martedì 2 dicembre 2014
A 30 anni dal disastro di Bhopal
Nelle prime ore del 3 dicembre 1984 dallo stabilimento della Union Carbide India Limited, una cisterna di oltre 40 tonnellate di isocianato di metile esplodeva riversando nella città indiana di Bhopal una nube tossica di oltre 30 chilometri quadrati che provocò la morte immediata di migliaia di persone (3800, 8000, 15000 secondo fonti contrastanti) e altre migliaia di vittime successive strettamente legate all'evento.
Secondo uno studio pubblicato da Amnesty International, che si è a lungo occupata di questo tema, nel 2004 le persone affette da malattie legate all'incidente ammontavano a 100 mila.
Il disastro di Bhopal è considerato il peggiore incidente industriale mai avvenuto.
L'americana Union Carbide stabilì la sua affiliata a Bhopal nel 1969 forte della sua posizione centrale nel paese e della manodopera a basso costo.
Si specializzò nella produzione di Sevin, un pesticida contenente un agente chimico altamente tossico, l'isocianato di metile, fabbricato nello stesso stabilimento.
Nel 1984 la produzione di Sevin si era fermata, ma l'isocianato di metile era ancora stoccato in alcune cisterne e superava le quantità di sicurezza.
L'infiltrazione di acqua in una delle cisterne provocò la famigerata reazione.
Oggi la fabbrica della Union Carbide di Bhopal, mai stata smantellata, è un relitto arrugginito, dove la natura ha ripreso possesso degli spazi un tempo occupati dall'uomo.
La zona è ancora off limits, poiché secondo molti attivisti il terreno è ancora fortemente inquinato.
Anche le falde che abbeverano oltre 50 mila persone nella zona sarebbero avvelenate dai rifiuti tossici dello stabilimento.
Satinath Sarangi, attivista del Bhopal Medical Appeal che gestisce una clinica per le vittime del gas, ha spiegato a Reuters che nella zona c'è «un'alta prevalenza di anemici, ritardo nel menarca delle ragazze, malattie della pelle e un alto numero di bambini con malattie congenite.
I bambini nascono con arti malformati, danni cerebrali e disturbi muscoloscheletrici».
In questa foto del 2008 alcuni pazienti si recano presso il Jawaharlal Nehru Hospital di Bhopal.
Nella zona le malattie legate al consumo di acqua inquinata, come il colera, sono molto diffuse.
A distanza di trent'anni gli attivisti sostengono che i rifiuti tossici presenti nel terreno stiano ancora avvelenando le acque sotterranee.
Soltanto nel 2012 il governo si è trovato costretto ad ammettere che le acque della zona sono contaminate, quando la Corte Suprema ha ordinato di distribuire acqua pulita alle 22 comunità circostanti l'ex stabilimento.
Secondo quanto confermato anche dal National Center for Biotechnology degli Stati Uniti, la Union Carbide Corporation iniziò da subito a declinare ogni responsabilità verso la perdita di gas, incolpando dapprima la filiale indiana, poi un fantomatico gruppo di estremisti Sikh.
Qualche anno dopo la Union Carbide accettò di pagare 470 milioni di dollari, che il governo indiano avrebbe distribuito ai soggetti ufficialmente riconosciuti come colpiti dall'incidente.
La compagnia non si è mai fatta carico della pulizia dell'area contaminata.
Nel novembre 2014 però il governo indiano ha accettato di rivedere il numero dei morti e dei feriti e di conseguenza l'ammontare dei risarcimenti.
Nel novembre 2004 il duo The Yes Men giocò un brutto scherzo alla Dow Chemical, la compagnia che acquisì la Union Carbide.
Spacciandosi per il portavoce della Dow Chemical Jude Finisterra, uno dei due comici dichiarò alla BBC che la compagnia finalmente riconosceva la sua completa responsabilità nei confronti della catastrofe.
Il giorno successivo le azioni della Dow crollarono.
Su questo pannello vengono mostrati alcuni abitanti della zona uccisi nel 1984 dall'incidente.
Si trova in uno degli ospedali di Bhopal.
Fonte: .focus.it
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