martedì 10 giugno 2014

Spiegati i misteriosi cerchi in mare al largo della costa danese


Crateri di bombe della Seconda guerra mondiale o aree di atterraggio per alieni? 
La fantasia popolare si scatenò alcuni anni fa su un curioso fenomeno marino.
 La storia ebbe inizio nel 2008, con le immagini di misteriosi cerchi in mare riprese da un turista al largo della costa baltica della Danimarca. Fu tentata una spiegazione del fenomeno, ma non trovò molto credito.
 Ora, i ricercatori della University of South Denmark e dell’Università di Copenhagen hanno presentato i risultati delle loro indagini e dei loro studi.
 Le prime immagini erano fotografie di un turista che mostravano alcune strane formazioni circolari in acque poco profonde, al largo delle famose scogliere di gesso dell’isola di Mon, in Danimarca, le falesie del Cretaceo che raggiungono un’altezza di 130 metri e si estendono per una lunghezza di 12 chilometri.
 L’origine delle scogliere risale a 75 milioni di anni fa, alla deposizione sui fondali marini di strati di resti animali e vegetali che, milioni di anni dopo, durante l’ultima glaciazione, sotto la spinta di massicci ghiacciai emersero dal fondo del mare.
 Col tempo, il mar Baltico modellò la roccia gessosa, creando le meravigliose scogliere a picco, attuale mèta di visitatori e studiosi di paleontologia e biologia marina. 
 Tornando agli strani avvistamenti in mare, nel 2011 i cerchi si ripresentarono e questa volta a vederli furono in tanti, ‘media’ compresi.
 I biologi marini giunsero alla conclusione che queste formazioni erano costituite da piante eelgrass (Zostera marina), che crescono sui fondali poco profondi, ma non andarono oltre. 
 Solo ora gli scienziati sono riusciti a spiegare il motivo per cui le eelgrass crescano in cerchi proprio qui, mentre di solito formano bellissime praterie in fondo al mare.


“Il fenomeno non ha niente a che fare con crateri di bombe o segnali di atterraggio per astronavi aliene. E neppure con le fate, come è stato ventilato dalla fantasia di alcuni, che hanno rispolverato gli analoghi e famosissimi ‘cerchi nel grano’ comparsi un po’ovunque sulla terra”, assicurano i biologi Marianne Holmer, della University of South Denmark, e Jens Borum, dell’Università di Copenhagen. 

 I cerchi di eelgrass possono avere anche 15 metri di diametro e un bordo composto da lussureggianti piante verdi, mentre all’interno dei cerchi le piante si diradano moltissimo, fino ad essere praticamente inesistenti. “Abbiamo studiato il fango che si accumula tra le piante eelgrass e si è constatato che contiene sostanze tossiche per queste piante”, spiegano Holmes e Borum. 
 Le sostanze sono i solfuri, tipicamente solfuri di ferro, quali pirite e marcasite, che si accumulano nei fondali marini al largo dell’isola di Mon, in acque carenti di ossigeno e molto calcaree. “La maggio parte del fango viene lavato via dal fondale calcareo e sterile, ma come gli alberi trattengono il terreno su una collina, le piante eelgrass trattengono il fango con conseguenti ristagni di elevate concentrazioni di solfuri”, dicono i ricercatori.
 I solfuri sono sufficientemente tossici per indebolire vecchie e nuove eelgrass, ma non abbastanza per danneggiare le robuste piante adulte e dato che le eelgrass si estendono radialmente dall’interno verso l’esterno, al centro dei cerchi rimangono le piante più vecchie e più deboli. 

 Holmes e Borum dicono: “La crescita delle popolazioni eelgrass avviene con stoloni che si sviluppano radialmente in tutte le direzioni e quindi ogni pianta origina un modello di crescita circolare. 
Il solfuro inizia la sua azione aggredendo le più vecchie, quindi la parte centrale, dove l’emissione di solfuro è maggiore e maggiore è l’assorbimento, facilitato dal fango, da parte delle piante. 
Il risultato è una forma circolare eccezionale, in cui solo il bordo sopravvive, come accade nei ‘cerchi magici’ dei campi di grano”. 

Naturalmente, le acque al largo delle scogliere di gesso di Mon non sono l’unico luogo dove si assiste ad un fenomeno del genere. L’avvelenamento delle eelgrass per opera di solfuro è un grave problema a livello mondiale.
 I solfuri sono spesso associati alla carenza di ossigeno sul fondo, in luoghi dove vengono scaricati i nutrienti per l’agricoltura. 
 Le praterie sottomarine di eelgrass e di altre fanerogame marine (o seagrass) crescono in molte parti del mondo, ospitando una varietà di piccoli animali (anemoni di mare, vermi, lumache, granchi patelle) e permettendo loro di filtrare l’acqua e intrappolare carbonio e sostanze nutritive.


