martedì 8 aprile 2014

Cervelli in fuga ...Un sentito grazie ai nostri politici anche per questo!!!

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I cosiddetti "cervelli" che invece di arricchire l'Italia sono in fuga e producono per gli altri paesi che li accolgono a braccia aperte.
La fuga dei cervelli dall'Italia non è un fenomeno che si manifesta unicamente nel mondo della ricerca.
Molti giovani neolaureati interessati ad utilizzare e sviluppare le proprie capacità lasciano l'Italia poiché non riescono a trovarvi posizioni adatte alle loro capacità, ben remunerate e soprattutto con migliori prospettive di fare carriera.
I dati disponibili non consentono di stimare con precisione quanto sia la perdita annua, ma è verosimile ritenere che nei quattro anni, dal 1996 al 1999, hanno lasciato il paese 12 000 laureati, in media 3 000 all’anno. Nel 2000, il tasso di espatrio dei laureati si attestava al 7%.
Secondo una recente ricerca dell'Icom, solo riguardo ai proventi da brevetto,
l'Italia avrebbe perso circa 4 miliardi di euro negli ultimi 20 anni. Inoltre, «il 35 per cento dei 500 migliori ricercatori italiani nei principali settori di ricerca abbandona il Paese; fra i primi 100 è addirittura uno su due a scegliere di andarsene perché in Italia non riesce a lavorare» nonostante, secondo Andrea Lenzi, Presidente Consiglio Universitario Nazionale, «i nostri ricercatori possiedano un indice di produttività individuale eccellente» 

Un esempio su tutti



E' nato a Catania 39 anni fa, ma è cresciuto a Biancavilla, ha studiato a Pisa e in Olanda ed è stato premiato con quello che viene considerato il Nobel dell'informatica.
Questo è il profilo del primo italiano vincitore del prestigioso "Roger Needham award", il premio assegnato ogni anno ai giovani ricercatori dalla British Computer Society, considerato dagli esperti del settore uno dei massimi riconoscimenti del settore.
Si chiama Dino Distefano, e lo scorso 29 novembre è stato applaudito alla Royal Society di Londra per aver dato vita ad Infer, un sistema che, grazie ad un complicato algoritmo, è in grado di prevedere automaticamente eventuali errori che si possono presentare durante il funzionamento di altri software. "Infer è in grado di evitare i "crash" del sistema - ci spiega Dino - che potrebbero essere sfruttati dagli hackers.
Aumenta quindi gli standard di sicurezza, ed elimina molte vulnerabilità".
Una scoperta non da poco, che è diventata subito oggetto di interesse di aziende come Mitsubishi, Toyota e Arm, una compagnia inglese che produce i microchip utilizzati dalla Apple. Un progetto ambizioso, iniziato 8 anni fa, che oggi potrebbe far gola anche nel mercato italiano.
Dino, insieme al suo team, lo ha potuto realizzare grazie a una sovvenzione di oltre un milione di sterline. "Sono ordinario all'università, ho un contratto a tempo indeterminato - dice Dino - ma ho avuto la possibilità di concentrarmi solo sulla ricerca, ricevendo un finanziamento personale per 5 anni di mezzo milione di sterline dalla Royal Academy of Engineering, che mi ha permesso di mettere momentaneamente da parte l'insegnamento. Una condizione che in Italia sarebbe altamente improbabile".
La storia di Dino ha fatto il giro del mondo, non è passata inosservata: il ricercatore catanese è stato intervistato anche da Fox News e da una radio australiana.
A 19 anni è stato costretto a lasciare la sua isola, prima ha studiato a Pisa, poi ha conseguito un dottorato in Olanda.
Quindi è arrivato il contratto di lavoro a Londra, dove Dino vive tutt'ora. Il giovane catanese ha creato una start-up, Monoidics Limited, per commercializzare Infer, e sviluppare ulteriormente il prodotto.
La sua azienda oggi collabora anche con il centro di ricerca di Microsoft.
E, ironia della sorte, quella stessa terra che ha dovuto lasciare vent'anni fa, ora lo corteggia.
Infatti, subito dopo aver ricevuto il premio della Royal Society, a dicembre l'università di Catania lo ha contattato per tenere un seminario e avviare una collaborazione, fino ad ora a titolo gratuito. "Una bella soddisfazione - commenta Dino - ma non so a cosa porterà.
Ho alcuni amici che fanno ricerca in Italia, e spesso non possono neanche mandare i loro articoli alle conferenze internazionali, perché non hanno i soldi per viaggiare".
Tornerebbe in Sicilia? Dino fa una pausa, ci pensa qualche secondo: "Rientro a casa appena posso, almeno 4 volte all'anno.
Mi piacerebbe poter tornare definitivamente, ma in questo momento non ci sono prospettive".

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