domenica 30 marzo 2014
Storia della campana
La campana è uno strumento musicale appartenente alla classe degli idiofoni, famiglia degli idiofoni a percussione a battente ; la percussione può essere diretta o indiretta.
Per quanto riguarda lo strumento occidentale (introdotto in Europa dall'Impero romano d'Oriente), è solitamente in bronzo, utilizzato nel mondo cristiano soprattutto per scandire il tempo dai campanili delle chiese o come richiamo per funzioni, particolari ricorrenze od eventi riguardanti la comunità. Le campane, fino a circa 30 anni fa, venivano suonate rigorosamente a mano (con uno speciale martelletto o tirando una corda) dai campanari.
Oggi la maggior parte delle campane ancora in uso, per motivi pratici ed eonomici, sono state elettrificate e sono programmabili con un timer per regolare gli orari e il tipo di suono da diffondere.
Le campane si distinguono per il loro suono caratteristico, prodotto dalla percussione di un pendolo di ferro dolce (detto batacchio) sulle pareti interne della campana stessa.
Il nome
Secondo gli studiosi, il nome italiano di "campana" deriva dal latino “vasa campa-na”, espressione che indicava dei catini emisferici in bronzo prodotti nella zona di Napoli, la cui forma era ricordata dalle campane. In latino la campana era chiamata “tintinnabulum,” con riferimento al suo suono. L'insieme delle materie inerenti allo studio delle campane (storia, tecniche, musicologia, significati) è racchiusa nel termine campanologico.
La Storia
Il modello organologico "campana" è diffuso in moltissime culture, a partire dalla preistoria.
Tuttavia sembra che le più antiche campane, così come oggi le intendiamo nel mondo occidentale, risalgano alla Cina di alcuni millenni prima di Cri-sto.
Secondo una leggenda, la campana con batacchio interno sarebbe un'invenzione italiana e sarebbe stata introdotta da S. Paolino Vescovo di Nola nel V° Secolo, anche se non vi è nessun documento che attesti la paternità dell'invenzione al Santo.
In ogni caso, solo nell'VIII° - IX° secolo le chiese e le pievi incominciano ad essere dotate di campane e sorgono i primi campanili, diffusi sempre più dopo il Mille.
Col tempo si va affinando anche l'arte dei fonditori e le differenze di suono fra un paese e l'altro: nascono così segnali associati alle campane e codificati dalla popolazione che durano ancora oggi.
Il suono è strettamente legato ad un complesso equilibrio di spessori che determinano il profilo della campana.
Gli spessori formano, assieme alla nota fondamentale e ai suoni parziali, il suono della campana.
La nota, invece, è determinata dal volume del vaso sonoro: più grande è la campana più grave sarà la nota ; più piccola è la campana e più acuta sarà la nota.
Esistono diverse tipologie di campane a seconda dello spessore, della nota e della forma.
Il profilo, che prende il nome di "sagoma", può essere diverso (ad esempio) a seconda delle esigenze del luogo nel quale la nuova campana sarà collocata e delle varie epoche storiche.
Esistono "sagome leggere" e "sagome pesanti" usate dai diversi fonditori.
Il maggiore peso, e quindi il maggior spessore, permette una maggiore e prolungata vibrazione dello strumento oltre che un maggiore sostegno dei toni parziali, soprattutto quelli di ottava inferiore e di terza maggiore, che devono essere presenti in ogni campana.
In genere la campana in proporzione più pesante risulta avere un suono in generale più caldo e più gradevole, mentre una campana "leggera" è talvolta stridente e spiacevole all'orecchio.
Una buona campana può arrivare ad emettere fino a 50 toni parziali, ma i più importanti e soprattutto i più riconoscibili sono (rispetto alla nota fondamentale): parziale di "Prima", di "Terza" (che può essere maggiore o minore), per finire con la "Quinta" (che può essere diminuita), "Ottava Superiore" e "Ottava Inferiore".
CURIOSITÀ E NOTIZIE UTILI
Ogni campana collocata su un campanile è dedicata ad uno o più Santi e reca fregi e decori a tema.
Sulle campane sono spesso presenti iscrizioni in latino o nella lingua del paese in cui la campana è fusa, riguardanti l'anno di fusione, il nome del fonditore e di coloro che hanno contribuito alla fusione di quel bronzo con offerte volontarie.
