mercoledì 21 maggio 2014
Potente temporale supercella immortalato nel Wyoming
Ufficialmente, il termine "condizioni meteorologiche estreme" può riferirsi a tutto, dalle ondate di calore alle bombe d'acqua. Ma per descrivere la nuvola supercella che si è creata sul Wyoming (USA) domenica sera che termine usereste?
Il video è stato girato da Basehunters, un gruppo di cacciatori di tempeste particolarmente audace e fortunato .
I temporali a supercella sono noti per la loro intensità, molto maggiore degli altri tipi di temporale e per la struttura stazionaria delle nubi (immobili e pesanti).
Alla base possono svilupparsi le cosiddette circolazioni tornadiche, correnti calde ascendenti meglio note dalle nostre parti come trombe d’aria: la loro forza è tale che in genere sotto una supercella si vengono a creare zone dove la piovosità è nulla.
Nell’ultimo decennio i meteorologi hanno fatto importanti passi avanti nella comprensione dei temporali: satelliti e radar meteorologici, infatti, hanno permesso di studiare la struttura interna delle nubi e di classificare i temporali in quattro categorie: a cella singola, multicella, supercella e i cosiddetti Mcs e Mcc (dall’ inglese Mesoscale convective system e Mesoscale convective complex).
TIPO 1: A CELLA SINGOLA
«Il temporale a cella singola è la forma più semplice di temporale» spiega Franco Prodi, docente di Fisica dell’atmosfera all’università di Ferrara. «La cella è costituita da un doppio flusso d’aria: uno ascendente, che porta con sé aria calda e umida, e uno discendente e freddo, fra le nubi e il suolo».
A generare la corrente calda, che sale rapidamente verso gli strati alti della troposfera, è il forte riscaldamento del suolo nelle giornate più soleggiate.
Mentre si solleva, questa massa d’aria si espande e si raffredda progressivamente, causando la condensazione del vapore acqueo in goccioline e dando vita alle nubi.
In condizioni normali, o di stabilità, la temperatura dell’aria si abbassa di 6,5 gradi ogni chilometro, una situazione che difficilmente darà origine a piogge o temporali.
Se però l’andamento della temperatura con l’altezza, ovvero il gradiente termico verticale, viene turbato dalla presenza di aria fredda in quota e di umidità negli strati bassi, ecco che il quadro cambia radicalmente: masse d’aria calda sempre più consistenti vengono richiamate verso l’alto, mentre il calore sviluppato dal processo di condensazione aumenta l’intensità del flusso. Contemporaneamente, aria fredda e pesante scivola verso il basso, alimentando i venti di superficie.
Il flusso ascendente forma nubi a grandissimo sviluppo verticale (dette cumuli congesti nella prima fase e cumulonembi nella fase di piena evoluzione) e s’interrompe solo quando giunge al limite della troposfera (12 mila metri alle nostre latitudini, circa 16 mila all’equatore), dove la temperatura inverte la tendenza.
Alla stessa quota si blocca anche la crescita delle nubi, ormai dense, scure, alte migliaia di metri.
Al loro interno, le due correnti contrapposte danno vita a furiosi moti convettivi.
TIPO 2: MULTICELLA
I radar meteorologici, consentendo agli scienziati di indagare all’interno dei cumulonembi, hanno permesso di svelare anche altre strutture temporalesche.
È il caso dei temporali multicella.
Questi non sono altro che una successione di celle singole, a diversi stadi di vita, su un’area anche molto vasta.
In questo caso il fenomeno può essere innescato non tanto dal riscaldamento dell’atmosfera al livello del suolo, quanto dall’avanzare di un fronte d’aria molto fredda.
Il repentino abbassamento della temperatura provocato da quest’ultimo richiama, come nella circostanza precedente, aria calda verso gli strati alti della troposfera, determinando forte instabilità. Il fronte freddo può essere lungo centinaia di chilometri e per questo possono formarsi, nell’arco di alcuni giorni, decine di celle temporalesche.
I temporali multicella, più duraturi, si accompagnano di solito a un sensibile abbassamento della temperatura al suolo e possono scoppiare anche in regioni molto fredde.
TIPO 3 E 4: SUPERCELLA E...
I temporali a supercella si differenziano dai precedenti per la loro intensità, molto maggiore, e per la struttura stazionaria delle nubi (immobili e pesanti).
Alla base possono svilupparsi le cosiddette circolazioni tornadiche, correnti calde ascendenti meglio note dalle nostre parti come trombe d’aria: la loro forza è tale che in genere sotto una supercella si vengono a creare zone dove la piovosità è nulla.
«Gli Mcc e gli Mcs, infine, sono perturbazioni individuate e studiate solo di recente grazie ai satelliti» spiega Prodi.
Si tratta di vasti sistemi, tipici delle regioni extratropicali, dati dall’interazione di diverse celle temporalesche: si sviluppano in genere fra il tardo pomeriggio e la notte e possono durare alcune ore, estendendosi su un’area superiore ai 50 mila chilometri quadrati (ossia oltre due volte la superficie della Lombardia).
Tratto da : http://www.focus.it
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