Purtroppo queste estensioni verdeggianti sono minacciate in quasi ogni parte del pianeta, anche se in molti luoghi, come in Danimarca, i ricercatori e le autorità competenti si impegnano per prevenire la scomparsa definitiva delle fanerogame marine.
 Le seagrass non sono alghe ma piante con radici, fiori e foglie. Esistono circa 60 specie di fanerogame che si riproducono sui fondali, con eelgrass (Zostera marina) nelle zone temperate e Halophila ovalis nelle zone tropicali e subtropicali. 
 Le seagrass hanno bisogno di luce, sufficiente se almeno il 10 per cento riesce a raggiungere le piante e, ovviamente, di acque ‘pulite’, che ne consentano l’esistenza. 

 Leonardo Debbia

Tetiaroa, dove lusso, ecologia e ambiente si fondono armoniosamente

“Tetiaroa è bella oltre la mia capacità di descrivere. 
Si potrebbe dire che Tetiaroa è la tintura dei mari del sud.” 
- Marlon Brando.


L’atollo polinesiano di Tetiaroa, a nord di Tahiti, ha un posto speciale nella storia e nella cultura polinesiana: luogo sacro, rituale, e tapu (taboo) dove gli dei e gli antenati si diceva fossero scesi sulla terra per visitare il marae (templi). 
Rifugio esclusivo e privilegiato dei Tahitiani liberi, per secoli, fu anche il preferito dai principi di Tahiti.
 Un luogo di straordinaria bellezza, tranquillità e ringiovanimento nonché di rara biodiversità e santuario naturale per gli uccelli e vita marina.


Furono le stelle a guidare per millenni gli esploratori nella Polinesia Francese.
 I primi arrivarono dal Sud-Est asiatico 4.000 anni fa, in canoe. Molto più tardi seguirono gli europei, il più famoso, il capitano Cook, per primo arrivo’ nel 1769. Il suo secondo, il capitano Bligh, tornò anni dopo ma fu rovesciato dall’ equipaggio, come racconta”Gli ammutinati del Bounty”.


Fu proprio durante le riprese del film “Gli ammutinati del Bounty” che Marlo Brando vide la prima volta Tetiaroa e fu subito colpito dall’isola paradisiaca, che scelse come suo santaurio personale. 
Nel 1967 la acquisto’ e vi si stabilì definitivamente con la moglie Tarita, polinesiana ed i loro figli.


Brando aveva una visione ed un desiderio: preservare la bellezza naturale di Tetiaroa, la sorprendente biodiversità e la ricchezza culturale, ma anche aiutarle a fiorire. 
Aveva grandi progetti per Tetiaroa come modello di sostenibilità in cui far partire nuove le idee. Aveva anche costruito e gestiva il piccolo albergo Tetiaroa Village, con una piccola Stazione di ricerca marina che pero’ non fu mai usata come sperava. 
Nel 1999 chiese a Richard Bailey di aiutarlo a concepire un piano per realizzare il suo sogno di creare innanzitutto un resort carbon-neutral con tecnologie innovative per un ambiente di lusso autosufficiente e per la ricerca scientifica, impiegando i residenti a tempo pieno.


L’eredità di quel partenariato è The Brando, il nuovo eco-resort di lusso all-inclusive che aprirà a luglio 2014 sulla bellezza mozzafiato dell’atollo privato raggiungibile solo dal piccolo aereo della struttura. Unico nel concetto e nella portata, che unisce purezza ambientale, lusso e fascino polinesiano in un’esperienza eccezionale, The Brando è il progetto portato avanti dai suoi figli per realizzare il suo desiderio: un piccolo albergo ecologico preservando la straordinaria natura del luogo, che possa anche diventare un vero e proprio “laboratorio” di energia rinnovabile completamente carbon-neutral. Il progetto prevede inoltre l’investimento nella ricerca marina e un’area di allevamento per un centinaio di tartarughe in pericolo.




