venerdì 30 maggio 2014

Breve storia dell'iris


L'iris deve il suo nome alla sua iridescente corolla. 
 Fin dall'antichità è stato associato all'arcobaleno per i suoi variegati e cangianti colori.
 Nell'antico Egitto è associato al Dio Horus, simbolo del potere divino e lo si trova rappresentato sui muri di alcuni templi e nei decori dei palazzi accanto al papiro e al fior di loto.
 Si narra, anche, che le prime specie di questo fiore furono trasferite in Egitto dal faraone Thutmosis dalla Siria 
 Nella mitologia greca l'iris e i suoi colori cangianti divennero il simbolo dell'arcobaleno e dunque del legame tra il mondo degli dei e quello degli uomini .
 Iris o Iride, si chiamava anche la messaggera di Zeus e Era, figlia di Taumante ed Elettra che viene rappresentata come una dea alata, vestita di un velo leggero ornato dai colori dell'arcobaleno ,il suo ruolo era accompagnare le anime delle donne defunte nel regno dei morti.
 La leggenda vuole che Iride, quando attraversava il cielo per comunicare le notizie agli dei, lasciasse appunto un arcobaleno.


In un simbolismo comune a molte culture, l'arcobaleno rappresenta il ponte tra il cielo e la terra, l'arco teso a collegare gli dei e gli uomini: è la scala dai sette colori per la quale il Buddha ridiscende sulla terra; nella Bibbia, è il simbolo della nuova alleanza tra Dio e gli uomini. 
Nel regno arabo era usanza piantare ciuffi di Iris in prossimità delle tombe dei guerrirei morti in battaglia e ancora oggi nei cimiteri musulmani dell'Himalaya persiste questa tradizione.
 Sebbene sia splendido e facilmente identificabile, l'iris è incappato nella singolare sorte di essere continuamente confuso con il giglio.
 Il giglio francese, per esempio, cioè quello che compariva sullo stemma dei re transalpini, altro non è che un iris.
La storia narra che Luigi VII (re di Francia dal 1137), uscito vittorioso da una battaglia, abbia voluto fare di questo fiore il suo emblema perché il campo su cui si era svolto il conflitto ne era letteralmente invaso.
 Il popolo, allora, lo soprannominò fleure-de-Louis (fiore di Luigi), ma a causa della pronuncia contratta diventò ben presto fleur-de-lys, cioè fiore di giglio.
 Lo stesso errore viene commesso, per ragioni non chiare, anche in Italia: il nome botanico del giglio di Firenze, infatti, è Iris florentina. L'iris non a caso compare nello stemma della città perché cresce copiosamente nei campi che la circondano. 

 Il significato associato a questo fiore è messaggio quello di annuncio, buona novella e deriva, com’è facilmente intuibile, dalla leggenda greca .
 Questo fiore quindi, trasmette messaggi positivi e va regalato per comunicare che ci sono novità o buone notizie nell'aria, oppure per fare gli auguri a chi sta per intraprendere qualcosa di importante.


Attenzione però all' iris giallo , che va regalato in casi molto particolari... il suo significato infatti è "Ardo di passione per te".

Rinnovabili: in Italia un errore dopo l'altro

Un vecchio adagio dice che una visione senza un piano è un sogno e un piano senza una visione è un incubo: in Italia noi siamo riusciti negli ultimi 20 anni a fare entrambe le cose.
Dal punto di vista energetico, quello che è stato fatto in questo Paese è un errore dietro l'altro.
Per abolire il nucleare, all'indomani del disastro di Chernobyl, abbiamo lanciato il progetto di metanizzazione del Paese con enormi capitali pubblici concessi a mani basse e con una produzione da energia elettrica da gas che è passata dal 2002 al 2012 da 53 Gigawatt a 78 Gigawatt, un caso unico nel mondo.



Il gigantesco progetto da 15 mila Megawatt del nucleare in Italia è stato abbandonato per via dell'incidente alla centrale giapponese di Fukushima, ma altrimenti sarebbe stato realizzato.
E questo anche in presenza di centri studi che avevano già analizzato il fenomeno della curva della produzione energetica e che già avrebbero potuto dire in anticipo che quei 15 mila Megawatt non sarebbero serviti!
Adesso abbiamo finalmente avuto la SEN, la Strategia Energetica Nazionale, che è un altro errore. Una strategia senza un piano. Abbiamo disegnato uno scenario tendenziale ma non abbiamo detto come dobbiamo raggiungerlo, per cui ancora una volta l'Europa ci scavalca a destra, andando a fare una modifica da 20-20-20 a 40-30-40: il che significa, dal punto di vista della produzione elettrica dalle rinnovabili, una quota del 48% al 2030.
Ma è stato detto ai produttori da fonte fossile?
O vogliamo vedere nel tempo ripetersi altri casi Sorgenia, con il fallimento a catena di chi ha investito in quel settore credendo nell'impostazione che il legislatore aveva dato, e che purtroppo oggi si ritrova col prezzo dell'energia che scende sotto i 50 euro a kilowatt/ora, cosa che rende impossibile recuperare gli investimenti fatti?
E in questo scenario abbiamo il legislatore che anticipa uno spalma-rinnovabili che ovviamente metterà le imprese tecnicamente in default e alla mercé delle banche, che potranno decidere se concedere o non concedere lo slittamento o se magari vessare ulteriormente le imprese strappando degli spread per ottenere quell'allungamento.
Chi ha oggi gli impianti in carico sono gli operatori finanziari che hanno comprato sul secondario o sul primario quando ormai era già finito tutto il processo: oggi vedono ritorni molto bassi e guardano ovviamente con preoccupazione a questa ulteriore ristrettezza.
In questo contesto, certamente le smart grid rappresentano il futuro. Ma autoproduzione e autoconsumo nel nostro Paese devono trovare la giusta integrazione con le esigenze di una rete elettrica nazionale preesistente.
Quindi è prevedibile che sarà più facile, in questa fase, applicare questa tecnologia all'estero, in Paesi in cui non c'è una rete elettrica nazionale e probabilmente l'energia va prodotta dove serve, come India, Cina, Brasile, Turchia, Russia. Parafrasando Tacito, ULTERIORA MIRARI PRAESENTIA SEQUI: noi operatori del settore possiamo guardare al futuro vivendo nel nostro tempo, purché il legislatore ci consenta di sopravvivere nel nostro tempo! La World Bank ci ricorda che dobbiamo invertire la rotta subito per evitare il disastro: tutto il Pianeta deve puntare sulle rinnovabili senza indugi.

