lunedì 1 settembre 2014
Isole Eolie. Stromboli, tra storia, miti e leggende
L‘arcipelago delle Eolie, composto da sette isole vulcaniche disposte a semicerchio, si sviluppa per una lunghezza complessiva di 75 km nella porzione meridionale del Mar Tirreno, di fronte alle coste siciliane.
Secondo la mitologia classica, le Isole Eolie erano la dimora di Eolo, dio dei venti, che li teneva racchiusi in una grotta.
La leggenda vuole che Eolo riuscisse a prevedere le variazioni del tempo, osservando la nube di vapori che fuoriusciva da un vulcano attivo, probabilmente lo Stromboli.
L’isola di Stromboli, con una superficie di 12 kmq, conta tre centri abitati: San Bartolo e San Vincenzo (villaggio Stromboli) sulla costa orientale, e il piccolo centro abitato di Ginostra, situato a sud-ovest e raggiungibile prevalentemente dal mare.
Chiamata dai dai Greci “Strongyle” (rotonda), si contraddistingue per il suo vulcano, lo Stromboli, che è uno dei più attivi d’Europa ed è chiamato dagli stromboliani “Struognoli” , ma quando è più attivo e spaventa, può capitare di sentirlo chiamare “Iddu”, “lui”, come se riaffiorasse la memoria della natura divina che un tempo era riconosciuta ai fenomeni naturali incontrollabili.
Lo Stromboli alle cui pendici è stato girato nel 1949 “Stromboli terra di Dio” del grande Roberto Rossellini, uno dei più grandi capolavori del neorealismo italiano, ha la forma di un cono con fianchi simmetrici.
E’ un vulcano-strato, la cui vetta più alta (Vancori) raggiunge i 924 metri di quota; tuttavia quello che noi possiamo vedere è solo la parte emersa di un imponente edificio vulcanico, la cui base si trova a circa 2000 metri di profondità.
Viene definito ancora oggi il “Faro del Mediterraneo” appellativo che la dice lunga sulla tipologia eruttiva che, pur non essendo particolarmente violenta, presenza una sequenza continua che dura da alcuni millenni, consentendo all’isola l’ingresso nella top ten dei vulcani più eruttivi del mondo.
Il faro naturale praticamente è sempre acceso, fornendo un punto di riferimento ben preciso ai naviganti, che lo cercano dalle plance dei bastimenti nelle notti buie.
Il cono dello Stromboli è uno dei sette apparati che svettano fuori dall’acqua, nel Tirreno meridionale, seppure è d’obbligo annoverare alcuni “fratelli” vulcanici dell’arco eoliano, come il Palinuro e il possente Marsili che, pur dominando le profondità marine, non sono riusciti ad emergere.
L’attività ordinaria dello Stromboli, osservata fin dall’epoca romana, consiste in esplosioni stromboliane persistenti, che si susseguono con una frequenza eruttiva oraria che può variare significativamente anche nello stesso giorno, con una media di 5-10 esplosioni l’ora, in cui vengono emessi ceneri, lapilli e bombe .
I prodotti più grossolani possono raggiungere i 200 metri d’altezza e, ricadendo verso il basso, possono accumularsi sulla sommità e sui fianchi del vulcano, contribuendo alla sua graduale crescita. Durante l’attività ordinaria, si possono occasionalmente verificare emissioni di modeste colate laviche che restano confinate dentro la terrazza o, al massimo, fuoriescono per alcune decine di metri sull’orlo nord-occidentale del vulcano, riversandosi nella Sciara del Fuoco.
L’attività ordinaria può essere interrotta da eruzioni prevalentemente effusive, che producono colate laviche dalla sommità o dai fianchi del vulcano.
Le lave, ossia i prodotti dell’attività effusiva, sono più resistenti all’azione del mare e riescono a proteggere meglio i versanti vulcanici dall’offesa erosiva.
I vulcani costituiti da prodotti più incoerenti dell’attività esplosiva (ceneri, lapilli e bombe) invece, sono maggiormente soggetti all’azione dirompente del mare.
Tante le leggende circa le origini di Stromboli.
Si narra che abbia avuto origine da un calcio con cui Elia di Enna, il monaco ritiratosi sul monte Aulinas, a Palmi (comune in provincia di Reggio Calabria sospeso tra la Costa Viola, l’Aspromonte e le Isole del vento e del fuoco al largo del Mediterraneo), avrebbe allontanato le tentazioni personificate, buttandole giù dal monte che oggi porta il suo nome, vedendole trasformare nelle celebri Pietre Nere della Costa Viola.
Il Diavolo avrebbe reagito a questo rifiuto, rigurgitando fuoco nel mare e così sarebbe nata l’isola vulcanica di Stromboli.
Secondo un’altra leggenda, invece, il diavolo stesso sarebbe stato cacciato via da Elia, scagliato con forza verso un sole accecante e dopo questo volo il demonio sarebbe giunto sull’isola di Stromboli e, ingurgitato nelle viscere della roccia, avrebbe da quel momento generato fiamme.
Da allora Stromboli è l’isola costantemente “accesa” dell’arcipelago delle Eolie.
Dunque, il destino dell’isola, secondo la leggenda, è rimesso nel deciso gesto di Elia, acclamato secoli dopo Santo per aver allontanato chi insinuava dubbi sull’esistenza di Dio.
A testimonianza di questo episodio, la pietra del monte Sant’Elia di Palmi, su cui vi sarebbe ancora traccia delle ginocchia, delle zampe e della coda di Belzebù, sorpreso alle spalle dall’asceta Elia prima di essere scalciato via, ed un alone di bruciatura, rimasto intatto per ricordare la dipartita di Belzebù dalla Calabria ed il suo arrivo violento nelle viscere di Stromboli.
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