giovedì 5 giugno 2014

Creati i primi spermatozoi robot: saranno guidati da campi magnetici

Si chiamano "Magneto Sperm" gli ultimi arrivati in campo scientifico e biologico: un esercito di nano-robot dalle sembianze degli spermatozoi umani che promettono di dare una mano sul fronte della fecondazione assistita e della somministrazione dei farmaci.



Un gruppo di ingegneri dell'Università olandese di Twente, in collaborazione con l'Università tedesca de Il Cairo, ha infatti messo a punto in laboratorio degli "spermatozoi-robot" che possono essere pilotati dall'esterno utilizzando dei campi magnetici.
Sarthak Misra del Dipartimento di Robotica e Meccatronica dell'Università Twente ha pubblicato la ricerca su Applied Physics Letters in cui spiega che questi "Magneto spermatozoi" si chiamano così proprio perché sono mossi da infinitesimali campi magnetici. 



Composti da una testa di silicio incapsulata in una sorta di casco di cobalto e nichel, hanno una coda libera di muoversi, proprio come veri e propri spermatozoi, e sono lunghi 322 millesimi di millimetro (micron).
In pratica, i robot-spermatozoi vengono controllati da alcuni deboli campi magnetici dall'intensità di circa cinque millitesla, più o meno quella che viene emessa da quei piccoli magneti che in genere attacchiamo sul frigo di casa.
Questo campo magnetico fa in modo che la piccola coda si muova e oscilli e, proprio grazie ad essa, i ricercatori riescono a guidare lo spermatozoo robot nella direzione decisa.
"I nostri microrobot si ispirano alla natura, che ha progettato strumenti di locomozione molto efficienti nella micro-scala", ha detto il responsabile scientifico della ricerca, Sarthak Misra, dell'Università di Twente.
Ma, dicono gli scienziati, i MagnetoSpermatozoi "potranno anche essere utilizzati per manipolare e assemblare oggetti microscopici": un giorno, per esempio, gli spermatozoi robot potranno essere introdotti nelle arterie per liberarle dai trombi che ostacolano il regolare flusso sanguigno o potranno portare all'interno dell'organismo dei farmaci o anche rendere più semplici gli interventi di fecondazione assistita.
Intanto, i ricercatori mirano a rendere i MagnetoSpermatozoi ancora più piccoli, con una coda fatta di nanofibre magnetiche.

La storia del sergente Stubby


Stubby è il cane più decorato nella storia militare tanto da essere stato promosso al grado di sergente durante il primo conflitto mondiale. 

Incrocio tra Boston Terrier e Pit Bull fu trovato ancora cucciolo nel campus dell'Università di Yale da John Robert Conroy che lo chiamò Stubby (mozzicone) in virtù della sua coda mozza.

 Correva l'anno 1917, momento in cui la prima guerra mondiale era al suo apice, e Conroy stava facendo l'addestramento militare in previsione della sua partenza per il fronte europeo. 
Essendosi il giovane soldato affezionato moltissimo all'animale, dopo averlo tenuto nascosto in caserma con la complicità dei suoi commilitoni e superiori, decise di portarlo con sé anche durante la lunga traversata in nave verso la Francia.
 Nascosto dapprima nell'ampia giacca militare e poi in un contenitore per il carbone, Stubby riuscì ad essere imbarcato da Conroy che ne rivelò la presenza solo una volta giunti in mare aperto.
 Il piccolo cane fu subito preso in simpatia dall'equipaggio della nave. Anche i comandanti trovarono che era di distrazione e risollevava il morale delle truppe.
 Arrivati in Europa Conroy trasferì Stubby, sempre nascosto sotto la divisa, fino al 102esimo reparto di fanteria dove era stato dislocato.
 Lì raccontò tutta la storia al suo capitano pregandolo di poter tenere l'animale con sé. 
Il capitano, visto l'effetto benefico del cane sui soldati, acconsentì e Stubby divenne la mascotte del distaccamento.


