mercoledì 26 marzo 2014
Ville Sbertoli a Pistoia. Il villaggio manicomio
L’edificio che una volta ospitava la famosa Casa di Cura Sbertoli si erge imponente in mezzo al verde delle colline toscane.
Sito in provincia di Pistoia, a una decina di minuti dal casello autostradale, l’ex manicomio Ville Sbertoli si trova insieme a molti altri edifici all’interno di un vasto complesso al quale si accede attraverso un imponente cancello in ferro verniciato di rosso.
La storia dell’ex manicomio Ville Sbertoli non è chiara, alcuni amano ricordare l’edificio come un posto d’amore, ma anche di molta sofferenza, altri come un banale centro di cura eretto da un ambizioso dottore.
La prima storia racconta che la villa in origine era la maestosa residenza della Famiglia Sbertoli e che a metà dell’Ottocento si ergeva in tutta la sua maestosità adornata da un grande e bellissimo parco.
In questa lussuosa residenza però si consumava giorno dopo giorno un penoso vivere: il ricco Sig. Sbertoli che nulla poteva desiderare di più dalla vita, aveva un figlio gravemente malato, un figlio “matto” come si era soliti definire le persone con disturbi mentali. Per tutta la vita, il Sig. Sbertoli cercò una cura per il figlio senza trovarla, così prima di morire decise di donare tutti i suoi averi, compresa la villa, a un’opera pia che creasse all’interno della residenza un centro di ricovero per malati mentali, in modo da sapere il figlio in buone mani e nella tranquillità della sua casa natia
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L’altra storia racconta invece che in origine sorgessero due ville patrizie, con annessa la casa per i mezzadri, sulla collina di Pistoia: villa Franchini – Taviani e la villa Rosati.
Le ville furono acquistate nel 1868 da Agostino Sbertoli originario di Fivizzano in Lunigiana e medico presso il Manicomio di San Benedetto a Pesaro.
Il dottor Sbertoli spinto dalla sua voglia di fama e ricchezza sognava di aprire una Casa di Cura per malati mentali di cui diventare il direttore e così fece.
Le due ville furono trasformate in Manicomio e il complesso acquistò subito molta popolarità.
Per soddisfare la numerosa clientela il dottor Sbertoli decise di ingrandire il complesso sanitario e iniziò la costruzione di nuovi edifici che oggi si trovano disseminati su una vasta superficie.
I pazienti vennero suddivisi nelle diverse strutture in base al sesso,allo status sociale e al grado e tipo di malattia e grazie alla riservatezza che la clinica offriva ai malati questa divenne molto famosa anche fra le famiglie facoltose.
Nella clinica venivano curati pazienti affetti da moltissimi tipi di disturbi mentali, anche epilettici, alcoolisti e ipocondriaci, così Ville Sbertoli divenne rinomata anche oltre il confine italiano accogliendo pazienti da tutta Europa.
Anche illustri personaggi come il poeta Severino Ferrari e l’illustre giurista Francesco Bonaini furono ricoverati a Ville Sbertoli.
Dalla seconda metà dell’Ottocento fino ai primi del Novecento nella Casa di Cura si recarono moltissimi illustri psichiatri italiani per compiere i loro consulti, alcuni dei più illustri furono Cesare Lombroso, professore di medicina legale all’Università di Torino e fondatore dell’antropologia criminale e pioniere della frenologia ed Eugenio Tanzi, che dal 1895 al 1931 fu a capo del manicomio di San Salvi a Firenze.
Nel 1898 Agostino Sbertoli morì lasciando la conduzione del manicomio al figlio Nino che continuò l’opera del padre.
Nino fece ampliare le strutture, costruire una centrale elettrica all’interno del complesso e un tunnel per collegare la sede della direzione con i principali edifici per permettere comodi spostamenti ai medici e infermieri.
Nel 1920 Nino abbandonò l’attività e cedette il Manicomio a un gruppo di privati pistoiesi.
Nel 1950 il complesso fu acquistato dall’Amministrazione Provinciale di Pistoia che lo convertì in Ospedale Neuropsichiatrico Provinciale.
Nel 1978 Franco Basaglia, psichiatra di grande fama italiana, si impegnò nel compito di riformare l’organizzazione dell’assistenza psichiatrica ospedaliera e territoriale, proponendo un superamento della logica manicomiale, così il 13 maggio 1978 con la Legge Basaglia si impose la chiusura di tutti i manicomi sul territorio italiano.
Come disse lo stesso Basaglia intervistato da Maurizio Costanzo: “Non è importante tanto il fatto che in futuro ci siano o meno manicomi e cliniche chiuse, è importante che noi adesso abbiamo provato che si può fare diversamente, ora sappiamo che c’è un altro modo di affrontare la questione; anche senza la costrizione”
L’ex manicomio passò quindi alle dipendenze della USL n. 8 di Pistoia e con il passare del tempo venne abbandonato e lasciato esposto al più triste deperimento.
La visita al sito è affascinante e ricca di sorprese, all’interno del complesso alcuni edifici sono ancora utilizzati come uffici o sedi universitarie.
La villa che un tempo fu manicomio si erge solitaria nascosta dietro a una folta vegetazione sul limitare della strada che attraversa il complesso.
Il giardino davanti alla villa, oggi invaso dalla vegetazione, doveva essere davvero delizioso un tempo: abbellito da due fontane identiche con statue di tartarughe che in passato zampillavano acqua, da un gazebo in ferro e da qualche palma che svetta malconcia sull’erbaccia.
Le finestre sono tutte murate e la porta principale è sprangata. Le sbarre alle finestre ricordano al visitatore quello che doveva essere un tempo, sia un luogo di cura ma anche un luogo di estremo dolore.
L’interno della villa è suddiviso in 3 piani più il sottotetto.
Al piano terra si trova una piccola cappella con ancora le panche e lo scheletro di quello che una volta dove essere l’altare, proseguendo la visita si incontrano stanze ingombre di lettini, schedari, fogli e cartelle.
Si può anche notare una macchine elettrica che probabilmente veniva utilizzata per i trattamenti elettroterapici.
Una delle stanze, la più colpita dalla mano dei vandali, ha i muri interamente ricoperti di disegni di uomini armati.
Al piano di sopra si trovano altre stanze, i bagni, e quella che risulta essere la stanza più bella dell’intero edificio: interamente affrescata e decorata con stucchi, ha grandi finestre e al suo interno si trova ancora un antico pianoforte.
La grande villa ha mantenuto nel tempo la sua antica altezzosità nobiliare, ma i piccoli dettagli dell’ex manicomio ricoprono l’intero edificio di un triste velo di sofferenza.
I piccoli spioncini sulle porte che servivano per sorvegliare i pazienti, gli altoparlanti affissi sui muri, un vecchio telefono a muro che veniva utilizzato per comunicare all’interno della struttura: tutto ciò rimanda a quello che un tempo era un luogo di reclusione.
un vero peccato, pezzi di storia che cadono nel dimenticatoio dei ricordi
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