venerdì 4 aprile 2014
L'Oca dal Becco di Rame... una fiaba, anzi una storia vera!
C'era una volta un'oca, un'oca molto coraggiosa, che si trovò a difendere tutto il suo pollaio da un pericolo mortale: una volpe che, in una terribile notte, era riuscita a superare la rete e minacciava di divorarsi l'intero pollaio.
L'oca riuscì nell'impresa, salvando se stessa e tutti i suoi amici, ma ad un gravissimo prezzo: il suo becco si spezzò irreparabilmente. Come avrebbe fatto a nutrirsi?
Quale sorte attendeva la nostra oca coraggiosa?
Una sorte sorprendente, quella sorte riservata a chi osa e si butta nelle imprese più ardue senza pensare troppo ai "ma" e ai "se"... come l'oca si era buttata a difendere il pollaio, così si "buttò" anche il veterinario che cercò una strada per salvare l'oca, a tutti i costi. E così ideò una protesi in rame, qualcosa di innovativo e mai visto prima d'ora, una protesi a forma di becco che oggi permette alla nostra oca coraggiosa di nutrirsi e vivere normalmente.
Questa è la storia vera dell'oca "Becco di Rame" e del bravissimo dott. Alberto Briganti, il veterinario che l'ha salvata ideando appunto questa protesi di rame unica al mondo, che oggi permette a questa pennuta da 8 kg di alimentarsi e vivere perfettamente la sua vita.
Briganti, protagonista di questa straordinaria impresa, ha poi avuto l'ottima idea di raccontare questa storia in forma di fiaba per bambini, rendendosi conto di quanto avrebbe potuto essere importante una tale testimonianza di coraggio e audacia, buona volontà, creatività, empatia, rispetto per tutte le forme di vita e voglia di superare positivamente le avversità.
Esiste a proposito un sito dedicato a Becco di Rame, che vi invito a visitare: www.beccodirame.com, ricco di foto, video, testimonianze, rassegna stampa e altri interessanti materiali.
Queste sono le storie che fanno bene al cuore, non solo perché a lieto fine: sono le storie in cui finalmente l'uomo dimostra di saper impiegare la sua intelligenza e le sue capacità tecniche per salvare gli animali, sono le storie in cui gli animali continuano a dimostrarci di saper reagire alle difficoltà in modo sempre nobile e positivo.
Da questa storia vera è nata anche una fondazione omonima, finanziata con le libere donazioni e con i proventi dati dall'acquisto del libro della fiaba.
Gli obiettivi della fondazione sono nobili e meritevoli di attenzione, ve li riporto citandoli direttamente dal sito:
"La Fondazione Becco di Rame vuole aiutare tutto il mondo sportivo dei giovani atleti appartenenti al mondo dei protesici-disabili.
La Fondazione, oltre a diffondere i valori contenuti nella favola e ad esaltare quelli presenti nel mondo dei disabili, vuole sostenere il loro mondo sportivo con iniziative e aiuti economici per permettere loro una vita normale.
Questi giovani atleti devono vedere nello sport un'altra grande opportunità di vita.
Becco di Rame sarà quindi per loro una vera conferma che, nonostante le difficoltà, il valore del loro impegno supera tutti gli stili di vita che per noi sembrano normali e che sono loro le persone veramente speciali che affrontano e vincono gare sportive e le grandi sfide che la vita gli riserva.
Il personaggio Becco di Rame dimostra nella favola, così come i disabili nella vita, che, dopo incidenti così gravi, si possa essere migliori di prima e vuole diffondere questo valore.
Becco di Rame rappresenta un giusto esempio per il genere umano che al momento affronta una fase di grave degrado dal punto di vista sia fisico che morale".
Una storia vera e straordinaria che merita di essere conosciuta, divulgata e sostenuta, non credete?
L'edificio più alto del mondo
Il Burj Khalifa, con i suoi 828 metri, è l’edificio più alto del mondo. Si trova negli Emirati Arabi Uniti, nella città di Dubai che ha mostrato negli anni la sua inclinazione ai record.
Il grattacielo, infatti, è il centro di un complesso che si sviluppa nel cuore di Dubai, costituito dall’hotel più alto del mondo (Burj.al-Arab), dalla marina artificiale più grande del mondo (Dubai Marina) e dal centro commerciale più grande del mondo (Dubai Mall).