Il 5 febbraio del 1918 il 102esimo reparto raggiunse il fronte francese e Stubby condivise con i soldati 18 mesi di trincea partecipando a 4 offensive e 17 battaglie.
 Negli attacchi i Tedeschi facevano ampio uso di gas letali e Stubby fu fondamentale nell'avvertire, grazie al suo olfatto e udito sviluppati, la presenza degli ordigni a gas.
 Una notte infatti, mentre i suoi compagni umani dormivano, Stubby avvertì il sibilo dell'uscita di gas e il suo odore mettendosi a correre e abbaiare per tutta la trincea, mordendo i soldati per farli svegliare.
 Appena resisi conto di quanto stava accadendo alcuni diedero l'allarme permettendo a tutti di salvarsi.
 A questo piccolo cane era riconosciuto un grande coraggio in quanto, non appena udiva dei lamenti, non esitava ad avventurarsi nella cosiddetta “terra di nessuno” ossia la zona che si trovava tra una trincea e l'altra.
 Nonostante i bombardamenti e il tiro dei cecchini Stubby, muovendosi tra i corpi dei caduti, consentì la localizzazione e il recupero di molti feriti che altrimenti non avrebbero avuto speranze. Ferito seriamente da una granata fu operato nell'ospedale da campo nelle retrovie dove rimase per lungo tempo in convalescenza e non mancò di essere di conforto agli altri soldati ricoverati.
 L'impresa più grande per cui Stubby rimane famoso è la cattura di una spia tedesca che, appostata dietro a dei cespugli, stava tracciando una mappa delle trincee. Abbaiando e attaccandosi ai pantaloni dell'uomo Stubby gli impedì di fuggire attraendo al contempo l'attenzione dei suoi commilitoni e permettendo loro di catturarlo. 
Questa azione gli valse la promozione a sergente.


Tornato negli Stati Uniti nell'aprile del 1919 Stubby venne premiato con diverse medaglie che gli vennero appese su uno speciale cappotto di pelle scamosciata confezionato per lui. 
Tra queste c'erano anche: 
 Medaglia d'oro della Humane Education Society assegnatagli da Gerard John J. Pershing, capo delle forze armate statunitensi. 
Medaglia francese per la battaglia di Verdun.
 Medaglia dei Veterani della IGM. Il cuore viola.


Il 16 marzo 1926 Stubby si spense serenamente tra le braccia del suo inseparabile amico John Conroy. 

Isabel Giustiniani

Oggi, 05 giugno 2014, è la Giornata Mondiale dell'Ambiente

Questa è l'occasione per ricordare al mondo l'importanza di prendersi cura del pianeta in cui viviamo, e mettere in pratica l'amore e il rispetto che abbiamo per lui.
La Giornata Mondiale dell'Ambiente è stato introdotto dalle Nazioni Unite nel 1972, sotto il nome di Giornata Mondiale dell'Ambiente .
A sostegno della designazione da parte dell'ONU del 2014 come Anno Internazionale dei piccoli Stati insulari in via di sviluppo , la Giornata Mondiale dell'Ambiente di quest'anno userà lo stesso tema con una particolare attenzione sulla questione
del cambiamento climatico 

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In aggiunta ai programmi annunciati da alcune città, ogni persona può dare un contributo in mille modi:
* Riduzione dei rifiuti alimentari .
Riciclare con gli avanzi; si possono fare ottime ricette
* Ridurre l'uso della plastica , portando un sacchetto  eco-sostenibile  per lo shopping , evitare di comprare cose super-confezionati come le insalate, per esempio.
* Creazione di arte con riciclo creativo . . Tappi di bottiglia, chiavi, collant e tanti altri modi per riciclare e riutilizzare 
* Piantare . rilassa e porta verde alla vostra vita far crescere le erbe aromatiche, in un  minigarden;
* Non gettare spazzatura a terra , soprattutto mozziconi di sigarette, * Andare a lavorare con la bici.
L'auto può essere utilizzata quando serve veramente.
* Stare con gli amici per parlare di cose belle
Dopo tutto, nonostante tutto, ancora manca molto per arrivare al nostro ideale di una crescita sostenibile , abbiamo motivo di essere fiduciosi circa la causa ambientale.
In tutto il mondo ci sono persone impegnate in esso
Un ottimo 5 giugno a tutti!

Salvare l'Aurora dell'Etna


L’Aurora dell’Etna (Anthocharis damone) è una splendida e rara specie di farfalla il cui nome deriva dalla presenza sulle ali di una macchia arancione che evoca il sorgere del sole. 
Purtroppo per questo insetto il sole rischia di tramontare per sempre.
 L’Aurora dell’Etna, già classificata come vulnerabile e rara poiché vive solo in poche zone del nostro Paese, ha risentito delle condizioni atmosferiche particolarmente ostili verificatesi tra fine aprile e inizio maggio 2011.
 Questi straordinari effetti atmosferici hanno contribuito ad anticipare la fine del periodo di volo della farfalla riducendone drasticamente la popolazione. 
I cambiamenti climatici rappresentano una seria minaccia per questa specie endemica siciliana che, come molti altri lepidotteri, rappresenta un buon indicatore dello stato di salute dell’ambiente poiché vive solo in luoghi naturali e incontaminati.