In moltissimi luoghi, ogni venerdì alle 15, si usa suonare "l'Agonia del Signore" con una campana a distesa o con 33 rintocchi sulla campana maggiore, per ricordare la passione di Gesù Cristo.
Essendo l'Italia caratterizzata da sistemi di suono e di montaggio che variano a seconda dell'area geografica, sono nate diverse società ed associazioni di campanari nelle varie regioni d'Italia, per salvaguardare e promuovere questa antichissima arte.
Nella civiltà rurale le campane hanno sempre avuto il compito di suonare all'arrivo dei grossi temporali o della grandine, nella speranza di allontanarli e quindi di salvare i raccolti; nelle tante preghiere scritte sopra le campane si trovano spesso queste formule: "a fulgure et tempestate libera nos Domine" (liberaci, o Signore, dalla folgore e dalla tempesta) oppure "recedat spiritus procellarum" (lo spirito delle tempeste si allontani) oppure "Defunctos ploro-nimbos fugo-festaque honoro" (piango i defunti, fuggo i temporali ed onoro le feste).
In qualche paese del nord Italia, è ancora in vigore l'uso di suonare una o più campane campane per allontanare la grandine dai raccolti.
S. Paolino vescovo di Nola è considerato il patrono dei suonatori di campane insieme a Santa Barbara e a S. Guido da Anderlecht, patrono dei campanari e sacristi (molto spesso si usava definire il sacrista – o sagrestano - come "campanaro", anche se i campanari veri e propri venivano ordinati, come i moderni diaconi, e facevano parte degli ordini minori assieme ai sacristi).
Patrona dei fonditori di campane è Sant'Agata di Catania. L'introduzione dell'usanza di far suonare le campane nelle ore canoniche e e durante la celebrazione dell'Eucarestia viene attribuita a Papa Sabiniano (604-606 d. C.)
Nei tre giorni culminanti della Settimana Santa, nelle chiese cristiane, cattoliche e anglicane, vige l'uso di non suonare le campane (nel Rito Ambrosiano le campane suonano fino all'annuncio della morte di Nostro Signore durante il Venerdì Santo), che vengono sostituite dai cosiddetti instrumenta tenebrorum, derivanti dai semantron, ossia da tavole di legno, ancora oggi usate nella Chiesa cristiana, ortodossa e cattolica di rito orientale; vengono detti anche sacrum lignum.
Si tratta di tavolette sulle quali sono attaccate delle maniglie in ferro, le quali creano un rumore sordo al loro scuotimento.
Sono conosciute anche con i nomi dialettali di battuelle in Liguria, tocca-redi in paesi della provincia di Catanzaro, battole in Veneto, battistàngole nelle Marche o trocculi in Sicilia.
In Spagna uno strumento simile è chiamato matraca ed è installato direttamente sul campanile.
Nelle chiese che montano il sistema ambrosiano di suono delle campane, era uso portare a bicchiere le campane durante il Venerdì Santo e legare le corde in modo che rimanessero ferme a bicchiere. In questo modo le campane "legate" non potevano suonare ed erano il segno forte che il Mondo attendeva la gloriosa Risurrezione del Signore.
Questa usanza è andata via via disperdendosi a causa della massiccia elettrificazione dei bronzi, ma in alcuni posti (quelli dove si conserva il suono manuale) la tradizione rimane e ancora oggi i campanari tirano su le corde dal piano di suono fino al piano della cella, in modo da avere il segno tangibile che non si debbano suonare le campane.
Quale capitale internazionale era chiamata Edo?
Fotografia di Vincent Minkler da Nat Geo Photo Contest 2013
Edo è l'antico nome di Tokyo.
Già nel corso del XVIII secolo Edo era una delle città più grandi e importanti del paese.
Nel 1868 divenne capitale cambiando in nome Tokyo, che significa capitale dell'Est.
Attestato sin dalla fine del XII secolo, il nome Edo si riferiva alla roccaforte di un'omonima regione; dalla seconda metà del XV secolo Edo si trasformò gradualmente in centro commerciale mantenendo sempre un castello fortificato, finché, all’inizio del XVII secolo, lo shogun Tokugawa Leyasu intraprese l’unificazione del Giappone stabilendovi la propria residenza, e, di fatto, il potere reale del paese, nonostante la capitale imperiale rimanesse Kyoto. A metà del XIX secolo, con l’inizio del periodo Meiji (1868-1912), Edo divenne la nuova capitale cambiando nome e subendo una completa riqualificazione dal punto di vista urbanistico: le strade furono allargate, si costruirono nuovi ponti e palazzi adatti ad accogliere i nuovi apparati amministrativi.