The Brando riflette la cultura polinesiana, lo stile di vita e le sue tradizioni.
 Le 35 ville appartate, con piscina e spiaggia privata di sabbia bianca frequentate da tartarughe marine e uccelli esotici, sono arredate in modo accogliente, con uno spazio per mangiare all’aperto (servizio in camera disponibile 24 ore al giorno, per gustare un pasto ogni volta che si vuole).
 Graziosi giardini ed ampie finestre per godere il sole, i panorami e la brezza della laguna e sentirsi sempre vicino alla natura senza rinunciare al comfort. 
Con la soddisfazione di sapere che tutto è progettato con fonti energetiche pulite e rinnovabili.
 La cucina è affidata a Guy Martin del rinomato ristorante Le Grand Véfour di Parigi: ogni giorno a base di frutta e verdura biologici (del resort) e pesci e crostacei dalle acque polinesiane. 
Il ristorante sul mare offre un menù vario di ispirazione polinesiana accanto a una cucina classica francese.
 Il Fine Dining Restaurant, intimo ed elegante, è circondato da un fossato che da la sensazione di galleggiare su una laguna ed il menu si ispira al Le Grand Véfour.
 Al Laguna-View Bar ci si siede a livello degli alberi, mentre al Bar di Bob sulla spiaggia, si fa amicizia: prende il nome dall’assistente di Brando sui set, in ricordo proprio delle loro lunghe chiacchierate. 
Sulle rive di un laghetto rilassante nel Motu Onetahi, la Varua Polynesian Spa è un paradiso naturale di serenità dove provare i migliori trattamenti olistici ispirati da antiche tradizioni polinesiane accoppiati con tecniche moderne. 
Il centro benessere include bagni di vapore, sala relax, rifugio yoga e una suite spa per le coppie.
 Una grande varietà di attività al The Brando: vela, pagaia, kayak e kite surf o paddleboard bird watching ed escursioni lungo le spiagge o in bicicletta. 
Tahuna Iti, è un’isola di uccelli, fra cui pappagalli, ma la maggior parte marini, tra cui il Noddy e la grande fregata. 
Ogni sera attraversano il mare per dormire nella fitta vegetazione, che comprende piante autoctone molto rare.
 Immersioni e snorkeling regalano incontri con giardini di corallo, tartarughe marine, mante, squali di barriera e un emozionante caleidoscopio di pesci tropicali.
 Alla Biblioteca si possono leggere libri sulla Polinesia francese, partecipare a lezioni e dimostrazioni sulla cultura polinesiana o ascoltare dai ricercatori la loro attività sull’atollo.




The Brando è stato progettato per fondersi armoniosamente con l’ambiente creando il minimo impatto. 
I materiali da costruzione utilizzati sono di origine locale o certificata, rinnovabile, o che incorporano componenti riciclati.
 Uso di combustibili fossili ridotto al minimo, così come e il gas naturale limitato alla cottura. 
Un sistema di condizionamento d’avanguardia (SWAC) sfrutta il freddo delle profondità oceaniche per fornire a basso consumo energetico il raffrescamento ad alta efficienza degli edifici.
 L’energia solare, prodotta da pannelli installati lungo la pista di atterraggio, fornisce la metà del fabbisogno energetico del resort e l’acqua calda.
 Una centrale termoelettrica a biocarburante fornirà l’altra metà del fabbisogno energetico del resort, alimentata da olio di cocco, per sostenere l’economia locale.
 Batterie all’avanguardia realizzate con materiali altamente riciclabili garantiscono una gestione agevole e flessibile delle varie fonti di energia rinnovabile. 
Tecniche innovative, visibili in prima persona, permettono di coltivare ortaggi e frutta su questa isola sabbia e corallo ed un innovativo sistema di gestione delle acque reflue per l’irrigazione garantirà acqua a bassa energia, oltre ad un recupero robusto dei rifiuti e un programma di compostaggio.
 Una stazione di ricerca scientifica sull’isola aiuterà a imparare di più sulla protezione degli atolli tropicali per preservarne la diversità animale e vegetale contro l’assalto della civiltà moderna, con l’obiettivo di diventare la prima al mondo con certificazione LEED Platinum.
 Per mantenere la fauna fiorente, l’aria pulita, e la laguna incontaminata è stato fissato un obiettivo per ridurre o eliminare le emissioni legati ai viaggi, mettendo a disposizione degli ospiti biciclette e veicoli alimentati dal sole.
 Seguiranno programmi per il trasporto tra le isole, e per i voli internazionali.
 L’EcoStation, la pietra miliare del progetto che Brando non potè completare, raccoglierà scienziati e ricercatori dal mondo non solo per preservare Tetiaroa, ma per aiutare le isole tropicali ovunque a trovare il proprio sviluppo sostenibile.

 Tetiaroa puo’ toccare la coscienza della gente su quanto le isole tropicali siano preziose e fragili.
 E’ l’isola che si sogna come un bambino quando ha chiuso il libro dei racconti, con spiagge di sabbia bianca, palme da cocco, uccelli colorati e laguna scintillante.
 E’ un’isola che si chiama Desiderio.


Maria Lucia Ceretto (Miles Magazine)


Dipenderai meno dal futuro se avrai in pugno il presente.

(Seneca