Il Burj Khalifa è stato ufficialmente aperto al pubblico il 4 Gennaio 2010; la sua pianta è ispirata alla forma di un fiore di Hymenocallis, genere molto popolare a Dubai.
L’edificio possiede anche l’ascensore più veloce al mondo che raggiunge i 18 m/s (64,8 Km/h).
Il grattacielo dei record è intitolato allo sceicco Khalifa bin Zayed Al Nahyan, presidente degli Emirati Arabi Uniti e emiro di Abu Dhabi.
Fonte: babelemagazine.com
Il Plancton (dal greco "vagante")
Con il termine plancton si indica l'insieme degli organismi che vivono in sospensione nel mezzo acqueo incapaci di vincere, con movimenti propri, i moti del mare (correnti, onde, ecc.) e che pertanto vengono da questi trasportati passivamente.
Questo non significa però, che tutti gli organismi del plancton non sono in grado di eseguire, su piccola o media scala, movimenti di locomozione o spostamenti verticali nella colonna d'acqua.
Se sulla terraferma il mondo è dominato dai vegetali, nel mare c'è più eguaglianza: nei nostri oceani il mondo animale e quello vegetale si equivalgono.
Almeno per quanto riguarda il plancton, quel microcosmo di vita galleggiante che si sposta solo grazie alle correnti e alle onde.
Nel mare infatti c'è molto più movimento di quanto i nostri occhi possano notare.
Il plancton è una componente essenziale per la vita sulla Terra così come la conosciamo.
Il problema è che di queste alghe unicellulari, larve (come quella del riccio di mare minuscole meduse, crostacei e diatomee sappiamo ancora poco.
Una larva di granchio
Ma un contributo importante è arrivato da MAREDAT: un atlante che ha l'ambizione di mappare il plancton di tutto il mondo marino. L'equilibrio tra fito e zooplancton - rispettivamente la parte vegetale e animale del plancton - è stato confermato proprio da questo gigantesco studio, che ha coinvolto 200 scienziati ecologisti in tutto il mondo ed è stato coordinato dall'Eth di Zurigo e dall'università dell'East Anglia del Regno Unito.
"Più cose sappiamo sui diversi tipi di plancton, in che aree si trovano e perché, meglio saremo in grado di capire quanto sono vulnerabili ai cambiamenti climatici e ad altri fattori di disturbo come l'inquinamento delle coste, l'acidificazione degli oceani o l'eccessiva pesca", spiega Meike Vogt dell'Eth di Zurigo, una delle coordinatrici del progetto insieme ai colleghi britannici della East Anglia.
Secondo Vogt l'uomo è il principale fattore di disturbo per l'ecosistema marino: toglie di mezzo i predatori con la pesca, introduce specie invasive e crea le condizioni per lo sviluppo di alghe tossiche.
A farne le spese è l'anello debole della catena alimentare: il plancton, appunto
Una delle principali minacce al plancton è l'acidificazione degli oceani. Alcuni ecosistemi di plancton soffrono in modo particolare questo fenomeno: più scende il pH del mare, più i gusci di alcune specie rischiano di dissolversi.
Il coccolitoforo Emiliania huxleyi, molto diffuso, è una delle specie messe a rischio da questo fenomeno. Studiare il caso di questo minuscolo organismo può sembrare roba da nerd della scienza, eppure può avere conseguenze importanti. "Se riusciamo a capire con precisione dove vive Emiliania huxleyi e dove si sposta nel momento in cui il suo ambiente si fa troppo acido, allora potremmo iniziare a capire qualcosa di più sui livelli di calcificazione dei nostri mari.
Tuttavia il plancton non si limita a subire gli effetti del cambiamento climatico e il suo destino non è solo quello di essere divorato dalle balene.
Il fitoplancton è in grado di influenzare il livello di inquinamento della nostra atmosfera.
Come?
Con la fotosintesi: assorbendo anidride carbonica e rilasciando ossigeno.
Quando muoiono o vengono mangiate dallo zooplancton, queste sostanze precipitano sul fondale portando con loro buona parte del carbonio che avevano "in pancia".
Insomma, le sorti del clima terrestre dipendono anche da questi lillipuziani del mare.
Ecco perché MAREDAT può essere la scintilla per nuovi studi, nuove teorie e nuove scoperte
.
