martedì 25 marzo 2014

Buonanotte

                                                  BUONANOTTE

Come nacque la ninfea. Leggenda dei Tupi, popolazione indigena dell'Amazzonia


C'era una volta Marai, una bella e giovane India che era così affascinata dalla Luna, da desiderare ardentemente di diventare una stella per potere accarezzarla e starle vicino. 

Ogni volta che il Sole scompariva all'orizzonte e il cielo diventava blu e trapuntato di Stelle, la giovane usciva dal villaggio e si appartava silenziosamente osservando per ore e ore la bellezza di Jacy, la Luna
Così, col passare del tempo, il suo desiderio diveniva sempre più grande, finché un giorno arrivò al punto di chiedere agli spiriti di essere trasformata in una Stella splendente.
Tutto fu inutile: l'incantesimo non si realizzò, ma la giovane non si perse d'animo. 

Una notte in cui Jacy risplendeva più del solito nel mezzo della volta celeste, Marai si spinse nella palude e, salita su una canoa, si diresse verso il punto in cui l'astro si rifletteva sull'acqua. 
Si sporse oltre il bordo per accarezzare con le dita il disco luminoso così stupendamente proiettato sull'acqua e, finalmente, vi riuscì. Ma l'agitazione fu tale che perse l'equilibrio e cadde in acqua. 
In un attimo, la tragedia: la giovane non sapeva nuotare e, in pochi istanti, fu inghiottita dalle acque stagnanti della palude. Jacy, dal cielo, osservò la drammatica scena e rimase molto turbata dalla disgrazia che aveva provocato la morte della giovane. 

Fu così che pensò di trasformarla in un fantastico fiore a forma di stella che appare ancora oggi nella palude, sempre vicino a grandi foglie rotonde e galleggianti, che, di notte, ospitano sul loro letto il riflesso intero della Luna.

Il lago Aral ...i disastri degli uomini



L’Aral (in russo Aralskoje More, è un lago salato di origine oceanica, situato alla frontiera tra l’Uzbekistan e il Kazakistan.
Il nome deriva dal chirghiso “Aral Denghiz”, che significa “mare delle isole”, a causa delle numerose isole che erano presenti nei pressi della costa orientale.
È talvolta chiamato erroneamente mare d’Aral, poiché possiede due immissari (Amu Darya e Syr Darya) ma non ha emissari che lo colleghino all’oceano; è infatti un bacino endoreico.
Un bacino endoreico è semplicemente un bacino idrografico senza emissari.
È interessante chiedersi come un bacino endoreico possa mantenersi in equilibrio, visto che l’acqua entra, ma non esce. Come mai non si espande oltre un certo limite?
La risposta è la stessa dei mari e degli oceani: l’evaporazione.
È l’evaporazione a far sì che il lago possa espandersi fino a un certo punto, ma non oltre, in proporzione alla quantità di acqua che riceve.
Il bacino idrografico che alimenta il lago, infatti, può essere anche immenso.
Quello del Mar Caspio, per esempio, si estende per diversi milioni di km2. Il bilancio con l’evaporazione forma un lago di “soli” 371000 km2.
Questo perché l’evaporazione aumenta esponenzialmente con la superficie del lago.
Più la massa d’acqua è estesa, più l’evaporazione incide. Ad un certo punto si arriva all’equilibrio. Questo equilibrio, tuttavia, è precario. Il clima, l’esposizione solare e le precipitazioni condizionano sia l’entità dell’evaporazione che la quantità di acqua affluente.
Di conseguenza, questi specchi d’acqua possono manifestare grosse variazioni di superficie, non solo in tempi lunghi nel corso della loro storia, ma anche su tempi dell’ordine di pochi mesi, seguendo variazioni dell’andamento meteorologico stagionale. L’evaporazione, infatti, aumenta con la temperatura e diminuisce con l’umidità relativa (la cosiddetta pressione di vapore): all’aumentare della temperatura aumenta il flusso evaporante, ma via via che ci si avvicina alla saturazione, il flusso diminuisce fino a stabilizzarsi.
Il vento, però, portando via l’umidità (cioè il vapore acqueo), favorisce l’evaporazione. L’equilibrio è delicatissimo. Ciò nonostante le variazioni del lago non comportano quasi mai la sua estinzione perché al diminuire della superficie d’acqua, diminuisce anche l’evaporazione.