Per proteggere questo animale, simbolo della biodiversità del patrimonio naturale etneo, è stato creato il progetto Salviamo l’Aurora dell’Etna, avviato nel 2010 dall’associazione Amici della Terra e sostenuto da tre strutture associate Uiza (Unione italiana giardini zoologici e acquari), il Butterfly Arc, il Giardino zoologico di Pistoia e il Parco Natura viva. 
 Il progetto, circoscritto per ora al parco di Monteserra in provincia di Catania, prevede censimenti, osservazioni sul comportamento, rilevamenti dei fattori ambientali e allevamento dei bruchi in differenti condizioni climatiche.
 Lo studio consentirà di raccogliere maggiori informazioni sulle farfalle in modo da attuare mirati programmi di conservazione. «Sono stati marcati e seguiti circa 62 esemplari – dichiara il coordinatore del progetto, l’entomologo Enzo Moretto – anche se non sembra molto, si tratta di uno sforzo imponente, considerata anche la mobilità e la rarità della specie».


In Italia l’Aurora dell’Etna ravviva con le sue tonalità color pastello la Sicilia e la Calabria, rispettivamente sui Peloritani orientali e nella parte prossima all’Etna dei Nebrodi sud-orientali e in pianura nei pressi di Reggio Calabria ma anche in quota, sull’Aspromonte e sul massiccio del Pollino.

Adrenalina allo stato puro



Questo è l'acquascivolo più alto del mondo, qualcosa di folle,alto 41 metri come un edificio di 14 piani, nella caduta si possono raggiungere i 105 chilometri orari in soli 4 secondi. Beach Park si trova sulla spiaggia di Porto das Dunas, 16 km da Fortaleza, Ceará, Brasile.

10.000 francesi pagati per andare a lavoro in bici......Quando i governanti di un paese hanno il cervello!!!

25 centesimi a km per chi va al lavoro in bici.
In Francia, dallo scorso Lunedi, 10mila fortunati lavoratori potranno far crescere il loro portafogli a forza di pedalare.
Il governo ha appena lanciato un esperimento con 19 aziende situate in tutto il Paese per promuovere il pendolarismo in bicicletta



Per sei mesi, i dipendenti che si recano in ufficio con la bici ricevono un compenso monetario di € 25 centesimi per chilometro. In totale, per una persona che vive a 5 Km di distanza dal suo posto di lavoro tale compensazione può raggiungere dai 50 ai 60 euro al mese .
Questo esperimento di bike-to-work durerà fino al 1 dicembre e fa parte del "Piano d'azione per la mobilità attiva", presentato dal ministro dei Trasporti il 5 marzo scorso.
"A livello nazionale abbiamo un notevole ritardo rispetto ai nostri vicini europei", aveva sottolineato in quella occasione Frédéric Cuvillier.
In Francia solo il 2% dei lavoratori pendolari usa la bicicletta per andare in ufficio, con una percorrenza media di 3,4 km.
Prima di estendere questa misura, però, il governo ha voluto testarne l'efficacia. E ci sarà anche un'inchiesta della ADEME, l'Agence de l'Environnement et de la Maîtrise de l'Energie, per misurare l'impatto sugli abbonamenti al trasporto pubblico.
Tutto è guidato dal dolce sogno di rendere la Francia una novella Olanda: l'ambizione è quella di raggiungere lo stesso livello di pratica del ciclismo nei paesi nordici, come i Paesi Bassi e la Danimarca.
Ad Amsterdam e Copenaghen, la regina dei trasporti è solo lei, la bicicletta, che copre rispettivamente il 22 e il 31% dei viaggi.
Se i risultati del test saranno promettenti, verrà effettuato un secondo esperimento su larga scala.
E magari contagerà anche noi che siamo qui, dall'altra parte delle Alpi.

Roberta Ragni - Tratto da Green Me

La carrozza del Giubileo di Diamante


La nuova carrozza da parata della regina Elisabetta II , detta del Giubileo di Diamante,è stata costruita con alcuni reperti unici della storia britannica.
 Fra questi i frammenti della Mary Rose, la nave da guerra di Enrico VIII, dell'albero di mele di Sir Isaac Newton, e parti dell'ammiraglia di Horatio Nelson, la Hms Victory. 
Sulla carrozza, che pesa tre tonnellate ed è trainata da sei cavalli, domina una corona di legno ornata con foglie d'oro. 
E' stata costruita in Australia ed è la seconda realizzata negli ultimi cento anni.