Al largo dell'Irlanda, la fioritura del plancton crea vortici di colore blu elettrico in questa immagine scattata a maggio ma resa pubblica solo oggi da un satellite dell'Agenzia spaziale europea.
Il fitoplancton è composto da minuscole piante marine che galleggiano sulla superficie marina o subito al di sotto.
Ogni anno, in primavera, la fioritura colora le acque al punto tale che le miriadi di piantine diventano visibili persino dallo spazio.
Tratto da National Geographic Italia
Questo non significa però, che tutti gli organismi del plancton non sono in grado di eseguire, su piccola o media scala, movimenti di locomozione o spostamenti verticali nella colonna d'acqua.
Se sulla terraferma il mondo è dominato dai vegetali, nel mare c'è più eguaglianza: nei nostri oceani il mondo animale e quello vegetale si equivalgono.
Almeno per quanto riguarda il plancton, quel microcosmo di vita galleggiante che si sposta solo grazie alle correnti e alle onde.
Nel mare infatti c'è molto più movimento di quanto i nostri occhi possano notare.
Il plancton è una componente essenziale per la vita sulla Terra così come la conosciamo.
Il problema è che di queste alghe unicellulari, larve (come quella del riccio di mare minuscole meduse, crostacei e diatomee sappiamo ancora poco.
Una larva di granchio
Ma un contributo importante è arrivato da MAREDAT: un atlante che ha l'ambizione di mappare il plancton di tutto il mondo marino. L'equilibrio tra fito e zooplancton - rispettivamente la parte vegetale e animale del plancton - è stato confermato proprio da questo gigantesco studio, che ha coinvolto 200 scienziati ecologisti in tutto il mondo ed è stato coordinato dall'Eth di Zurigo e dall'università dell'East Anglia del Regno Unito.
"Più cose sappiamo sui diversi tipi di plancton, in che aree si trovano e perché, meglio saremo in grado di capire quanto sono vulnerabili ai cambiamenti climatici e ad altri fattori di disturbo come l'inquinamento delle coste, l'acidificazione degli oceani o l'eccessiva pesca", spiega Meike Vogt dell'Eth di Zurigo, una delle coordinatrici del progetto insieme ai colleghi britannici della East Anglia.
Secondo Vogt l'uomo è il principale fattore di disturbo per l'ecosistema marino: toglie di mezzo i predatori con la pesca, introduce specie invasive e crea le condizioni per lo sviluppo di alghe tossiche.
A farne le spese è l'anello debole della catena alimentare: il plancton, appunto
Una delle principali minacce al plancton è l'acidificazione degli oceani. Alcuni ecosistemi di plancton soffrono in modo particolare questo fenomeno: più scende il pH del mare, più i gusci di alcune specie rischiano di dissolversi.
Il coccolitoforo Emiliania huxleyi, molto diffuso, è una delle specie messe a rischio da questo fenomeno. Studiare il caso di questo minuscolo organismo può sembrare roba da nerd della scienza, eppure può avere conseguenze importanti. "Se riusciamo a capire con precisione dove vive Emiliania huxleyi e dove si sposta nel momento in cui il suo ambiente si fa troppo acido, allora potremmo iniziare a capire qualcosa di più sui livelli di calcificazione dei nostri mari.
Tuttavia il plancton non si limita a subire gli effetti del cambiamento climatico e il suo destino non è solo quello di essere divorato dalle balene.
Il fitoplancton è in grado di influenzare il livello di inquinamento della nostra atmosfera.
Come?
Con la fotosintesi: assorbendo anidride carbonica e rilasciando ossigeno.
Quando muoiono o vengono mangiate dallo zooplancton, queste sostanze precipitano sul fondale portando con loro buona parte del carbonio che avevano "in pancia".
Insomma, le sorti del clima terrestre dipendono anche da questi lillipuziani del mare.
Ecco perché MAREDAT può essere la scintilla per nuovi studi, nuove teorie e nuove scoperte
.
Al largo dell'Irlanda, la fioritura del plancton crea vortici di colore blu elettrico in questa immagine scattata a maggio ma resa pubblica solo oggi da un satellite dell'Agenzia spaziale europea.
Il fitoplancton è composto da minuscole piante marine che galleggiano sulla superficie marina o subito al di sotto.
Ogni anno, in primavera, la fioritura colora le acque al punto tale che le miriadi di piantine diventano visibili persino dallo spazio.