Due importanti ricostruzioni cambiarono la fisionomia della città nel corso del Novecento: la prima dopo il disastroso terremoto del 1923, che rase al suolo gran parte dei quartieri; la seconda dopo i bombardamenti americani che posero fine alla Seconda Guerra mondiale.
Le nuvole comunicano tra loro?
Una nuova scoperta proverebbe che esiste una forma di organizzazione spontanea tra nubi che le porterebbe a piovere in sincronia.
E' un fenomeno che avviene nelle nuvole marine a cellule aperte ed è rilevante per il clima.
E' un processo simile a quello della crescita dei cristalli e della formazione degli sciami d'insetti.
Un nuovo studio della NOAA, l'ente del governo USA per gli oceani e l'atmosfera, suggerisce che le nuvole marine a cellule aperte (open cell) come quelle nell'immagine "comunichino" tra loro, oscillando e riorganizzandosi in uno schema sincronizzato.
All'interno delle nubi dense delle pareti di queste cellule si formano gocce d'acqua che poi precipitano sotto forma di pioggia, facendo dissipare le pareti.
Le gocce evaporano durante la caduta, rinfrescando l'aria e generando correnti discendenti.
Quando queste correnti colpiscono la superficie del mare fluiscono verso l'esterno ed entrano in collisione "costringendo l'aria a fluire nuovamente verso l'alto" e "formando nuove pareti a cellule aperte in un punto diverso”, spiega il coautore della ricerca Hailong Wang, fisico delle formazioni nuvolose al Pacific Northwest National Laboratory di Richland, Washington.
I risultati dello studio suggeriscono che le nuove nubi a loro volta genereranno pioggia all'unisono, parte di un ciclo riorganizzativo che può durare diversi giorni.
Una nube esagonale - un sistema "a cellule chiuse" tipico di una giornata coperta - ricopre una porzione del'Atlantico Meridionale. La nuova ricerca della NOAA sulle nuvole aiuta a chiarire il ruolo della pioggia nel determinare gli schemi nuvolosi, a loro volta responsabili della quantità di luce solare che raggiunge la superficie terrestre.
Se i sistemi nuvolosi a cellula aperta (come quello della foto precedente) sono alimentati dalla pioggia, le gocce nelle nubi a cellula chiusa sono solitamente troppo piccole per generare la pioggia, spiega il coautore dello studio Wang.
"Questi due sistemi nuvolosi riflettono la radiazione solare in maniera molto diversa”, dice.
“Le cellule aperte riflettono una quantità decisamente minore di radiazione solare nello spazio; permettono a una maggiore quantità di raggi di raggiungere l'oceano, e di conseguenza lo scaldano".
Nubi a cellula aperta sopra le Bahamas.
L'équipe impegnata nella nuova ricerca sulle nuvole aveva notato che le formazioni nuvolose a nido d'ape si riorganizzano in un ciclo sincronizzato.
Dopo aver simulato l'oscillazione delle nuvole con un modello computerizzato, i ricercatori hanno capito che con ogni probabilità è la pioggia a catalizzare ogni singolo evento riorganizzativo. L'ipotesi è stata verificata con l'uso di laser a scansione piazzati su navi in mare, che hanno fornito dati e misurazioni precisi sulle nubi marine.
Questo sistema di "comunicazione" tra nubi è un esempio dell'organizzazione spontanea della natura, ossia la formazione di una struttura con uno scopo apparentemente preciso senza l'intervento esterno dell'essere umano.
Lo stesso genere di processo avviene anche nella crescita dei cristalli, nella formazione planetaria e negli sciami d'insetti. Coprendo vaste aree oceaniche, questi sistemi svolgono un ruolo importante nel regolare la quantità di luce solare che raggiunge la superficie del pianeta.
E poiché non sappiamo molto dell'influenza delle nubi sulle temperature mondiali, la copertura nuvolosa rimane una sorta di "jolly" nelle previsioni sul riscaldamento globale.
La nuova ricerca potrebbe gettare luce sulle cause della formazione dei sistemi a cellula chiusa, che "rinfrescano", contrapposti a quelli a cellula aperta, che invece "riscaldano" l'atmosfera.
Secondo i ricercatori NOAA, le simulazioni al computer mostrano chiaramente che gli schemi nuvolosi sono fortemente influenzati dalla quantità di gas aerosol presenti nell'atmosfera.