Contrariamente a quanto si dice, non abbiamo notizie storiche di sparizioni e riapparizioni del lago di Aral.
Si sa, invece, che la sua superficie si è ridotta fino al 1880 per poi aumentare fino al 1908.
Si sa anche che nell’antichità aveva un emissario che portava le sue acque fino al mar Caspio e che fungeva da via navigabile collegata alla via della seta.
Il disastro iniziò ai primi del ’900, quando si cominciarono ad utilizzare le acque dei suoi due immissari per alimentare le coltivazioni. All’inizio, comunque, lo sfruttamento era contenuto e non si notò niente di strano, anzi il lago sembrava crescere. Nell’immediato dopoguerra, però, l’utilizzo delle acque dell’Amu Darya e del Syr Darya fece un salto notevole: le loro acque vennero prelevate da svariati canali al fine di irrigare i neonati vasti campi di cotone delle aree circostanti.
Sin dal 1950 si poterono osservare i primi vistosi abbassamenti del livello delle acque del lago. Già nel 1952 alcuni rami della grande foce a delta dell’Amu Darya non avevano più abbastanza acqua per poter sfociare nel lago.
Il piano di sfruttamento delle acque dei fiumi a scopo agricolo aveva come responsabile Grigory Voropaev.
Voropaev durante una conferenza sui lavori dichiarò, a chi osservava che le conseguenze per il lago sarebbero state nefaste, che il suo scopo era proprio quello di “far morire serenamente il lago d’Aral”.
Era infatti così abbondante la necessità di acqua che i pianificatori arrivarono a dichiarare che l’enorme lago era ritenuto uno spreco di risorse idriche utili all’agricoltura e, testualmente, “un errore della natura” che andava corretto.
Un atteggiamento che oggi passa per folle, ma che negli anni 50/60 non lo era.
Nel caso del lago di Aral, i pianificatori ritenevano che il lago, una volta ridotto ad una grande palude acquitrinosa sarebbe stato facilmente utilizzabile per la coltivazione del riso, ma hanno sbagliato i calcoli, se mai li hanno fatti.




Cliccando su questa immagine animata (guardatela per circa 30 sec.) potete apprezzare l’entità del disastro. Dal 1987 il lago si è diviso in due: la parte a nord, più piccola, è chiamata Piccolo Aral e quella a sud, ovviamente, Grande Aral.
La diminuzione della superficie d’acqua ha superato il punto di non ritorno e senza interventi la totale scomparsa del lago sarebbe ormai inevitabile.
Nel corso di quattro decenni la linea della costa è arretrata in alcuni punti anche di 150 km lasciando al posto del lago un deserto di sabbia salata invece del previsto acquitrino.
A causa infatti della sua posizione geografica (si trova al centro dell’arido bassopiano turanico) è soggetto a una forte evaporazione che non è più compensata dalle acque degli immissari.
L’impatto ambientale sulla fauna lacustre è stato devastante. Per far posto alle piantagioni, i consorzi agricoli non hanno lesinato l’uso di diserbanti e pesticidi che hanno inquinato il terreno circostante.
Il vento che spira costantemente verso est/sud-est trasportando la sabbia, salata e tossica per i pesticidi, ha reso inabitabile gran parte dell’area e le malattie respiratorie e renali hanno un’incidenza altissima sulla popolazione locale.
Le polveri sono arrivate fino su alcuni ghiacciai dell’Himalaya. 



Al posto delle acque del lago oggi ci sono 40 000 km2 di zona secca, di colore bianco a causa del sale sul terreno, denominati deserto del Karakum.

Tratto da MG BLOG

L'uomo e la natura


E' importante per l'uomo
aver attorno a sé un po' di natura,
osservarla, impararne la logica e goderne.

Come può un bambino
crescere mentalmente sano
nel mezzo di una città,

senza sentire, 
accanto al ritmo della proprio vita,
quello della vita degli animali
e delle piante?

Mai come nel nostro tempo l'uomo
si è così allontantato dalla natura,
e questo è forse stato
il più grande dei nostri errori.

Tiziano Terzani - Un altro giro di giostra

La farfalla cobra (Attacus atlas)


Attacus atlas è il nome scientifico della Farfalla cobra, che viene considerata la farfalla con l'apertura alare più grande del mondo. 
 La farfalla cobra è una falena appartenente alla famiglia Saturniidae, diffusa nelle foreste tropicali dell'Asia, soprattutto nelle Filippine, in Thailandia ed in Malesia.
 Questa farfalla è nota in Cina anche come “la falena dalla testa di serpente”. 
Il nome di cobra, deriva proprio dalla sua colorazione che ricorda quella del rettile e dalla posizione assunta durante la fase di attacco.


La falena Atlas, ha una apertura alare di 30 cm, ma si ciba solo allo stadio larvale, durante la metamorfosi da uovo in pupa, che avviene in 6 settimane.
 Da adulto l'Attacus-Cobra ha vita molto breve: soltanto pochi giorni, durante i quali sfrutta le riserve accumulate durante lo stadio larvale e si dedica soltanto all'accoppiamento che può durare un giorno intero.
 Successivamente la femmina depone fino a 200 uova, che si schiudono dopo circa 12 giorni.

il tempo è ”l’immagine mobile dell’eternità”











Come il mondo sensibile è imitazione di quello intellegibile.