Pietro Colucci, Presidente e AD Kinexia

Fiori nei candelotti lacrimogeni


Una storia di resistenza pacifica in Palestina, nel villaggio di Bil'in, vicino Ramallah.


In un luogo consacrato alla guerra, una donna ha creato un giardino in cui pianta fiori nei candelotti dei gas lacrimogeni, lanciati dai soldati israeliani durante alcuni scontri.
 Prendersi cura di una piantina che deve crescere in mezzo a mille difficoltà è un gesto al tempo stesso commovente e meraviglioso.


Una storia simbolica, che racconta un'altra faccia del conflitto.
 Un messaggio di pace, che è un inno alla vita, fatto da persone che piantano meravigliosi semi di speranza. 

 Da: greenme.it

Le Gargolle , i mostri di pietra


La gargolla o garguglia è la parte terminale dello scarico dei canali di gronda (erroneamente chiamati grondaie) e spesso ornata con figure animalesche, fantastiche o mostruose, come i gocciolatoi a protomi leonine dei templi greci.
 Si trova in molte chiese e cattedrali cristiane, ma anche su edifici civili (come municipi) del periodo medioevale.
 In italiano garguglia si può considerare sinonimo di doccione, anche se talvolta, un po' impropriamente, col nome di gargolla (o più spesso gargoyle, all'inglese) si indica la figura fantastica senza che essa abbia necessariamente funzione di doccione; viceversa i doccioni comunemente intesi non sempre hanno figure scolpite. 

Gargolla e garguglia vengono dal francese gargouille che a sua volta deriva dal latino gurgulio, -onis, termine onomatopeico collegato al gorgoglìo dell'acqua che passa attraverso un doccione. L'inglese gargoyle ha lo stesso etimo.


Dal punto di vista architettonico una gargolla ha in genere la funzione di doccione, cioè è la parte finale di un sistema di scarico per l'acqua piovana che si protende da un cornicione o da un tetto, con lo scopo di far defluire l'acqua piovana, impedendo che questa, scorrendo lungo i muri li danneggi o penetri nelle fondazioni.


A partire dal X-XI secolo iniziò a diffondersi in Europa l'utilizzo della pietra per il doccione.
 L'epoca in cui si raggiunse il maggior utilizzo di gargolle iniziò a partire dal XIII secolo e verso la fine del secolo si cominciò a fare uso di caricature e figure grottesche. 
Nel corso del tempo divennero sempre più elaborati: inizialmente veniva scolpito solo il busto dell'animale o della creatura fantastica, in seguito si scolpì l'animale intero, spesso avvinghiato con gli artigli all'edificio. 
Spesso raffiguravano draghi o leoni e di solito l'acqua scorreva lungo la schiena o all'interno della figura per defluire poi dalla bocca.


La spiritualità visionaria medioevale creò gargolle di ogni sorta, da figure demoniache a facce gioconde, fino a creature metà uomini e metà bestie. 
La simbologia delle gargolle è complessa e attinge dalle Sacre Scritture e dall'universo pagano.
 Il retaggio delle creature ibride greche e egiziane si mischiò nel medioevo all'universo mitico dei bestiari come Il Fisiologo, libri illustrati con descrizioni di animali fantastici di terre lontane.
 Gli artisti influenzati da tali testi scolpirono dei doccioni bestiali e affascinanti. 
Le caratteristiche degli animali immaginari furono reinterpretate in chiave cristiana. Alcuni studiosi hanno teorizzato che le gargolle siano state utilizzate come guardiani delle chiese per tenere lontano i demoni.
 Altri pensano che questi doccioni simboleggiassero demoni, da cui i passanti avrebbero trovato scampo in chiesa.


Una leggenda francese parla di un drago chiamato Grand'Goule, che possedeva ali e corpo da rettile; viveva in una caverna nei pressi della Senna e si placava soltanto con offerte sacrificali annuali. 
Intorno al 600 giunse a Rouen un sacerdote di nome Romano (futuro arcivescovo di Rouen e santo), che promise di liberare il paese dal drago in cambio della conversione di tutti i cittadini e la costruzione di una chiesa.
 Romano sottomise il mostro con il segno della croce ed esorcizzandolo, e lo portò fuori dal paese legato a un guinzaglio fatto con la sua tonaca.
 Gargouille fu bruciato su un rogo, ma il collo e la testa non bruciarono e vennero perciò staccati dal corpo e posti sulle mura di Rouen, divenendo così il modello per le gargolle.