Gli aerosol sono piccole particelle sospese, come quelle generate dalla combustione dei combustibili fossili.
L'acqua presente nell'atmosfera tende a concentrarsi attorno agli aerosol; di conseguenza, maggiore è la quantità di aerosol, più saranno le gocce d'acqua condensate, che a loro volta formano nubi a cellula chiusa più dense, che tendono a scatenare meno fenomeni piovosi.
E poiché la pioggia sembra essere l'elemento scatenante per la formazione e la riorganizzazione delle nuvole a cellula aperta, Wang sostiene che "meno pioggia potrebbe mantenere le nuvole in uno schema a cellula chiusa”
Gli attuali modelli climatici computerizzati non hanno la risoluzione sufficiente per ricreare con precisione le oscillazioni dei sistemi nuvolosi a cellula aperta.
Il risultato è che i modelli non sono in grado di prevedere quanta energia solare le nuvole rifletteranno dalla terra, una proprietà detta "effetto albedo". Wang sostiene che, se gli scienziati saranno in grado di determinare il modo in cui si formano i diversi schemi (e il nuovo studio aiuta a fare proprio questo), "i modelli climatici saranno in grado di calcolare meglio l'albedo totale e il bilancio energatico della Terra”, permettendo così previsioni climatiche più accurate.
Le immagini sono satellitari e fornite dalla NASA
Tratto da National Geographic Italia
E' un fenomeno che avviene nelle nuvole marine a cellule aperte ed è rilevante per il clima.
E' un processo simile a quello della crescita dei cristalli e della formazione degli sciami d'insetti.
Un nuovo studio della NOAA, l'ente del governo USA per gli oceani e l'atmosfera, suggerisce che le nuvole marine a cellule aperte (open cell) come quelle nell'immagine "comunichino" tra loro, oscillando e riorganizzandosi in uno schema sincronizzato.
All'interno delle nubi dense delle pareti di queste cellule si formano gocce d'acqua che poi precipitano sotto forma di pioggia, facendo dissipare le pareti.
Le gocce evaporano durante la caduta, rinfrescando l'aria e generando correnti discendenti.
Quando queste correnti colpiscono la superficie del mare fluiscono verso l'esterno ed entrano in collisione "costringendo l'aria a fluire nuovamente verso l'alto" e "formando nuove pareti a cellule aperte in un punto diverso”, spiega il coautore della ricerca Hailong Wang, fisico delle formazioni nuvolose al Pacific Northwest National Laboratory di Richland, Washington.
I risultati dello studio suggeriscono che le nuove nubi a loro volta genereranno pioggia all'unisono, parte di un ciclo riorganizzativo che può durare diversi giorni.
Una nube esagonale - un sistema "a cellule chiuse" tipico di una giornata coperta - ricopre una porzione del'Atlantico Meridionale. La nuova ricerca della NOAA sulle nuvole aiuta a chiarire il ruolo della pioggia nel determinare gli schemi nuvolosi, a loro volta responsabili della quantità di luce solare che raggiunge la superficie terrestre.
Se i sistemi nuvolosi a cellula aperta (come quello della foto precedente) sono alimentati dalla pioggia, le gocce nelle nubi a cellula chiusa sono solitamente troppo piccole per generare la pioggia, spiega il coautore dello studio Wang.
"Questi due sistemi nuvolosi riflettono la radiazione solare in maniera molto diversa”, dice.
“Le cellule aperte riflettono una quantità decisamente minore di radiazione solare nello spazio; permettono a una maggiore quantità di raggi di raggiungere l'oceano, e di conseguenza lo scaldano".
Nubi a cellula aperta sopra le Bahamas.
L'équipe impegnata nella nuova ricerca sulle nuvole aveva notato che le formazioni nuvolose a nido d'ape si riorganizzano in un ciclo sincronizzato.
Dopo aver simulato l'oscillazione delle nuvole con un modello computerizzato, i ricercatori hanno capito che con ogni probabilità è la pioggia a catalizzare ogni singolo evento riorganizzativo. L'ipotesi è stata verificata con l'uso di laser a scansione piazzati su navi in mare, che hanno fornito dati e misurazioni precisi sulle nubi marine.
Questo sistema di "comunicazione" tra nubi è un esempio dell'organizzazione spontanea della natura, ossia la formazione di una struttura con uno scopo apparentemente preciso senza l'intervento esterno dell'essere umano.