La "Dama di Elche"


Il 4 agosto del 1897, durante alcuni lavori in una azienda agricola di L’Alcúdia, a circa due chilometri a sud di Elche, Valencia, Spagna, un giovane operaio di 14 anni, Manuel Campello Esclapez, con la sua vanga urtò qualcosa di duro nel terreno. 
 Il giovane chiamò altri operai e cominciarono a scavare freneticamente, fino a quando non portarono alla luce un meraviglioso busto raffigurante una dama dell’antichità.
 Questa versione “popolare” della storia differisce dal rapporto ufficiale redatto da Pedro Ibarra Ruiz, un funzionario locale, secondo il quale lo scopritore è stato un certo Antonio Maciá.
Il busto, ribattezzato come “La Dama di Elche”, misura 56 cm di altezza e sul dorso presenta una cavità sferica di circa 18 cm di diametro e profonda 16 cm, probabilmente utilizzata per conservarvi reliquie, oggetti sacri o le ceneri di un defunto. Originariamente, il busto era completamente colorato, con vernici policrome. 
La donna raffigurata indossa una tunica di colore rosso, sulla quale poggia un ampio mantello marrone con rifiniture in rosso. Le labbra della donna conservano ancora pochi pigmenti rossi.
 La Signora di Elche è generalmente creduta essere un pezzo di scultura iberica del 4° secolo a.C., anche se l’artigianalità suggerisce forti influenze ellenistiche. Le caratteristiche del viso, infatti, rivelano una forte influenza greca, in contrasto con l’abbigliamento completamente nativo.
 Secondo l’Enciclopedia delle Religioni, la Signora di Elche avrebbe una connessione diretta con Tanit, una dea di Cartagine adorata dai punici-iberici. 
Tanit era una delle consorti di Baal, quello che secondo i testi di Ras Shamra era padre degli anni e dell’uomo, ed era considerato il progenitore degli Dei.
 Il simbolo di Tanit era la piramide tronca portante una barra rettangolare sulla sommità. Su questa barra appaiono il sole e la luna crescente.


Tanit era la dea che deteneva il posto più importante a Cartagine e significativamente, per una città prettamente commerciale, la sua effigie compariva nella maggior parte delle monete della città punica. Lo stesso fenomeno è accaduto con la scoperta della Signora di Elche, avviando un interesse popolare per la cultura iberica pre-romana, tanto da apparire nel 1948 sulla banconota spagnola da un peseta.
 Secondo alcuni, la tradizione continuerebbe con la banconota americana da un dollaro, dato che il simbolo della “piramide con l’occhio che tutto vede” avrebbe una matrice comune con il simbolo di Tanit.
Sebbene il manufatto sia datato al 4° secolo a.C., alcuni ricercatori hanno ammesso che la statua potrebbe raffigurare una sacerdotessa, una nobildonna o forse una regina sconosciuta, comunque una creazione artistica della quale non si conoscono le origini.
Alcuni, spingendosi oltre le possibili verifiche storiche e archeologiche, hanno ipotizzato che le origini del busto possano avere connessioni con tradizioni artistiche riconducibili al continente perduto di Atlantide.
 La dama è stata trovata vicino Elche, in un tumulo che gli arabi chiamavano Alcudia (collina) e che in tempi antichi era circondata da un fiume. Sappiamo, inoltre, che l’insediamento in epoca ellenica era chiamato Helike (poi Illici dai romani), diventando “Elche” per gli arabi. È possibile che il tumulo di Elche un tempo fosse una città appartenente ad un colonia atlantidea? 
Il simbolo solare associato alla dea Tanit ci ricorda che il culto del Sole era la religione dominante di Atlantide, e più tardi ereditato da tutte le culture antiche del mondo, dagli Egizi agli Inca. Inoltre, il sereno volto quasi divino di questa dama di pietra è avvolto in un ornamento insolito, con due rotoli ai lati del viso stranamente molto simili alle antiche decorazioni utilizzate dalle giovani donne Hopi non sposate. Si tratta solo di suggestioni, ma quello che è certo è che l’enigmatico volto della Dama di Elche è l’icona del mistero che la circonda.
 Molto probabilmente, rimarrà per sempre un reperto controverso dell’arte antica dalle origini e datazione oscure.

 Fonte : ilnavigatorecurioso