Il primo mutevole , il secondo eterno.
Così il tempo è imitazione dell’eternità
Il mondo sensibile è da sempre e per sempre un’ immagine temporale del mondo delle idee
Il tempo è anche un elemento che consente di dare un senso ordinale al cosmo.
Platone 

Il voto delle donne: un diritto conquistato dopo secoli di storia


Una delle rivoluzioni più grandi nella storia moderna è l’estensione del diritto di voto alle donne. 
Un fenomeno inizialmente lento, ma che ha portato in seguito a conseguenze sempre più grandi: la donna non era più relegata a un ruolo di second’ordine e, con gli anni, ha acquistato sempre più la parità con il sesso maschile.
 Intendiamoci, stiamo parlando del mondo occidentale, dove qualsiasi azione si ripercuote a domino su tutte le Nazioni. 

Oggigiorno ci sono ancora Stati dove la donna deve «rimanere al suo posto», dove non ha diritti se non all’interno del suo focolare (e a volte nemmeno lì). 
Ma noi occidentali non dobbiamo crederci “migliori” dal punto di vista della parità dei sessi, perché sono dovuti trascorrere secoli prima di raggiungere questo risultato. E dobbiamo tenere sempre presente che in passato, nei secoli antichi, ci sono stati popoli dove la donna era trattata con il dovuto rispetto o dove addirittura aveva un ruolo più importante rispetto all’esponente maschile (che ci crediate o no, il più antico culto religioso era quello della dea madre).
 Mentalità ristretta, dicevamo, e per cambiarla le donne hanno dovuto ricorrere alle maniere forti. Letteralmente.


Le prime suffragiste (così si chiamarono, proprio per l’obiettivo di ottenere il diritto di voto) nacquero in Inghilterra e formarono un movimento di protesta pacifico, riunendosi in un’assocazione chiamata National Union of Women’s Suffrage Societies. 
Le capeggiava Millicent Fawcett già nel 1897, una delle poche donne a quel tempo dotate di cultura, che rifiutava ogni forma di violenza. 
 Per alcune donne, però, non bastava, visto che i risultati tardavano a venire. Ecco allora che le suffragiste cambiarono nome in suffragette e fondarono la Women’s Social and Political Union nel 1903. 
La loro leader era Emmeline Pankhurst: fu l’arresto di quest’ultima nel 1905 a segnare il passaggio dal movimento pacifico alle dimostrazioni violente.


Le suffragette si incatenavano alle ringhiere, rompevano finestre, appiccavano incendi e scrivevano sui muri. La violenza arrivò a far esplodere parte della casa del politico David Lloyd George, piuttosto influente al tempo.
 Ci fu tra loro chi iniziò lo sciopero della fame in galera e il loro gesto portò infine a un risultato: il governo ordinò di nutrirle forzatamente per impedire che, morendo, diventassero delle martiri, e quest’azione rese il popolo poco entusiasta.

 Dobbiamo aspettare però al 1918 per avere i primi risultati concreti, cioè quando il diritto di voto fu esteso alle donne sopra ai 30 anni che fossero capofamiglia. 
La vittoria completa si ebbe il 2 luglio 1928: per legge, qualsiasi esponente femminile acquistò il diritto di esprimere il suo voto. Tutto questo in Inghilterra.
 Ma movimenti come questi si estendono a macchia d’olio in tutto il mondo e anche gli Stati Uniti dovettero far fronte alle proteste femminili.
 Nel 1917 la più attiva manifestante, Alice Paul, fu arrestata e per anch’essa iniziò lo sciopero della fame.
 La differenza con l’Inghilterra è che bastarono tre anni per far passare la legge, perché già nel 1920 la donna acquistò il diritto di voto.

 E in Italia? Lenti, come al solito.
 La prima protesta partì già nel 1866: alcune donne presero d’assalto piazza San Marco a Venezia durante uno dei festeggiamenti che seguirono l’unione dell’Italia. Ma l’arrivo della Prima Guerra Mondiale inizialmente e del rigido fascismo in seguito costrinse i movimenti a spegnersi sul nascere. 
 Si trattava, però, di una bomba a orologeria, che esplose il 2 giugno del 1946: seguendo l’esempio dell’estero, l’Italia si ritrovò costretta a cedere e diede la possibilità anche alle donne di scegliere se mantenere la Monarchia o se passare alla Repubblica (come ben sappiamo, fu quest’ultima a prevalere, anche se per una manciata di voti).


Oggi la guerra per il diritto di voto non è finita e restano ancora delle battaglie da combattere, soprattutto in luoghi come l’Arabia Saudita dove la donna resta in secondo piano.
 Le donne continuano a lottare anche in Paesi più democratici: un esempio recente lo abbiamo in Russia, dove il movimento Pussy Riot ha provocato un vero e proprio vespaio, arrivando a gesti piuttosto discutibili persino all’interno delle Chiese.


Resta un fatto che la parità dei sessi non è ancora completa in diverse parti del mondo.
 C’è da credere che non sarà così per molto, perché fenomeni simili si allargano inevitabilmente.