestina, Cipro e l’Egitto.
Le fonti antiche più importanti nelle quali vengono citati i Popoli del Mare sono l’Obelisco di Biblo, databile tra il 2000 e il 1700 a.C., le Lettere di Amarna, la Stele di Tanis e le iscrizioni del faraone Merenptah.
Tra le popolazioni citate nelle iscrizioni antiche, le più intriganti sono certamente i Lukka, gli Shardana, i Šekeleš e i Danuna.
I Lukka
La prima menzione di queste genti compare nell’obelisco di Biblo, dove viene nominato Kwkwn figlio di Rwqq, transliterato Kukunnis figlio di Lukka.
Le terre di Lukka vengono spesso citate anche nei testi ittiti a partire dal II millennio a.C.
Denotano una regione situata nella parte sud-occidentale dell’Anatolia.
Le terre di Lukka non furono mai poste in modo permanente sotto il controllo ittita, e gli stessi Ittiti le consideravano ostili.
I soldati di Lukka combatterono alleati agli Ittiti nella famosa battaglia di Qadeš (ca. 1274 a.C.) contro il faraone egizio Ramesse II.
Tuttavia, un secolo dopo, Lukka si rivolse contro gli Ittiti.
Il re ittita Šuppiluliuma II tentò invano di sconfiggere Lukka, i quali contribuirono al collasso dell’impero ittita.
Gli Shardana
Gli Shardana compaiono per la prima volta nelle fonti egiziane nelle lettere di Amarna (1350 a.C. circa) durante il regno di Akhenaton.
Vengono poi menzionati durante il regno di Ramses II, Merenptah e Ramses III con i quali ingaggiarono numerose battaglie navali. Nella raffigurazione vengono dipinti con lunghe spade triangolari, pugnali, lance e uno scudo tondo. Il gonnellino è corto, sono dotati di corazza e di un elmo provvisto di corna.
Le similitudini fra i guerrieri Shardana e quelli dei nuragici della Sardegna, nonché l’assonanza del nome Shardana con quello di Sardi-Sardegna, hanno fatto ipotizzare, ad alcuni, che gli Shardana fossero una popolazione proveniente dalla Sardegna o che si fosse insediata nell’isola in seguito alla tentata invasione dell’Egitto.
I Šekeleš
I Šekeleš, detti anche Sakalasa, vengono citati insieme ad altri otto componenti dei Popoli del Mare nelle iscrizioni commissionate dal faraone Merenptah (13° secolo a.C.).
Sono stati associati ai Siculi, popolazione indoeuropeea che si stanziò nella tarda età del bronzo in Sicilia orientale scacciando verso occidente i Sicani.
Non è escluso che la loro emigrazione in Sicilia possa essere stata precedente agli scontri con l’Egitto di Merenptah, se è affidabile l’alta cronologia della cultura Pantalica I (datata a partire dal 1270 a.C.) e la testimonianza di Ellanico di Mitilene, riportata da Dionigi di Alicarnasso, secondo cui lo sbarco dei Siculi in Sicilia sarebbe avvenuto tre generazioni prima della guerra troiana, intorno al 1275 a.C.; Dionigi riporta anche la datazione fissata da Filisto (ventiquattro anni prima della Guerra di Troia) più o meno contemporanea al conflitto tra il faraone Merneptah e i Popoli del mare.
I Danuna
I Danuna, o Denyen, sono certamente i più enigmatici.
Secondo la leggenda, i Danuna avrebbero lasciato il continente di Atlantide per stabilirsi sull’isola di Rodi.
Questo popolo adorava la dea Danu, una dea primordiale presente nella mitologia di molte culture (da quella celtica a quella indiana). Veniva rappresentata come una luna avvolta dal serpente e che si suppone era considerata la dea madre delle acque.
La mitologia greca tramanda che gli abitanti primordiali dell’isola di Rodi erano chiamati Telchini.
Secondo lo storico greco Diodoro, questo popolo aveva il potere di guarire le malattie, di modificare le condizioni atmosferiche e assumere qualsiasi forma desiderassero.
Ma non desideravano rivelare le proprie capacità, mostrandosene assai gelosi.
Erano rappresentati sotto forma di esseri anfibi, metà marini e metà terrestri. Avevano la parte inferiore del corpo a forma di pesce o di serpente, oppure i piedi con dita palmate.
Un po’ prima del Diluvio, ebbero il presentimento della catastrofe e lasciarono Rodi, la loro patria, per disperdersi nel mondo.
È possibile che la mitologia e le leggende tramandino la storia di un popolo tecnologicamente avanzato, percepito dagli antichi come in possesso di poteri magici?
È possibile che ci sia un collegamento tra i Danuna e i Talchini? Potrebbero essere davvero i superstiti del continente di Atlantide?
Fonte: www.ilnavigatorecurioso.it