Lo stesso genere di processo avviene anche nella crescita dei cristalli, nella formazione planetaria e negli sciami d'insetti. Coprendo vaste aree oceaniche, questi sistemi svolgono un ruolo importante nel regolare la quantità di luce solare che raggiunge la superficie del pianeta.
E poiché non sappiamo molto dell'influenza delle nubi sulle temperature mondiali, la copertura nuvolosa rimane una sorta di "jolly" nelle previsioni sul riscaldamento globale.
La nuova ricerca potrebbe gettare luce sulle cause della formazione dei sistemi a cellula chiusa, che "rinfrescano", contrapposti a quelli a cellula aperta, che invece "riscaldano" l'atmosfera.
Secondo i ricercatori NOAA, le simulazioni al computer mostrano chiaramente che gli schemi nuvolosi sono fortemente influenzati dalla quantità di gas aerosol presenti nell'atmosfera.
Gli aerosol sono piccole particelle sospese, come quelle generate dalla combustione dei combustibili fossili.
L'acqua presente nell'atmosfera tende a concentrarsi attorno agli aerosol; di conseguenza, maggiore è la quantità di aerosol, più saranno le gocce d'acqua condensate, che a loro volta formano nubi a cellula chiusa più dense, che tendono a scatenare meno fenomeni piovosi.
E poiché la pioggia sembra essere l'elemento scatenante per la formazione e la riorganizzazione delle nuvole a cellula aperta, Wang sostiene che "meno pioggia potrebbe mantenere le nuvole in uno schema a cellula chiusa”
Gli attuali modelli climatici computerizzati non hanno la risoluzione sufficiente per ricreare con precisione le oscillazioni dei sistemi nuvolosi a cellula aperta.
Il risultato è che i modelli non sono in grado di prevedere quanta energia solare le nuvole rifletteranno dalla terra, una proprietà detta "effetto albedo". Wang sostiene che, se gli scienziati saranno in grado di determinare il modo in cui si formano i diversi schemi (e il nuovo studio aiuta a fare proprio questo), "i modelli climatici saranno in grado di calcolare meglio l'albedo totale e il bilancio energatico della Terra”, permettendo così previsioni climatiche più accurate.
Le immagini sono satellitari e fornite dalla NASA
Tratto da National Geographic Italia
Il palazzo Hofburg
Il complesso della Hofburg è formato da una serie di edifici, piazze, cortili e giardini ed è frutto di lavori e rimaneggiamenti che vanno dalla fine del ‘200 all’inizio del ‘900, periodo in cui venne completata la Neue Burg (ala nuova).
Il palazzo, sede fino al 1918 della corte imperiale e talmente vasto da rappresentare una città nella città, racchiude elementi architettonici che vanno dal gotico al neoclassicismo, passando per il rinascimentale ed il barocco.
La visita della Hofburg inizia con i Kaiserappartements, ossia gli appartamenti imperiali.
Sono aperti al pubblico il salone delle udienze, la sala delle conferenze, gli appartamenti privati di Francesco Giuseppe e di Sissi, nonché la sua palestra privata ed il bagno, che destò scandalo per la frequenza con la quale l’imperatrice si immergeva nella vasca (cioè una volta al giorno).
Dalla stanza da bagno si può accedere alle stanze di Bergl, finora praticamente sconosciute ai visitatori.
Queste stanze, decorate da Bergl nel 1766, sono particolarmente variopinte, con paesaggi esotici e lussureggianti. Venivano probabilmente usate come spogliatoio.
E' stato molto difficile recuperare tutti gli oggetti originari che facevano parte dell'arredamento delle stanze da bagno, in quanto molti erano proprietà dell'imperatrice e alla sua morte sono stati ereditati dai familiari.
Sono stati comunque ritrovati il lavabo originale e il lettino da massaggio e le stanze sono state ricostruite con la massima fedeltà. Bellissima la sala da pranzo con la tavola imbandita.
Questa parte della residenza ospita anche gli appartamenti di Maria Teresa e del figlio Giuseppe II, oggi residenza del Presidente della Repubblica.
Nel cortile interno si erge la statua di Francesco II.
Dopo la visita agli appartamenti imperiali si può accedere alla Silberkammer, il museo che ospita l'argenteria e i gioielli di corte. Meravigliosi servizi da tavola, piatti e bicchieri pregiati in cui venivano serviti i pasti degli imperatori.