Tratto da National Geographic Italia
Pesce chirurgo dalla gola bianca (Acanthurus leucosternon)
L’Acanthurus leucosternon o pesce chirurgo dalla gola bianca (per via della sua particolare livrea) appartiene dalla famiglia Acanthuridae, la quale comprende 81 specie di pesci d'acqua salata e sono conosciuti comunemente come Pesci chirurgo.
Vive nelle barriere coralline tropicali di tutti gli Oceani e nel Mar Rosso ed è uno dei pesci chirurgo più apprezzati e ricercati in assoluto.
In natura gli esemplari di questo pesce arrivano fino a 54 cm e dominano su una zona abbastanza ampia.
Hanno una natura molto solitaria, indipendente e abbastanza aggressiva, non accettando intrusioni di altri pesci nel loro territorio.
Degna di nota, in quanto singolare, è la loro capacità espressiva: un individuo impaurito, ansioso o ammalato appare più pallido, malandato e sbiadito dei pesci in buona salute.
I Pesci chirurgo devono il loro nome ad un'apprezzabile arma di difesa che possiedono su ognuno dei due fianchi del peduncolo caudale e cioè una sorta di lama calcarea retrattile ed estremamente affilata (come bisturi), che esibiscono in caso di pericolo, a scopo dimostrativo.
Curiosità:
nel film d'animazione della Pixar del 2003 "Alla ricerca di Nemo" (Finding Nemo), il famoso pesciolino di nome Dory, era un pesce chirurgo dalla gola bianca.
MOSTRUOSITA' che solo menti bacate possono inventare o apprezzare
Questo è uno degli "spettacoli" del circo di Mosca
Mi domando cosa deve aver subito questa povera creatura per fare questo numero
Contro natura per un orso stare molto su due zampe
Contro natura stare in equilibrio su due pattini
Contro natura portare una museruola di ferro
Il risultato di tanto dolore? far ridere gli spettatori
A me vien da piangere e dovrebbe essere così per tutte le persone dotate di buon senso e di sensibilità
La storia di un mito : la FIAT 500
La nascita della prima Fiat 500 avviene sotto commissione di Benito Mussolini, quando nel 1930 il Duce convoca il senatore Giovanni Agnelli e lo incarica di produrre una vettura estremamente economica, con lo scopo di motorizzare il popolo italiano.
Dopo circa un anno viene assemblato un primo prototipo con motore e trazione anteriore, ma alla prima uscita ufficiale l’auto viene avvolta dalle fiamme causate da una fuoriuscita di carburante. L’esperienza, vissuta dallo stesso Agnelli insieme al collaudatore agilmente scampati alle fiamme lanciandosi dall’abitacolo in corsa, turbò il senatore al punto da bandire ogni veicolo con configurazione tutto anteriore.
Solo nel 1934, l’ingegnere Dante Giacosa riesce a soddisfare i gusti del senatore e dà vita ad una versione rimpicciolita della Balilla.
La prima Fiat 500 approda sul mercato nell’estate 1936 e adotta una serie di soluzioni meccaniche mirate al risparmio, come l’eliminazione delle pompe di acqua e carburante sfruttando il calore per la prima e la gravità per la seconda.
L’auto viene messa in vendita a 8.900 lire, cifra ben superiore alle 5.000 lire richieste inizialmente dal Duce.
Il forte successo della 500 è dovuto alla scarsa presenza di autovetture su suolo italiano e l’approdo di un modello economico permise a Fiat di vendere oltre 110.000 esemplari fino al 1948.
Per quanto l’auto si chiamasse 500, il nome di questa serie resterà sempre “Topolino” in quanto la sezione frontale con i grossi fari tondi ricorda il volto del topo più famoso del mondo.
Nel 1948 vengono apportate numerose migliorie meccaniche, che rendono più potente ed affidabile telaio e motore; inoltre viene lanciata la 500 Giardiniera Belvedere con quattro posti, portellone posteriore e sedile ribaltabile.
Nei suoi ultimi anni di carriera venne profondamente modificata in termini estetici spostando i fari all’interno della carrozzeria ed eliminando la ruota di scorta sopra al bagagliaio.
La produzione viene cessata nel 1955 per dare spazio alla 600.
