venerdì 6 marzo 2015

La Fuente Magna


Uno dei reperti archeologici più controversi trovati in Sud America è certamente il Vaso Fuente Magna, un grande recipiente in pietra, simile ad una ciotola per eseguire libagioni e riti purificatori.

 Il manufatto venne consegnato nel 1960 dalla famiglia Manjon al municipio di La Paz.
 Il Fuente Magna, infatti, venne scoperto anni prima da un contadino in un terreno di proprietà della famiglia nei pressi di Chua, a circa 70 km da La Paz, vicino al Lago Titicaca.
 Il manufatto è rimasto nel deposito del “Museo de los metales preciosos” per 40 anni.

 Il reperto è tutt’ora oggetto di un accesso dibattito tra i ricercatori, in quanto presenta delle incisioni che sfidano l’attuale conoscenza della storia antica del nostro pianeta. 
 Nella parte esterna della ciotola sono presenti alcune incisioni zoomorfe simili a quelle riscontrate nel sito di Tiahuanaco, mentre all’interno sono presenti figure zoomorfe o antropomorfe, a seconda dell’interpretazione. 
 Inoltre, sempre al suo interno, il vaso presenta due testi differenti, uno scritto in “quellca ”, l’antica lingua dei Pukara, precursori della civiltà di Tiahuanaco, e l’altro scritto in caratteri cuneiformi, in quello che è stato individuato come proto-sumero!


Uno dei primi studiosi che si dedicò alla decifrazione delle incisioni sul Vaso Fuente fu l’archeologo boliviano Max Portugal Zamora, il quale eseguì alcuni piccoli lavori di restauro. 
Tuttavia, il suo sforzo di tradurre la misteriosa scrittura incisa all’interno del vaso fu coronato dall’insuccesso.
 Bisognerà attendere la fine del XX secolo perché il Fuente Magna torni ad interessare la curiosità degli studiosi. 

Nel 2000, gli archeologi Freddy Arce, boliviano, e Bernardo Biados, argentino, si sono recati a Chua, località situata a nord del lago Titicaca, per chiedere informazioni ad alcuni nativi di lingua Aymara al fine di scoprire la vera origine del vaso Fuente.

 In un primo momento, i due ricercatori non riuscirono ad ottenere più informazioni di quante già possedevano, né riuscirono a reperire i discendenti della famiglia Manjon che sembravano scomparsi nel nulla. 
 Dopo numerosi tentativi, finalmente incontrarono un anziano nativo di 92 anni, un certo Maximiliano, il quale, dopo aver visto una foto, riconobbe il Fuente Magna etichettandolo in spagnolo come “el plato del Chanco”, ovvero la ciotola utilizzata per dar da mangiare ai suini.

Maximiliano spiegò che la ciotola si trovava nel villaggio molti anni fa e che nessuno la riteneva importante fino a quando un uomo non la portò via, forse dietro pagamento.
 Successivamente, il manufatto fu ceduto al municipio di La Paz. Sembra incredibile che uno degli oggetti più importanti di tutta la storia umana sia stato utilizzato come ciotola per nutrire i maiali. Arce e Biados cominciarono uno studio approfondito del manufatto, giungendo alla conclusione che probabilmente si trattava di un oggetto utilizzato in tempi antichi nell’ambito di cerimonie religiose di purificazione.
 I ricercatori scattarono altre foto dell’oggetto che mandarono al famoso epigrafista americano Clyde Ahmed Winters, il quale decifrò le enigmatiche iscrizione incise all’interno del vaso, riconoscendone caratteri proto-sumerici. 

 Come riporta l’articolo di Yuri Leveratto, la traduzione dell’iscrizione suona così:

 «Avvicinati nel futuro ad una persona dotata di grande protezione nel nome della grande Nia. Questo oracolo serve alle persone che vogliono raggiungere la purezza e rafforzare il carattere. La Divina Nammu (o Namma) diffonderà purezza, serenità, carattere. Usa questo talismano (la Fuente Magna), per far germogliare in te saggezza e serenità. Utilizzando il santuario giusto, il sacrario unto, il saggio giura di intraprendere il giusto cammino per raggiungere la purezza e il carattere. Oh sacerdote, trova l’unica luce, per tutti coloro che desiderano una vita nobile». 

 Secondo la mitologia sumera, Nammu (o Namma) è la dea sumera della creazione. Nel mito della creazione babilonese Enûma Elish, basato su un precedente mito sumero, Nammu è la dea primordiale del mare che diede vita al paradiso, alla terra e ai primi dei.



Gli altri simboli incisi sul vaso, ritenuti essere scritti in lingua quellca, l’antica lingua scritta della civiltà Pukara, non furono decifrati. 
All’esterno del manufatto figurano bassorilievi attribuiti alla cultura di Tiahuanaco: un pesce ed un serpente.


Il punto che però confonde i ricercatori è capire come sia possibile trovare iscrizioni proto-sumeriche su un manufatto trovato nei pressi del lago Titicaca, a circa 3800 metri sul livello del mare e a migliaia di chilometri dall’area geografica dove sorsero e vissero i Sumeri.

 L’ipotesi più plausibile, ma tutta da dimostrare, è che i Sumeri fossero in grado di compiere navigazioni transoceaniche.
 È noto che i Sumeri navigassero i fiumi Tigri ed Eufrate, ma le abilità marittime di questo antico popolo sono meno attestate.
 È possibile che uno dei porti utilizzati dai navigatori sumeri si trovasse sull’isola di Bahrain, dove recenti scavi hanno portato alla luce i resti di un porto commerciale in funzione nel terzo millennio a.C. 

 Sono molto meglio attestate le conoscenze sulla navigazione dei Fenici e Cartaginesi, i quali circumnavigarono l’Africa già nel primo millennio prima di Cristo. 
Leveratto ritiene possibile che questi popoli di navigatori abbiano ereditato le loro conoscenze dai Sumeri. 
 Secondo Bernardo Biados, infatti, i Sumeri circumnavigarono l’Africa nel terzo millennio prima di Cristo, spingendosi fino a Capo Verde, dove non riuscirono a proseguire verso nord a causa dei venti contrari.
 I naviganti furono costretti a procedere verso ovest alla ricerca di venti favorevoli, tanto da spingersi fino alle coste del Brasile. 
Da questo punto hanno esplorato l’intero continente risalendo gli affluenti del Rio delle Amazzoni. 

 In questo modo, i Sumeri potrebbero aver raggiunto le Ande, probabilmente intorno al 3 mila a.C., entrando in contatto con la civiltà Pukara.
 È possibile che la civiltà sumera abbia in qualche modo influenzato i popoli antichi del Sud America, sia dal punto di vista religioso che del linguaggio. E, in effetti, alcuni linguisti hanno trovato molte somiglianze tra le lingue proto-sumeriche e l’aymara.  Tornando a casa, alcuni navigatori sumeri portarono con sé alcune foglie di cocco, che poi saranno ritrovate anche nelle mummie di alcuni faraoni egiziani.
 Dunque, il Fuente Magna attesterebbe l’esistenza di traversate transoceaniche già nel terzo millennio a.C., circostanza che sarebbe confermata anche dal Monolito di Pokotia.


La conferma a queste ipotesi potrebbe arrivare da un’approfondita ricerca interdisciplinare che dovrebbe coinvolgere studi genetici, archeologici, linguistici ed epigrafici.
 Solo così sarà possibile ridisegnare una mappa reale delle straordinarie capacità dei nostri antenati che ancora non riusciamo pienamente ad afferrare.


 Fonte: http://www.ilnavigatorecurioso.it

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