Sono esposti anche piatti panoramici, maioliche di Faenza, oggetti in oro e porcellane di Sèvres, Meissen e dell'Asia, infine il servizio francese di Vermeil per 140 persone ed uno inglese donato dalla regina Vittoria.
Nella Camera del Tesoro Profano e Sacro si trovano gli oggetti più importanti della Silberkammer, come la corona del Sacro Romano Impero (962 ca.), la corona dell'imperatore austriaco (1602), il tesoro dei Burgundi (XV sec.), il tesoro dell'ordine del Vello d'Oro ed una serie paramenti sacri usati alla corte asburgica e di reliquie tra le quali spicca un crocifisso del Giambologna, il chiodo della croce che trafisse la mano destra di Gesù e un tempietto con un dente di San Pietro.
La Hofburg ospita anche la scuderia di corte (Stallburg), famosa per l’antica Scuola di equitazione spagnola e i suoi bianchi cavalli lipizzani.
A luglio ed agosto i cavalli non si esibiscono perché lasciano le stalle e vengono trasferiti in luoghi più freschi.
Nella Neue Burg si possono invece visitare il Museo Etnologico, il Museo di Efeso, la sala di lettura della Biblioteca Nazionale, la collezione dei ritratti e l’archivio delle immagini, la collezione di Armi e Armature e la collezione di strumenti Musicali Antichi.
Dal balcone principale di quest’ala Hitler annunciò nel 1938 l’annessione dell’Austria al Terzo Reich.
Nella Heldenplatz si trova il monumento equestre di Eugenio di Savoia e dell’arciduca Carlo mentre sull’altro lato, che si affaccia sul Burggarten, c’è il monumento in memoria di Mozart eretto nel 1896, quello dedicato a Francesco I, consorte di Maria Teresa, e un altro, più modesto e posto soltanto nel 1957, che rappresenta un vecchio e triste Francesco Giuseppe.
Questo è l’unico monumento esistente dell’imperatore.
Per oltre 600 anni la Hofburg di Vienna è stata la residenza degli Asburgo.
Nel corso dei secoli il palazzo originario fu sottoposto a varie trasformazioni, divenendo un complesso di edifici imponente, ampliato fino a comprendere 18 ali e quasi 2600 stanze.
Il cerimoniale di corte prevedeva che ciascun membro della famiglia imperiale possedesse un proprio appartamento.
Inoltre nella Hofburg di Vienna esistevano vari locali destinati al personale, alle argenterie e ai servizi da tavola di corte, alle lavanderie, o adibiti a cucine, cantine, saloni delle feste e uffici.
Oggi gran parte dell’edificio ospita ministeri, uffici, musei e la cancelleria della presidenza.
Degli ex appartamenti imperiali sono oggi aperte al pubblico le 19 camere private e gli uffici in cui vissero l’imperatore Francesco Giuseppe e sua moglie Elisabetta.
Queste stanze si trovano nell’ala detta della Cancelleria imperiale (Reichskanzleitrakt) e nell’Amalienburg, e furono utilizzate prevalentemente durante i mesi invernali.
L’imperatore e consorte trascorrevano l’estate a Schönbrunn e in varie altre residenza di campagna.
Francesco Giuseppe si trasferì nel suo appartamento nel 1857, tre anni dopo le nozze con Elisabetta, e vi abitò fino alla morte, avvenuta nel 1916.
Nelle stanze private si rispecchia l’umiltà che caratterizzava l’imperatore. Sono arredate con parsimonia, e pur dando l’idea dello splendore imperiale non suscitano l’immagine della dissipazione nello sfarzo.
Francesco Giuseppe si considerava il primo funzionario del suo stato.
Egli era però anche attaccato alla famiglia, e amava circondarsi di quadri e ricordi.
Nel corso di accurate ricerche e di un’intensa attività volta a reperire il materiale originale, la Schloss Schönbrunn Kultur- und Betriebsgesellschaft è riuscita a ridonare alle stanze dell’imperatore Francesco Giuseppe il loro carattere originario, e a trasmettere ai visitatori un’impressione autentica dell’ambiente in cui viveva l’imperatore e di come si svolgesse la sua giornata. Nell’appartamento dell’imperatore si può ammirare il celebre ritratto dell’imperatrice Elisabetta opera di Franz Xaver Winterhalter che ritrae Sisi con i capelli sciolti ed era per l’imperatore uno dei ritratti preferiti del suo ”angelo Sisi”, come egli amava chiamare l’adorata consorte.