Nonostante la Fiat 600 stesse riscuotendo un ottimo successo, il presidente Vittorio Valletta affidò a Dante Giacosa la realizzazione di una nuova vettura economica.
Partendo dai disegni di Hans Peter Bauhof, un giovane impiegato della sede tedesca di Fiat, vennero prodotti i primi prototipi solo per quanto riguarda l’estetica della vettura, fino a raggiungere il giusto compromesso tra aerodinamica e spazio interno.
L’unico elemento bocciato dal progetto di Bauhof era il motore, dopo una lunga serie di test effettuati con propulsori di ogni tipo si decise di utilizzare un’unità quattro tempi a due cilindri paralleli.
Per compensare le forti vibrazioni il motore è retto da una sospensione a molla, fissata sulla traversa posteriore.
La Nuova 500 viene lanciata nel 1957 ma l’allestimento estremamente spartano e la meccanica rudimentale del motore non convince gli italiani, disposti a spendere una cifra maggiore per acquistare una 600.
Pochi mesi dopo viene ottimizzato il motore e l’estetica riceve nuovi dettagli esteriori.
Nella sua lunga carriera la Nuova 500 viene proposta in numerose varianti sia a livello di carrozzeria come la Giardiniera, sia a livello di prestazioni col modello Sport.
La versione di maggiore successo è la 500 F, lanciata nel 1965. Completamente rivista sotto ogni aspetto, viene impreziosita da finiture cromate all’esterno e nell’abitacolo; il motore viene potenziato e viene incrementata la capienza del serbatoio.
L’ultimo modello è la 500 R che viene prodotta nel 1975, per essere poi sostituita dalla Fiat 126.
Nel 1991 la Fiat 126 viene sostituita da una nuova super utilitaria, ancora una volta mirata al risparmio.
La vettura riprende i canoni della vecchia 500 e ne assume il nome, questa volta scritto in lettere.
La Fiat Cinquecento si presenta come una vettura molto avanzata per l’epoca e rappresenta un importante punto di svolta per il colosso torinese essendo la prima ad utilizzare il logo a sfondo blu. A livello estetico è molto più moderna rispetto alla progenitrice ma è soprattutto a livello meccanico che si differenzia utilizzando motore e trazione anteriore.
Lo schema a sospensioni indipendenti e l’impianto frenante con dischi anteriori segnano un’importante novità. L’ampia gamma di optional prevede accessori moderni quali gli alzacristalli elettrici, l’aria condizionata e la chiusura centralizzata.
Nel 1994 viene presentata la Cinquecento Sporting, spinta dal motore Fire 1.1 da 55 CV. I vari restyling hanno aggiunto al listino climatizzatore ed airbag.
La vettura è stata inoltre la prima ad essere prodotta negli stabilimenti Fiat di Tychy, in Polonia. La carriera di questo modello finisce nel 1998, anno in cui venne sostituita dalla nuova Seicento.
Al Salone di Ginevra 2004 Fiat mostra la concept Tre più uno.
La showcar nasce come un esercizio di stile mirata a mostrare al pubblico la nuova filosofia stilistica del marchio torinese.
Le forme della carrozzeria sono chiaramente ispirate alla Nuova 500 del 1957 e le dimensioni compatte ne indicano lo stesso segmento di mercato.
La vettura non rientrava nei piani di produzione in quanto molto avanzata a livello tecnico e costosa da fabbricare, ma il forte consenso riscosso da pubblico e addetti ai lavori incita il costruttore a modificare i piani aziendali.
Nel 2007 viene commercializzata la versione definitiva della 500, il modello utilizza il pianale dell’ultima generazione della Fiat Panda e i costi di produzione vengono ulteriormente ridotti ereditando componenti dal resto della gamma.
L’ultima generazione di 500 abbandona il concetto di auto economica e diventa di fatto una compatta premium.
Lo stile italiano dilaga in tutta Europa e arriva Oltreoceano decretando il successo internazionale di Fiat.
Vengono introdotte numerose varianti, tra cui la 500 C con tetto apribile in tela e la versione sportiva Abarth.
Il listino si basa su una lunga serie di personalizzazioni, che permettono di creare un’infinità di combinazioni tra allestimenti e colori.
Dal 2007 la vettura è ancora in produzione ed è da poco stata rinnovata col Model Year 2014 ed il nuovo allestimento Cult.
Fonte: http://motori.fanpage.it/
Immagini dal web